Dovrai aspettare altri mille anni per vedere una cosa del genere”. L’espressione è di Jack Charlton, allenatore delle giovanili del Newcastle, che si rivolge così al suo vice, dopo che un diciottenne di nome Paul e di cognome Gascoigne, aveva appena segnato un gol eccezionale in finale di Youth Fa Cup, poi vinta 4-1 dai Magpies. L’esordio tra i grandi sarebbe arrivato da lì a poco e la stella di Gazza si sarebbe definitivamente accesa sul calcio inglese. Ma fermiamoci un momento e riavvolgiamo il nastro.

Paul John nasce a Gateshead, poche miglia da Newcastle, il 27 maggio del 1967. Quattro giorni dopo, nel Regno Unito, sarebbe uscito Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ottavo album dei Beatles, di cui la mamma del neonato era grandissima fan, tanto da chiamare il bimbo, il secondo di quattro figli, Paul e John, come McCartney e Lennon. Gazza cresce in un ambiente difficile, la famiglia ha disponibilità economiche limitate e il padre è alcolizzato e violento, la mamma che rimarrà sempre la donna più importante della sua vita, un giorno si fece leggere la mano da una cartomante che gli predirà: “Uno dei tuo figli diventerà qualcuno grazie ai suoi piedi”. Difficile sbagliare su quale fosse il “figlio giusto”.

L'inizio

Paul dimostra sin da piccolino di avere un talento fuori dal comune, tanto che il Newcastle lo sceglie dopo un provino e lo fa entrare nella sua Academy. Jack Charlton lo sceglie e prova a dargli regole. Soprattutto alimentari. Gascoigne mangia tanto, ma soprattutto male, la sua alimentazione è fatta di Fish and Chips, hamburger, Mars (il suo snack preferito) e bevande gassate. Il peso-forma non può essere quello di un atleta.

Charlton, un giorno, lo convoca nel suo ufficio e gli dice: “Sotto quella pancia, so che c’è del talento. O ti dai una regolata entro due settimane o sei fuori”. Gazza, per la prima volta da quando veste il bianconero, si sente crollare il mondo sotto i piedi e cambia, smaltisce i chili in eccesso e riconquista la fiducia di Charlton e il 13 aprile del 1985 esordisce in prima squadra. L’ascesa è iniziata, Gazza - chiamato così per la sua andatura un po’ dinoccolata, stramba, che ricorda un uccello - diventa un idolo di St James’ Park e al periodo con i Magpies risale una delle immagini più famose della sua carriera.

Il Newcastle gioca contro il Wimbledon allenato da Boddy Gould e in cui gioca tal Vinnie Jones che di mestiere fa il mediano e ha la fama di essere uno dei calciatori più “cattivi” d’Inghilterra. Gould sa che Gascoigne, nonostante abbia solo 20 anni, è un giocatore fuori dal comune, uno di quelli che può decidere le partite da solo. Così, durante la settimana, stuzzica Jones che ha il compito di marcarlo, di annullarlo. Le partitelle d’allenamento del Wimbledon sono caratterizzate dalla sofferenza di Jones nel marcare tal Mett Clements, esterno destro della squadra riserve.

Gould vuole colpire Jones nell’orgoglio, in modo da fargli tirare fuori tutta la sua “cattiveria” il sabato successivo, contro Gascoigne: “Pensavo: chissà cosa come farò a fermare quel ragazzino, se uno della squadra riserve mi ha fatto diventare matto tutta la settimana”, racconterà poi Vinnie. Arriva finalmente la partita e Jones dà il meglio di sé, ringhia feroce su Gazza, non lo lascia respirare, lo pressa anche mentalmente: “Grassone, ormai siamo solo io e te”, gli dice ripetutamente.

Poi lo storico episodio della strizzata alle parti intime di Paul che viene immortalato diventando una delle immagini più iconiche del football britannico. Gascoigne gioca male, la partita finisce 0-0. Ma il numero, Gazza lo tira fuori a gara finita, una sua fan gli regala un mazzo di rose rosse e lui decide di mandarne una a Vinnie Jones che risponde con lo scopettino del water.

L'estate dei Mondiali

Gascoigne è una star e il Tottenham gli consegna la maglia n.8: gli Spurs, a sorpresa per le scommesse calcio, riescono a strapparlo al Manchester United di Ferguson, pagando 2.3 milioni di sterline, che per l’epoca sono un’enormità.

Gazza con la maglia del Tottenham!

La svolta della carriera di Gazza, però, arriva nell’estate del 1990. Tutti noi abbiamo un’estate che ci scalda il cuore, che ci ricorda amori, avventure, divertimento. Gascoigne la vive nel ’90, quando gioca il suo primo Mondiale con la maglia dell’Inghilterra.

I Tre Leoni, guidati da Bobby Robson, sono sorteggiati nel gruppo F con Olanda, Egitto e Irlanda. Tutte le gare inglesi del girone si giocano a Cagliari e la prima è un 1-1 contro l’Irlanda allenata da quel Jack Charlton che lo aveva svezzato e lanciato. Ma è nella partita successiva, altro pareggio, stavolta 0-0, contro l’Olanda che Gascoigne sale alla ribalta, in campo ci sono Gullit e Van Basten, ma è lui a dare spettacolo, a incantare con giocare sensazionali.

Paul sul campo sembra volare, è in forma smagliante, fisica e mentale: “Non volevo finisse mai, per me era come una vacanza. Ho amato ogni momento di quell’esperienza, compresi gli allenamenti, ero il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarmene Volevo durasse per sempre, per non tornare poi alla vita reale”. Questo frammento dice tanto di Paul, del suo modo di essere, del suo prendere la vita in modo surreale, così da non fronteggiare quelle che sono le questioni, anche più piccole, che la vita quotidiana ti mette di fronte. Colpa di quell’infanzia fatta di paure, di botte, di un clima avvelenato da un padre che era schiavo dell’alcol, come lo sarà poi il figlio.

Il Mondiale del ’90 è comunque il suo apice, l’Inghilterra batte l’Egitto e passa prima nel suo girone. Elimina Belgio e Cameroon agli ottavi e ai quarti e incontra, da leggera sfavorita per le scommesse, la Germania in semifinale. La notte prima della sfida, Gazza rimane fino all’1 di notte a giocare a tennis con alcuni ospiti americani dell’hotel in cui la nazionale inglese è in ritiro. La partita, quella di calcio, finisce 1-1 e si trascina fino ai supplementari, quando Gascoigne controlla male un pallone, s’allunga e colpisce un avversario, per l’arbitro è un fallo da ammonizione, ma è una mazzata sul morale del ragazzo che, diffidato, sa di aver già perso l'eventuale finale.

Paul è già in lacrime prima della fine dei 120’, sente il peso di un destino beffardo che gli appesantisce le gambe e il cuore. Si va ai rigori e prima della lotteria dagli undici metri, Bobby Robson lo prende da parte, lo rassicura e gli chiede di calciare il penalty. Gazza tira e segna. Ma non basta, vince la Germania. 

*Il testo dell'articolo è stato curato da Marco Valerio Bava; l'immagine è di Paul Velasco) (AP Photo).

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