I riflettori illuminano il palcoscenico del calcio professionistico, attirando l’attenzione su gran parte dei protagonisti: giocatori, tecnici, dirigenti, fin anche massaggiatori. Ma c’è una figura che spesso appare invisibile, schermata dall’importanza del mister: l’allenatore in seconda. La storia del football è piena di questi uomini invisibili che risultano essere spesso decisivi per le sorti della squadra, ma che cadono spesso nel dimenticatoio.

Il nome di Peter Taylor in Inghilterra è leggendario e non potrebbe essere altrimenti. C’è una statua che lo raffigura nella Contea di Nottingham accanto a Brian Clough. E’ un omaggio del Derby County alla memorabile coppia che portò i Rams al titolo d’Inghilterra dopo aver vinto il campionato di Seconda Divisione. Quella del Baseball Ground è la prima delle due imprese che caratterizzò la carriera dei due amici.

La fruttuosa collaborazione professionale si infranse sulla bianca scogliera di Dover - a Brighton - dove i due scelsero di percorrere strade diverse. Si erano conosciuti a Middlesbrough - da giocatori - su un campo di calcio; Taylor era il portiere, Clough giocava come centravanti. Erano complementari, e lo sarebbero stati anche in panchina. Il film “Il maledetto United” narra in maniera sublime la loro  separazione e la successiva riappacificazione: l’esperienza di Clough sulla panchina del Leeds durò soltanto 44 giorni, ma i due seppero riconciliarsi, trovando riscatto nella foresta di Nottingham.

Questa, più che a una storia di calcio, somiglia alla favola di Robin Hood; rubare ai ricchi per donare ai poveri. Ed è quello che fanno Clough e Taylor alla guida del Forest; promozione in Prima Divisione nel 1977, vittoria del titolo di Campione d’Inghilterra nel 1978, vittoria della Coppa dei Campioni contro il Malmöe nel 1979 e nuovo successo in Coppa dei Campioni contro l’Amburgo nel 1980. Tra le due coppe, c’è anche il trionfo in Supercoppa Europea contro il Barcellona. What's else?

Kidd, meglio da assistente

La Terra di Albione è ricca di queste storie, e quella che stiamo per raccontare è contemporanea. Il nome di Brian Kidd è molto famoso tra gli addetti ai lavori, poco noto, invece, tra i calciofili meno preparati. La sua carriera da allenatore fa seguito a quella da giocatore, un percorso virtuoso trascorso con le maglie del Manchester United, dell’Arsenal, del City e dell’Everton.

Appesi gli scarpini al chiodo inizia a collaborare con Alex Ferguson. Il tecnico scozzese non è ancora stato nominato “Sir”: quando accadrà, gran parte del suo cammino professionale lo avrà percorso insieme a Brian Kidd. L’assistente di Ferguson proverà a mettersi in proprio nel 1998, ma ci sono tecnici nati per fare l’allenatore in seconda, e Kidd è uno di questi: prende il treno in corsa - la stagione è già compromessa - e si conclude con la retrocessione del Blackburn Rovers.

Tornato in seconda linea, Brian Kidd nel 2009 arriva al Manchester City come assistant coach. E vince tutto, tranne la Champions League: ha vinto titoli con Roberto Mancini e con il cileno Manuel Pellegrini. Ha continuato a ricoprire il ruolo di allenatore in seconda anche con l’arrivo di Pep Guardiola. E anche qui, i titoli non sono mancati.

Una figura simile, per quanto riguarda la Liga spagnola, è quella di Carlos Rexach, ex giocatore del Barcellona e assistente di Johan Cruijff nel Dream Team catalano. Anche qui, il connubio vincente nasce in campo; l’intesa non manca, Rexach è un discreto attaccante catalano, e quando nel 1973 si ritrova al fianco del giocatore più forte al mondo, non può che esserne felice: Johann Cruijff sbarca sul pianeta Barça, niente sarà più come prima.

Rexach e Cruijff giocano insieme per cinque anni, poi il Profeta del gol decide che la sua esperienza in Catalogna può finire lì, anche perché i dirigenti hanno deciso nuovamente di allontanare Rinus Michels, che per Johann Cruijff è come un padre. Cruijff sa che quello è solo un arrivederci, sa bene che tornerà in quel posto, e che scriverà in bella calligrafia altre pagine di storia.

Quando l’olandese riappare sulla porta dello spogliatoio del Non Camp, Rexach è lì: dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, è rimasto nei quadri tecnici del Barcellona; nella stagione 1987-88 ha affiancato Luis Aragones sulla panchina della prima squadra, e ha chiuso la stagione come primo allenatore. Durante l’estate sbocciano i tulipani ed i bonus scommesse: l’Olanda vince l’Europeo, Cruijff torna a Barcellona.

Negli otto anni alla guida degli azulgrana i catalani vincono per quattro anni consecutivi la Liga, una coppa delle Coppe e la prima storica Coppa dei Campioni, battendo in finale la Sampdoria di Mancini e Vialli. Rexach ha legato la sua lunga carriera di assistente al Barcellona fino al 1996 - quando - il nuovo tecnico Bobby Robson decise di estrometterlo dall’incarico per affidare il ruolo di assistant coach a un giovanissimo Josè Mourinho: cose che capitano, se hai davanti a te uno Special One.

Nel prossimo articolo, racconteremo le meravigliose storie di vita, ancor prima che professionali, di Narciso Pezzotti, El Mono Burgos, Italo Galbiati e Luca Gotti: uno su mille ce la fa!


*L'immagine di apertura dell'articolo è di Cesar Rangel (AP Photo).

Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.