“Se la palla ce l'abbiamo noi gli avversari non possono segnare”. Questo concetto, enunciato da un certo Nils Liedholm, oggi sembra pura logica. Ma In un calcio che, soprattutto in Italia, che era fatto di difesa e contropiede, sicuramente rappresentava una novità.

Il possesso palla, ovvero avere il controllo (a volte quasi ossessivo) del mezzo che, in fondo, serve a vincere le partite. Dai tempi di Liedholm ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la lezione del Barone ha attraversato i decenni e la sua “ragnatela” si è poi evoluta in forme di gioco vincenti come il tiki-taka.

Tenere il pallone, dettare il ritmo della partita e squarciarla con verticalizzazioni improvvise, ma allo stesso tempo mettendosi anche al riparo da possibili scherzetti degli avversari, perché la logica un suo senso ce l’ha: chi non ha il pallone tra i piedi non può segnare.

Il Barcellona di Guardiola

Il possesso di palla è comunque un’arte, perché sono parecchie le capacità che tutti i giocatori della squadra devono avere affinché sia efficace. In primis serve ovviamente una capacità di passaggio non indifferente, in modo da raggiungere sempre il compagno smarcato con la massima precisione.

A questo si aggiunge il saper giocare sotto pressione, perché non tutti di fronte a un possesso palla stanno fermi ad aspettare, anzi.

Senza dimenticare che di fondo può esserci bisogno anche di saper dribblare per superare l’avversario e che non può mancare una visione di gioco ben calibrata, in modo da sapere sempre cosa fare per non perdere il possesso. Al compagno che riceve tocca poi l’onere di avere tutte queste capacità, più quella di controllare il pallone, per garantire un possesso fluido ed evitare errori che possono portare a capovolgimenti di fronte improvvisi e pericolosi.

Se la squadra è in grado di unire tutti questi fattori, però, il possesso di palla è un’arma devastante. Lo dimostra benissimo il Barcellona di Guardiola, che ha vinto tutto quello che c’era da vincere avendo sempre il pallone tra i piedi dei suoi campionissimi.

Nasce così la scuola di pensiero del possesso palla a tutti i costi, o quasi. Non che sia semplice farne parte, però, perché in un calcio frenetico, in cui il pressing ormai è parte integrante di qualsiasi partita, per tenere il pallone nella maggior parte del tempo bisogna essere in grado di gestirlo con una certa maestria.

Quando la strategia è mirata

Ma quando il possesso palla viene fatto per bene, i benefici sono parecchi, oltre a quello di rendere impossibile un’eventuale marcatura avversaria.

Chi ha il pallone può decidere quando e come attaccare, cercando di sfruttare momenti in cui l’altra squadra non è pronta o si è scoperta in una determinata parte di campo. E anche contro le tante squadre che si basano sul pressing disperato, il possesso palla è un’arma utilissima: il più bravo attualmente in A è Arthur, acquisto troppo sottovalutato del calciomercato viola!

Arthur regista viola

Se fatto con accortezza, il possesso (e la girandola di passaggi che ne consegue) è in grado di scavalcare la pressione e di creare nuovi spazi.

E persino contro chi si arrocca alla disperata, lasciando il controllo della palla e della partita agli avversari, il possesso di palla punta a scardinare le difese più impenetrabili attraverso i cambi di gioco o le combinazioni nello stretto.

Il mito del possesso palla

Dunque, soprattutto negli ultimi anni grazie a squadre vincenti come il Barcellona, si è sviluppato il “mito” del possesso palla, una statistica che però non sempre racconta la verità. Già, perché tenere palla è semplice (no, in realtà non lo è per nulla, ma poniamo che lo sia), ma poi con il pallone bisogna essere in grado di farci qualcosa.

E avere il 70 o persino l’80% di possesso palla non garantisce mica la vittoria delle nostre scommesse sportive! Certo, vuol dire che l’avversario avrà avuto possibilità di fare male per un terzo di partita o anche meno, ma non è detto che non ci sia riuscito.

E allo stesso modo, avere un possesso palla preponderante non significa per forza di cose che si riuscirà a fare quello che nel calcio è fondamentale per vincere, ovvero segnare.

Le partite si vincono facendo gol

Per spiegarlo bene basta una partita, che non per caso vede di nuovo protagonista proprio il Barcellona. La stagione è quella 2012/13, la prima dopo la fine dell’era Guardiola. In panchina in Catalogna c’è Tito Vilanova, che del catalano è l’ex secondo e l’erede.

Messi contro il Celtic

Il match di Champions League contro il Celtic Glasgow termina, a sorpresa anche per le scommesse live, 2-1 per gli scozzesi, che segnano una delle due reti a pochi minuti dalla fine e subiscono solo quella targata Messi durante il recupero. E se il dato sui tiri fatti (5 a 25) fa capire come i biancoverdi abbiano subito durante il match, quello sul possesso palla è ancora più netto, per quanto non sia univoco nella rilevazione.

Ma nonostante qualche differenza (89% o 83,6%), quello che ci capisce benissimo è che il pallone ce l’ha avuto praticamente sempre il Barcellona.

La partita, però, l’ha vinta l’altra squadra. E non è una rarità che accada, perché sono molti i club che preferiscono fare un gioco attendista e sperare di cogliere in contropiede chi invece punta a fare la partita.

E quindi la domanda si pone: il possesso di palla è un’opportunità o un rischio? Entrambe le cose, come un po’ tutto nel calcio. Chi sostiene che con l’aumentare del pressing e della velocità del gioco il possesso sia diventato pericoloso pone come esempio la più recente evoluzione di Guardiola, quella al Manchester City.

Con l’arrivo di Erling Haaland i Citizens hanno in parte accantonato il vecchio modo di giocare, con possessi prolungati e azioni manovrate che portavano quasi sempre uno degli esterni al cross dalla linea di porta.

Haaland in elevazione aerea

Ma il fatto che ora la squadra inglese a volte punti sulla profondità diretta per servire il centravanti norvegese negli spazi non significa certo che Guardiola e i suoi vogliano smettere di gestire il pallone e mettersi a giocare di rimessa. Il City il pallone continua ad averlo, ma lo sfrutta in maniera diversa.

E questo serve per spiegare che il possesso palla non è soltanto passaggi sterili e una statistica fine a sé stessa, importante solo per gli amanti dei numeri. Ma allo stesso tempo conferma l’assunto iniziale: chi ha il pallone non può subire gol. E, se ci riesce, può farlo.

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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.