Tra i…risultati raggiunti dalla nuova proprietà della Roma, si possono annoverare certamente la Conference League vinta da favoriti per le scommesse calcio a Tirana contro il Feyenoord, il costante afflusso di pubblico in un Olimpico ormai quasi sempre sold out, l’arrivo di Josè Mourinho e di calciatori dal palmares importante come Paulo Dybala, Georginio Wijnaldum e Nemanja Matic, ma anche il delisting, ovvero l’uscita della società dalla borsa.

Il titolo giallorosso in borsa

I titoli azionari di calcio in Europa

L'obiettivo della quotazione in borsa

Perché i club optano per il delisting

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Il titolo giallorosso in borsa

L’operazione ha posto fine alla presenza giallorossa a Piazza Affari, cominciata ormai nel maggio 2000. All’epoca il club di Trigoria aveva collocato sui mercati il 29% delle sue quote, permettendo agli investitori di…sostenerlo anche a livello borsistico.

La quotazione sui mercati è stata una mossa che ha decisamente pagato a livello calcistico, considerando che proprio grazie ai capitali derivati dall’ingresso in borsa la Roma ha potuto effettuare la pazzesca campagna acquisti della stagione 2000/01 (Batistuta ed Emerson, tanto per citare due dei colpi a effetto) che ha poi portato i giallorossi al loro terzo titolo di Campioni d’Italia.

Dal lato economico, però, nel corso degli anni il titolo AS Roma ha perso gran parte del suo valore. Nel giorno della quotazione un’azione valeva 4€ e ha raggiunto il picco, oltre 5€, nel mese di aprile 2001, ovvero un paio di mesi prima che la squadra di Capello portasse a casa lo Scudetto.

Il pallone della Roma

Poi è arrivato un crollo e una stagnazione continuata quasi per un ventennio, dato che al momento dell’OPA fatta dai Friedkin il prezzo di un’azione era dieci volte inferiore a quello della quotazione iniziale.

E a dimostrare che la presenza in borsa è ormai vista da alcuni club più come un problema che come una plusvalore, c’è una certa tendenza al delisting comune a tutta Europa: nel 2009, in concomitanza con l’inizio della grande congiuntura negativa delle borse mondiali, i club quotati erano 30, ora sono quasi meno della metà.

I titoli azionari di calcio in Europa

Ma perchè i club sono entrati in borsa e perchè sempre più spesso ne vogliono uscire? Quella della quotazione sui mercati azionari non è esattamente una novità degli Anni Novanta, o almeno non lo è in Italia.

I precursori, neanche a dirlo, sono stati gli inglesi, con il Tottenham che era già presente nel London Stock Exchange dal 1983.

Kane, 250 gol con la maglia degli Spurs!

E fa riflettere il fatto che gli Spurs, opzione sempre da prendere in considerazione in Premier per le scommesse live con un potenziale offensivo del genere, che sono stati la prima squadra di calcio a essere quotata in borsa, hanno quasi subito avuto problemi economici che hanno portato poi nel 2012 alla decisione di effettuare il delisting.

In Italia, oltre alla Roma, le squadre quotate in borsa sono la Lazio (che ha aperto le danze nel 1998) e la Juventus (che ha seguito i due club romani nel dicembre 2001).

L'obiettivo della quotazione in borsa

Tra gli altri grandi club europei, quelli che sono ancora presenti sui mercati azionari sono il Borussia Dortmund (che è l’unica società tedesca a essersi quotata), il Manchester United (quotato alla borsa di New York), l’Ajax (presente ad Amsterdam dal 1998) e il Lione.

L’obiettivo primario della quotazione è sempre stato quello di raccogliere capitali da investitori terzi, ma gli onori e i vantaggi economici, oltre a non essere duraturi, portano anche parecchie difficoltà per un club, che possono spingere a decisione come quella dei capitolini di uscire da Piazza Affari. Intanto, la quotazione in borsa porta obblighi non indifferenti, che hanno a che fare con la trasparenza delle operazioni economiche.

Perché i club optano per il delisting

Un club quotato deve informare non solo i singoli azionisti, ma soprattutto gli organi di controllo, descrivendo per filo e per segno nei comunicati le cifre dei contratti, i costi dei cartellini, ma anche bonus e commissioni varie. Un problema non da poco, soprattutto in piazze (proprio come Roma) dove ogni decisione viene scrutinata dal tifo e dalla stampa fino all’eccesso.

Senza poi contare che la necessaria pubblicità delle informazioni risulta essere un vantaggio per gli avversari, che possono valutare le strategie economiche e calcistiche dei club quotati in borsa partendo da dati incontrovertibili, resi tra l’altro pubblici dalle stesse società. Insomma, un vero e proprio…autogol.

Anche dal punto di vista economico, uscire dalla borsa e tornare a essere una società privata ha i suoi benefici per un club calcistico, soprattutto quando si parla di gestione delle spese.

Non dovendo più rendere conto né agli azionisti né agli organi di controllo della borsa stessa (per evitare situazione come insider trading e aggiotaggio), eventuali aumenti di capitale decisi dalla società o operazioni straordinarie come la costruzione di stadi di proprietà risultano investimenti privati e quindi sono meno soggetti a normative stringenti, come invece accade per chi è quotato.

Dal punto di vista sportivo, questo significa possibilità di effettuare operazioni di mercato più importanti (sempre rispettando ovviamente il Fair Play Finanziario). Ed ecco perchè l’uscita dalla borsa rappresenta un fattore importante per i tifosi che, come è abbastanza giusto e normale che sia, alle questioni puramente economiche e comunicative, in fondo, si interessano davvero poco…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.