La maglia numero dodici. Oggi è il simbolo della vicinanza degli appassionati alla propria squadra e rappresenta il dodicesimo uomo in campo, è il vessillo che racchiude il senso di appartenenza di un popolo verso i colori sociali, l’amore, la passione degli ultras, e non solo. Ma un tempo quella maglia con lo stesso numero la si poteva trovare con estrema facilità buttando uno sguardo verso la panchina, indossata dal calciatore meno considerato dell’intera rosa. Eppure, sulla figura del portiere di riserva si potrebbe quasi scrivere un romanzo.

Quella del dodicesimo è una figura quasi mitologica, sacrificata in un angolo della panchina, con la radiolina all’orecchio per ascoltare i risultati dagli altri campi e annunciarli agli altri componenti della squadra. L’anti portiere di riserva è per distacco, Dino Zoff; 330 partite consecutive in campionato, ovvero - considerando la Serie A dell’epoca - undici campionati consecutivi senza mai saltare una partita.

Le sue vittime sacrificali, in ordine di tempo furono Massimo Piloni, Giancarlo Alessandrelli e Luciano Bodini. In verità, Alessandrelli ebbe la sua chance nell’ultima partita della stagione 1978-79; Juventus-Avellino, trentesima giornata di campionato: fa il suo ingresso in campo sul tre a zero, riesce nell’impresa di subire tre gol in ventisei minuti.

Le storie dei portieri di riserva di quell’epoca non si discostano molto le une delle altre, ma quella di Antonio Rigamonti è particolare; il Milan lo acquista dal Como per essere l’alternativa di Ricky Albertosi. I due si sono già sfidati nel campionato precedente, quando i lariani fecero visita ai rossoneri; ottanta mila sugli spalti, rigore per gli ospiti. Sul dischetto va il portiere, che infila Albertosi con un piatto destro calibrassimo. A San Siro finisce 2-2. Avrà anche giocato poco (12 partite in 4 anni) ma la soddisfazione di aver segnato al suo titolare Rigamonti se la porterà dietro per tutta la vita.

 

L'EPOCA DEL TURN OVER TRA I PALI

Altro storico personaggio passato per Milanello è Giulio Nuciari; baffo da “spaghetti western” e il record di 333 partite trascorse in panchina, un primato difficilmente superabile. In ogni caso, il dodicesimo di Terraneo, Piotti, Galli e Pagliuca alla fine potrà vantare due scudetti vinti - ovviamente da riserva - con Milan e Sampdoria.

Passano gli anni, ma le gerarchie tra i pali sono sempre le stesse; il ruolo del portiere non vuole concorrenza, gli allenatori preferiscono avere un titolare, e una riserva, senza mettere in contrapposizione gli estremi difensori della squadra. Bisogna tornare in casa Milan per trovare la prima vera staffetta tra i portieri: arriva alla fine degli anni ’80, con Arrigo Sacchi che sceglie di fare il turn over tra Giovanni Galli e Andrea Pazzagli.

Il primo gioca le partite di Coppa dei Campioni, il secondo viene schierato in campionato: alla fine il Milan alza la coppa vincendo la finale contro il Benfica, mentre in campionato s'impone il Napoli di Maradona. E’ il secondo tricolore per la formazione partenopea, che aveva già sfiorato di bissare il trionfo del 1987 nell’anno successivo: ma la squadra di Bianchi perde lo scontro diretto contro il Milan e crolla; nell’ultima trasferta di campionato contro l’Ascoli - dopo l’epurazione di quattro giocatori - nei minuti finali, l’allenatore del Napoli schiera il secondo portiere Raffaele Di Fusco. Nulla di strano, se non fosse che l’estremo difensore va a sostituire Careca al centro dell’attacco.

Negli anni ’90, il ruolo del portiere di riserva cresce e pian piano trova una propria dimensione grazie anche all’estensione del campionato di Serie A che passa da 16, poi a 18, infine a 20 squadre; a Carlo Cudicini bastano tre minuti per appropriarsi di una piccola porzione di storia biancoceleste.

Figlio d’arte, il giovane portiere scuola Milan arriva a Roma per fare la riserva di Luca Marchegiani. Ma contro il Cagliari, l’ex portiere del Torino viene espulso, e tocca a lui. La Lazio gioca in inferiorità numerica dal quarto minuto, ma trova ugualmente il doppio vantaggio. Nel finale il Cagliari accorcia, e Cudicini - a te minuti dalla fine - su un’uscita su Bisoli, si rompe i legamenti del ginocchio destro. Non è in condizioni di stare in piedi, dovrebbe uscire ma decide di restare tra i pali.

Sono centottanta secondi infiniti, ma saprà mantenere la propria porta inviolata prima di crollare per terra e uscire in barella contemporaneamente al fischio finale dell’arbitro. Un’altra riserva di lusso non può che essere Marco Ballotta al quale appartiene il record di giocatore più anziano ad aver disputato una partita di Champions League; l’ultima volta aveva 43 anni e 253 giorni con una sconfitta prevedibile a Madrid contro il Real per le quote calcio.

Il ruolo del portiere di riserva nelle nazionali ha visto spesso - e in corsa - cambi della guardia risolutivi. Dino Zoff gioca - e vince - l’Europeo del 1968 con il numero dodici sulle spalle, per poi lasciare nuovamente il posto ad Albertosi ai Mondiali messicani vinti dal Brasile di Pelè.

Il nome di Sergio Goycoechea resterà un incubo per i tifosi italiani, cullati nel sogno delle Notti Magiche. partito per fare la riserva di Nery Pumpido, si ritrovò titolare dopo l’infortunio del suo antagonista subito contro l’Urss. E’ arrivato a pochi centimetri dal vincere un Mondiale, quei centimetri che separarono la sua mano destra dal pallone scagliato dal dischetto dal tedesco Andy Brehme.

Anche il titolarissimo Luca Marchegiani ebbe un ruolo fondamentale ai Mondiali del 1994 partendo come portiere di riserva; l’espulsione di Pagliuca contro la Norvegia gli aprì le porte del torneo, giocò da assoluto protagonista le successive partite contro il Messico e la Nigeria, spalancò alla Nazionale la strada verso i quarti di finale, compiendo - ai supplementari - una parata sensazionale sulla minaccia del centravanti africano Yekini. Riserva, a chi?

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Lionel Cironneau (AP Photo).

 

Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.