Il calcio si, sa, s'intreccia storicamente con mille significati. Dalla politica allo status sociale, passando per le tematiche lavorative. Oltremanica si è spesso parlato di "working class football", ma quali sono le 5 società che maggiormente interpretano, ancora oggi, le loro origini operaie? Ne abbiamo selezionate 5, andiamole a scoprire:

I minatori di Sunderland

Certamente non la più bella città d'Inghilterra, almeno dal punto di vista paesaggistico. E tra le più povere, se non la più povera. Scordatevi Londra e le atmosfere altolocate del sud. E' qui che si respira, sino a sprofondarci dentro, l'Inghilterra più profonda. Quella dei cantieri navali, dei minatori, a cui è dedicato lo "Stadium of Light", che nel 1997 prese il posto del suggestivo Roker Park.

Proprio davanti all'impianto, una lanterna-monumento, in onore dei lavoratori sotterranei, che per poche sterline rischiavano quotidianamente la vita mandando avanti una buona fetta di economia del paese.

Politica di riconoscenza per la "working class" che però non viene esattamente trasferita nei prezzi: di fronte ai 1200-1400 euro circa di stipendio mensile guadagnato da uno stipendio del Tyne and Wear (salario normale per un italiano, molto basso, invece, per il costo della vita in Inghilterra), il prezzo più basso per l'abbonamento alle gare casalinghe della stagione di League One (terza serie) 2020-2021 corrisponde a 310 sterline (348 euro / 16,5 per match, che singolarmente - in League One - viene venduto a circa 30 euro).  

West Ham e i suoi martelli

Il club fu fondato nel 1895 dal filantropo Arnold Hills, direttore del cantiere navale londinese Thames Ironworks, come dopolavoro per i suoi operai. La squadra fu iscritta alla London League, che vinse nel 1898. L'anno dopo fu iscritta alla Seconda Divisione del campionato semi-professionistico della Southern League, vinse nuovamente il campionato e giocò per la prima volta le partite casalinghe al Memorial Grounds, nel quartiere londinese (nel sud della metropoli) di Canning Town.

A quel punto, affinché la squadra fosse competitiva in Prima Divisione, si rese necessario l'ingaggio di calciatori professionisti. Il Thames Iron Works Football Club fu quindi sciolto nel giugno del 1900 e un mese dopo (esattamente il 5 luglio) fu costituito il West Ham United. In quell'occasione fu deciso che i colori sociali fossero il bordeaux e l'azzurro (claret and blue).

A tutt'oggi, giocatori e tifosi vengono chiamati "Hammars" in onore dei martelli incrociati raffigurati sullo stemma del club. Che peraltro, talvolta, vengono mimati - con le braccia incrociate - anche in fase di esultanza. Per le paratite casalinghe, sempre interessanti per le scommesse live i prezzi di ingresso per gli adulti alle gare dell'Olympic Stadium (che, gli Hammers ancora misconoscono in ricordo di Boleyn Ground)? Da 45 a 80 pounds per match.

Millwall e gli scaricatori di porto

Vicini di casa del West Ham, con cui - le ormai rare volte che il calendario lo propone - danno vita al derby più caldo d'Inghilterra. Non inganni lo stemma del club, un leone rampante; per questo motivo i giocatori e i tifosi sono detti The Lions (I Leoni), che si esibiscono al "The Den" (la tana), ubicato al termine di Bolina Road a South Bermondsey.

Originariamente, i giocatori erano soprannominati The Dockers (in italiano Gli Scaricatori di Porto), in riferimento agli scenari portuali dell'Isle of Dogs in trae origine la storia del club. La divisa tradizionale consiste in una maglietta blu e pantaloncini bianchi, in onore della Scozia. Era scozzese, infatti, l'imprenditore James Morton, la cui omonima fabbrica (J.T. Morton) fondata nel 1870,  attirava manodopera da tutto il Regno Unito.

I tifosi del Millwall, ancora oggi espressione della zona più umile di Londra, sono i più temuti in UK: "No one likes us, we don't care" ("Non piacciamo a nessuno, non ce ne frega niente") è il loro motto. Un plauso alla dirigenza biancoblù che, nonostante un costo della vita piuttosto elevato a Londra, applica tra i prezzi più convenienti della Football League: per la Championship (la B inglese), appena 289 sterline (314 euro) per l'abbonamento-adulti stagionale.

Bradford City e l'industria tessile

Nell'ottobre 2015, la testata "The Independent" ha definito Bradford "il posto peggiore dove vivere nel Regno Unito". Con circa 284mila abitanti, la città dello West Yorkshire fu la più importante nell'industria tessile a metà del Diciannovesimo secolo. Le origini umili  si sono trasferite anche nel club, che attualmente frequenta la League Two.

La storia non ha mai riservato grande soddisfazioni da queste parti: l'11 maggio del 1985 lo stadio Valley Parade fu teatro di una delle peggiori tragedie del calcio britannico, quello che viene ricordato come il disastro di Bradford in cui persero la vita 56 persone e 265 rimasero ferite.

Tornando alla mentalità operaia del club, significativo è il gesto nel 2017 del co-proprietario tedesco (di origini bosniache) Edin Rahic, che fissò il prezzo più basso degli abbonamenti annuali in tutta la Football League inglese: 149 sterline, somma unificata per tutti i settori dello stadio.

Ad oggi, il prezzo intero per una gara di League Two (quarta serie) al Valley Parade, equivale a 20 sterline. E questo in una delle città col più alto tasso di disoccupazione dell'intero paese e il cui stipendio medio è molto simile a quello già citato per Sunderland.

Scunthorpe United: il pugno e l'incudine

Cittadina industriale da 73mila abitanti a un centinaio di chilometri da Bradford, il settore metallurgico ha da sempre costituito la principale fonte di reddito (1500 sterline il salario mensile medio di uno "steel worker").

"Any old Irons" sono soprannominati i tifosi e i giocatori e il simbolo del club claret and blue (le cui divise richiamano le tute degli operai) - anch'esso militante in League Two (26 euro il costo del biglietto intero per una partita al Glanford Park) - è un pugno che stringe una barra di ferro, simile ad un'incudine, icona laica di tutta l'area del North Lincolnshire.

Più calcio-operaio di così...

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*La foto di apertura è di Tim Ireland

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.