Polonia, che tradizione: una vera scuola di portieri

Non solo centravanti, la Polonia ha regalato anche grandi portieri al calcio europeo. La nuova generazione vive di tantissimi bomber di alto livello, da Lewandowski a Milik fino all’altalenante Piatek. In giro per l’Europa però ci sono anche tantissimi portieri molto validi, capaci di essere protagonisti nei principali campionati internazionali. La scuola dei portieri polacchi ha sempre prodotto ottimi numeri uno, vi raccontiamo la storia di quattro campioni:

Jan Tomaszewski

Jerzy Dudek

Artur Boruc

Wojciech Szczesny

Jan Tomaszewski

Forse il più grande portiere di sempre in Polonia è stato Jan Tomaszewski, nato nel 1948 e protagonista soprattutto negli Anni Settanta. A volte criticato ad inizio carriera, scrive la storia del calcio polacco nel 1973. A 35 anni di distanza dalla prima e sino a quel momento unica partecipazione al Mondiale, la Polonia ha la possibilità di tornare nella massima competizione internazionale.

Decisivo il match di Wembley, dove i biancorossi devono blindare il primo posto nel girone di qualificazione completato da Galles e Inghilterra. Basta un pareggio alla Polonia, ma nella bolgia di Wembley con 100 mila spettatori l’impresa sembra ardua. Gli inglesi dominano, ma Tomaszewski diventa leggenda grazie anche a un durissimo scontro con Clarke. Quel contatto portò a ben cinque microfratture alla mano, ma nonostante il dolore infernale, il numero uno polacco difese il pareggio che portò la Polonia al Mondiale. .;

 

Jerzy Dudek

Un balletto che ha fatto la storia. Jerzy Dudek sicuramente è uno dei portieri polacchi più famosi al Mondo. Esploso con il Feyenoord, diventa grande poi con la maglia del Liverpool, scrivendo la storia dei Reds e dell'incredibile Champions vinta ad Istanbul. Dopo lo 0-3 del primo tempo del Milan di Ancelotti, Gerrard e compagni rimontano clamorosamente, anche per le scommesse calcio fino al 3-3, portando la gara ai calci di rigore.

Il portiere polacco si mette in mostra con uno stranissimo balletto sulla linea di porta che però distrae i campioni rossoneri. Dudek infatti para ben tre rigori a Serginho, Pirlo e Shevchenko, prendendosi le luci della ribalta e regalando al Liverpool una insperata Champions League. Successivamente decide di andare al Real Madrid dove gioca poco, accettando il ruolo di secondo alle spalle di Iker Casillas. Con la maglia della Polonia colleziona 60 presenze ed è il titolare dei biancorossi al mondiale tedesco del 2006. 

Artur Boruc

Il post Dudek è appartenuto ad Artur Boruc, quarantenne protagonista anche nel 2020 in Premier League. Il portiere classe 1980 lo abbiamo visto anche in Italia con la maglia della Fiorentina e ha lo stesso numero di partite a difesa della porta della Polonia, sempre 60 gettoni. Cinque anni più giovane Lukasz Fabianski, cresciuto all’Arsenal e affermatosi come valido portiere in Premier League con le maglie di Swansea e West Ham. I Gunners hanno puntato molto sui giovani portieri polacchi e un altro numero uno esploso a Londra è Wojciech Szczesny.

Wojciech Szczesny

Classe 1990, non è mai riuscito a convincere pienamente all’Arsenal e per questo ha cercato fortuna in Italia. Due anni di prestito a Roma, dove dimostra di essere uno dei migliori portieri d’Europa e tiene in panchina il fenomeno Alisson, gli valgono la chiamata della Juventus che decide di affidargli il post-Buffon. All’attuale numero uno bianconero manca però l’ultimo step, ovvero dimostrare di essere tra i migliori portieri d’Europa anche con la maglia della nazionale.

Spesso in Polonia, infatti, Szczesny viene criticato, nonostante sia stato il titolare degli ultimi due europei e nel Mondiale del 2018: contro la Colombia non è riuscito ad arginare i tiri avversari ed è stato superato anche dal compagno di squadra di club, Cuadrado, per un 3-0 finale imprevedibile per le scommesse!

I portieri della Polonia!

L’esempio di Szczesny apre le porte della Serie A ai portieri polacchi, proprio a Roma alle spalle dell’ex Arsenal cresce Lukasz Skorupski, attuale portiere titolare del Bologna di Mihajlovic. Anche la Fiorentina ha deciso di affidare la sua porta a un polacco, ovvero il classe 1997 Bartlomiej Dragowski protagonista una stagione discreta a difesa della porta viola. 
 

*Le immagini dell'articolo, distribuite da AP Photo sono di  Matt Dunham e Czarek Sokolowski.

August 4, 2020
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Quando l'allenatore di club deve pensare anche a una nazionale

Stefano Pioli è stato confermato sulla panchina del Milan. L'ipotesi Ralf Rangnick può dunque aspettare. Ma, riavvolgendo il nastro fino all'epoca dell'esonero di Marco Giampaolo, ci furono giorni in cui si insistette molto sulla suggestione che vedeva l'ex bomber della casa Andriy Shevchenko sedersi sulla panchina del Milan portando avanti, contemporaneamente, il suo lavoro da commissario tecnico della nazionale ucraina. Per la verità, suggestione era e suggestione rimase..

In primis, perché il particolare doppio ruolo non è mai stato ben visto nel calcio italiano, per il quale si è sempre pensato essere necessaria una dedizione totale alle vicende della squadra di club. Tuttavia, oltre i nostri confini, nella storia del calcio si sono registrati sette casi di allenatori e cittì allo stesso tempo. Una lista che prevede anche nomi piuttosto illustri e che strizza l'occhio, in qualche modo, all'Olanda. Scopriamo quali, procedendo in ordine cronologico...

Questi sono i sette tecnici:

Rinus Michels 

Alex Ferguson 

Guus Hiddink 

Dick Advocat 

Fatih Terim 

Miguel Herrera 

Leonid Slutsky 

 

Rinus Michels - 1974 (Barcellona-Olanda)

Nel 1974 il "genio" Rinus Michels, papà del calcio totale, condusse l'Olanda alla finale del Mondiale poi persa contro la Germania Ovest, nello stesso momento in cui era l'allenatore del Barcellona con cui, nel medesimo anno, mozzafiato per lui, si aggiudicò il titolo di campione di Spagna. La panchina blaugrana fu sua dal 1971 al 1975 e, in seconda battuta, dal 1976 al 1978: la tradizione di olandesi e bel calcio, al Camp Nou, si può dire nacque proprio sotto la sua egida. Sempre come commissario tecnico dei Tulipani (anche se in maniera "esclusiva") si laureò campione d'Europa nel 1988.

Alex Ferguson - 1985-1986 (Aberdeen-Scozia)

Ci fu un'epoca, al di là del Vallo di Adriano, in cui l'eterna lotta di Glasgow tra Celtic e Rangers, prevedeva un "fastidioso" terzo in comodo, l'Aberdeen, guidato dall'astro nascente degli allenatori di tutto il mondo, Alex Ferguson. Con lui, il club del Pittordrie Stadium vinse tre campionati nazionali, una Drybrough Cup, quattro Scottish Cup, la Coppa delle Coppe (2-1 in finale al Real Madrid), la Supercoppa europea (in cui batté l'Amburgo) e una League Cup – tutto nel giro di sei anni e qualche mese, dal 1978 al novembre 1986.

Anno in cui venne chiamato per dirigere la Scozia ai Mondiali del Messico. A dire la verità, la sua avventura "in simbiosi" con la nazionale di casa inizia il 16 ottobre 1985, qualche mese prima. Alla competizione iridata, privo del talento del player-manager del Liverpool Kenny Dalglish, per la Scozia non andò bene, eliminata al primo turno. Il 6 novembre successivo, smessi i panni da ct, il presidente Martin Edwards lo volle a tutti i costi sulla panchina del Manchester United, in cui tornò a vincere senza sosta una volta cominciati gli Anni '90 fino all'anno del suo ritiro, avvenuto nel 2013.  

Guus Hiddink - 2009 (Chelsea-Russia)

Tecnico giramondo, sia di club che di nazionale. La sua esperienza in contemporanea risale al 2009, quando il Chelsea lo chiamò come traghettatore per rimpiazzare il deludente inizio di stagione targato Felipe Scolari, nonostante l'olandese fosse già da tempo sotto contratto con la federazione russa, alla guida della nazionale.

Con Hiddink, i Blues svoltarono: 3° posto in Premier, approdo alla semifinale di Champions League, dopo aver eliminato Juventus e Liverpool, nel leggendario ritorno allo Stamford Bridge, terminato 4-4, con il pari in extremis di FL8, anche per le scommesse! Trionfa anche in FA Cup (vittoria 2-1 sull'Everton). Al termine della stagione, tuttavia, Hiddink si dimise restando comunque, per qualche tempo, consulente della società londinese.

Dick Advocat - 2009-2010 (AZ Alkmaar-Belgio)

Esperienza che non rende onore a uno dei decani degli allenatori olandesi. La sua esperienza da ct del Belgio durò solo qualche mese, da settembre ad aprile, conclusa una volta fallita la campagna di qualificazione ai Mondiali sudafricani, affrontata per gran parte del tempo con l'ulteriore compito di tecnico dell'AZ Alkmaar.

Fatih Terim - 2013 (Galatasaray-Turchia)

Sono tante diverse le occasioni in cui Fatih Terim si è alternato da allenatore del Galatasaray a commissario tecnico della Turchia. Per l'Imperatore anche una semifinale negli Europei del 2008, persa contro la Germania a Basilea per 3-2, proprio all'ultimo minuto in un incontro con repentini cambi di risultati anche per le scommesse calcio!

Miguel Herrera - 2013 (Club América-Messico)

Un'alternanza davvero prolifica: titoli con il prestigioso Club América (un Clausura 2013) e una qualificazione al Mondiale brasiliano del 2014, affrontato poi senza distrazioni del club. A parimerito nel raggruppamento proprio con i verdeoro, primi per miglior differenza reti, portò i biancorossoverdi fino agli Ottavi di finale prima dell'eliminazione avvenuta per mano dell'Olanda (1-2). Sempre con la Nazionale, vinse una Gold Cup nel 2015.

Leonid Slutsky - 2015-2016 (CSKA Mosca-Russia)

L'attuale allenatore del Rubin Kazan prese il posto del dimissionario Fabio Capello alla guida della Nazionale russa quando già allenava il CSKA Mosca (da bel 6 anni). Quattro vittorie consecutive garantirono la qualificazione a Euro 2016, subito terminata - a dire il vero -  con un solo punto conquistato nel raggruppamento con Galles, Inghilterra e Slovacchia.

*L'immagine di apertura è di Bernat Armangue (AP Photo).

August 3, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

La guida ai playoff di Serie B

Dopo la lunga cavalcata in regular season e le promozioni dirette di Benevento e Crotone, si apre il sipario sull'appendice playoff di Serie B, riservata alle squadre piazzatesi dalla terza all'ottava posizione in graduatoria e  che metterà a disposizione l'ultimo pass utile per il salto nella massima serie..

Il VAR ed il regolamento

Anzitutto una precisazione: tutti gli spareggi vedranno l'utilizzo del VAR, una condizione fortemente voluta dal presidente della Lega B, Mauro Balata. Sei le squadre che si daranno battaglia. Il primo turno vedrà sfide "secche": si parte subito, martedì 4 agosto, con Chievo-Empoli alle 20,45: spettatore interessato lo Spezia, semifinalista come terzo classificato al termine della stagione regolare. Ventiquattr'ore dopo, invece, sarà la volta di Cittadella-Frosinone, partita abbinata al Pordenone di Attilio Tesser, quarto.

I primi due match, si diceva, saranno ad eliminazione diretta: le squadre ospitanti, favorite per 888sports, saranno quelle meglio classificate (Cittadella 5° e Chievo 6°). Al termine dei 90 minuti, in caso di parità, si procederà ai tempi supplementari. Se al 120' il risultato non vedrà né vincitori né vinti, a passare il turno sarà, per l'appunto, la squadra meglio piazzatasi, dopo le 38 giornate del torneo regolare.

In semifinale, invece, le sfide saranno di andata e ritorno: in caso di parità di reti al termine dei 180' non si procederà ai tempi supplementari, né si terrà conto dei gol in trasferta: a qualificarsi all'ultimo atto saranno le squadre meglio classificate (in questo caso, si diceva, Spezia e Pordenone).

In finale, quindi, andata domenica 16 agosto e ritorno giovedì 20 agosto, in caso di parità di punteggio, per determinare la squadra vincente, si tiene conto ovviamente della differenza reti; in caso di ulteriore parità, viene considerata vincente la squadra miglior piazzata al termine del campionato; solo nel caso in cui le due squadre avessero terminato il lungo torneo col medesimo punteggio in classifica (parità di punti), la gara di ritorno prevederà anche i tempi supplementari ed eventualmente i calci di rigore.

Nell'applicazione pratica, ad esempio, Empoli e Frosinone (settima e ottava) hanno totalizzato entrambe 54 punti, così come Pordenone e Cittadella (quarta e quinta classificata a quota 58 ma coi Ramarri avanti negli scontri diretti).

Come arrivano ai playoff le 6 squadre?

Dopo aver analizzato tutte le pieghe del regolamento, andiamo a veder come arrivano ai playoff le squadre qualificate: male, malissimo il Frosinone di Alessandro Nesta, che da primo inseguitore del Benevento dei record, ha accusato un autentico crollo nell'ultimo terzo di campionato, in cui i ciociari hanno arrancato con una media punti da zona retrocessione: dalla ripresa a giugno del torneo, appena 7 punti nelle ultime 10 partite disputate, con 1 vittoria, 4 pareggi e ben 5 sconfitte.

Tanto che, fino a 10' dalla fine dell'ultimo match - casalingo - contro il Pisa, in vantaggio 0-1 grazie alla rete del solito Michele Marconi, i giallazzurri erano scivolati addirittura fuori dalla griglia spareggi, ripresi per i capelli con il rigore dell'1-1 in extremis trasformato da Camillo Ciano.

Ci stava arrivando non bene anche il Cittadella di mister Roberto Venturato che aveva patito 5 sconfitte consecutive, prima di ritrovare il sorriso negli ultimi due match contro Venezia e Virtus Entella, con due successi che hanno decisamente rinverdito le ambizioni dei veneti, finalisti l'anno scorso col Verona contro cui - dopo la vittoria per 2-0 nell'andata del Tombolato - avevano accarezzato il sogno Serie A, poi svanito con o 0-3 del "Bentegodi" con gol decisivo per l'Hellas di Karim Laribi.

Chievo ed Empoli sarà, invece, una finale anticipata, tra due squadre che - senza troppi giri di parole - ci si sarebbe aspettato vedere lottare per la promozione diretta, non certo per il turno preliminare dei playoff. In particolare i toscani hanno investito denaro pesante nel calciomercato invernale rivoluzionando la squadra e affidandola a Pasquale Marino il quale, con ogni probabilità e indipendentemente dall'esito degli spareggi, al termine della stagione corrente accetterà le lusinghe della SPAL per riportare immediatamente i ferraresi in Serie A.

Il sogno della Serie A e... dell'incremento degli introiti

Da sottolineare, per l'ennesima volta, la straordinaria cavalcata del neopromosso Pordenone di mister Attilio Tesser, che con lo zoccolo duro della squadra di Serie C, ha plasmato un gruppo sorprendente, mentre lo Spezia di Vincenzo Italiano si gioca, da favorito per i pronostici e consigli scommesse sportive, l'ennesima chance - mai sfruttata nel recente passato - per il tanto agognato salto di qualità.

Federico Ricci, ai tempi della Roma!

Il salto di categoria vale, naturalmente, anche un netto cambiamento dell'economia societaria: se tra Rai, Dazn e radio, ogni società di Serie B arriva a guadagnare circa 1,6 milioni di euro, l'incremento degli introiti per i diritti radiotelevisivi (evidentemente la voce più incisiva a bilancio) in A può segnare un aumento davvero esponenziale: in attesa della suddivisione esatta relativa alla stagione 2020, dagli ultimi dati disponibili, del campionato 2018/2019, il Frosinone, penultimo in classifica, ha incassato ben 36,5 milioni di euro!

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Andrew Medichini e Tano Pecoraro.

August 3, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Crotone scuola di allenatori: ben cinque nel 2021 in Serie A

Una realtà di provincia che ha avuto tanti allenatori di primissimo livello. In quel di Crotone hanno lavorato tecnici importanti, ben cinque protagonisti della Serie A 2020 sono passati dall’Ezio Scida negli anni scorsi e Giovanni Stroppa, primo a credere nella promozione.. dopo la parentesi a Pescara, si appresta a vivere la Serie A che ha meritato sul campo!

Il precursore, ovviamente, è stato Gian Piero Gasperini. Il tecnico della favola Atalanta si è messo in mostra nel calcio dei grandi proprio a Crotone, dove arrivò nel 2003. Dopo un lungo percorso nelle giovanili della Juve, la sua prima panchina tra i grandi è proprio quella dei rossoblu e al primo anno arriva subito la promozione in Serie B.

Dopo un inizio difficile nella serie cadetta, nel dicembre del 2004 viene esonerato ma quattro mesi dopo torna a Crotone il 19 aprile del 2005. Con un distacco di 10 punti dalla zona salvezza a 9 giornate dalla fine Gasp riesce nell’impresa che ha del clamoroso, anche per le scommesse calcio: ottiene 19 punti con 5 vittorie e 4 pareggi e salva il Crotone, evitando anche i playout. La stagione successiva guida il Crotone fino al nono posto a soli tre punti dalla zona playoff, guadagnandosi, così, la chiamata del Genoa con cui otterrà la promozione in Serie A l’anno dopo. 

L'allievo d Gasp

È in quel di Crotone che Gasperini apprezza Ivan Juric, centrocampista di ordine e sostanza che porta, poi, con sé anche a Genova, dove il croato chiuderà la sua carriera da calciatore nel 2010. Un calcio estremamente fisico in un 3-4-2-1 nel quale si lavora già uomo contro uomo quasi a tutto campo. Idee che Gasperini ha tramandato anche allo stesso Juric, che diventa una sorta di allenatore in campo nelle squadre di Gasp.

Dopo qualche avventura come vice allenatore o assistente (anche nelle poche settimane di Inter di Gasp) e un anno alla guida della Primavera del Genoa, Juric passa tra i grandi grazie al Mantova nel 2014. Una buona stagione in Lega Pro gli vale, nel 2015, la chiamata del Crotone che lo riporta in Calabria facendogli firmare un contratto biennale.

Basta una sola stagione al croato per scrivere la storia del club rossoblu, reduce da una salvezza ottenuta all’ultima giornata con lo 0-0 casalingo contro l’Entella nell’annata precedente. Addirittura 34 punti ottenuti in più e la prima storica promozione della storia del Crotone, guadagnata con ben tre giornate d’anticipo il 29 aprile del 2016.

Una difesa praticamente impenetrabile, ben cinquanta punti ottenuti all’Ezio Scida dove il Crotone ha subito, come ricordano gli appassionati di statistiche e scommesse Serie B, solamente una sconfitta su 21 gare disputate davanti ai tifosi della Curva Sud locale. Lascia la Calabria dopo sola una stagione e ripercorre lo stesso percorso intrapreso da giocatore, andando al Genoa dove però non avrà fortuna.

La consacrazione in Serie A è arrivata nell’ultima stagione, grazie all’incredibile annata vissuta alla guida del Verona che ha incantato per continuità, idee, gioco ed una clamorosa valorizzazione del parco giocatori, confermata dai siti specializzati! 

Protagonisti secondari

Juric e Gasperini hanno scritto pagine importanti della storia del Crotone, ma altri allenatori protagonisti in Serie A sono passati dall’Ezio Scida negli ultimi anni. La parentesi più breve a Crotone l’ha vissuta Eugenio Corini, durato solamente dieci giornate nella stagione 2010/11 alla sua prima esperienza come allenatore. Otto anni più tardi lo stesso Corini ha dominato la Serie B con il Brescia guadagnandosi la promozione in Serie A, dove ha allenato 19 gare totalizzando 15 punti e venendo esonerato ben due volte da Cellino.

Decisamente più lunga l’esperienza di Davide Nicola alla guida dei rossoblu, primo tecnico del Crotone in Serie A e protagonista della straordinaria impresa della stagione 2016/17. Proprio come fece Gasperini dodici anni prima in Serie B, Nicola si ritrova a poche giornate dalla fine della stagione e la retrocessione sembra inevitabile.

Nonostante i sette punti conquistati nelle tre giornate precedenti compreso uno storico pareggio col Milan, il Crotone di Nicola si ritrova a quattro punti dalla salvezza con sole tre partite da giocare, tra cui la proibitiva sfida a Torino con la Juve. Il Crotone vince con l’Udinese allo Scida, perde a Torino ma nell’ultima giornata riesce a battere la Lazio in casa e conquista una leggendaria salvezza ai danni dell’Empoli, sconfitto a sorpresa per le scommesse  Serie A dal Palermo, già retrocesso.

Nella stagione successiva il Crotone soffre, tanto che Nicola, tecnico del Genoa nel girone di ritorno 2020, viene esonerato nel dicembre del 2017 e lascia la panchina a Walter Zenga. L’ex portierone della Nazionale ottiene 23 punti in 22 giornate e prima dell’ultima partita il suo Crotone è terzultimo a pari punti con la SPAL. I ferraresi vincono in casa con la Fiorentina, i calabresi perdono a Napoli e sono costretti a dire addio alla Serie A dopo due stagioni. 
 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Paolo Giovannini (AP Photo). Prima pubblicazione 2 agosto 2020.

December 30, 2020
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

NFL, caos per i Redskins: Washington pronta a cambiare nome

L’America sta cambiando e questo modificherà anche lo sport made in USA. È proprio quello che sta succedendo in queste settimane a Washington, dove i tifosi di football sono pronti a dire addio ai “Redskins”.

Storica franchigia della NFL, viene fondata a Boston nel 1932 e dall’anno successivo cambia il nome in “Redskins”, mantenuto poi nel ’37 quando la franchigia si è trasferita a Washington. Il simbolo distintivo che richiama ai “pellerossa”, un richiamo oggi considerato razzista nei confronti dei nativi americani dagli attivisti per i diritti civili.

La polemica era già scoppiata in passato, tanto che nel 2013 l’attuale proprietario dei Redskins, Dan Snyder aveva bloccato qualsiasi protesta. Il numero uno della franchigia di Washington aveva, infatti, dichiarato di non voler cambiare per alcun motivo il nome della società. Fino a quanto accaduto nella primavera 2020 in America, con tutte le proteste anti-razzismo che hanno costretto la franchigia a prendere una decisione radicale.

I principali sponsor dei Redskins, da Nike e Pepsi fino a FedEx, marchio che fa da sponsor allo stadio di Washington, hanno preteso il cambio del nome alla franchigia. Una richiesta confermata tramite un comunicato ufficiale emesso dal Presidente Dan Snyder sui profili social dei Redskins: “Oggi annunciamo il ritiro del nome e del logo Redskins dopo il completamento del nostro riesame..

Dan Snyder e il coach Ron Rivera stanno lavorando insieme per sviluppare un nuovo nome e un approccio progettuale che rafforzerà la posizione della nostra franchigia orgogliosa e ricca di storia e ispirerà i nostri sponsor, i nostri fan e la nostra comunità per i prossimi 100 anni”.

Il Super Bowl XVIII del 1984 a Tampa tra Raiders e Redskins

Gli altri casi in NFL

I “Redskins” non sono il primo caso di cambio nome per una franchigia della NFL. I tanti trasferimenti di città in città hanno modificato radicalmente la storia di diverse squadre, ma sono quattro i casi "di scuola" nella NFL, ovviamente per ragioni diverse rispetto a quella che modificherà la facciata del FedEx Field. Il primo cambio di nome riguarda una franchigia storica, ovvero i Pittsburgh Steelers. Fino al 1940 però la squadra si chiamava “Pirates”, così come la squadra locale di baseball, ma il proprietario Art Rooney decise di cambiare identità alla franchigia.

Tramite il Pittsburgh Post-Gazette ci fu un contest per scegliere il nuovo nome della società e vinse “Steelers”, in omaggio alle acciaierie della città. Qualche anno dopo, nel 1947, il secondo cambio nome avviene a Buffalo per motivazioni simili di quelle di Pittsburgh. A Buffalo tutte le squadre professionistiche erano nominate “Bisons”, ma nel ’47 si decise per il cambio nome e a spuntarla fu “Bills”.

Nel 1963 i New York Titans, seconda squadra della grande mela, sono stati salvati dalla bancarotta da una cordata di cinque uomini guidati da Sonny Werblim. Vista la vicinanza dello stadio della squadra al “LaGuardia Airport”, fu proprio il proprietario Sonny Werblim a dare il nome “Jets” alla squadra.

L’ultima “novità” in NFL è datata 1998, quando a cambiare fu Tennessee abbandonando il nome “Oilers”. Il proprietario Bud Adams delegò una commissione per trovare un nome più forte, che esprimesse leadership e qualità eroiche. Il 22 dicembre del 1998 arrivò l’annuncio ufficiale di Adams dove si diede vita ai Tennessee Titans. 

Casi simili in NBA

Tante franchigie leggendarie hanno vissuto un cambio di nome nella loro storia. Dai Philadelphia 76ers nati come Syracuse Nationals ai Los Angeles Lakers, favoriti per 888sports nella stagione ridotta 2020: i Lacustri, originariamente fondati a Detroit erano nati come “Gems”.

Negli ultimi anni però ci sono stati tre cambiamenti radicali in NBA, cominciando proprio a Washington prima del 2000. Dopo l’arrivo a Washington dei Chicago Packers, nella capitale americana dal 1973 è nata la storia dei Washington Bullets. Questo nome però non era ben tollerato in città, visto il riferimento al proiettile in una delle città dall’alto tasso di criminalità. Per questo nel 1997 si è deciso di cambiare nome dando vita ai Wizards.

Nei primi anni del nuovo millennio l'asse tra Charlotte e New Orleans ha cambiato la storia delle due franchigie. Cerchiamo di fare ordine e dare la giusta... consecutio: nel 2002 gli Charlotte Hornets sono passati a New Orleans e nel 2004 è stata fondata la trentesima franchigia NBA con il nome di Charlotte Bobcats. Nel 2013 gli Hornets hanno deciso di cambiare nome dando vita ai New Orleans Pelicans, così nel 2014 Charlotte ha rinunciato ai “Bobcats”, riportando il città gli Hornets.

Uno dei trasferimenti che hanno mosso di più l’opinione pubblica in NBA è quello del 2008 con il passaggio dei Seattle SuperSonics ad Oklahoma; gli appassionati di pronostici e scommesse sportive ricorderanno sicuramente le prestazioni del leggendario Shawn Kemp con la canotta verde n. 40 ed in particolare la stagione sportiva 1995-96, terminata con il clamoroso record di 64-18!  Il proprietario della franchigia ha però deciso di rivoluzionare totalmente la storia della squadra, rinunciando al nome “SuperSonics”, dando vita agli Oklahoma City Thunder. 

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Susan Walsh e Doug Sheridan.

August 1, 2020
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Ian Wright: un numero 8 mai banale. 

Ecclettico è forse il termine che lo descrive meglio se consideriamo la sua vita lontano dal campo. 
Quel prato verde in cui Ian si sentiva sicuramente a suo agio e può tranquillamente essere definito un attaccante che spaccava le porte, spesso e volentieri, però, accarezzandole con la sua grande tecnica. 
Non male il suo biglietto da visita, il codice fiscale di un attaccante, ovvero il numero dei gol: 387 in 581 partite in carriera. 

Se proprio dobbiamo giudicare Ian Wright anche dalla score di segnature, allora diventa più interessante contare quanti ne abbia realizzati cogliendo i portieri avversari fuori dai pali con pallonetti di ogni genere e da ogni posizione. 

Oggi è commentatore tecnico, presentatore e show man. Protagonista mediatico con le sue interviste sul profilo Instagram, una su tutte per noi quella con Lukaku.
Nel 1993 è il cantante della canzone Do The Right Thing scritta da Chris Lowe e Pet Shop Boys. 

 

Non siete convinti della definizione di eclettico? Bene, proviamo con iconico. Nonostante Wright abbia giocato gran parte della sua carriera in due squadre, Crystal Palace e Arsenal, il decalogo delle squadre in cui ha militato è proprio un inno all’iconicità: oltre ai Gunners del double del 1998, Wright ha militato nel West Ham, nel Nottingham Forest e nel Celtic. 

L'inizio

Tutto ciò dai 23 anni in su, perché è a quell’età che Ian inizia a giocare con i “professionisti”, in League Two col Palace che lo preleva dai semi pro del Greenwich Borough, piccolo club del sud est di Londra. 

Prima di allora Wright alternava gol e lavoretti da imbianchino e muratore. 

L’Arsenal è però nel suo destino, una sorte che lo trascinerà fino ai Gunners come una forza motrice più forte di tutti i disagi e gli ostacoli che hanno contraddistinto la sua adolescenza: Ian Wright nasce a Wolwich, il posto in cui sorge la Royal Arsenal, l’armeria che ha dato il nome al club londinese. 

Una storia affascinante, degna di essere raccontata, parola di chi di numeri 8 se ne intende. Sì, perché Ian Wright è stato il numero 8 dell’Arsenal forse più bello di sempre, anche per le scommesse sportive ma nella nazionale inglese indossava un'altra casacca, perché lì la numero 8 era destinata a un certo Paul Gascoigne

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer. La foto di Santiago Lyon (AP Photo) immortala un duello tra Julio Salinas e Gareth Southgate, attuale allenatore della Nazionale di Ian Wright!

July 31, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Cosa fanno oggi i grandi calciatori del passato?

Cosa fanno oggi i grandi campioni del passato? C'è chi è rimasto sulla cresta dell'onda con alte cariche dirigenziali nei club per i quali hanno scritto la storia in campo. Chi ha optato per percorsi decisamente affini al calcio. E chi, infine, ha deciso per una vita ritirata, lontana dai riflettori....


Gabriel Omar Batistuta

L'ultimo caso succitato riguarda proprio il Re Leone. Questo anche - anzi, soprattutto - per le pesanti operazioni che ha dovuto subire alle caviglie martoriate dai calci e dalle infiltrazioni, quando ancora era "Batigol". Nella sua vita post ritiro, Batistuta fonda una linea di abbigliamento, "GB", e al contempo prova a restare nel mondo del calcio.

Ottiene l'abilitazione ad allenare dopo aver frequentato l'apposito corso in Argentina, dove era tornato per seguire più da vicino i terreni di proprietà a Reconquista, la sua città natale. Nel 2009 torna all'attività sportiva, dedicandosi al polo ed entrando a far parte della squadra Loro Piana. Quindi, nel 2010, segue il campionato del mondo sudafricano in qualità di commentatore televisivo per un'emittente asiatica. Nel mese di novembre dello stesso anno entra a far parte dello staff tecnico del ct dell'Argentina, Sergio Batista.

Quindi, a fine, 2011 il presidente del Colón de Santa Fe (German Lerche) lo nomina segretario tecnico del club, salvo poi lasciarlo nel 2013. Nel 2018 fottiene la qualifica "Uefa A" di Coverciano, ma non sembra intenzionato a proseguire nell'universo pallonaro, da cui Batistuta ha detto spesso di estraniarsi per i dolori fisici che gli ha provocato. Nominato cittadino onorario di Firenze, Batistuta - a 51 anni - è diventato nonno di Lautaro grazie al suo secondogenito Lucas, per qualche tempo calciatore dilettante in Toscana.

Paolo Maldini

Dopo anni di vita privata seguiti alla sua carriera di calciatore leggendario, negli ultimi tempi - dopo essere stato tra i fondatori del club statunitense Miami FC - è tornato da dirigente nel club rossonero nell'era "post Berlusconi e Galliani". Un uomo-immagine - nelle vesti di direttore tecnico - evidentemente irrinunciabile per gli ultimi burrascosi anni di Milanello, a livelli societari.

Paolo Maldini, leggenda rossonera!

La sua volontà è pesata tantissimo per confermare il progetto tecnico di Stefano Pioli, allontanando, invece, quello del tedesco Ralf Rangnick.

Javier Zanetti

Una vita per l'Inter, di cui oggi è vicepresidente. La sua figura, in termini dirigenziali, è ancora più fondamentale rispetto a quella di Maldini al Milan, con il quale ha dato vita ad una sfida per le scommesse Serie A per il primato di derby disputati! Diventato il numero due della Beneamata, la sua presenza scenica iconica ha significato tantissimo nel momento dei vari cambi societari. Un trait d'union con la "belle époque" morattiana che serve a rassicurare l'ambiente, senza nulla togliere alle sue indiscusse capacità dirigenziali.

David Trezequet

Dopo i simboli di Fiorentina (e Roma), Milan e Inter, eccone anche uno della Juventus. Il suo nome è stato urlato a squarciagola, scandendolo in tre sillabe distinte dai tifosi bianconeri, a ogni suo gol. Dieci anni con la Vecchia Signora - dal 2000 al 2010 - e 138 reti, al suo servizio, in Serie A.  Svestita la casacca zebrata, l'attaccante della nazionale francese ha giocato per Hercules Alicante (nella Liga spagnola), Baniyas (negli Emirati Arabi), River Plate e Newell's Old Boys (rispettando le sue origini argentine), per poi chiudere nel 2014 in India al Pune City.

Dopodiché, dall'anno successivo, torna alla Juve in veste dirigenziale, prima con l'incarico di presidente delle "Juventus Legends" (l'associazione che riunisce tutti i giocatori bianconeri del passato), poi con il ruolo commerciale di "Brand Ambassador" del club. Nel marzo 2019, inoltre, viene scelto dall'Uefa tra gli ambasciatori per il campionato europeo 2020, che vede proprio la sua Francia favorita per le scommesse sportive 888!

Carlos Valderrama

Ebbe il potere di diventare un'icona del calcio, pur non avendo vinto trofei straordinariamente importanti. La sua gigantesca zazzera bionda e riccioluta è stata un simbolo dei Mondiali Anni '90. Abbiamo già raccontato su questo blog, il clamoroso, anche per le scommesse calcio, 0-5 all'Argentina!

Spesso affiancato in ogni dove al suo amico portiere René Higuita, è stato l'indiscusso "Pibe" colombiano. Geometrie di metà campo disegnate a velocità ragionate, ma non per questo meno preziose. Pelé, ad esempio, lo ha sempre adorato.

Il campione colombiano!

La sua vita dopo il ritiro (avvenuto nel 2002 tra gli statunitensi del Colorado Rapids) si è dapprima dedicata alla costruzione di una sua statua nella città natale di Santa Marta, poi da dirigente sportivo del Junior de Barranquilla.

Quindi, una parentesi da tedoforo per le Olimpiadi di Londra 2012, un vago flirt con la politica tra le fila del "Partido de la U" (il Partito Sociale di Unità Nazionale) e, infine, nel 2014, la partecipazione speciale come attore nel film comico colombiano "Por un puñado de pelos" ("Per un pugno di capelli") nel ruolo di "Nemesio". Negli ultimi tempi accetta più che volentieri interviste e ospitate radiotelevisive. 

*Le immagini dell'articolo, tutte distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione di Jorge Saenz, Michael Sohn e Daniel Muzio.

 
July 31, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

La trasformazione di "mister Ringhio"

"Gennaro Gattuso allenatore? Non sarà mai pronto per una grande panchina". Un anatema ripetuto come un mantra, nei confronti di Ringhio, subito dopo il passaggio della staccionata, dal campo alla guida tecnica. Un Mondiale, due Champions League, due campionati e una Coppa Italia, tra i tanti trofei vinti da calciatore, evidentemente non sono bastati a certa opinione pubblica..

Dopo il ritiro da mediano più forte, gli si è sempre rimproverato il suo essere "ruspante", troppo genuino, quasi "scalmanato" per pensare di gestire un club "top level", in cui la presenza scenica imporrebbe cravatta e doppio petto. Il calcio di oggi, tuttavia, pare aver dimostrato di volersi gettare alle spalle i vecchi - e per molti versi antipatici - luoghi comuni. E così, se il proverbiale "stile Juve" è riuscito ad aprirsi a una figura come Maurizio Sarri (geniale ancorché provinciale, in senso buono, fino al midollo), ecco che i nodi sono venuti al pettine anche in merito alle - tante - qualità del buon Rino.
 

Il rimpianto del Milan

Prima di sedersi sulla panchina del Napoli, ereditando con un filo di imbarazzo il posto lasciato libero dal "maestro" Carlo Ancelotti, Gattuso era arrivato - per quasi due stagioni intere - fino al suo Milan, in cui lo si è rimpianto per gran parte della stagione corrente (prima dell'exploit di Stefano Pioli), dopo aver raggiunto la quinta piazza a un solo punto dal quarto posto dell'Inter di Spalletti, strafavorita per le scommesse Serie A nel testa a testa meneghino.

Alias, il miglior risultato del club rossonero dalla stagione 2012-2013, conquistato con "quello che c'era a disposizione", nella piena confusione dirigenziale ai vertici. L'"arrivederci e grazie" è arrivato a fine maggio 2019, quando Gattuso ha chiesto di integrare la rosa con 2-3 acquisti di qualità. Quasi una beffa pensare a come poi andranno le cose dalle parti di Milanello, da Giampaolo a Pioli passando per il "fantasma" di Rangnick e, quindi, al continuo montare e smontare dei progetti tecnici.

Gattuso, leone a bordo campo!

Il grande cuore e la polveriera Napoli

Con estrema dignità, Gattuso accetta l'avvicendamento e, con la grande nobiltà d'animo che l'ha sempre contraddistinto, rinuncia alla sua buonuscita, preoccupandosi esclusivamente del pagamento delle 24 mensilità di tutto il suo staff tecnico. Un grande uomo, che ha poi saputo risollevare le sorti di un Napoli il cui spogliatoio era ridotto a una polveriera, con Allan a capo dell'ammutinamento dei giocatori nei confronti della società.

Beninteso, Gattuso non ha perso il suo modo di essere "Ringhio" dalla mediana alla panchina. Proprio al termine della sconfitta di campionato contro l'Inter, ha dichiarato di volere "più veleno" dai suoi giocatori, chiamati a dare qualcosa di più oltre a rispettare le consegne tattiche. Lo spirito con cui ha compattato l'ambiente ha portato, infatti, i partenopei al trionfo, da outsiders per le scommesse sportive 888sport in Coppa Italia contro la Juventus. 

Il tesoro delle panchine burrascose del passato

Ma c'è stato, in questi mesi, qualcosa di più della sola grinta. Sembra quasi che Ringhio abbia accumulato tutte le esperienze passate e ne abbia fatto tesoro proprio alla corte di De Laurentiis: l'esordio da allenatore col vulcanico presidente del Sion (l'architetto elvetico Christian Constantin), l'altro esordio - in Italia - in cadetteria col Palermo di Zamparini, durato appena sei giornate di campionato.

Ancora, la Grecia con la "fregatura" OFI Creta alle dipendenze di una società esistente e l'analoga esperienza biennale di Pisa, riportato in Serie B nello spareggio col Foggia di Roberto De Zerbi. Sia in Grecia che in Toscana, pare che Ringhio abbia provveduto lui stesso ad alcune necessità economiche primarie dei calciatori rimasti per mesi senza stipendio.

Il trionfo "riflessivo" in Coppa Italia

Da qui, la necessità di tirare il fiato, dopo tante panchine così burrascose, accettando nell'estate 2017 di diventare il tecnico della Primavera del Milan. A novembre, con l'esonero di Vincenzo Montella, il cerchio si è chiuso. Oggi, al Napoli, ci troviamo di fronte a un Gattuso più riflessivo, un fratello maggiore da non tradire. E, perché no, uno stratega.

Ha subito compreso il corto-circuito derivato dall'accostamento tra Maurizio Sarri e Carlo Ancelotti, che aveva creato un ibrido con poche applicazioni al lato pratico. Già, quel lato pratico e quel pragmatismo fondamentali per salvare la stagione e renderla, anzi, indimenticabile. Gattuso si è preso Diego Demme (peraltro da sempre ispiratosi a Ringhio) e ha sistemato la metà campo, tornando al 4-3-3 senza la spettacolarità dell'era Sarri, ma in grado di speculare con intelligenza sulle debolezze altrui.

Un esempio, su tutti, la vittoria, da sfavorito per le scommesse calcio 0-1 conquistata a San Siro in semifinale di andata di Coppa Italia contro l'Inter di Conte, cedendole completamente l'iniziativa e, di fatto, mandandola in afasia tecnico-tattica, punendola quindi con la rete di Fabián Ruiz al 57'. Allan, Callejon, Mertens, da agitatori sono tornati a essere "pretoriani".

E quel trofeo coccardato, alzato in faccia alla Juventus, sa tanto di grande rivincita per Rino Gattuso. Con dedica affettuosa, ancorché commovente, alla sorella, recentemente scomparsa. 

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione, di Antonio Calanni e Luca Bruno.

July 30, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

L'effetto boomerang dei proclami azzardati

Frasi azzardate, pronostici sconclusionati, dichiarazioni arroganti. Nel mondo del calcio, davanti ai microfoni si tende spesso a mantenere un profilo basso, vero. Ma ci sono stati casi, nel presente e nel passato, in cui si è andati fuori strada, Noi di 888 Sport ne abbiamo selezionati 5, che - se non altro - strappano un sorriso (anche amaro) al pensiero di come siano effettivamente andate le cose...

 

1994 - L'arroganza di Cruijff 

Un idolo assoluto per gli amanti del gioco corale. Personaggio da cui diffidare, invece, per i "risultatisti". Johan Cruyff, er quanto indiscutibile "signore del calcio", ha sempre diviso gli amanti del pallone. Certo, nel 1994 si rese protagonista di un'uscita che definire azzardata, ancorché arrogante, è un vero eufemismo.

Alla guida del Barcellona di Romario e Stoichkov e alla vigilia della finale di Coppa dei Campioni contro il Milan, si dichiarò arcisicuro di una roboante vittoria dei suoi blaugrana: "I rossoneri? - disse - Una squadra mediocre e prosaica. Desailly? Un modesto operaio del pallone senza tecnica calcistica". Dichiarazioni che devono aver caricato a molla gli uomini di Fabio Capello, che - nella partita di Atene, subissò i catalani 4-0, con una doppietta di Daniele Massaro, il terzo gol di un sensazionale Dejan Savicevic. E la quarta rete chi la realizzò? Proprio Marcel Desailly, il modesto operaio del pallone...

1995 - "Il Campobasso in Serie A"

Sembrano i versi di una hit di Edoardo D'Erme, al secolo Calcutta. Ma il destino del capoluogo molisano nulla ebbe a che vedere con quello molto più felice di (del) Frosinone. Estate 1995, Campobasso si ritrovò a sognare dopo che l'avvocato serbo-britannico Giovanni Di Stefano, di rientro dall'Inghilterra dove si era trasferito a 6 anni con la famiglia, tornò nella terra natia acquistando il club rossoblù.

Nel piccolo paese d'origine, Petrella Tifernina, si presentò in elicottero, sfrecciando poi in Roll's Royce e con quel suo italiano stentato, all'urlo "Abbonatovi" (tra le più grandi fortune della Gialappa's band) annunciò: "Porterò il Campobasso direttamente dai dilettanti alla Serie A vincendo tutte le partite, senza neanche un pareggio". Solo che non andò proprio così. Il club andò in bancarotta e Di Stefano sparì dopo aver fallito la scalata in politica e alla Banca del Molise.

Continuò a gravitare nel mondo del calcio con - tra i tanti club - Obilic, Northampton Town, Dundee, in cui portò Fabrizio Ravanelli prima, anche qui, di lasciare il club tra i debiti. Ne sparava una dietro l'altra, Di Stefano, che all'apparenza sembrava il classico "presidentissimo" genuino e un po' svampito. Macché. A livello internazionale era definito "L'avvocato del diavolo" per aver difeso gente come la Tigre Arkan, Saddam Hussein, il dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe, numerosi serial killer (tra cui Charles Manson).


2009 - Zenga: "Al Palermo voglio vincere lo Scudetto"

Era l'8 luglio 2009 quando alla presentazione alla stampa, il nuovo allenatore del Palermo Walter Zenga se ne uscì con un una frase ad effetto, ripetuta più volte per lasciare a bocca spalancata un po' tutti: "Io voglio vincere il campionato e i miei giocatori saranno mentalizzati per questo”.

E, ancora, sempre in riferimento alla stagione in apertura dei rosanero: “Faremo un grandissimo torneo, non chiedo ai miei giocatori di essere perfetti ma di migliorare ogni giorno il proprio rendimento e la voglia di arrivare il più in alto possibile”. Solo all'apparenza sembrava trattarsi della classica dichiarazione estiva d'intenti con l'unico obiettivo di infiammare la folla siciliana.

Rincarando così la dose: “Il mio modello è il Bordeaux, l’ Unirea Urziceni o lo Shakhtar Donetsk, che sono arrivati al titolo partendo da posizioni mediane; il mio obiettivo è quello massimo, lo Scudetto”. Ovviamente, apriti cielo, sulle cronache sportive e, naturalmente, tra i tifosi. Come finì? Diciassette punti nelle prime 13 partite ed esonero il 23 novembre. Dal fantomatico obiettivo scudetto al non "arrivare al panettone", come si suol dire.

Quel Palermo (di Cavani, Miccoli, Liverani, Simplicio e tanti altri) arrivò comunque a un traguardo storico, al termine della stagione successiva, tra le mani del successore di "Coach Z" Delio Rossi: la finale di Coppa Italia, conquistata a sorpresa per le scommesse superando il Milan e poi persa all'Olimpico contro l'Inter di Eto'o e Milito!
 

2016 - Noordin, il magnate che voleva il Bari in Champions League

Aprile 2016. Tempo di Erick Thohir all'Inter, della telenovela di Mr. Bee al Milan e... di Datò Noordin Ahmad al Bari. Un magnate malese presentato niente meno che dall'allora club manager dei Galletti Gianluca Paparesta.

Tifosi pugliesi in visibilio, specie dopo che Noordin si lasciò sfuggire che le sue intenzioni erano quelle di portare il Bari in Champions League entro 5 anni. Finì, invece, che l'uomo d'affari malese si volatilizzò (dichiarando di voler comprare il club solo da Paparesta e di non gradire la guerra di potere in atto tra soci biancorossi) e l'unica Coppa dei Campioni che Bari ricordi, resta la finale del 1991 disputata al San Nicola tra Olympique Marsiglia e Stella Rossa Belgrado.

2019 - La sparata di Matthäus sul Borussia Dortmund

Il post carriera di Lothar Matthäus non rende merito all'incredibile saga vissuta sul rettangolo di gioco. Da allenatore, a parte i campionati vinti in Serbia col Partizan Belgrado, e in Austria col Salisburgo (come vice di Trapattoni), collezionò una serie di esperienze fallimentari, tra cui quelle da commissario tecnico di Ungheria e Bulgaria prima di rinunciare - una decina di anni fa - alle vesti di coach, per dedicarsi alla figura di opinion leader di questioni calcistiche a lui vicine, quasi mai azzeccandoci.

Tanti pronostici, la maggior parte di essi campati in aria, sul suo account twitter e davanti a microfoni e taccuini. Uno dei più recenti, quello al termine della vittoria della sua Inter (2-0) a San Siro contro il Borussia Dortmund in Champions League: "Quello che ha dimostrato il Borussia non è sufficiente per una squadra che ha come obiettivo minimo il passaggio della fase a gironi. Potevano fare di più nonostante l’assenza di Reus e Paco Alcacer".

Un Dortmund, dunque, inadeguato al passaggio del turno. Immancabilmente verificatosi qualche tempo dopo in cui a pesare fu, proprio, la vittoria per 3-2, in una clamorosa rimonta per le scommesse calcio , del ritorno contro i nerazzurri, trascinati da un super Achraf Hakimi, prossimo acquisto alla corte di Antonio Conte. 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Antonio Calanni (AP Photo).

July 29, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

NBA, si riparte: la guida all’estate del basket Made in USA

Tutti a Orlando, con un titolo in palio. Il “circus” della NBA si sposta in Florida, più precisamente al Walt Disney World Resort per chiudere la stagione 2019/2020. Nell’ESPN Wide World of Sports Complex si chiuderà la Regular Season e poi si darà il via ai Playoff. Una full-immersion che durerà circa due mesi, con la Bay Lake che diventerà una sorta di “bolla” inaccessibile al mondo esterno..

La "nuova" stagione

Sarà di fatto una nuova stagione, a cominciare dalle ultime otto partite che daranno poi l’accesso ai Playoff. Non tutte e 30 le squadre saranno presenti a Orlando, solamente nove della Eastern Conference e 13 della Western Conference. Le altre otto squadre già matematicamente fuori dai Playoff non prenderanno parte al finale di stagione in Florida. Si riparte il 30 luglio e il 14 agosto si chiuderà la Regular Season, tre giorni prima dell’inizio dei Playoff.

Il 15 e il 16 agosto è previsto il “Play-in tournament”, la principale novità che vedremo a Orlando. La NBA ha infatti deciso che se ci saranno 4 o meno partite di distanza tra l’ottava e la nona in classifica in una Conference, queste due si sfideranno per accedere ai Playoff. Ci sarà una Gara-1 il 15 agosto, dove se a vincere sarà la squadra arrivata ottava in classifica, andrà direttamente ai Playoff. In caso di successo della nona classificata, il giorno successivo si giocherà Gara-2 e chi vincerà accederà alla post-season.

Il 17 agosto inizierà il primo turno dei Playoff, che si chiuderà il 29 agosto. Dal 31 agosto al 13 settembre il calendario prevede le semifinali di Conference, mentre dal 15 al 28 settembre si disputeranno le finali di Conference. Appuntamento per Gara-1 delle NBA Finals fissata per mercoledì 30 settembre, con eventuale Gara-7 in programma martedì 13 ottobre. 

Le favorite

Due le grandi candidate ad Ovest, dove tutti sognano il derby di Los Angeles in finale di Conference. Da una parte i Lakers di LeBron James ed Anthony Davis, dall’altra i Clippers che oltre a Leonard si presentano ad Orlando con il roster più completo della NBA. Ad Ovest attenzione anche ai giovani Nuggets e alla solida Utah, mentre i Rockets di Harden e Westbrook sembrano tagliati fuori per i troppi problemi difensivi mostrati in stagione.

Gli assi dei Clippers!

Ad Est il dominio dei Bucks in Regular Season non è mai stato messo in discussione, neanche per le scommesse NBA , mentre alle loro spalle spingono Raptors e Celtics per sfidare Giannis Antetokounmpo per il trono nella Eastern Conference. Più attardate Miami e Indiana, mentre i disfunzionali Philadelphia 76ers devono trovare il giusto equilibrio. La squadra di coach Brown ha un quintetto da NBA Finals, ma i limiti di alcune sue star e il disastroso rendimento in trasferta di questa stagione non lasciano ben sperare i tifosi di Philly. 

I grandi assenti

La formula studiata dalla NBA terrà fuori da Orlando diverse stelle, a cominciare dagli “Splash Brothers” Steph Curry e Klay Thompson. Gli Warriors, falcidiati dagli infortuni in questa stagione, occupano, non troppo a sorpresa per le scommesse basket, l’ultimo posto ad Ovest e non saranno a Orlando. Così come i T’Wolves di Karl Anthony Towns, altra stella che mancherà, così come il giovane “All Star” degli Atlanta Hawks Trae Young.

Oltre a loro, bisogna aggiungere i tanti infortunati come il duo di stelle dei Nets Kyrie Irving e Kevin Durant. Il primo, tra l’altro, ha guidato la protesta contro la ripresa della NBA in quel di Orlando e comunque sarà out per un problema alla spalla. Stesso problema che terrà a Washington Bradley Beal, la stella dei Wizards ha da poco confermato la sua assenza ad Orlando.

Altra stella che mancherà è Victor Oladipo, la guardia dei Pacers reduce da un brutto infortunio ha deciso di non andare in Florida per riprendersi fisicamente in vista della stagione 2020/21.

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di  Tim Reynolds e Ringo H.W. Chiu.

July 26, 2020
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off