Juninho Pernambucano: fantasia e fedeltà al comando

Antônio Augusto Ribeiro Reis Júnior, meglio conosciuto come Juninho Pernambucano, ma anche "Il miglior tiratore di calci di punizione". 

Il brasiliano ne ha segnate 77 in carriera, un record assoluto che ha permesso a Juninho di mettersi alle spalle anche un certo David Beckam, uno che ha reso iconica e universale rincorsa e postura del corpo prima di calciare le punizioni. 

Quantità e qualità hanno reso Juninho il centrocampista offensivo ideale negli anni 0. 

Non sono mai mancati gol da calcio di punizione calciando da distanze proibitive, come quella volta contro il Barcellona nella Champions League 2007 - 2008 in rete da calcio piazzato da una distanza di 43 metri. 

Nel 2008, contro il Nizza, ci riuscì da 48, praticamente da centrocampo.
 

Centralità totale

Nel dicembre 2006 il giornale sportivo francese L'Équipe ha calcolato che il 45% dei gol del Lione provenivano da punizioni e passaggi diretti e indiretti di Juninho.

Una parola che ci aiuta a inquadrare il brasiliano è fedeltà. 

Dopo una prima esperienza al Vasco da Gama, club che lo ha acquistato dal Recife, dove Juninho aveva fatto giovanili e città dove è nato, il brasiliano ha marchiato a fuoco sua vita calcistica con il Lione: dal 2001 al 2009 con l'OL ha vinto il clamoroso numero per le scommesse calcio di 7 campionati, e 10 anni dopo l'addio da calciatore ha avviato con i francesi una nuova avventura da direttore sportivo. 

A estremizzare ancor di più questo sentimento oltre alla sua autenticità, c'è il suo atteggiamento controcorrente verso quello che secondo lui è l'insegnamento che l'establishment brasiliano offre ai concittadini verdeoro.

"In Brasile contano solo i soldi, l'esempio è Neymar [...]. Il problema è che l'establishment in Brasile ha la cultura dell’avarizia e vuole arricchirsi sempre di più. Quindi è questo ciò che ci insegnano e che impariamo". 

A rivivere la sua carriera sembra però che anche Juninho sia caduto in questa tentazione. Un'esperienza sia in MLS che nel campionato qatariota. Ma se con i primiha vinto un titolo resistendo solo una stagione, in America ai N.Y. Red Bulls non è riuscito ad andare oltre i 5 mesi chiedendo la rescissione del suo contratto da Designates Player.
 

Tra l'altro alla fine di entrambe queste esperienze internazionali è ritornato al Vasco da Gama per un welcome back verso le sue origini da calciatore e verso quella maglia numero 8 che lo ha sempre caratterizzato in campo.

E proprio con quella maglia numero 8 è diventato uno dei migliori calciatori a giocare in Europa nei primi 10 anni del 2000: un idolo, un'icona.

Abdelhamid Sabiri

In tanti avrebbero dovuto raccoglierne l'eredità: nella Serie B italiana, clamorose le punizioni di destro al Del Duca di Ascoli del marocchino Abdelhamid Sabiri, ex di Huddersfield Town e Paderborn!

Pernambucano è il soprannome che gli viene affibbiato quando muove i primi passi da professionista, nome per distinguerlo dall'altro Juninho (Paulista). Pernambuco è la regione brasiliana dalla quale Juninho proviene e inizia a giocare, per questo abbiamo imparato a conoscerlo con questo nome, anche se col passare del tempo non ha di certo avuto problemi a rendersi riconoscibile nel mondo del calcio.

Un numero 8 unico, parola di chi di numeri 8 se ne intende. 

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer; la foto è di Rui Viera (AP Photo). Prima pubblicazione 21 agosto 2020.

August 21, 2020
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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Champions, tradizione e petroldollari: la finale sarà Bayern-PSG

Da una parte la tradizione di una società storica come il Bayern, dall’altra i milioni qatarioti del Paris Saint Germain. Due progetti diametralmente opposti che però hanno portato allo stesso risultato.
 

Domenica sera al Da Luz di Lisbona Bayern e PSG saranno protagoniste di una finale estremamente equilibrata. Il Paris Saint Germain è finalmente riuscito a sbloccarsi, lo scoglio dei quarti di finale di Champions sembrava insormontabile.

La maledizione dei quarti

Dal ritorno nell’Europa che conta nel 2012-13, il PSG ha inanellato quattro eliminazioni consecutive ai quarti di finale. La prima con Ancelotti in panchina per due beffardi pareggi contro il Barcellona. Le altre tre eliminazioni sono arrivate con Laurent Blanc in panchina, l’ultima nel 2016 nel derby tra sceicchi contro il Manchester City. Dal 2016/17 il Paris Saint Germain ha peggiorato il suo rendimento in Europa, tre eliminazioni agli ottavi contro Barcellona, Real Madrid e Manchester United.
 

Questa stagione invece la svolta, anche se Tuchel se l’è vista brutta sia agli ottavi che ai quarti. Prima dello stop per, infatti, i parigini hanno perso 2-1 in quel di Dortmund nell’andata degli ottavi di finale contro il Borussia guidato da Håland.
Il 2-0 di Parigi in uno stadio vuoto ha portato il PSG ai quarti, con l’Atalanta ha rischiato di fare lo scherzetto ai parigini. L’uno-due di Marquinhos e Choupo-Moting negli istanti finali di partita hanno regalato a Tuchel la semifinale, poi dominata contro il Lipsia.


Il cammino del Bayern

Percorso decisamente diverso per il Bayern, che ha vissuto un inizio di stagione travagliato soprattutto in Bundesliga. Difficoltà che hanno portato all’esonero di Niko Kovac, con la società che ha deciso di affidare la panchina ad Hans-Dieter Flick col ruolo di traghettatore.

L’obiettivo era quello di portare a Monaco un grande allenatore, ma il rendimento del Bayern con Flick alla guida è stato impressionante. Per questo motivo la società bavarese prima lo ha confermato fino al termine della stagione, poi gli ha addirittura rinnovato il contratto fino al 2023. E il Bayern in Europa ha scritto record su record.

 

Dieci vittorie su dieci sfide, nessuna squadra per le scommesse e quote Champions League nella storia era arrivata in finale vincendo tutte le partite. In dieci partite ha messo a segna 42 gol, solo il Barcellona nel 1999/2000 ha fatto meglio realizzando 45 reti ma in ben sedici gare.

L’umiltà ione del Barcellona

Numeri straordinari anche del duo Lewandowski-Gnabry, arrivato a 24 gol in due e raggiungendo Cristiano Ronaldo e Bale come miglior coppia gol in una singola edizione della Champions (2013/14). Un Lewandowski a caccia di record anche in finale perché è a due reti dal record di 17 gol di CR7 in una singola edizione.
 

Con un gol al PSG, il polacco diventerebbe il primo giocatore nella storia della Champions a segnare in tutte le partite disputate in un’edizione. 

Tattica e quote

I due allenatori hanno trovato la quadratura del cerchio. Da una parte il 4-2-3-1 di Flick, dall’altra il 4-3-3 di Tuchel. Un paio di dubbi al massimo per la finale di domenica, uno per parte. In casa Bayern si sta provando a recuperare Benjamin Pavard, reduce da un infortunio che lo ha tenuto ai box in queste Final Eight.

Qualora il francese dovesse tornare dal primo minuto, Kimmich tornerebbe a centrocampo al fianco di Goretzka. In caso di panchina per Pavard, il tedesco giocherà da terzino destro con Thiago Alcantara (promesso sposo del Liverpool) in cabina di regia.

L’esultanza del Bayern a Londra!

In casa PSG Tuchel ha ormai trovato l’equilibrio, il tecnico tedesco ha rinunciato ai quattro giocatori offensivi mettendo in panchina Icardi nel match contro il Lipsia.
 

Tridente con Mbappé, Neymar e Di Maria, spazio dunque a un centrocampista in più con l’equilibrio garantito anche da Marquinhos davanti alla difesa. Il dubbio riguarda Verratti, reduce da un problema al polpaccio ed entrato negli ultimi 15 minuti della semifinale con il Lipsia.

Contro i tedeschi ha giocato Paredes, l’argentino parte favorito nel ballottaggio con l’ex Pescara che però scalpita per giocare da titolare in finale. Secondo i quotisti di 888sport.it il Bayern Monaco parte favorito (vittoria @2.05, vincente Coppa In mano della Champions @1.57) e sono attesi tanti gol, con entrambe le squadre a segno @1.34.

*Le immagini dell’articolo, distribuite da AP Photo, sono di Thibault Camus, Manu Fernandez e Frank Augstein

 
August 20, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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I bomber campioni d’Europa negli ultimi dieci anni

Grandi squadre guidate da bomber di primissima fascia, capaci di incidere nei momenti decisivi della stagione. Tutte le squadre vincitrici in Europa negli ultimi dieci anni hanno potuto contare su attaccanti straordinari, spesso, come il magnifico Lewa del Bayern, risultati decisivi nei momenti cruciali della competizione continentale!

Il “falso nueve” dominante a livello europeo con la Spagna e il Barcellona ha lasciato spazio ai centravanti, veri lottatori nelle aree di rigore della Champions, sempre da prendere come primi riferimenti nel ponderare le scommesse e le quote Champions League

Diego Milito

Leo Messi

Didier Drogba

Mario Mandzukic

Cristiano Ronaldo

Momo Salah

Diego Milito

Come successo già nel 2010, quando l’Inter di Mourinho agguanta il Triplete grazie alla straordinaria condizione psicofisica di Diego Milito. Sempre a segno a San Siro dagli ottavi di finale in poi, il Principe risulta decisivo anche nella finale di Madrid cona una doppietta che stende il Bayern Monaco, troppo leggero nella marcatura del completissimo centravanti argentino! 

Leo Messi

La stagione successiva torna sul tetto d’Europa il Barcellona, grazie certo a Messi ma anche con le reti di pregevole fattura di David Villa, arma in più del Barça di Guardiola in quella stagione, dopo il fallimento Ibra. El Guaje trova la via del gol anche nella finale di Wembley contro lo United, mentre il suo compagno di reparto Messi finisce la Champions da capocannoniere con dodici reti segnate...

Didier Drogba

Sempre, meravigliosamente, Didier Drogba. Questo il titolo della Champions League 2011/12, con l’ivoriano autore dello stacco imperioso del gol del pareggio in finale contro il Bayern e poi del rigore decisivo che porta i Blues, sfavoritissimi per le scommesse online, di Di Matteo sul gradino più alto d’Europa.

Mario Mandzukic

Nonostante l'ottimo score di dodici gol di Mario Gomez nella stagione precedente, nel 2012/13 il Bayern decide di puntare su Mandzukic come centravanti e ottiene il risultato sperato. Vittoria in finale di Champions contro il Dortmund e primo marcatore per le scommesse calcio con gol del momentaneo 1-0 proprio del croato, centravanti nel 4-2-3-1 solido, fantasioso e, soprattutto, devastante di Heynckes. 

Cristiano Ronaldo

Ad eccezione della stagione 2014/15, dal 2013 al 2018 la Champions ha un grande, grandissimo protagonista. Nella finale di Berlino del 2015 vince il Barça di Suarez contro la Juve, con l’uruguaiano decisivo visto che mette a segno il gol del 2-1, prima del definitivo 3-1 di Neymar. La stagione precedente, però, arriva la tanto attesa “Decima” del Real, e il timbro è tutto portoghese.

Cristiano Ronaldo riesce finalmente a vincere la sua seconda Champions della carriera, chiudendo la stagione 2013/14 con l’incredibile record di 17 gol realizzati. Dal 2016 al 2018 il Real porta a casa tre Champions consecutive e Cristiano Ronaldo è sempre il miglior marcatore, segnando addirittura 43 gol in 38 partite.

Momo Salah

Nell’edizione 2019 la cooperativa del gol targata Liverpool ha portato a casa il trofeo, con Firmino al centro dell’attacco e Momo Salah miglior marcatore con cinque reti, una delle quali segnata in finale contro il Tottenham, trasformando con potenza il calcio di rigore, assegnato ai Reds nel primo minuto di gioco. 

 

*Immagine di (AP Photo/Pavel Golovkin)

 
August 20, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

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Le 5 partite del destino

Sulla carta sembrano partite come altre, ma basta lasciarle "decantare" nel tempo e ci si accorge che, invece, sono state snodi fondamentali della carriera di questo o quell'allenatore, dell'apertura di un ciclo o, perché no, di una rovinosa caduta verso gli inferi del pallone...

Noi di 888 Sport ne abbiamo selezionate 5, salendo sulla solita macchina del tempo, che questa volta non è programmata secondo un ordine puramente cronologico, ma in base all'attualità del momento. Pronti, partenza, via...

 1) Crotone-Atalanta 1-3, 26 settembre 2016

Dirlo adesso equivale a un improperio, ma c'è stato un momento in cui la panchina di Gian Piero Gasperini all'Atalanta ha cominciato a scricchiolare. Siamo agli inizi della - poi straordinaria - avventura con la Dea dell'ex tecnico del Genoa e la stagione è la 2016-2017. Alla quinta giornata, allo stadio Adriatico di Pescara (inizialmente utilizzato dal Crotone, alla prima esperienza in Serie A, in attesa dei lavori di adeguamento dell'"Ezio Scida"), gli orobici sfidano la matricola assoluta di mister Davide NIcola (ma portata fin lì da Ivan Juric, "allievo" del Gasp) dopo aver racimolato solamente 3 punti sui 12 in palio.

La presidenza Percassi inizia a farsi delle domande sul sostituto di Edy Reja, aspramente criticato dai tifosi nerazzurri dopo le 4 sconfitte sui 5 impegni. La gara, un anonimo posticipo del lunedì, viene messa subito in cassaforte nel primo tempo grazie alla rasoiata di Andrea Petagna (schierato a sorpresa), da un gol fortunoso di Jasmin Kurtic e da un'autentica prodezza balistica del Papu Gomez.

Nel finale Simy, per i  crotonesi (poi autori del miracolo-salvezza targato Davide Nicola) fissa il punteggio sull'1-3 e Gasperini, in conferenza stampa, non le manda a dire: "Qualcuno ha confuso errori grossolani o individuali con malfunzionamenti del mio credo tattico, che peraltro non esistono. L'Atalanta per salvarsi ha bisogno di un ambiente forte, non di uno che salta per aria dopo 4 partite senza vittorie".

Così, i timori per la partita successiva contro il Napoli di Maurizio Sarri, vengono spazzati via da un'altra vittoria, sempre firmata da Petagna. L'ambiente, da quella vittoria contro il Crotone, è stato forte eccome: la Dea, dai bassifondi di inizio stagione, arrivò a sorpresa per le scommesse calcio quarta in classifica, che allora garantiva "solo" un posto in Europa League e non in Champions, iniziando l'entusiasmante percorso internazionale che tutti oggi conosciamo.


 

2) Lazio-Atalanta 3-3, 19 ottobre 2019

Torniamo a parlare di Atalanta, quando però la macchina di Gasperini era già diventata perfetta. O quasi. I biancocelesti arrivano dal pareggio di Bologna e dalla brutta sconfitta di Glasgow contro il Celtic. In Serie A, 11 punti conquistati in 7 partite: un bottino che non soddisfa patron Claudio Lotito. A fine primo tempo, l'Atalanta conduce 0-3 grazie alla doppietta di Luis Muriel e al gol del solito Papu Gomez. "Simone Inzaghi esonerato all'intervallo" s'inizia a mormorare tra gli spalti dell'Olimpico.

Poi, però, la Lazio ha un sussulto d'orgoglio e con Correa e due rigori (il primo, parecchio contestato) di Ciro Immobile, si porta sul 3-3. La panchina di Simone Inzaghi è salva e viene immediatamante rinsaldata dal successo per 1-2 al "Franchi" nel successivo impegno con la Fiorentina. Non solo, i biancocelesti sono arrivati perfino a insediare la Juventus nella corsa al titolo.

 

3) Cagliari-Milan 0-0, 5 ottobre 2008

Nonostante la buona salvezza conquistata la precedente stagione da Marco Ballardini, il presidente del Cagliari decide di cambiare e di affidarsi al giovane tecnico Massimiliano Allegri, ex centrocampista rossoblù e che tanto bene aveva fatto, nell'annata 2007-2008, sulla panchina del Sassuolo, portato in Serie B dopo aver vinto il campionato di Prima Divisione e la Supercoppa di Lega Pro.

Ma la Serie C non è la A, e l'esordio da allenatore di "Acciughina" è da incubo: 5 partite, 5 sconfitte contro Lazio, Siena, Juventus, Atalanta e Lecce. Così, in Sardegna, nel posticipo della 6a giornata, arriva il temibilissimo Milan di Carlo Ancelotti, con la tecnica di Kakà, Ronaldinho e Shevchenko, fresco di vittoria nel derby contro l'Inter di Mourinho. Il Cagliari, a dispetto dei pronostici per le scommesse serie A che lo vedevano già condannato in partenza, sfodererà una prestazione tutta grinta, carattere e ricca di occasioni da gol.

Finirà 0-0, un risultato incoraggiante, che spingerà Cellino - insolitamente più calmo e riflessivo dei tifosi, in quella particolare circostanza - ad insistere con Allegri. Il tecnico livornese col tridente Acquafresca, Jeda e Matri, porterà il Cagliari a vincere le 4 gare successive (contro Torino, Chievo, Genoa e Bologna) ed a ipotecare la salvezza già al giro di boa del campionato; per i sardi anche  la soddisfazione di  vincere dopo 41 anni in casa della Juventus (3-2) a fine gennaio.

Quella Juventus su cui saltò in sella nell'estate 2014 e con cui conquistò 5 scudetti, 2 Supercoppe italiane e 4 Coppe Italie. Non prima di essere passato dal Milan: coi rossoneri, una Serie A vinta nel 2010-2011 e una Supercoppa nazionale. Chissà come sarebbe stata la sua carriera, se proprio quel Milan di Ronaldinho avesse ottenuto la pronosticata vittoria in Sardegna, quella sera del 5 ottobre 2008: quando si dice "sliding doors"...
 

 

4) Udinese-Cesena 1-0, 2 ottobre 2010

Un punto nelle prime 5 partite di campionato. Il "Francesco Guidolin-bis" sulla panchina dell'Udinese, dopo la prima esperienza del 1998-99, non è certo partito sotto una buona stella. In più, al "Friuli", il neopromosso Cesena, sta ingabbiando Handanovic e compagni sullo 0-0. Ci vorrà un tap in al 93' del centrale difensivo allora semisconosciuto Mehdi Benatia, appena arrivato per 500mila euro dal Clermont Foot (squadra di Ligue 2) a tenere Guidolin ancorato sulla panchina dei bianconeri, che iniziarono una scalata entusiasmante, sino alla qualificazione Champions.
 

5) Fiorentina-Atalanta 0-1, 3 gennaio 1993

Siamo al giro di boa del campionato 1992-93. La Fiorentina di Gabriel Omar Batistuta, Ciccio Baiano, Brian Laudrup e Stefan Effenberg, parte alla grande fino a lanciarsi nelle zone nobili della classifica con un Milan di Fabio Capello "fuori concorso". I viola di Gigi Radice sono proprio al secondo posto quando, appena dopo Capodanno, ospitano l'Atalanta. Una partita stregata: tante occasioni da gol e gli orobici di mister Marcello Lippi che, al primo affondo, vincono la partita con un tocco morbido di Carlo Perrone.

Vittorio Cecchi Gori, a fine partita, si presenta negli spogliatoi e fa la piazzata a Radice, esonerandolo senza appello e tra lo stupore di tifosi e giornalisti, contestando al tecnico di lungo corso "l'inadeguatezza del suo gioco a zona". Come finì: su quella panchina si sedettero, nell'ordine, Aldo Agroppi, Luciano Chiarugi e Giancarlo Antognoni. Improvvida fu invece quella strampalata decisione dell'imprenditore cinematografico, che si trovò a fare i conti con un vero e proprio finale thrilling e drammatico allo stesso tempo: la squadra - anzi, quello squadrone - andò in tilt sino a precipitare in Serie B.  
 

 

*L'immagine di apertura dell'articolo  è di Luca Bruno (AP Photo).

August 20, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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I portieri campioni d’Europa negli ultimi dieci anni

Straordinari primi attori in grado di regalare il successo alle loro squadre. Spesso i portieri sono stati decisivi nelle ultime edizioni delle coppe europee. Sia in positivo, sia in negativo. Inevitabile il riferimento a Loris Karius, protagonista suo malgrado di due errori gravissimi nella finale di Champions nel 2018 contro il Real Madrid a Kiev.

Nel 2010 il migliore fu Julio Cesar, il portiere brasiliano dell’Inter è stato decisivo soprattutto nella semifinale contro il Barcellona. Due interventi straordinari al Camp Nou hanno permesso ai nerazzurri di subire un solo gol ed arrivare alla finale di Madrid. Al Bernabeu, per Julio Cesar ordinaria amministrazione: ha dovuto compiere solo un paio di parate in un match controllato per novanta minuti dalla squadra di Mourinho, favorita anche per le scommesse online...

Julio Cesar in Champions!

Nel 2011 Victor Valdes ha vinto la sua terza Champions League della carriera da numero uno del Barcellona, mentre nel 2012 è stato grandissimo protagonista Petr Cech per la vittoria del Chelsea a Monaco. Contro il Bayern il portiere ceco ha prima parato un calcio di rigore a Robben nei tempi supplementari, poi ha neutralizzato i tiri dal dischetto di Olic e Schweinsteiger, prima del rigore decisivo della leggenda Didier Drogba per una vittoria insperata dagli esperti discommesse Champions League.

Dopo la sconfitta nel 2012 in finale a Monaco (aveva anche trasformato il suo personale rigore), nel 2013 Manuel Neuer si riscatta e vince la Champions nel derby tedesco contro il Borussia Dortmund. 

Il dominio blanco

Dal 2014 partono i quattro successi in cinque stagioni del Real Madrid, il primo conquistato con Iker Casillas in porta. Il capitano spagnolo solleva al cielo di Lisbona la Decima prima di lasciare il Real per andare a giocare al Porto. L’anno successo arriva il trionfo del Barcellona nell’anno della consacrazione di Marc André Ter Stegen. Arrivato due anni prima in blaugrana, il portiere tedesco è protagonista di una straordinaria Champions che si chiuderà con il successo di Berlino contro la Juventus.

L’ultima finale assegnata ai calci di rigore è quella del 2016, il secondo derby di Madrid in tre anni. A San Siro vince il Real Madrid di Keylor Navas, che però non para alcun rigore visto che Juanfran calcia sul palo il quarto tiro dagli undici metri dei ragzzi del Cholo. Il capitano della Costa Rica vincerà anche le due edizioni successive della Champions, prima dell’arrivo di Courtois nel 2018 e del suo trasferimento al Paris. Nell’edizione 2019 della Champions League ha avuto un ruolo decisivo per il Liverpool Alisson, l’ex portiere giallorosso ha dato quella sicurezza alla difesa dei Reds che mancava gli anni precedenti. 

La doppietta di Cech!

Dopo il successo in Champions League nel 2012, Petr Cech torna a vincere da titolare in Europa la stagione successiva. Con il Chelsea infatti vince la finale d’Europa League contro il Benfica: Cech è l’unico portiere capace di vincere entrambe le coppe europee in questi ultimi dieci anni.

Il portierone Cech!

Ci sono andati vicinissimi gli ultimi due portieri dell’Atletico Madrid, ovvero Thibaut Courtois e Jan Oblak. Il primo ha vinto l’Europa League nel 2012 e ha perso la finale di Champions del 2014 contro il Real, ai supplementari per chi ricorda le relative scommesse calcio. Altra sconfitta in finale di Champions contro il Real per Oblak a San Siro nel 2016, mentre il successo in Europa League è arrivato nel 2018 a Lione contro il Marsiglia.

Nella prima edizione dell’Europa League vinta dall’Atletico Madrid nel 2010 il portiere era David De Gea, passato poi nel 2011 al Manchester United. Con i Red Devils il numero uno spagnolo ha vinto l’Europa League del 2017 ma da riserva, per la competizione europea, di Sergio Romero. L’argentino, infatt,i è stato il portiere di coppa dello United di José Mourinho, dimostrando la stessa concentrazione dei mondiali brasiliani!

Gli altri vincitori

Due portieri portoghesi hanno vinto l’Europa League negli ultimi dieci anni. Il primo è stato Helton, capitano del Porto di André Villas Boas campione nel 2011 dopo il successo in finale nel derby contro il Braga deciso, naturalmente, da Radamel Falcao.

Il secondo lusitano a vincere è stato Beto, portiere titolare del Siviglia nella finale del 2014 di Torino contro i connazionali del Benfica: il numero uno degli andalusi è stato decisivo ai calci di rigore, parando ben due tiri dal dischetto a Cardozo e Rodrigo.

Nelle due edizioni successive ci saranno altrettanti successi del Siviglia, ma con due portieri diversi. Beto infatti sarà la riserva di Sergio Rico nella finale del 2015 vinta contro il Dnipro per 3-2 grazie a una doppietta di Carlos Bacca. Nel 2016 invece è Sergio Rico che diventa la riserva di David Soria nella finale vinta 3-1 a Basilea contro il Liverpool.

Nel 2019 a vincere l’Europa League è stato invece Kepa Arrizabalaga con il Chelsea al suo primo anno ai Blues dopo il trasferimento record da 70 milioni di euro dell’estate precedente. 

*Le immagini dell'articolo, tutte distribuite da AP Photo, sono in ordine di pubblicazione, di Dave Thompson, Michel Spingler e Matthias Schrader.

 
August 19, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Dal prestito alla gloria

Dal prestito alla gloria. Il trasferimento temporaneo, in voga da una trentina d'anni a questa parte nel calcio, viene utilizzato secondo vari scopi. Principalmente per mandare un giovane di belle speranze a "farsi le ossa", come si suol dire, spesso in una categoria inferiore, in cui può iniziare a saggiare i duri contrasti di gioco che poco hanno a che vedere con il calcio giovanile.

Altre volte perché non si crede esattamente nelle potenzialità del ragazzo o, ancora, per problemi di provenienza, per prendere tempo nel caso in cui occorre liberare una "slot" in rosa da calciatore extracomunitario. Quali sono i casi più rappresentativi?

Ce ne sarebbero davvero tanti, noi di 888 Sport - procedendo in mero ordine cronologico - ne abbiamo selezionati 6:

Alessandro Costacurta

A fine agosto 1986, a 20 anni, fu mandato in prestito in Serie C1 al Monza, in cui stavano crescendo - dal settore giovanile brianzolo - anche il portiere Francesco Antonioli e l'attaccante Pierluigi Casiraghi. Non prima, però, di aver disputato due partite ufficiali con il Milan di Nils Liedholm, le prime due di Coppa Italia (quando ancora prevedeva la formula dei gironi di qualificazioni) contro la Sambenedettese a "San Siro" (1-0, rete di Agostino Di Bartolomei) e la Triestina al "Grezar" (successo con medesimo risultato, firmato Pietro Paolo Virdis)...

In terza serie, un ottimo quinto posto agli ordini di mister Antonio Pasinato, che lo manda in campo praticamente sempre (30 presenze). Un'esperienza altamente formativa, come più volte ribadito dallo stesso "Billy", che rientrato al Milan nell'estate successiva avrà modo di vincere - da autentico pilastro di una difesa granitica, insieme a Paolo Maldini, Franco Baresi e Mauro Tassotti - 7 Scudetti, una Coppa Italia, 5 Supercoppe italiane, 5 Coppe dei Campioni, 4 Supercoppe europee e 2 Coppe Intercontinentali.

Arrivò anche, con la Nazionale, alla semifinale Mondiale, saltando per un giallo evitabile contro la Bulgaria, l'atto conclusivo perso col Brasile al "Rose Bowl" di Pasadena.  

Demetrio Albertini

Cinque anni più giovane rispetto a Costacurta, vanta un  palmarès personale pressoché identico, essendo stato una colonna portante del Milan anni Novanta. Debutta in A a 17 anni, mandato in campo da Arrigo Sacchi in un Milan-Como (4-0) della stagione 1988-89. E' durante l'annata '90-91 che a Padova, in Serie B, viene mandato in prestito con maggiore continuità ed esprimere tutte le proprie doti balistiche ed una visione di gioco ineguagliabile.

Ventotto presenze e 5 reti in cadetteria, nella quale sfiora la promozione in Serie A con un quinto posto a 41 punti, a una sola lunghezza dall'Ascoli quarto. Alla corte di Mauro Colautti, manda numerose volte a segno bomber Giuseppe Galderisi.

Andrea Pirlo

Prodotto più pregiato del settore giovanile del Brescia, l'Inter lo acquista nell'estate del 1998 per circa 4 miliardi di lire. Finisce però nel tritacarne di una stagione che vede avvicendarsi, sulla panchina nerazzurra, dopo l'esonero di Gigi Simoni, Mircea Lucescu (che ben lo conosceva dai tempi delle Rondinelle), Luciano Castellini e Roy Hodgson.

Nel 1999-2000 va in prestito alla Reggina, il cui exploit porta gli amaranto di Franco Colomba a conquistare una super salvezza (12° posto). Tornato in nerazzurro, viene successivamente girato al Brescia: cresce ulteriormente all'ombra di Roberto Baggio e, proprio per garantirne la coesistenza tattica, Carletto Mazzone s'inventa di schierarlo da regista difensivo, arretrandolo rispetto alla posizione di mezzapunta. Una trovata tattica che svolterà la carriera dell'attuale allenatore della Juventus.

Samuel Eto'o

Il Real Madrid lo nota nella sempre florida fucina camerunense di Douala e lo porta nelle giovanili della Casa Blanca. Impossibile, però, lanciarlo in prima squadra, dato il suo status di extracomunitario. Allora, via al prestito non ancora 17enne - per la stagione 1997-98 - al Leganés, in Segunda Division. Ventotto presenze e 3 reti, da comprimario. I media, però, sono disattenti nei suoi confronti e, addirittura, negli almanacchi, sotto la sua immagini vengono sbagliati nome ("Etto", anziché "Eto'o") e piede preferito (viene scritto "sinistro" anziché "destro").

Finirà per siglare 380 gol in carriera, con una stagione da record nel 2009 per le scommesse ed essere considerato tra i migliori - e più iconici - cannonieri di tutti i tempi del continente africano e del mondo. Oltre a diventare, nel 2010, uno degli eroi del "Triplete" dell'Inter. A gennaio 1999 venne prestato - sempre dal Real - all'Espanyol, senza mai giocare. Che abbaglio da parte dell'altra sponda di Barcellona, e dei Blancos, che lo vendono nel gennaio 2000 al Maiorca, trampolino di lancio per una carriera meravigliosa...

Luka Modrić

Pallone d'oro 2018, la Dinamo Zagabria lo fece crescere attraverso i trasferimenti temporanei ai bosniaci dello Zrinjski Mostar (8 gol in 22 gettoni nella stagione 2003-2004 a 18-19 anni) e all'Inter Zaprešić nell'annata successiva (4 reti su 18 presenze). Al rientro nella capitale croata, è pronto a consacrarsi al grande calcio, tanto che il Tottenham, nella stagione 2008-2009, lo porta in Premier League per 21 milioni di euro.

Nell'estate 2012 passa al Real Madrid, di cui diventa uno degli uomini più rappresentativi. Nel 2018, prima del riconoscimento di France Football, trascina da capitano la sua Croazia fino alla finale mondiale poi persa 4-2 contro la Francia.

Gerard Piqué

Uno dei casi in cui la squadra proprietaria del cartellino - il Manchester United - non crede profondamente nelle qualità del giocatore mandato in prestito. Nella fattispecie, alla Real Saragozza: a San Sebastian, a 19 anni acquisisce continuità nella Liga spagnola. Ritorna a Old Trafford per l'annata 2007-2008, in cui però racimola solo 9 presenze in Premier League: per le scommesse calcio è il primo marcatore nella serata di Champions dell'Olimpico!

Il Barcellona lo riporta a casa nel 2009 per circa 5 milioni di euro, la stessa cifra per cui l'aveva venduto ad Alex Ferguson nel 2004. In blaugrana vince tutto. Più volte. Con la Spagna - per quanto sia un fiero rappresentante dell'orgoglio catalano - si laurea campione del mondo nel 2010 e d'Europa due anni più tardi. 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Jon Super (AP Photo).

August 19, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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La tripletta di Zidane, il primato di Mou: chi ha vinto la Champions negli ultimi 10 anni

Otto campioni per dieci edizioni della Champions League. Se si esclude la storica tripletta firmata Zidane, la Champions ha visto sempre allenatori diversi trionfare dal 2010 ad oggi. Idee di gioco agli antipodi, filosofie diametralmente opposte che però sono risultate tutte vincenti.

Si è iniziato con il trionfo dell’Inter di Mourinho nel 2010, con il portoghese unico vincitore di Champions ed Europa League nell’ultimo decennio. Gli ingredienti mescolati con sapienza dal tecnico portoghese? Un gruppo di campioni, una squadra sempre votata alla collaborazione in campo ed un bomber, Diego Milito, mai ispirato come nel maggio 2010!

Mou esulta nel 2010!

Dal pragmatismo di Mou al tiki-taka quasi ingestibile per gli avversari di Pep Guardiola, campione nel 2011 a Londra con il suo Barcellona. Si torna alla solidità difensiva nel 2012, quando a sorpresa per le scommesse online è Roberto Di Matteo a guidare il Chelsea al trionfo in Champions League.

L’inversione di tendenza arriva nel 2013: a vincere è il Bayern Monaco. Si sfrutta il talento dei giocatori, l’obiettivo è gestire al meglio un gruppo di campioni. Questa la filosofia di Jupp Heynckes, tecnico tedesco che vince nel derby contro il Borussia nella finale di Wembley con una prodezza di Robben, proprio prima dell'inizio dei minuti di recupero.

Robben, decisivo nella vittoria del Bayern!

Stessa chiave di lettura nella gestione della rosa che ha portato Carlo Ancelotti a vincere, ancora una volta in un derby, la sua terza Champions League della carriera nel 2014. Non solo, questa coppa è leggendaria perché è la “Decima” per il Real Madrid, che inseguiva questo record da quasi 15 anni nei quali aveva collezionato clamorose disfatte anche per le scommesse calcio

Gli allievi terribili

Dal 2015 al 2018 la Champions League è terreno degli allievi che diventano addirittura più grandi dei loro maestri. Il tiki-taka di Guardiola è stato tramandato a Luis Enrique, che, durante l’avventura di Pep a Barcellona, allenava il Barça B, seguendo fedelmente le idee di gioco dell’attuale tecnico del City. Nel 2015 queste idee, modificate leggermente con la ricerca di più verticalizzazioni per sfruttare la velocità del tridente Messi-Suarez-Neymar, hanno portato il Barcellona a vincere la Champions a Berlino contro la Juve di Max Allegri.

Altro allievo è Zinedine Zidane, che aveva già vinto nel 2014 la coppa come vice di Carlo Ancelotti. Nel gennaio del 2016, dopo l’esonero di Rafa Benitez, il campione francese prende la panchina del Real e dimostra di essere subito vincente, anche a bordo campo! Perfetta intesa con CR7, splendida gestione del gruppo, grandissima capacità nello sfruttare il talento dei suoi campioni, anche quelli che subentrano dalla panchina.

Queste le chiavi di un triennio leggendario, che porta il Real Madrid ad alzare tre Champions consecutive, l'ultima a Kiev contro il Liverpool, probabilmente la meno scontata per le scommesse e quote Champions League

La finale di Madrid del 2019, invece, presta il fianco ad una nuova filosofia di gioco, il pressing a tutto campo e la ricerca spasmodica della palla in verticale verso il clamoroso tridente offensivo, voluto da Jurgen Klopp a Liverpool. Il tecnico tedesco c’era andato vicinissimo due volte: alla guida del Dortmund, valorizzando in modo meraviglioso un giovane Lewa, stracapocannoniere dell'edizione 2020 con la maglia del Bayern, ha perso in finale proprio contro il Bayern e nel 2018 contro il Real Madrid, con grandissime colpe di Loris Karius  su due dei tre gol subiti.

Il 2019 invece è stato il suo anno, anche grazie alla spesa da record effettuata per garantire con Alisson sicurezza tra i pali, la sua idea di gioco potrebbe diventare il leitmotiv del calcio europeo per il prossimo decennio, con una generazione vincente proveniente dalla Germania! 

*Le immagini dell'articolo, tutte distribuite da AP Photo, sono, in odine di pubblicazione di Francisco Seco, Antonio e Matt Dunham.

 
August 19, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Gli acquisti più sopravvalutati della Serie A 2019-2020

Come di consuetudine, al termine del campionato di Serie A si tirano le somme sulle operazioni di mercato andate a buon fine. Lo si fa, tuttavia, e soprattutto, anche sui clamorosi flop. Sui giocatori che non hanno reso secondo le aspettative e che, con ogni probabilità, porteranno alle famigerate "minusvalenze" in fase di eventuale rivendita.

Quali sono stati i più grandi flop nei grandi club della massima serie 2019-2020? Proviamo a scoprirlo...

Inter - Valentino Lazaro

Juventus - Adrien Rabiot

Lazio - Denis Vavro

Milan - Léo Duarte

Roma - Pau Lopez

Napoli - Hirving Lozano

Inter - Valentino Lazaro

Prodotto della fucina di talenti Red Bull Salisburgo e giunto a San Siro dall'Hertha Berlino come "freccia della Bundesliga" per 22 milioni e la bellezza di 4 anni di contratto, mister Antonio Conte comprende immediatamente la sua difficoltà di ambientamento in Serie A, impiegandolo solamente 6 volte. La dirigenza nerazzurra, quindi, in inverno lo gira in prestito al Newcastle, ma anche in Premier League fa flop tanto da essere rispedito al mittente dal club Geordie...

Ora lo vuole il Borussia Mönchengladbach: chissà che, di rientro in Germania, l'esterno austriaco classe 1996 di origini greche ed angolane, non ritrovi la verve perduta...

Juventus - Adrien Rabiot

Rispetto ai flop nelle altre squadre "masterclass", almeno la Vecchia Signora può consolarsi pensando di avere ingaggiato l'ex Paris a costo zero, a contratto scaduto. Certo, l'ingaggio piuttosto alto (7,5 di euro) e una lentezza esasperante in fase nevralgica, hanno fatto indispettire parecchi tifosi bianconeri. Una sola rete in campionato (peraltro di pregevole fattura) contro il Milan nella sconfitta di San Siro per 4 a 2.

Lazio - Denis Vavro

Arrivato in casa biancoceleste dal Copenhagen (per 12 milioni di euro più 2 di bonus) con le credenziali di compagno di difesa inseparabile dell'interista Skriniar nella nazionale slovacca, si è rivelato centrale di retroguardia lento, macchinoso e disordinato, tanto che Simone Inzaghi lo impiega appena 12 volte in campionato (una sola volta da titolare, a Marassi contro il Genoa). Viene schierato essenzialmente in Europa League, sempre titolare. E infatti, tra un'amnesia e l'altra, i biancocelesti, a sopresa per i pronostici e consigli sulle scommesse sportive, escono senza appello ai gironi.

Milan - Léo Duarte

Il suo acquisto dal Flamengo (per 11 milioni) è accostabile ai grandi abbagli anni '80. Il centrale difensivo brasiliano classe 1996, grande promessa del calcio verdeoro tanto da essere accostato niente meno che a Marquinhos, esordisce nella rovinosa sconfitta (1-3) a San Siro contro la Fiorentina. Da lì a novembre, anche dopo l'avvento di Stefano Pioli, disputa ancora 4 partite, tutte per intero (contro Genoa, Spal, Lazio e Juventus), impiegato anche come terzino. Non a caso i risultati per i rossoneri sono iniziati ad arrivare quando accanto a Romagnoli, sul centro destra ha giocato Simon Kjaer, mentre il Flamengo, appena ceduto Duarte, ha preso il volo!

A fine novembre, tuttavia, rimedia un brutto infortunio al calcagno e, anche dopo la ripresa, altri problemi fisici lo tengono lontano dai campi. La sua sesta e ultima presenza arriva in occasione dell'ultima giornata di campionato, il 1° agosto a San Siro contro il Cagliari. Appena 12', giusto una passerella-contentino. Al Milan 2019-2020 non è stata l'unica delusione: gli altri nomi da flop?  Krzysztof Piatek (durato da gennaio a gennaio, passato all'Hertha Berlino), il centrocampista ex Empoli Rade Krunic (fortemente caldeggiato dall'ex tecnico rossonero Marco Giampaolo), il cavallo di ritorno Diego Laxalt, Lucas Paquetà (arrivato come Piatek a metà della stagione 2018-2019)...

Roma - Pau Lopez

Sembra proprio che, per la porta giallorossa, sia in atto una "maledizione" post Alisson, ceduto nell'estate 2018 al Liverpool per l'iperbolica cifra (per un portiere) di 62,5 milioni di euro, più altri 10 di bonus facilmente raggiunti. Il suo immediato successore fu lo svedese Robin Olsen, giunto dal Copenhagen e disastroso fino ad essere sostituito dal "secondo" Antonio Mirante per scelta di Claudio Ranieri.

Questa stagione, invece, è stata la volta dello spagnolo Paul Lopez, giunto dal Betis Siviglia con grandi premesse, al costo di 23,5 milioni e con un improvvido contratto quinquennale. Rivelatosi, tuttavia, decisamente insicuro sia trai pali che nelle uscite, clamoroso per 888sports l'essure sul pareggio di Acerbi nel derby di ritorno, la Roma ha già valutato l'opzione di liberarsene, esattamente com'è stato per Olsen, girato in prestito al Cagliari.
 

Napoli - Hirving Lozano

Giustiziere per le scommesse online della Germania ai Mondiali di Russia 2018, in Messico stravedono per lui. Anche in Olanda, dall'alto dei suoi 35 centri su 60 presenze in Eredivisie con la maglia del PSV, più di uno ogni due partite. Fu uno dei tormentoni del calciomercato estivo 2019 e, dopo un lungo tira e molla, a Napoli arrivò per 38 milioni e a ritiro finito da un pezzo.

Gettato subito nella mischia nella gara contro la Juventus, Lozano andò a bersaglio all'esordio, diventando il primo messicano, non una grande tradizione per loro in Italia, a segnare in Serie A. Ma un infortunio patito ad Eindhoven (con cui aveva iniziato la stagione 2019-2020) duro da smaltire, problemi di ambientamento in Italia e tattici con Carlo Ancelotti, oltreché comportamentali (fu subito messo in riga da Gattuso, che lo espulse da un allenamento), hanno minato il suo primo anno nel Bel Paese.

E' stato protagonista, tuttavia, di un finale in crescendo, impiegato largo sugli esterni, in cui Hirving è stato bravo ad attaccare gli spazi e ad arrivare a fermare il contatore dei gol a quota 5. Ora, la possibilità di cominciare dal primo giorno di ritiro (a Castel di Sangro) con un'idea ben chiara di ciò che significhi la Serie A per un giocatore offensivo. 

*Foto di Antonio Calanni (AP Photo).

 
August 19, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Le punte "comprimarie" del Napoli: che ne sarà di Petagna?

Non tutti i recenti attaccanti del Napoli hanno riscosso gol e successi come il Pipita, Dries Mertens, Lorenzo Insigne, José Maria Callejon ed Arkadiusz Milik. Negli ultimi 7 anni, infatti, lo stuolo di comprimari e il relativo destino, hanno posto inevitabili interrogativi sulle operazioni di mercato dei direttori sportivi che si sono succeduti nel club partenopeo, nella fattispecie Riccardo Bigon (oggi al Bologna) e Cristiano Giuntoli, ancora al comando delle operazione di compravendita.

Parliamo dei vari Duvan Zapata, Manolo Gabbiadini, Leonardo Pavoletti, Roberto Inglese, Amato Ciciretti e, oggi, in arrivo dalla SPAL, Andrea Petagna. Prendendo in esame proprio quest'ultima operazione di mercato, formalizzata lo scorso gennaio e concretizzatasi a fine campionato, ci si chiede a questo punto che destino avrà l'ex atalantino, dal momento che stiamo parlando - sì - di un ottimo attaccante, ma - la domanda è d'uopo - adatto alle ormai grandi mire (nazionali e internazionali) del club di patron Aurelio De Laurentiis? Proviamo a capirlo, andando ad analizzare il percorso dei suoi predecessori:

Duvan Zapata

Gian Piero Gasperini, all'Atalanta, l'ha plasmato in un attaccante di sfondamento dal peso internazionale. Ma il colombiano di Cali, classe 1991, ha impiegato un po' di tempo per consacrarsi. In Italia lo porta proprio il Napoli, dall'Estudiantes di La Plata. Arrivato alla corte di Rafa Benitez, interpreta il ruolo di attaccante di scorta, alle spalle di Gonzalo Higuain, che il tecnico spagnolo amava supportare con tre trequartisti. In questo senso, con un "Pipita" in forma smagliante, Zapata poteva essere la riserva perfetta, specie nelle competizioni extra Serie A. E in effetti lo era.

Ma, per l'appunto, i numeri raccolti in maglia azzurra, sono stati quelli tipici della riserva di lusso: nelle due stagioni disputate in azzurro, 5 reti in campionato all'esordio e 6 al secondo tentativo, su 16 e 21 presenze in Serie A. Quattro, invece, i gol internazionali, uno in Champions - il 22 ottobre 2013, un autentico capolavoro al Velodrome di Marsiglia, ovvero un destro a giro da fuori, sotto l'incrocio, dopo essere subentrato proprio al collega argentino - e altri 3 in Europa League. Quindi, le esperienze con Udinese e Sampdoria, imparagonabili - tuttavia - a quella, meravigliosa, atalantina, nella quale rappresenta sempre un'ottima opzione di primo marcatore per le scommesse calcio!
 

 

Manolo Gabbiadini

Arriva in azzurro a gennaio 2015. Nell'estate successiva, l'approdo di mister Maurizio Sarri dall'Empoli e dell'attuale ds Cristiano Giuntoli dal Carpi. Prodotto del settore giovanile atalantino, il mancino di Calcinate è un autentico mistero: se entra a partita in corsa è letale. Nelle - rare - volte in cui parte da titolare, sembra un altro giocatore. L'abbondanza offensiva a disposizione del tecnico toscano non gli lasciano granché spazio.

Gabbiadini con la maglia del Napoli!

Nelle due stagioni e mezza all'ombra del San Paolo, Gabbiadini totalizza 16 reti (su 56 presenze), in Serie A, 2 in Coppa Italia, una in Champions e 6 in Europa League. Dopo l'esperienza in Premier League col Southampton, con il quale - appena arrivato - segna una doppietta nella finale di League Cup, tenendo in equilibrio l'incontro fino al termine per le scommesse 888sport, contro il Manchester United di Mourinho (poi vincitore 3-2), torna alla Sampdoria, club da cui era stato prelevato dal Napoli.
 

Leonardo Pavoletti

Giunge nel capoluogo campano a gennaio 2017 dopo un inizio di stagione opaco col Genoa, in controtendenza rispetto alla prolifica stagione precedente. Acquistato per ovviare all'infortunio di Milik e con un Gabbiadini ormai diretto oltremanica, la sua esperienza in azzurro si rivela un vero flop: 10 presenze complessive, 289 minuti e 0 gol. Non era un "uomo di Sarri" e si è immediatamente capito. Ma ormai era troppo tardi. Al Cagliari, prima del grave infortunio patito ad inzio della stagionw 2019/2020, diventa "Pavoloso" tra gol e acrobazie che emozionano il popolo del Casteddu.

Roberto Inglese

Amato Ciciretti e... Andrea Petagna? Neanche una presenza per i primi due. Usati solamente per fare cassa: il primo, con la vendita al Parma attraverso un prestito con obbligo di riscatto, frutta una plusvalenza di 15,5 milioni di euro. Ciciretti, invece, prodotto del settore giovanile della Roma, trascina il Benevento in Serie A e, nella prima parte della stagione 2017-2018, rivela il suo mancino fatato anche nel massimo torneo italiano. Il Napoli lo acquista a gennaio 2018 e lo gira in prestito in cadetteria al Parma: "E' l'acquisto del futuro", si dice.

Ma non è così: inizia - sempre in prestito - la Serie A coi ducali, nella stagione successiva, ma il Napoli lo ricede in prestito ad Ascoli in inverno. Il Picchio vuole acquistarlo, ma non c'è l'accordo con Giuntoli e allora Ciciretti rimane "disoccupato" nel Napoli di Ancelotti durante la prima parte dell'annata 2019-2020, prima di finire - ancora a titolo temporaneo, ancora a gennaio e ancora in cadetteria - all'Empoli. Anch'egli, una moneta di scambio, in poche parole.

La stessa fine che rischia di profilarsi per il classe 1995 Andrea Petagna: dopo l'acquisto invernale dalla SPAL (per 17 milioni + 3 di bonus) in cui è rimasto sino a fine stagione, l'attaccante triestino alto 190 centimetri e abile a fare reparto da solo, è già stato richiesto da numerosi club di Serie A che puntano a una salvezza tranquilla. Ben altri obiettivi, insomma, rispetto a quelli del Napoli di Gennaro Gattuso. Che però a Castel di Sangro, in sede di ritiro, lo prenderà in esame. E chissà che proprio Ringhio non insceni uno dei suoi consueti coup de theatre in grado di cambiare la trama di un destino che, ad oggi, appare segnato.
 


 

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Salvatore Laporta e Felice Calabro'.

August 18, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Europa League, l’Inter di Conte sfida la “padrona di casa”

Era ora, si potrebbe dire. Dopo ventuno anni di assenza una squadra italiana torna finalmente in finale di Europa League. Il merito è dell’Inter di Antonio Conte, capace di presentarsi in condizioni straordinarie alla fase finale tedesca. Di fronte troverà il Siviglia di Julen Lopetegui, forse la squadra peggiore da affrontare nell'ultimo atto di Europa League.

Già, perché gli spagnoli non hanno mai fallito l’appuntamento finale in questa competizione. Cinque su cinque, tutte conquistate dal 2005 ad oggi. Dall’altra parte, l’Inter ha la possibilità di entrare nella storia perché in caso di successo sarebbe la prima squadra con proprietà asiatica a vincere un trofeo europeo. 

Il momento nerazzurro

Nove gol fatti, un solo subito e il roboante 5-0 inflitto allo Shakhtar in semifinale. L’Inter si presenta alla finale di venerdì sera a Colonia in una condizione psico-fisica straripante. Trascinata da un Lukaku inarrestabile, sempre ottima opzione come primo marcatore per le scommesse calcio, la squadra nerazzurra ha dimostrato una maturità e una solidità spesso mancate durante la stagione, specialmente in campionato. La capacità di gestire le partite, di controllarle grazie a una difesa mai così solida. Quattro gol subiti nelle ultime dieci partite, solo uno nelle tre gare in Germania dove ha affrontato attacchi importanti come quello del Bayer Leverkusen e dello Shakhtar.

Eppure l’Inter ora è solida, grazie anche alle scelte, per certi versi coraggiose, di Antonio Conte. Ha messo in panchina Skriniar, fino a qualche mese fa considerato un intoccabile in casa nerazzurra. Ha puntato su un giovane di 21 anni come Bastoni e ha saputo aspettare Godin. L’uruguaiano è stato etichettato da tutti come una delle delusioni di questa stagione in casa nerazzurra. L’ex Atletico ha avuto bisogno di tempo per adattarsi a un nuovo sistema di gioco, ma adesso la sua esperienza e la sua personalità stanno facendo la differenza in Europa League.

Scelte importanti anche a centrocampo, dove Conte sta cavalcando il clamoroso momento di forma di Danilo D’Ambrosio e premia la solidità di Gagliardini piuttosto che la classe e la fantasia di Christian Eriksen. Il danese ha comunque dato risposte importanti entrando dalla panchina e può essere un uomo decisivo anche in finale contro il Siviglia. Tutto, o quasi, passa comunque dai due attaccanti.

L’aver ritrovato anche Lautaro Martinez contro lo Shakhtar, autore di una doppietta, è una grandissima notizia per Conte in vista del match con gli spagnoli. La sua rapidità, la sua capacità di muoversi vicino a Lukaku possono mettere in difficoltà una difesa che ha concesso pochissimo in questa Europa League. E poi c’è la voglia di vincere in Europa di Antonio Conte.

Il tecnico nerazzurro ha già detto che non gli interessa arricchire la propria bacheca personale, ma solo quella del club. È inevitabile però pensare che voglia vincere il suo primo titolo in Europa, rispondendo così alle critiche di chi lo ha etichettato come un allenatore vincente solo in campionato. 

La Siviglia League

Non è sbagliato chiamare così l’Europa League. Il Siviglia è, senza dubbio, la squadra maggiormente legata a questa competizione. Fin dalla doppietta realizzata nel 2005 e nel 2006, quando gli spagnoli guidati da Luis Fabiano, Kanouté e il nostro Enzo Maresca vinsero in finale 4-0 col Middlesbrough ad Eindhoven e l’anno dopo ai calci di rigore contro l’Espanyol a Glasgow.

La storia però è stata scritta dal 2014 al 2016, con la tripletta firmata Unai Emery. Cambiano i giocatori, non il risultato. Con la costante di Ever Banega, che sarà presente anche nella finale di venerdì a Colonia. Il Siviglia di Lopetegui arriva alla finale con un solo gol subito, tra l’altro su rigore, nelle tre partite giocate in Germania. Sono state premiate le difese più solide, anche se gli spagnoli qualche piccola crepa la hanno evidenziata.

E sia col Wolverhampton, sia con lo United, a salvarli è stato il secondo portiere, Yassine Bounou. Ai quarti ha parato il rigore di Jimenez, in semifinale nella ripresa ha salvato di tutto su Rashford, Martial e Greenwood prima del definitivo 2-1 di Luuk De Jong.

In casa Siviglia preoccupano le condizioni di Ocampos, alle prese con una brutta contusione al ginocchio subita nei quarti contro il Wolverhampton, che ne ha condizionato pesantemente la prestazione contro lo UNited. Mentre l’Inter dovrà fare attenzione soprattutto a Sergio Reguilon, terzino sinistro di proprietà del Real che piace al Napoli e che in Germania sta facendo la differenza. Un gol per lui negli ottavi di finale contro la Roma e l’assist in semifinale per il gol del momentaneo 1-1 firmato da Suso. Siamo davanti ad una finale, straordinariamente in equilibrio anche per le scommesse sportive 888!


*L'immagine di apertura è di Sascha Steinbach (Pool Photo via AP).

August 18, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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