Quando si parla degli allenatori che hanno lasciato un segno indelebile sul mondo del calcio, difficile che non spunti in qualche maniera il nome di Arrigo Sacchi.

Il tecnico di Fusignano è addirittura finito al terzo posto nella lista che France Football ha pubblicato qualche anno fa, vedendosi arrivare davanti altre due icone del pallone come Rinus Michels, l’inventore del Calcio Totale, e Sir Alex Ferguson, ovvero l’allenatore più vincente di tutti i tempi.

Insomma, si può tranquillamente dire che Sacchi faccia parte a pieno titolo della storia del calcio, avendo sia cambiato il modo in cui si gioca che sollevato parecchi trofei.

Il bonus di benvenuto di 888sport!

Per essere un buon fantino...

E dire che quando era dall’altra parte della barricata, Sacchi è stato un calciatore mediocre. Per lui, che faceva il difensore, c’è una carriera passata a livello semi-professionistico, trascorsa nelle squadre della Romagna.

Al momento di appendere gli scarpini al chiodo, Sacchi comincia ad allenare il Fusignano, la squadra della sua città, ma per tutti gli anni Settanta il ruolo di allenatore lo alterna con il lavoro nell’azienda paterna.

Il salto di qualità alla guida del Parma

È solo all’inizio del decennio successivo, quando con il Cesena vince lo scudetto Primavera, che capisce che forse il suo futuro è nel calcio.

Dopo il corso da tecnico a Coverciano, Sacchi si prende la panchina del Rimini, in Serie C1, per poi allenare la Primavera della Fiorentina. Italo Allodi, dirigente viola, lo spedisce poi a Parma (sempre in C1) a farsi le ossa, prevedendo di affidargli in futuro la panchina dei toscani.

Ma i risultati ottenuti al Tardini in due anni, ovvero la promozione in B e un campionato cadetto di vertice, portano a Sacchi un fan molto importante: Silvio Berlusconi, che si innamora del tecnico quando il Parma va a vincere a San Siro in Coppa Italia.

E infatti nell’estate del 1987 arriva il matrimonio calcistico tra il tecnico di Fusignano e il Diavolo, con il celebre contratto firmato “in bianco” da parte dell’allenatore.

Sacchi al Milan: la pazza idea di Silvio

Ad affascinare Berlusconi (e non solo) è il modo di giocare di Sacchi, fatto di difesa zona e di pressing asfissiante, un qualcosa che non si era mai visto e che a Parma aveva portato parecchi risultati. Gli inizi, però, non sono molto soddisfacenti. Il Milan parte male, sia in campionato che nelle coppe, al punto che dopo neanche metà stagione la tifoseria rossonera chiede la testa dell’allenatore.

Anche con alcuni dei giocatori ci sono delle frizioni (e in futuro saranno celebri quelle con Van Basten), Berlusconi però spiega alla squadra che il tecnico sarebbe rimasto almeno fino al termine della stagione, come da contratto. Il discorso del presidente convince, così come i risultati successivi della squadra, che parte all’inseguimento del Napoli di Maradona e non si ferma più.

Con la vittoria nello scontro diretto contro i partenopei al San Paolo, il Milan vola verso lo scudetto, che è il primo titolo dell’era Berlusconi. 

Sacchi ed il Milan degli Immortali

Sarà anche l’unico della carriera di Sacchi, che però è sulla strada dell’immortalità calcistica, assieme ai suoi calciatori. Nella stagione 1988/89 il Milan non riesce a difendere il tricolore, chiudendo al terzo posto dopo Inter e Napoli, ma in compenso il Diavolo torna grande in Europa, conquistando la sua terza Coppa dei Campioni.

Il momento clou del cammino rossonero non è tanto la finale, stravinta con un 4-0 alla Steaua Bucarest, quanto la semifinale contro il Real Madrid, annichilito a San Siro con un clamoroso 5-0. A rendere più dolce la stagione c’è anche la vittoria della Supercoppa Italiana.

Sacchi con Van Basten, il miglior giocatore della storia del Milan!

Neanche il tempo di ripartire, che l’annata successiva porta in bacheca a Milanello la Supercoppa Europea e la Coppa Intercontinentale, ma di nuovo non il campionato. Il testa a testa tra il Milan e il Napoli termina con Maradona e compagni campioni d’Italia. Poco male, perchè a Vienna Sacchi ottiene la sua seconda Coppa dei Campioni, stavolta battendo il Benfica per 1-0. La stagione 1990/91 è l’ultima alla guida del Milan.

Nonostante altre vittorie (la Supercoppa Europea e la seconda Intercontinentale), Sacchi spiega a Berlusconi di volersi prendere un anno di stop per l’incapacità di gestire lo stress della panchina. Alla fine il tecnico non rinnova con i rossoneri, che chiudono un ciclo fatto di trionfi con il romagnolo in panchina.

Sacchi CT azzurro ed il contratto da record

L’anno sabbatico però non si materializzerà mai, perchè nell’ottobre del 1991 Sacchi succede ad Azeglio Vicini come CT della nazionale italiana.

Da subito, Sacchi fa capire di non accettare a Coverciano calciatori che non vogliano mettersi a disposizione della squadra e dei suoi schemi e nel corso degli anni ci saranno esclusioni importanti, come quelle di Walter Zenga, di Roberto Mancini o di Giuseppe Giannini.

A dividere ulteriormente l’opinione pubblica c’è anche il contratto monstre del commissario tecnico: la FIGC corrisponde a Sacchi ben un miliardo e 700 milioni di lire all’anno, causando più di qualche mugugno per la scelta. Che però, almeno all’inizio, viene silenziato dai risultati. Senza gli Europei 1992, l’Italia punta parecchio su USA ’94, a cui la nazionale si qualifica facilmente.

Il cammino mondiale parte con qualche intoppo (la sconfitta con l’Irlanda e il passaggio del girone come terza), ma arriva fino alla finalissima di Pasadena.

In California però gli Azzurri, sfavoriti per le quote calcio, escono dal campo sconfitti dal Brasile solo ai calci di rigore.

Sacchi ai Mondiali americani

Sacchi lancia un nuovo ciclo in vista di Euro ’96, ma in Inghilterra l’Italia fallisce, uscendo ai gironi dietro alle due future finaliste, la Germania e la Repubblica Ceca. Tempo qualche mese e una sconfitta contro la Bosnia segna la fine dell’avventura azzurra di Sacchi, che si dimette.

Lo stress è stato il più grande avversario di Arrigo

Da quel momento, Sacchi non riesce più a recuperare la magia di un tempo, complice anche una difficoltosa gestione dello stress che lo porta a valutare l’idea di abbandonare del tutto la panchina.

A fine 1996, poco dopo aver lasciato la nazionale, torna al Milan sostituendo Capello, ma i risultati non sono positivi e arriva la separazione al termine della stagione.

Nell’estate 1998 il romagnolo diventa il nuovo allenatore dell’Atletico Madrid, ma l’esperienza in Spagna dura appena pochi mesi, con l’esonero a febbraio 1999 che a Jesus Gil pare sia costata 17 miliardi (i 7 di stipendio per le due stagioni dell’accordo, più 10 di buonuscita e che convince Sacchi a ritirarsi).

Non è davvero la fine, perchè c’è un’ultima, brevissima esperienza di nuovo al Parma nel 2001, ma bastano tre match a Sacchi per capire che la battaglia contro lo stress è complicata da vincere.

Dunque, la sua carriera da allenatore termina nel 2001, con una coda da dirigente prima al Parma, poi al Real Madrid e infine da coordinatore delle nazionali giovanili.

Sacchi al Real Madrid!

In pratica, quella del tecnico di Fusignano è una storia che ad alti livelli è durata meno di vent’anni.

Ma aver creato il Milan degli Immortali e aver lasciato un’impronta indelebile sul calcio del suo presente e del futuro gli valgono certamente un posto nella storia del pallone tricolore e non solo. 

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.