La partita a cui nessun calciatore vorrebbe mai pensare? Ovviamente, l’ultima. Spesso l’addio al calcio giocato arriva su grandi palcoscenici, come nel caso di Zidane addirittura nella finalissima mondiale. Altre volte il passo finale è in un match di poco conto, perché così ha voluto il calendario dell’ultima stagione da calciatore. E c’è anche chi, come Montolivo, l’ultimo match ufficiale lo gioca parecchio tempo prima del ritiro effettivo, perché ormai fa coppia fissa con la panchina o con la tribuna.

Ma per molti c’è ancora un’occasione per indossare di nuovo gli scarpini e fare felici i tifosi che per anni li hanno sostenuti: la partita d’addio. Un rito ormai, almeno per i grandissimi campioni. Che spesso dopo aver calcato per l’ultima volta il campo da professionisti, decidono di farsi…una sgambata con gli amici e gli avversari di sempre.

Molti match di addio diventano addirittura degli eventi mediatici, come nel caso de La Notte del Maestro, la partita organizzata da Andrea Pirlo per salutare per sempre il calcio giocato. A vedere le rose in campo, tra campioni del mondo, Palloni d’Oro e vecchie glorie, non c’è da sorprendersi se a San Siro sono giunte cinquantamila persone per onorare la carriera del regista bresciano: un livello tecnico da talmente alto da pensare quasi di inserire per la serata le scommesse e quote per la Serie A!


Già, il pubblico. Una volta era davvero importante che ci fossero i tifosi, anche perché la partita d’addio nasceva con un senso abbastanza diverso da quello a cui siamo abituati. Quando il calcio non permetteva di arricchirsi troppo, terminare la carriera significava per tantissimi giocatori doversi immergere nel mondo reale, magari senza avere idea di cosa fare dopo.

TESTIOMONIAL MATCH A MANCHESTER

Per non parlare dei molti che, come Brian Clough, avevano visto una promettente carriera andare in fumo per un infortunio imprevisto. E quindi il club a cui spesso si sacrificava tutta la carriera decideva di organizzare un match di addio. Anzi, un testimonial. Una vera e propria “testimonianza” di affetto, ma anche economica, perché l’incasso dei match era utilizzato come buonuscita per chi lasciava il calcio, o addirittura soltanto il club. Per le vere icone, quelli che avevano rappresentato una squadra per molti anni, non era raro salutare il proprio pubblico (con o senza ritorno economico) pur non abbandonando il calcio in assoluto.

Il passaggio di consegne tra Evans e Ferdinand nella partita di addio del leggendario Rio!

L’esempio di Wayne Rooney allo United è quello più calzante: Wazza organizza un match tra i Red Devils e il “suo” Everton. Proprio la squadra con cui si accorderà qualche giorno dopo… 


Dunque, il testimonial è nato come modo per il calciatore che si ritira di incassare qualche soldo, magari da investire in un’attività post-calcio. Con gli stipendi attuali offerti dal mondo del calcio, il problema non si pone più e quindi gli incassi finiscono spesso in beneficienza. Quello che in teoria non dovrebbe succedere è che il calciatore a cui viene fatto l’onore ci rimetta.

Ma può accadere anche questo, come insegna il caso di Lundekvam, che nel 2008 dopo un gravissimo infortunio saluta il Southampton con un’amichevole contro il Celtic al St Mary’s Stadium. Peccato che il match alla fine costi 100mila sterline al norvegese, che per colpa di un concerto di Bon Jovi qualche giorno prima deve rizollare il terreno di gioco a sue spese se proprio vuole giocare. I biglietti dei 18mila presenti coprono a malapena le spese…


Altra regola delle partite d’addio? Il match è rigorosamente amichevole. Qualcosa che devono aver dimenticato di dire a chi si è presentato al testimonial di Julian Dicks, che nel 2000 lascia il West Ham. Considerando che di fronte agli Hammers per l’occasione ci sono i baschi dell’Athletic Bilbao, la partita è prevedibilmente maschia. Anzi, forse un po’ troppo, perché alla fine ne scaturisce una rissa, con protagonisti 17 dei 22 giocatori in campo. E all’arbitro, strano ma vero, tocca costringere i due allenatori a sostituire i capitani, rei di non aver saputo controllare i propri compagni.

Chi può vantarsi di essere stato “espulso” durante un testimonial? Due campioni…anche di personalità: Joseba Exteberria e Paolo Di Canio. Almeno da quel caos Dicks ci guadagna 200mila sterline…


E poi c’è anche qualche storia decisamente più a lieto fine. Come quella di Tony Hibbert, leggenda dell’Everton. Che dopo una carriera passata a cercare di segnare, realizza il suo sogno nel 2012 al suo testimonial. Hibbo si incarica di una punizione che, miracolo, trafigge il portiere dell’AEK Atene e manda in delirio anche gli appassionati delle scommesse calcio. Ed è subito invasione di campo da parte dei tifosi, che abbracciano il difensore. Chissà se Hibbert ha dovuto pagare qualche multa. Quel che è certo è che a fine match ha dovuto immediatamente prepararsi per l’inizio del campionato.

Già, perché non è la sua vera partita d’addio, considerando che giocherà con i Toffees fino al 2016. E a questo punto, la domanda di 888sport viene spontanea: ma gliel’avranno mica organizzata…per farlo segnare?

*Entrambe le immagini sono state scattate da Jon Super (AP Photo). 

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.