Affossato dalla crisi finanziaria, che ha causato al sistema calcio oltre sette miliardi di debiti in due anni, e dai tentativi, più o meno legittimi, di dribblarlo, il Fair Play Finanziario è andato in pensione. La creatura di Platini, che doveva servire sia a mantenere una sostenibilità del pallone che a garantire che il divario tra club ricchi e non non inficiasse troppo sulle competizioni, lascia il posto a una sua nuova versione.

Addio dunque alle polemiche? E che succede alle plusvalenze, che negli anni passati sono state il modo principale per far tornare i conti entro i 30 milioni di deficit in tre anni previsto dalle vecchie regole? Difficile a dirsi, ma quel che è certo è che il nuovo Fair Play Finanziario, che la UEFA ha battezzato “regolamento UEFA Licenze per Club e Sostenibilità Finanziaria” presenta specifiche assai diverse dal vecchio.

La solvibilità dei club

Il principio della stabilità

Il controllo dei costi

L'entrata in vigore graduale del Fair Play

Le sanzioni del nuovo Fair Play finanziario

Il Fair Play e la Serie A

La solvibilità dei club

Il nuovo Fair Play Finanziario si basa essenzialmente su tre concetti fondamentali: la solvibilità, la stabilità e il controllo dei costi.

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Per solvibilità si intende ovviamente la capacità del club di pagare i suoi debiti. Proprio la situazione economica mondiale, scaturita dagli avvenimenti sanitari e geopolitici che tutti conoscono, ha portato alla necessità di rivedere i parametri delle licenze UEFA. I club saranno controllati quattro volte l’anno e ci sarà molta meno tolleranza per chi non paga con regolarità.

Il principio della stabilità

La stabilità riprende invece uno dei concetti base del vecchio Fair Play Finanziario, il pareggio di bilancio, adattandolo però in maniera importante. Niente più tetto di deficit a 30 milioni in tre stagioni, ma a 60, con la possibilità per i club che finanziariamente sono in buone condizioni di arrivare addirittura a 90 milioni di deficit in tre anni.

Rispetto al passato, però, non ci saranno più le cosiddette “spese virtuose”, ovvero gli investimenti su strutture e giovanili che nel vecchio FPF non concorrevano al calcolo del deficit. Tutto andrà conteggiato all’interno del limite imposto dalla UEFA. Le società dovranno poi fare attenzione al loro patrimonio netto: nel caso fosse negativo, ci sarà la necessità di migliorarlo di almeno il 10% nell’annata successiva.

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Inoltre, niente più bilancio stagionale, ma annuale, legato all’anno solare. I conti, che prima si facevano il 30 giugno (con conseguenze a volte imprevedibili sul mercato), ora si faranno il 31 dicembre.

Il controllo dei costi

Il punto principale delle riforma è però certamente quello che riguarda il controllo dei costi. Le spese di ogni club saranno analizzate con attenzione e ci sarà una nuova soglia da controllare, quella del 70% rispetto ai ricavi. Per spese si intende i costi che le società affrontano per la squadra, come gli stipendi di calciatori e allenatori, i cartellini acquistati durante il calciomercato, ma anche le commissioni agli agenti.

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Non si potrà insomma spendere più di quanto si ricava, così da evitare di cadere in una situazione debitoria. Questo sistema ha portato più di qualcuno a definire la nuova norma una specie di salary cap. Ma rispetto al vero salary cap, cioè quello delle leghe statunitensi, non ci sono assolutamente limiti agli stipendi complessivi di chi scende in campo o alla possibilità di un club di proporre ingaggi altissimi. L’importante è che il monte ingaggi non implichi lo sforamento del 70% dei ricavi. 

L'entrata in vigore graduale del Fair Play

Ma quando entrerà in vigore questo sistema? La rivoluzione in realtà inizia a giugno 2022 e sarà graduale. Per evitare scossoni troppo pesanti, la UEFA ha deciso che i club avranno un triennio per adeguarsi, soprattutto al tetto delle spese.

Dunque, per la prossima stagione sarà possibile spendere fino al 90% dei propri ricavi, soglia che scenderà all’80% l’anno ancora successivo, per poi raggiungere l’obiettivo che ci si è prefissati, quindi il 70%, nel 2025. Dunque, c’è tempo e modo per imparare a calibrare l’equilibrio tra entrate e uscite che tanto sta a cuore alla federazione europea. Ma sarà subito implementato il sistema di controllo della solvibilità, così da impedire che le società si indebitino ulteriormente.

Le sanzioni del nuovo Fair Play finanziario

E nel caso qualcuno non rispettasse i parametri, sono ovviamente pronte le sanzioni. Già, proprio quello che ha rappresentato il tallone d’Achille del vecchio Fair Play Finanziario.

Nel corso degli anni, una delle critiche maggiori al sistema è stata quella di una certa debolezza dell’impianto punitivo, soprattutto di fronte a violazioni non proprio evidenti. I casi che hanno coinvolto il Manchester City e il Paris Saint-Germain, sempre tra le favorite iniziali della Champions per le quote calcio con le loro sponsorizzazioni provenienti da aziende legate alle proprietà, hanno fatto scalpore e hanno anche portato alla necessità di rivedere i parametri.

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Ora che le maglie, almeno per quanto riguarda questa questione, sono state allargate, le punizioni sportive sembrano destinate a essere applicate con un maggiore zelo. E saranno progressive, a seconda della recidività. Oltre alle multe, sarà infatti possibile vietare ai club di schierare calciatori nelle partite continentali, retrocederli da una competizione europea all’altra, fino alla pena maggiore, l’esclusione dalle coppe per la stagione successiva.

Il Fair Play e la Serie A

La domanda che in molti si pongono, però, è una sola: a chi conviene questa riforma? In teoria a tutti, perché con un contenimento delle spese ogni club, piccolo o grande, dovrà rimanere in linea. Ovvio però che le società molto ricche e quelle che giocano in campionati con maggiori ricavi (e ogni riferimento alla Premier League non è per nulla casuale) possano stare decisamente più tranquille, anche visto che le sponsorizzazioni delle big continentali permettono di portare a casa cifre molto importanti, che concorrono alle entrate poi spendibili. 

E le squadre italiane? Considerando che i nostri club sono parecchio indebitati, il rischio è che per rimettersi in riga con i nuovi parametri ci sia bisogno di una piccola rivoluzione, sia finanziaria che sportiva.

Lo stato del calcio tricolore, poi, non aiuta, perché il nostro campionato come sanno già gli appassionati di quote Serie A dal punto di vista di diritti TV e di merchandising è purtroppo anni luce indietro rispetto non solo all’irraggiungibile Premier, ma anche agli altri grandi tornei, che stanno migliorando il loro appeal e raggiungendo accordi importanti che porteranno a un aumento delle entrate. E, di conseguenza, delle possibilità dei club di spendere. 

Addio al concetto di Fair Play, dunque, se chi è ricco potrà fare molto di più di chi ha fondi limitati? Questo lo si capirà a breve.

Un'acrobazia di Cruyff!

Il fatto che la dicitura sia scomparsa dal nome delle norme, però, la dice lunga. Ma in ogni caso, le big faranno meglio a non farsi troppe illusioni, perché il verdetto del campo spesso non coincide con quello dei bilanci. E come spiegava un certo Johan Cruijff, “non ho mai visto un sacco di soldi segnare un gol”…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.