Quando si parla di difesa, c’è una variabile da valutare: per le squadre più forti della storia del football è stato meglio difendere a zona oppure a uomo, nel concetto tipico di calcio all'italiana?

Si tratta di una questione abbastanza antica, perchè se è vero che la zona si è diffusa in Italia solamente alla fine degli anni Settanta con Nils Liedholm e poi è diventata un vero e proprio credo con Arrigo Sacchi, in giro per il mondo c’era già qualcuno che parecchio prima aveva pensato che si potesse difendere non più assegnando al difensore un avversario da seguire pedissequamente per tutto il campo, ma dandogli una zona da pattugliare.

Cenni storici della zona nel calcio

Del resto, a esporre con nettezza le lacune della difesa a uomo era stata nel 1953 l’Ungheria. Quell’anno la Squadra d’Oro di Ferenc Puskas e Sandor Kocsis strapazza a Wembley l’Inghilterra dei Maestri, anche sfruttando una delle principali carenze della marcatura a uomo: la rigidità.

Quando il numero 9 magiaro, il leggendario Nandor Hidegkuti, decide di giocare da falso nueve ante-litteram, il suo marcatore lo segue mentre arretra, lasciando così spazio agli inserimenti degli altri attaccanti ungheresi. Uno scontro frontale con la realtà, che suggeriva un altro modo di interpretare la fase difensiva.

E l’altro modo è, per l’appunto, la zona, in cui a un difensore viene assegnata una zona di campo che è di sua competenza, indipendentemente da quale avversario ci si trovi a transitare.

Ma nonostante vada a contraddire la marcatura a uomo, quindi personale, la difesa a zona è prima di tutto una difesa di squadra.

Molto più di quella a uomo, infatti, si basa sull’idea che tutti quanti i calciatori (e non solo i difensori) facciano il loro lavoro e che ci siano le necessarie coperture nel caso qualcuno si trovi in sottonumero nella sua zona o, per qualche motivo, fuori posizione.

La diagonale difensiva

Ed ecco perchè il movimento caratteristico della difesa a zona, soprattutto nella sua variante a quattro difensori, è la diagonale.

Favalli contro Ibra

Intendiamo per diagonale una disposizione difensiva per cui quando il terzino va ad affrontare l’avversario nella sua zona di competenza, il resto della linea si dispone (per l’appunto) in diagonale, in modo che i giocatori che attaccano in quella porzione di campo abbiano sempre un avversario pronto a intervenire e che, per trovare l’uomo libero dall’altro lato del terreno (detto in gergo tecnico “lato debole”), sia necessario il cambio di gioco.

La tattica del fuorigioco

Si parla di linea perchè, molto più che la difesa a uomo, la difesa a zona si associa particolarmente alla tattica del fuorigioco. Basandosi su movimenti di squadra ben oliati, la marcatura a zona è perfetta affinché la linea difensiva si muova all’unisono, riuscendo a lasciare l’avversario in offside con costanza: per il sito scommesse, è importante conoscere quando una squadra ricorre sistematicamente al fuorigioco.

A questo proposito, una delle migliori applicazioni è certamente quella del Milan di Sacchi. Se l’immagine di Franco Baresi, regista della retroguardia, che alza il braccio per chiamare il fuorigioco è diventata iconica è anche e soprattutto perchè i rossoneri erano diventati dei veri e propri maestri nel far scattare la trappola dell’offside al momento giusto: pensate come andrebbe a nozze lo storico numero 6 del Milan con il fuorigioco semiautomatico!

Il pressing come tattica collettiva

L’altro elemento imprescindibile per il funzionamento della marcatura a zona è il pressing. L’attacco dell’avversario che porta il pallone è un concetto che si è sviluppato per eliminare il vecchio concetto di attesa, per cui i difensori aspettavano che il portatore di palla li puntasse per provare il tackle o l’intercetto del passaggio.

Mettendo invece sotto pressione chi ha il pallone tra i piedi, le squadre che difendono a zona possono rendere molto più difficoltosa la manovra di chi attacca e recuperare il pallone quando gli avversari sono in fase offensiva, rendendoli così particolarmente vulnerabili alle ripartenze.

Sacchi con Ancelotti e Guardiola

I rischi della difesa a zona

A tal proposito, quali sono i punti deboli della difesa a zona? In primis, la necessità che i movimenti della linea siano estremamente coordinati. Basta infatti che uno dei quattro difensori sia leggermente più indietro degli altri per far saltare il fuorigioco e rendere assai concreto il rischio di “imbucata”.

Nel momento in cui l’avversario, per bravura o per errore della difesa riesce a superare l’unica linea difensiva, non ci sono più possibilità di recuperare, soprattutto se la zona viene applicata con una linea molto alta.

E questo, nel momento in cui il fallo sull’avversario lanciato a rete viene punito con un cartellino rosso, mette ancora più a rischio la retroguardia. Inoltre, siccome la zona si basa sul pressing, quindi sul movimento in avanti della linea, è insito che di fronte ai contropiedi, con la difesa costretta a ripiegare correndo all’indietro, ci sia una fragilità di fondo difficile da cancellare.

Il centrale dominante nella difesa a 4

Vista la diversità rispetto alla marcatura a uomo, è logico dunque che le caratteristiche necessarie per i difensori per una marcatura a zona siano parzialmente differenti. In particolare diventano fondamentali l’anticipo e la visione di gioco, oltre che una certa abilità nel gioco aereo.

Uno dei due difensori centrali, poi, deve essere dotato di una velocità non trascurabile, in modo da riuscire a garantire quella copertura (che nel calcio all’italiana era prerogativa del libero) nel caso qualcuno riesca a scavalcare la linea e puntare la porta.

La difesa a zona sui calci piazzati

A questo punto, rimane solamente una postilla sulla marcatura a zona, quella che riguarda i calci piazzati, sempre decisivi anche per le scommesse live. Già, perchè anche su punizioni e calci d’angolo è possibile decidere che un difensore (anzi, più in generale un calciatore) debba seguire un preciso avversario oppure presidiare una zona.

Nella maggior parte dei casi, le squadre preferiscono applicare una marcatura mista, con i saltatori che coprono a uomo sui saltatori avversari e altri calciatori, come quello che rimane sul palo e chi invece si sistema al limite dell’area, responsabili di zone particolari di campo.

La zona della Lazio contro l'Atleti di Morata

Nel caso della difesa a zona pura, invece, le zone nevralgiche da presidiare sono il primo e il secondo palo, la porzione di area piccola davanti al primo palo, la zona centrale dell’area davanti al portiere e il limite. Naturalmente, questo tipo di disposizione viene influenzata dal tipo di calcio piazzato che arriverà in area.

Nel caso di un calcio a uscire, i difensori potranno attaccare il pallone correndo in avanti, mentre con un calcio a rientrare dovranno posizionarsi più indietro del solito, aspettandosi anche di correre all’indietro. Ed ecco perchè contro chi difende a zona spesso i calci piazzati vengono calciati a rientrare, perchè si va a capovolgere il concetto di base della salita in avanti e in verticale!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.