Nel mondo dei documentari sportivi, che negli ultimi anni sembra essere quasi monopolio delle grandi piattaforme internazionali, entra anche l’Italia e lo fa in grande stile. Fandango, Sky e Luce Cinecittà, con la direzione di Domenico Procacci, hanno infatti creato un vero e proprio gioiello.

“Una squadra” è una docuserie di sei episodi da 50 minuti, che è stata anticipata da un film che la riassume, trasmesso nelle sale italiane. La squadra in questione è quella che nel 1976 vince la Coppa Davis di tennis, in un periodo in cui sia in Italia che nel mondo intero le questioni politiche e sociali rendevano impossibile scindere lo sport (e la vita di tutti i giorni) da quanto accadeva.

In un momento nel quale noi appassionati di sport e tv attendevamo con ansia i vari speciali su Spagna '82, il successo del prodotto pubblicato da Sky è stato enorme, sia per l’argomento trattato che per il taglio, originale e divertente; l'ultima fatica del coproduttore de "L'Amica geniale" è per distacco la migliore tra le serie sportive 2022 e non ce ne voglia la formidabile squadre di Sfide che ha raccontato attraverso alcuni protagonisti, anche avversari, il successo degli Azzurri a Madrid!

L'Italia a metà degli anni '70

Una squadra: i protagonisti

Il cammino degli Azzurri nella Coppa Davis 1976

Le polemiche sulla trasferta a Santiago

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L'Italia a metà degli anni '70

La storia di quella Coppa Davis, con la finale giocata a Santiago contro il Cile di Pinochet, è leggenda dello sport italiano. Ma anche il contorno, con le elezioni del 1976 e l’avanzata del PCI di Berlinguer e l’inasprirsi della lotta armata degli Anni di Piombo, narra di argomenti che non possono non interessare e affascinare non solo chi ha vissuto quel periodo, ma anche e soprattutto le nuove generazioni.

Che, attraverso il racconto di un’impresa sportiva unica nella storia del tennis tricolore, scoprono non solo quella squadra che ha fatto epoca, ma anche il contesto storico e sociale in cui quel trionfo ha avuto luogo, così come le conseguenze sul Paese di una affermazione sportiva che andava al di là del campo.

Una squadra: i protagonisti

La serie racconta quella Coppa Davis e l’Italia dell’epoca attraverso gli occhi dei quattro protagonisti, che poi in realtà sono cinque. In campo scendono Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, ma c’è anche il capitano non giocatore, un’altra leggenda del tennis tricolore come Nicola Pietrangeli.

Corrado Barazzutti qui capitano non giocatore

Ognuno contribuisce al racconto con i suoi ricordi e con aneddoti personali, che contribuiscono alla caratterizzazione personale di ognuno dei cinque moschettieri. 

C’è Panatta, il giocatore playboy, a suo agio tanto sul campo quanto sotto i riflettori dei fotografi, ma anche quello che suggerisce di giocare l'inizio del match di doppio a Santiago con la maglia rossa, in segno di sfida contro il regime di Pinochet, riuscendo a convincere Bertolucci a seguirlo in quel gesto di rottura.

Un segnale di come quella squadra fosse a suo modo tanto unita quanto divisa, viste le personalità contrastanti di chi ne faceva parte. Il contraltare di Panatta è un serissimo, quasi stoico Barazzutti, mentre Bertolucci detto il pigro, con il suo sorriso e la sua ironia, risalta come il vero collante del gruppo, così come Zugarelli, probabilmente il più genuino della serie, taciturno ma altrettanto fondamentale negli equilibri del team.

Oltre ai “personaggi”, perchè tali sembrano i quattro campioni, pur essendo assolutamente fedeli a se stessi, c’è però anche una storia sportiva da celebrare: un percorso che speriamo possa essere ripetuto anche dalla generazione di Sinner!

Il cammino degli Azzurri nella Coppa Davis 1976

E quella Coppa Davis 1976 è il capolavoro dell’Italia del tennis, che in quegli anni vive un periodo molto positivo, con Panatta che in quell’anno vince, a sorpresa per le quote tennis, il double Internazionali d’Italia e Roland Garros, raggiungendo il suo best ranking di sempre, al numero 4. Gli Azzurri partono nel torneo battendo la Polonia nel turno di qualificazione della Zona B, per poi sconfiggere la Jugoslavia, la Svezia e la Gran Bretagna (a Wimbledon, sull’erba) per arrivare alle semifinali. 

Ma mentre l’Italia supera l’Australia per 3-2 al Foro Italico, qualificandosi per la finalissima, dall’altra parte del mondo succede di tutto, anche e soprattutto per questioni politiche. La zona americana vede vincere il Cile, che in semifinale batte l’Argentina (anch’essa appena caduta sotto una dittatura) e in finale il Sudafrica dell’apartheid, contro cui il Messico (che ha da poco chiuso tutti i rapporti, compresi quelli sportivi, col paese africano) si rifiuta di giocare nel turno precedente.

Nella seconda semifinale, dunque, i cileni dovrebbero affrontare l’Unione Sovietica, che però decide di boicottare la partita. I sudamericani vanno in finale senza giocare e in Italia si apre un caso: è giusto andare a sfidare il Cile in un paese in cui sono negate le libertà fondamentali? 

Dalle parole dei protagonisti, si capisce come la questione abbia influito anche sulle loro percezioni di sportivi che avevano l’occasione di scrivere la storia del tennis italiano.

Le polemiche sulla trasferta a Santiago

E le polemiche sulla decisione di andare a Santiago a giocare restano parte integrante della storia di quella Davis, così come le maglie rosse di Panatta e Bertolucci e una vittoria, l’unica per le quote Coppa Davis mai ottenuta dagli Azzurri, che ha dunque avuto una risonanza nazionale (e non solo) diversa da quella che ci si poteva aspettare da un “semplice” evento sportivo.

Panatta premia i finalisti

Ed ecco perché “Una squadra” non è un semplice documentario, ma un affresco ancora molto vivo di quella che è stata un’epoca di sconvolgimenti, di contrasto e di paure: le continue reciproche stoccatine, le bugie bianche di Pietrangeli ed Adriano Panatta che si presenta alle telecamere con tutta la sua inimitabile simpatia fanno della docuserie, il prodotto sportivo più riuscito della stagione!  

Ma con la certezza che quattro (anzi, sempre cinque!), nonostante i contrasti di personalità e di opinione, hanno tenuto alto l’onore dell’Italia ma non si sono voltati dall’altra parte quando potevano anche farlo…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.