Arbitro pubblico ufficiale: i diversi casi di violenza, soprattutto nelle categorie inferiori, che di recente hanno coinvolto gli arbitri di calcio (ma non solo) hanno portato ulteriormente alla luce una problematica che sembra endemica nello sport italiano. 

Agli arbitri lo status di pubblico ufficiale

Ed ecco perchè è stata approvata una proposta di legge, presentata nel 2022, che ha riconosciuto agli arbitri lo status di pubblico ufficiale, sia durante lo svolgimento delle loro funzioni nel corso delle manifestazioni sportiva, che durante i trasferimenti di andata e di ritorno. In pratica, grazie alla modifica del dell'articolo 583-quater del Codice Penale, usare violenza nei confronti di un arbitro sarà come farlo nei confronti delle altre categorie già protette dall’articolo, come per esempio i docenti. 

L'articolo 583-quater del Codice Penale

L’aggressione nei confronti dell’arbitro può portare a una pena fino a cinque anni di carcere, che possono ulteriormente aumentare nel caso in cui le lesioni subite dal direttore di gara siano particolarmente gravi. Un passo avanti enorme rispetto al passato, quando le aggressioni venivano inquadrate come “semplici” lesioni personali.

Anzi, una svolta storica, come hanno tenuto a sottolineare sia il ministro dello sport Andrea Abodi, una delle menti dietro al Decreto Sport in cui è stata inserita la proposta di legge, sia il presidente dell’AIA Antonio Zappi. 

Parola al veterano Danilo Balsamo

Ma cosa ne pensano i diretti interessati? E come questa norma andrà a facilitare il compito dell’arbitro e a proteggerne l’incolumità? Lo abbiamo chiesto a Danilo Balsamo, ex arbitro di Serie C e attualmente vice presidente della sezione AIA di Tivoli.

arbitro pubblico ufficiale

Quella dell’equiparazione dell’arbitro alla figura del pubblico ufficiale è stata una richiesta arrivata dalla base?

"Certo, richiesta a gran voce dagli arbitri e portata avanti dalla commissione nazionale del presidente Zappi. Si tratta di un’istanza che il mondo arbitrale faceva presente da parecchio, quasi da sempre, ma un po’ tutto si è sbloccato dopo diversi fatti particolarmente pesanti avvenuti durante gli ultimi periodi. 

Penso in particolare al video del giovane arbitro aggredito durante una partita giovanile, quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Anche perchè il video è diventato virale, ha fatto il giro d’Italia e non solo, portando direttamente in faccia all’opinione pubblica la situazione per come è davvero. Ma episodi del genere ce ne sono sempre stati, ora vengono alla luce perchè c’è più possibilità di catturarli e diffonderli".

Da chi arrivano principalmente le aggressioni?

"Nella maggior parte dei casi dai partecipanti alla gara, ma soprattutto da chi è in panchina, che sia un giocatore, un membro dello staff o un dirigente. Del resto il calciatore che è in campo è affaticato e pensa a giocare, è più difficile che arrivi a reazioni totalmente spropositate. Chi guarda da fuori invece può concentrarsi sugli episodi e spesso arriva a conclusioni sbagliate, che secondo me derivano da una certa misconoscenza del regolamento".

E il pubblico?

"L’aggressione da parte del pubblico è più rara, anche se non mancano i casi, come quello di Catania di qualche mese fa. Ora l’arbitro è tutelato anche prima e dopo la partita, ma quello secondo me è un problema relativo. Se l’arbitro viene aspettato fuori dallo stadio dalla tifoseria di casa, sono i dirigenti che danno una mano per permettergli di uscire incolume".

Questa novità cambierà l’atteggiamento di tutte le componenti nei confronti dell’arbitro?

"In generale non credo perchè si tratta di atteggiamenti radicati nel tempo e che rappresentano in qualche maniera un po’ lo specchio della nostra società. La speranza è certamente che funga da deterrente, che più di qualcuno, di fronte ai rischi, ci pensi almeno due volte prima di assumere atteggiamenti violenti. Ma è difficile a dirsi".

La nuova norma va a proteggere anche gli arbitri più giovani?

"Io direi soprattutto loro. La cosa importante da sottolineare è che il problema principalmente non ce l’hanno tanto gli arbitri di categoria superiore, come chi dirige gare dall’Eccellenza in su, ma ce l’hanno proprio i più giovani. Bisogna intanto capire che l’arbitro è alle prime armi molto più di un calciatore. Un bambino di 13 anni viene da 8 anni di scuola calcio, sa come muoversi in campo ed è in una situazione a lui conosciuta. 

L’arbitro invece inizia la sua carriera a 15 anni ed è la prima volta che dirige una partita. Quindi logicamente si deve abituare alle proporzioni del campo, alla valutazione dell’evento, alle angolazioni giuste". 

Arbitro pubblico ufficiale

"Il margine d’errore è più ampio, se anche i direttori di gara in Serie A o nelle competizioni internazionali sbagliano, nonostante anni e anni di esperienza, figurarsi i ragazzi. Ma in questo caso spesso ci sono i genitori che amplificano il tutto dagli spalti, creando situazioni di tensione. E qui si torna un po’ al problema dei comportamenti radicati. In altri paesi le partite giovanili vengono giocate addirittura nei parchi pubblici, o negli spazi cittadini, su campi messi su all’occasione e con il pubblico diviso dai calciatori da una staccionata o da delle transenne. 

E a dirigere quegli incontri ci sono anche arbitri di sessant’anni, o addirittura con disabilità motorie, che vengono rispettati e aiutati nel loro lavoro. Un qualcosa che onestamente qui al momento sembra quasi impossibile anche da immaginare".

Questa equiparazione basterà a rendere più sereno il lavoro dell’arbitro o c’è altro da implementare?

Quello che resta fondamentale è educare le persone al regolamento, tanto chi gioca quanto chi assiste. È necessario far capire che l’errore fa parte del gioco, che non può e non deve portare a situazioni di tensione e di violenza. Ma si tratta di un processo lungo, che richiede tempo e una volontà di adattamento da parte di tutti. 

Non significa che non potrà succedere, ma forse ad accompagnare questa misura ci vorrebbe un modello Thatcher, con pene più pesanti e immediate per chi si rende protagonista di episodi violenti, che riguardino o no la figura dell’arbitro.

Insomma, a sentire chi sui campi da calcio ci è stato a lungo e comunque vive il mondo dell’arbitraggio dall’interno dell’AIA, va bene il riconoscimento ai fischietti dello status di pubblico ufficiale, ma la strada per eliminare del tutto la violenza nei loro confronti è ancora lunga…

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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.