Altro che Premier League e Liga spagnola! Negli anni ’80, il campionato più bello, ricco e ambito del mondo era la nostra Serie A. Un grande campione non poteva dirsi tale se non aveva indossato una delle maglie del nostro campionato, con la quale aveva l’occasione di sfidare tutti i più grandi giocatori del pianeta.

Da Zico a Maradona, da Platini a Falcao, passando per Krol e Socrates, fino ad arrivare ai vari Gullit, Van Basten, Rijkaard, Careca, Voeller, Mattheus e Brehme, questo come già descritto nel blog di 888sport era il livello degli stranieri che sceglievano l’Italia come picco per la propria carriera.

E anche il livello dei calciatori italiani (come dimostra il titolo mondiale conquistato dalla nazionale di Bearzot nel 1982) era decisamente elevato, se pensiamo a gente come Paolo Rossi, Cabrini, Conti, Antognoni, Zoff o, successivamente, Roberto Baggio.

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In quegli anni, soprattutto nella prima metà della decade, le due squadre che più delle altre si contendevano lo scudetto erano la Juventus, ancora favorita per il titolo 2020 per le scommesse sportive, della famiglia Agnelli e la Roma dell’ingegner Dino Viola. Tra il 1980-81 e il 1985-86, per quattro volte bianconeri e giallorossi furono le prime due classificate (nel 1981-82 la Juventus arrivò prima e la Roma comunque sul podio, al terzo posto), con tre scudetti vinti dalla Juventus e uno dalla Roma.

Le proporzioni si ribaltarono in Coppa Italia: nello stesso arco di tempo, infatti, la Roma ne conquistò tre, mentre la Juventus si aggiudicò solo quella del 1982-83 (nell’anno dello scudetto giallorosso).

Uno che ricorda molto bene quella rivalità e le sfide di quegli anni, per averle vissuta in prima persona e con entrambe le maglie, è Dario Bonetti, bresciano classe 1961 di professione difensore centrale o, per usare la terminologia calcistica di quegli anni, stopper.

Cresciuto nel Brescia, Dario Bonetti passò alla Roma nel 1980 e rimase con i capitolini fino al 1986 vincendo quattro Coppe Italia, con una parentesi in prestito alla Sampdoria nel 1982-83 che non gli consentì di fregiarsi del titolo di campione d’Italia. Tra il 1989 e il 1991, Bonetti indossò anche la maglia della Juventus, con cui conquistò una Coppa Italia e una Coppa Uefa.

Come racconteresti a un giovane il valore della sfida in quegli anni?
“È difficile raccontare nei particolari il derby d’Italia di quel periodo e le emozioni che trasmetteva. Da una parte c’era la Juventus, il club storicamente più forte del nostro calcio, e dall’altra la Roma che, sia a livello di società che di squadra (oltretutto con una tifoseria unica!) che da qualche anno si era avvicinata di più ai bianconeri”.

Una delle sfide che più è passata alla storia è quella del 10 maggio 1981, con il gol-non gol per antonomasia di Turone che ha deciso i destini del campionato in favore della Juventus. Tu eri in campo: che ricordo hai di quell’episodio?
“Preferisco non commentare. Tutti hanno visto”.

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Avendo vissuto entrambe le esperienze, che differenza fa giocare quella partita con la maglia giallorossa e con quella bianconera?
“Non è facile rispondere, ma ci provo. Giocarla con la Roma, per me, significava farlo con la squadra che mi ha fatto crescere, diventata la rivale numero uno della Juventus; a Torino, invece, erano sfide che ho disputato in età matura e con obiettivi diversi. Posso dire che dal punto di vista della tensione e delle sensazioni sono state due esperienze differenti”.

Nonostante siano considerate entrambe le regine degli anni 80, la Roma in quel periodo vinse solamente uno scudetto. Perché non riusciste a vincere di più, nonostante una squadra fortissima?
“Non ci riuscimmo per diversi motivi. Innanzitutto, in quegli anni c’erano molte più squadre competitive rispetto a oggi: la distanza tra le grandi e le cosiddette provinciali era molto ridotta. Non era facile andare a vincere ad Avellino, Catanzaro o Ascoli: anche perché in quelle squadre giocavano comunque dei campioni.

A Roma, poi, è più difficile avere continuità rispetto a Milano o Torino. Ricollegandomi, quindi, alla domanda sul gol di Turone, c’è anche da dire che molti episodi furono contro di noi, senza considerare quanto sia importante l’esperienza del saper vincere. Infine, hanno influito negativamente gli infortuni di giocatori importanti, come quelli subiti da Ancelotti e Falcao”.

A proposito di Falcao: lui e Platini sono stati i giocatori simbolo della rivalità tra Roma e Juventus. Chi è stato il migliore tra i due?
“Tra i grandi non si fanno paragoni: sono grandi a prescindere. Diversi, ma entrambi campioni”.

*La foto di apertura dell'articolo è di Gregorio Borgia (AP Photo).

Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.