Champions, l’urna di Nyon non sorride alle italiane

Non possono ritenersi fortunate le squadre italiane dopo il sorteggio di Nyon. L'unica ad aver la certezza di disputare i quarti è l'Atalanta, capace di vincere entrambe le partite contro il Valencia, prima della sospensione. Insieme ai bergamaschi, hanno già strappato il pass per i quarti il PSG, il Lipsia e l'Atletico Madrid, oggi probabilmente prima favorita per l'arrivo alla finale di Lisbona il 23 agosto. 

Per gli accoppiamenti ancora agli ottavi, la UEFA ha deciso che e partite di ritorno saranno disputate, sempre senza pubblico, nello stadio della squadra che ha giocato all'andata in trasferta: il Napoli, quindi, si giocherà la final eight a Barcellona, mentre la Juve a Torino dovrà ribaltare l'1-0 con il quale parte in vantaggio il Lione.

Sembra una pura formalità la seconda sfida tra Bayern e Chelsea, dopo il successo 0-3 dei tedeschi a Londra; il City, invece, dovrà difendere la bella vittoria di 1-2 a Madrid, contro il Real, in buona forma e di straordinaria tradizione nella Champions League!

Il format

Partiamo da una sfida già certa, ovvero Atalanta-PSG. La squadra di Gasperini dovrà vedersela con una delle favorite della Champions, per questo il sorteggio non è stato di certo benevolo. C’è però un fattore importante che può condizionare la partita, ovvero il PSG arriverà in Portogallo dopo aver giocato solamente due partite ufficialiin oltre 5 mesi. La squadra di Tuchel infatti ha battuto il Dortmund l’undici marzo, poi tornerà in campo il 24 luglio per la finale di Coppa di Francia e infine il 31 luglio se la vedrà con il Lione per la Coppa di Lega.

Gli accoppiamenti di Champions!

Visto lo straordinario periodo di forma della Dea, capace di vincere e convincere in Serie A, la sfida è molto più equilibrata di quanto possa far pensare la forza economica delle due squadre ed il calibro di alcuni campioni, strapagati a Parigi. La gara secca poi aiuta ulteriormente a ridurre le distanze tra le due squadre, anche se il vantaggio principale è quello di poter avere molti più minuti nelle gambe rispetto ai francesi.

Stesso vantaggio che può avere la Juve contro il Lione nel ritorno degli ottavi di finale, ma l’urna di Nyon non ha dato gioie ai bianconeri. La squadra di Sarri infatti qualora dovesse recuperare lo 0-1 dell’andata dovrà affrontare la vincente di Real-City, due delle grandi favorite per la vittoria finale nelle scommesse di inizio anno. La squadra di Guardiola ha di fatto già chiuso il suo campionato e sta preparando la corsa alla Champions, cercando anche di vincere la FA Cup. Il Real invece ha un vantaggio importante sul Barcellona in Liga ed è a pochi punti dal vincere il titolo. Ripartono dal 2-1 del City al Bernabeu, ma il Real visto in questo periodo può veramente ribaltare il risultato e strappare il pass per i quarti di finale.

Come se non bastasse la difficile impresa che gli uomini di Gattuso dovranno cercare a Barcellona, l’urna di Nyon mette un altro grosso ostacolo sulla strada dei partenopei. Qualora dovesse riuscire a qualificasi con i blaugrana al Camp Nou, il Napoli, poi, ai quarti di finale dovrà affrontare il Bayern Monaco. I bavaresi dovranno limitarsi a difendere lo 0-3 ottenuto a Stamford Bridge nel match d’andata giocato quasi cinque mesi fa. Il Bayern ha vinto tutte le partite disputate dopo la sospensione, blindando il successo in Bundesliga e candidandosi con forza al ruolo di favorita per la scommesse Champions League!

Nell’ultimo quarto di finale si affrontano le due squadre, il Lipsia e l’Atletico Madrid, capaci di eliminare le due finaliste dello scorso anno, rispettivamente il Tottenham e Liverpool.

Brivido Atalanta

Sogna l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, e se il quarto di finale contro il PSG può sembrare proibitivo una buona notizia arriva dall’accoppiamento per le semifinali. Qualora dovesse battere i parigini infatti la Dea se la vedrebbe con la vincente di Lipsia-Atletico Madrid. Dall’altra parte del tabellone, invece, sono coinvolte praticamente tutte le big di questa edizione. Barcellona, Real, City, Juve, Bayern e Napoli tutte nella stessa zona del tabellone, per una Champions che si giocherà in stile “Final Eight” dal 12 al 23 agosto, sempre alle 21, in due stadi di Lisbona e che già promette spettacolo.

*L'immagine di apertura della guida è di Luca Bruno (AP Photo); la grafica è stata elaborata da Ivan Garcia.

July 10, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Gazza, la vera star del Mondiale in Italia!

Dovrai aspettare altri mille anni per vedere una cosa del genere”. L’espressione è di Jack Charlton, allenatore delle giovanili del Newcastle, che si rivolge così al suo vice, dopo che un diciottenne di nome Paul e di cognome Gascoigne, aveva appena segnato un gol eccezionale in finale di Youth Fa Cup, poi vinta 4-1 dai Magpies. L’esordio tra i grandi sarebbe arrivato da lì a poco e la stella di Gazza si sarebbe definitivamente accesa sul calcio inglese. Ma fermiamoci un momento e riavvolgiamo il nastro.

Paul John nasce a Gateshead, poche miglia da Newcastle, il 27 maggio del 1967. Quattro giorni dopo, nel Regno Unito, sarebbe uscito Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ottavo album dei Beatles, di cui la mamma del neonato era grandissima fan, tanto da chiamare il bimbo, il secondo di quattro figli, Paul e John, come McCartney e Lennon. Gazza cresce in un ambiente difficile, la famiglia ha disponibilità economiche limitate e il padre è alcolizzato e violento, la mamma che rimarrà sempre la donna più importante della sua vita, un giorno si fece leggere la mano da una cartomante che gli predirà: “Uno dei tuo figli diventerà qualcuno grazie ai suoi piedi”. Difficile sbagliare su quale fosse il “figlio giusto”.

L'inizio

Paul dimostra sin da piccolino di avere un talento fuori dal comune, tanto che il Newcastle lo sceglie dopo un provino e lo fa entrare nella sua Academy. Jack Charlton lo sceglie e prova a dargli regole. Soprattutto alimentari. Gascoigne mangia tanto, ma soprattutto male, la sua alimentazione è fatta di Fish and Chips, hamburger, Mars (il suo snack preferito) e bevande gassate. Il peso-forma non può essere quello di un atleta.

Charlton, un giorno, lo convoca nel suo ufficio e gli dice: “Sotto quella pancia, so che c’è del talento. O ti dai una regolata entro due settimane o sei fuori”. Gazza, per la prima volta da quando veste il bianconero, si sente crollare il mondo sotto i piedi e cambia, smaltisce i chili in eccesso e riconquista la fiducia di Charlton e il 13 aprile del 1985 esordisce in prima squadra. L’ascesa è iniziata, Gazza - chiamato così per la sua andatura un po’ dinoccolata, stramba, che ricorda un uccello - diventa un idolo di St James’ Park e al periodo con i Magpies risale una delle immagini più famose della sua carriera.

Il Newcastle gioca contro il Wimbledon allenato da Boddy Gould e in cui gioca tal Vinnie Jones che di mestiere fa il mediano e ha la fama di essere uno dei calciatori più “cattivi” d’Inghilterra. Gould sa che Gascoigne, nonostante abbia solo 20 anni, è un giocatore fuori dal comune, uno di quelli che può decidere le partite da solo. Così, durante la settimana, stuzzica Jones che ha il compito di marcarlo, di annullarlo. Le partitelle d’allenamento del Wimbledon sono caratterizzate dalla sofferenza di Jones nel marcare tal Mett Clements, esterno destro della squadra riserve.

Gould vuole colpire Jones nell’orgoglio, in modo da fargli tirare fuori tutta la sua “cattiveria” il sabato successivo, contro Gascoigne: “Pensavo: chissà cosa come farò a fermare quel ragazzino, se uno della squadra riserve mi ha fatto diventare matto tutta la settimana”, racconterà poi Vinnie. Arriva finalmente la partita e Jones dà il meglio di sé, ringhia feroce su Gazza, non lo lascia respirare, lo pressa anche mentalmente: “Grassone, ormai siamo solo io e te”, gli dice ripetutamente.

Poi lo storico episodio della strizzata alle parti intime di Paul che viene immortalato diventando una delle immagini più iconiche del football britannico. Gascoigne gioca male, la partita finisce 0-0. Ma il numero, Gazza lo tira fuori a gara finita, una sua fan gli regala un mazzo di rose rosse e lui decide di mandarne una a Vinnie Jones che risponde con lo scopettino del water.

L'estate dei Mondiali

Gascoigne è una star e il Tottenham gli consegna la maglia n.8: gli Spurs, a sorpresa per le scommesse calcio, riescono a strapparlo al Manchester United di Ferguson, pagando 2.3 milioni di sterline, che per l’epoca sono un’enormità.

Gazza con la maglia del Tottenham!

La svolta della carriera di Gazza, però, arriva nell’estate del 1990. Tutti noi abbiamo un’estate che ci scalda il cuore, che ci ricorda amori, avventure, divertimento. Gascoigne la vive nel ’90, quando gioca il suo primo Mondiale con la maglia dell’Inghilterra.

I Tre Leoni, guidati da Bobby Robson, sono sorteggiati nel gruppo F con Olanda, Egitto e Irlanda. Tutte le gare inglesi del girone si giocano a Cagliari e la prima è un 1-1 contro l’Irlanda allenata da quel Jack Charlton che lo aveva svezzato e lanciato. Ma è nella partita successiva, altro pareggio, stavolta 0-0, contro l’Olanda che Gascoigne sale alla ribalta, in campo ci sono Gullit e Van Basten, ma è lui a dare spettacolo, a incantare con giocare sensazionali.

Paul sul campo sembra volare, è in forma smagliante, fisica e mentale: “Non volevo finisse mai, per me era come una vacanza. Ho amato ogni momento di quell’esperienza, compresi gli allenamenti, ero il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarmene Volevo durasse per sempre, per non tornare poi alla vita reale”. Questo frammento dice tanto di Paul, del suo modo di essere, del suo prendere la vita in modo surreale, così da non fronteggiare quelle che sono le questioni, anche più piccole, che la vita quotidiana ti mette di fronte. Colpa di quell’infanzia fatta di paure, di botte, di un clima avvelenato da un padre che era schiavo dell’alcol, come lo sarà poi il figlio.

Il Mondiale del ’90 è comunque il suo apice, l’Inghilterra batte l’Egitto e passa prima nel suo girone. Elimina Belgio e Cameroon agli ottavi e ai quarti e incontra, da leggera sfavorita per le scommesse, la Germania in semifinale. La notte prima della sfida, Gazza rimane fino all’1 di notte a giocare a tennis con alcuni ospiti americani dell’hotel in cui la nazionale inglese è in ritiro. La partita, quella di calcio, finisce 1-1 e si trascina fino ai supplementari, quando Gascoigne controlla male un pallone, s’allunga e colpisce un avversario, per l’arbitro è un fallo da ammonizione, ma è una mazzata sul morale del ragazzo che, diffidato, sa di aver già perso l'eventuale finale.

Paul è già in lacrime prima della fine dei 120’, sente il peso di un destino beffardo che gli appesantisce le gambe e il cuore. Si va ai rigori e prima della lotteria dagli undici metri, Bobby Robson lo prende da parte, lo rassicura e gli chiede di calciare il penalty. Gazza tira e segna. Ma non basta, vince la Germania. 

*Il testo dell'articolo è stato curato da Marco Valerio Bava; l'immagine è di Paul Velasco) (AP Photo).

July 10, 2020
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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Le differenze tra i dirigenti sportivi in Europa e negli USA

Quanto cambia il ruolo di dirigente sportivo tra il mondo americano e quello europeo? Le tante differenze che ci sono dal punto di vista regolamentare di fatto creano due lavori diversi, ciascuno con le sue peculiarità.

Il dirigente sportivo europeo infatti deve avere conoscenze totalmente diverse da quello americano: la principale differenza sta nel budget a disposizione delle varie squadre, variabile in Europa e “fisso” invece negli USA. Nel mondo americano ogni squadra professionistica ha un limite di spesa che non può superare, in base a un Salary Cap più o meno rigido.

L’unico limite che si trova in Europa è invece il Financial Fair Play introdotto da qualche anno dalla UEFA. Un paletto che, comunque, è condizionato al fatturato di ogni società creando, se possibile, ancor più distacco tra le varie società. L’altra sostanziale differenza è legata al fatto che in Europa è possibile acquistare il cartellino di ogni singolo giocatore, con un'offerta economica. Condizione che non esiste negli USA, dove una franchigia può acquistare i diritti di un giocatore già presente nella relativa lega solo in due modi: o tramite scambio o al termine del suo contratto.

Oltre a questo, un dirigente americano deve saper individuare i giovani talenti sfruttando ogni anno il Draft e le scelte a disposizione di ogni franchigia. 

Le differenze di budget

Come gestire il budget a propria disposizione? In Europa si devono valutare il monte ingaggi e il budget da investire nel mercato, oltre alla capacità di vendere giocatori. Saper cedere gli esuberi è una delle principali priorità di un direttore sportivo in Europa. La possibilità, invece, di “tagliare” un giocatore considerato in esubero rende più semplice il lavoro per i dirigenti americani, che però devono muoversi in un mondo molto più equilibrato.

Txiki Begiristain quando lavorava al Barcellona!

In una lega, ad esempio, con 30 squadre che hanno a disposizione lo stesso budget, saper emergere per un General Manager navigato come Danny Ainge è molto più complicato che in un campionato dove ognuno spende più o meno quanto vuole, come Txiki Begiristain al City. Serve più coraggio in America perché quando si offre un contratto al massimo salariale, si decide di scommettere il futuro della franchigia per i prossimi 3-4 anni su un singolo giocatore e difficilmente si può tornare indietro! 

Bisogna saper scegliere la stella giusta, saperla convincere e costruire intorno a essa una squadra competitiva, riducendo la spesa per costruire il roster. Si devono fare le scelte giuste al Draft, specialmente quando si è reduci da una stagione negativa e si ha a disposizione una delle prime scelte assolute. Il rischio di passare da un giocatore franchigia a un vero e proprio flop è dietro l’angolo, e una chiamata sbagliata può condizionare l’intera carriera di un dirigente.

Dall’altra parte però un General Manager americano ha una grande libertà di movimento, porta avanti il suo progetto con pochissime interferenze provenienti dalla proprietà. Discorso ben diverso in Europa, dove specialmente in Italia i proprietari vogliono prendere decisioni mettendo in secondo piano le idee degli stessi dirigenti. 

Le differenze del mercato

Se il ruolo del dirigente sportivo americano presenta molte più trappole nel cammino, c’è da sottolineare una fondamentale differenza che c’è rispetto allo sport europeo. Il mercato infatti in America è ben diverso e, oltre alla mancanza della cessione dei cartellini dei giocatori, un’altra grossa differenza è legata alla finestra del mercato stesso. In Europa ci sono due finestre, una estiva a stagione ancora non iniziata e una a metà anno che viene definita di riparazione.

In America invece il mercato rimane aperto fino a metà stagione, permettendo così a ogni dirigente di porre rimedio ad eventuali errori di programmazione o addirittura ribaltare completamente un progetto. La possibilità di acquisire un giocatore può risultare decisiva per il titolo, dopo aver iniziato alla grande la stagione. Oppure sacrificare un giocatore di alto livello in scadenza, cedendolo per ottenere scelte di alto profilo al Draft dopo aver iniziato male l’annata.

Tutte dinamiche che non si sviluppano in Europa dove, ad eccezione di alcuni casi straordinari, le rose di inizio stagione difficilmente vengono stravolte o semplicemente modificate durante l’annata sportiva.

La struttura rigida del tetto salariale, del Draft e il non poter aumentare il budget per il proprio mercato costringe ogni dirigente sportivo in America ad avere una visione pluriennale del suo progetto, spesso arrivando a sacrificare alcuni campioni pur di rispettare una sostenibilità tecnica ed economica per gli anni successivi; così le quote antepost elaborate da 888sport per la vittoria finale saranno sostanzialmente più equilibrate rispetto a quelle, ad esempio, di Serie A e Premier!

In Europa, ribadiamo, l’unico vincolo è il bilancio di fine stagione e la necessità di trovare eventuali plusvalenze nel mercato estivo. Un'eccezione forse la si registra nel calcio, dove con il Financial Fair Play diverse squadre si ritrovano costrette a cedere i loro campioni per far quadrare i conti.

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Elise Amendola e Manu Fernandez.

July 8, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Dal Barça all’Atletico, le cinque notti magiche (o quasi) di Allegri in Europa

Due finali, notti magiche e un trofeo che, per ora, manca nella bacheca di Massimiliano Allegri. La Champions è parte integrante della carriera del tecnico livornese, andato due volte vicinissimo al diventare l’ottavo tecnico italiano a vincere la Champions League.

Fin dai tempi del Milan però Allegri aveva dimostrato una certa dimestichezza con alcune “notti magiche”, anche se con i rossoneri non è mai andato oltre i quarti di finale.

La prima volta non si scorda mai, e risale al febbraio del 2013. A San Siro i rossoneri ospitano il Barcellona di un inarrestabile Leo Messi, autore di sessanta reti in cinquanta partite in quella stagione. Un Milan perfetto riuscì a bloccare l’argentino, che non calciò in porta mentre l’unico tiro verso lo specchio dei blaugrana fu di Xavi, innocuo per Abbiati.

Dopo un primo tempo chiuso sullo 0-0 nella ripresa è Kevin Prince Boateng a far esplodere San Siro con un sinistro dal limite dell’area che non lascia scampo a Victor Valdes. Il Milan tiene, lascia il possesso al Barça di Villanova ma non va mai in difficoltà, anzi riesce addirittura a raddoppiare a dieci minuti dalla fine. Un contropiede iniziato da Niang, gestito perfettamente da El Shaarawy permette a Muntari di realizzare il gol del 2-0 che fa sognare i tifosi rossoneri in vista del ritorno.

Peccato che al Camp Nou si scatena il ciclone Messi, autore di una doppietta nel 4-0 che porta i blaugrana, favoriti per le scommesse online ai quarti di finale di Champions. 

Le notti bianconere

Alla prima stagione in bianconero è subito finale di Champions, grazie soprattutto al 3-0 di Dortmund dove, però, la Juve dimostra di essere semplicemente la squadra più forte.

Il capolavoro tattico di Allegri arriva l’anno successivo, quando il tecnico livornese va a un passo da un’impresa leggendaria. Negli ottavi di finale del 2015/16 i bianconeri devono affrontare il Bayern di Guardiola, forse la favorita alla vittoria della Champions. A Torino nel match d’andata non c’è storia nei primi 60 minuti, ma il Bayern non la chiude e la Juve recupera lo 0-2 andando a Monaco con un positivo 2-2 rimediato in casa.

Al ritorno manca Dybala e Mandzukic non è al meglio, per questo Allegri punta su Morata in un tridente “di corsa” con Alex Sandro e Cuadrado. La Juve domina all’Allianz, segna subito con Pogba e dopo mezz’ora è avanti di due gol grazie a Cuadrado. Prima del raddoppio del colombiano, la Juve avrebbe trovato un’altra rete annullata a Morata in evidente posizione regolare.

L’errore costò alla Juve la qualificazione, dato che negli ultimi 15 minuti il Bayern prima riapre la partita con Muller, poi segna il 2-2 nel recupero con Lewandowski su errore pesantissimo di Evra. Nel supplementare poi il Bayern ne ha semplicemente di più e vince 4-2 grazie ai gol di Thiago e dell’ex Coman.

“La partita perfetta che aprì le porte di Cardiff”, questa fu la notte dell’undici aprile del 2017 per i bianconeri. Allo Juventus Stadium arriva il Barcellona e nel match dove tutti attendevano Messi, è un altro argentino a fare la differenza. Con il suo 4-2-3-1 compatto e pronto a ripartire Allegri domina il Barça di Luis Enrique, e il resto lo fa Dybala con due gol gioiello nei primi 25 minuti. Ad inizio ripresa il 3-0 di Chiellini regala ai bianconeri una notte difficile da dimenticare, legittimata poi dallo 0-0 di Barcellona nel match di ritorno che porta la Juve in semifinale. 

Il miss match fisico 

Altra impresa sfiorata nel 2018, quando la Juve va a Madrid per il ritorno dei quarti dopo che l’uragano CR7 si è abbattuto su Torino nella gara d’andata vinta 0-3 dai Blancos. Sembra tutto finito, ma non per Allegri che presenta una Juve spregiudicata e aggressiva a Madrid, capace di andare subito in vantaggio con Mandzukic di testa dopo due minuti.

Mario Mandzukic, due volte in gol a Madrid!

 

Allegri la gioca in “stile basket”, cerca un vantaggio fisico o tecnico e lo trova proprio nel croato. È lui che ha una stazza nettamente superiore a Carvajal, per questo deve rimanere a sinistra e sfidare fisicamente lo spagnolo sui cross provenienti da destra. Il raddoppio arriva sempre di testa, sempre grazie a Mandzukic e la Juve all’intervallo è viva e ci crede. Lo 0-3 di Matuidi ad inizio ripresa fa sognare i tifosi bianconeri e aggiorna totalmente le scommesse e quote Champions League , ma al 91esimo il rigore fischiato da Oliver che fa infuriare Buffon condanna la Juve a una cocente eliminazione.

Quel doppio confronto ha portato CR7 in bianconero, e il portoghese è stato l’assoluto protagonista dell’ultima impresa targata Allegri in Europa. La Juve dopo il 2-0 incassato a Madrid contro l’Atletico di Simeone sembra già fuori dagli ottavi di finale di Champions, ma il piano rimane lo stesso dell’anno precedente. Con un’aggiunta, il passaggio improvviso alla difesa a 3 con Emre Can sulla linea difensiva che ribalta i progetti tattici di Simeone.

La Juve domina, l’Atletico non esce mai dalla pressione bianconera che è finalizzata al far arrivare palloni giocabili in area di rigore a Cristiano Ronaldo. Il portoghese, come Mandzukic un anno prima contro il Real, deve sfruttare la sua maggior fisicità e dopo 50 minuti arriva, puntuale, la doppietta di CR7 sempre rigorosamente di testa.

Nel finale di partita il 3-0 che fa impazzire lo Stadium e le scommesse calcio arriva su calcio di rigore procurato da Bernardeschi, altra intuizione geniale di Allegri che lo schiera da mezzala offensiva in appoggio a Ronaldo e Mandzukic per attaccare alle spalle il centrocampo dell’Atletico.

Cinque notti da urlo, in attesa della prossima avventura. Max Allegri e una Coppa che ancora deve diventare sua. 

*Le immagini dell'articolo, distribuite da AP Photo, sono di Francisco Seco.

 
July 8, 2020
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Il business del volley tricolore tra criticità e opportunità!

Insieme al basket è uno dei primi campionati ad aver scelto di chiudere per rispondere alle stringenti norme imposte durante le settimane di marzo ed aprile. Parliamo del volley e, in special modo, della “SuperLega”, massima espressione di un movimento popolare da sempre seguito sui principali media (prodotto di punta della Lega Volley Serie A).

Nello specifico è un format sportivo che riunisce 13 club solo nella prima divisione maschile. L’unicità di questo campionato è che tutte le squadre iscritte hanno vinto almeno una volta il titolo nazionale. E’ il caso della You Energy Volley Piacenza o, a livelli più alti, del Modena Volley, la “Juventus” della pallavolo, capace di conquistare ben 43 scudetti. Un record nei record di questa disciplina e delle scommesse sportive!

Sul secondo gradino troviamo la Lube di Treia (24 titoli) e, su quello più basso la Trentino Volley (20). Ancora più sotto Top Volley Latina (18), Padova (17), Blu Volley Verona (16), Callipo Vibo Valentia (13), Volley Milano (9), Sir Safety Perugia e Porto Robur Costa di Ravenna (7), o ancora, Powervolley Milano (6), Argos, con sede a Sora (FR) vincitrice di 4 scudetti, e, appunto, You Energy (1) sopracitato.

Le perdite del mondo del volley 

I vertici della SuperLega, nell’attuale e delicata “Fase 3”, stimano a non meno di 28 milioni di mancati guadagni a fronte di un fatturato, nella stagione precedente, molto vicino ai 54 milioni di euro. In sintesi, si è perso più del 50% del valore della produzione, ma soprattutto sarà molto difficile recuperare le perdite in esame nei prossimi mesi.

Se poi a questa stima vengono aggiunti i fatturati di di “A2” (16 squadre) e “A3” (24 realtà sportive) si supera nettamente la quota dei 64 milioni di euro. Analizzando la torta dei ricavi al 1° posto vi sono le sponsorizzazioni (circa l’70% del budget), seguite dal tradizionale botteghino 20%) e dai diritti tv (10%). 

A differenza di altre discipline sportive come il calcio, il volley è fortemente schiacciato sui ricavi da sponsorship, non potendo contare sui tv rigths come appunto nel mondo del pallone. Il business model, in questo caso. è completamente rovesciato. I diritti tv sono il pilastro più debole, segue il ticketing e, appunto, le sponsorizzazioni al primo posto, vero e proprio “salvadanaio” di questo sport. 

I numeri della Lega

Il pubblico medio della regular season è stato sempre in costante crescita nelle ultime stagioni. Nel 2018/19, l’ultima completa, la media della SuperLega Credem Banca per Regular Season e Play Off si è attestata su 2.694 spettatori medi. In quella appena trascorsa, la Regular Season, purtroppo incompleta, stava viaggiando a 2.554 spettatori di media, con un incasso totale di 3 milioni e 800mila euro.  

Per quanto riguarda l’audience in Italia, tralasciando le gare trasmesse all’estero, su Rai Sport le dirette (sono due a turno, al sabato e alla domenica pomeriggio) hanno registrato ascolti medi per 138mila viewers (fonte: Auditel).

Picchi, soprattutto, per le partite delle cosiddette big, come Cucine Lube Civitanova–Leo Shoes Modena con 189.025 spettatori medi, l'ultimo precedente tra le due squadre per le scommesse pallavolo è stato vinto per 3-1 dai ragazzi di Andrea Giani o la Finale della Del MonteCoppa Italia tra Cucine Lube Civitanova e Sir Safety Conad Perugia, con 314.664 al meter Auditel.

Leva fiscale per attrarre gli sponsor

Ecco perché la SuperLega (guidata da poche settimane dal manager Massimo Righi) chiede da tempo di poter tornare a giocare a porte aperte (con il pubblico sugli spalti) e di poter ottenere dallo Stato il credito d’imposta (la possibilità per le aziende sponsor di rendere deducibile l’importo dell’’investimento effettuato).

Una proposta, quest’ultima, che, almeno per il momento, non ha ottenuto il via libera da parte della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, nonostante il supporto bipartisan di tanti parlamentari vicini al mondo del volley e dello sport in generale.

Complessivamente le tre serie della pallavolo impiegano più di 3.900 addetti (2.500 risorse solo considerando i team maschili della SuperLega). Tra le novità di questi giorni l’annuncio del prolungamento dell’accordo di sponsorship tecnica (per la fornitura del pallone di gioco) con il brand Mikasa. La casa nipponica si affiancherà al title-sponsor Credem Banca, al gruppo Italtelo e al marchio di soft drink Del Monte

*Il testo dell'articolo è stato curato da Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy; l'immagine di apertura è di Jeff Roberson (AP Photo).

July 8, 2020
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Le riviste sportive più amate al mondo!

Quali sono le dieci migliori riviste sportive e, quindi, più lette al mondo? Tutto è relativo, specialmente se si accostano Italia, Vecchio Continente e Sudamerica - in cui il calcio regna sovrano - agli Stati Uniti, in cui il "Soccer", nonostante i numerosi sforzi, a livello maschile non ha mai fatto breccia nei cuori a stelle e strisce.

Normale, quindi, le differenze di numeri, tirature e argomenti trattati. In qualche modo, abbiamo cercato di proporre una selezione del "meglio del meglio". Iniziamo dalle riviste specializzate sul calcio!

Guerin Sportivo

Ci fu un tempo in cui si andava a comprare il Guerin Sportivo per leggere i risultati e, soprattutto vedere le foto pubblicate, di Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa. Per anni, anzi decenni, il "Guerino" rappresentò una bottiglia di acqua fresca con le bollicine ai tanti assetati di calcio in Italia. Interviste, retroscena, focus su realtà pallonare sconosciute, calcio internazionale a go go (con tutti i risultati e le classifiche), poster...

Fino agli anni '90 è stato il non plus ultra della completezza pallonara, sempre con le migliori firme del giornalismo italiano: Gianni Brera, Italo Cucci, Adalberto Bortolotti, Indro Montanelli, Giorgio Tosatti, Luciano Bianciardi, Gianni Mura, Roberto Beccantini, Darwin Pastorin, Carlo Nesti, Mario Sconcerti, Stefano Disegni, Rino Tommasi, Rosanna Marani, Camilla Cederna, Oreste del Buono, Giancarlo Fusco, Stefano Benni, Michele Serra, Massimo Gramellini.

Nell'anno del campionato del mondo 1982, le vendite del Guerin Sportivo superarono quota 300 mila. La crisi editoriale, il calendario calcistico totalmente rivoluzionato e l'editoria web, lo costrinse nei tempi moderni a mensile, in cui sembra aver trovato una nuova dimensione, anche grazie a un pregiato sito internet, contenente storie sportive tutte da leggere.

Panenka

Rivista mensile nata in Spagna e dalla finezza assoluta, Panenka affronta la cultura calcistica attraverso approcci storici, culturali, sociali o politici. È stata fondata nel 2011 da un gruppo di giornalisti, fotografi, illustratori e designer, e ha iniziato la sua attività il 20 giugno di quell'anno, data del 35° anniversario del celebre penalty "a cucchiaio", il primo nella storia, del talentuoso centrocampista della Repubblica Ceca (Antonín Panenka), che decise l'Europeo 1976 contro la Germania proprio ai calci di rigore.

Nel video, prima di rivedere il rigore di Panenka, per gli amici del blog di 888sports una carrellata di calciatori che si sono ispirati al più famoso tiro dagli 11 metri degli Europei!
 

 

Placar

Mensile - nato, tuttavia, settimanale - di riferimento per coloro i quali vivono il calcio brasiliano in maniera viscerale. Un vero e proprio brand, un magazine che, come accaduto in casi omologhi in tutto il mondo, ha vissuto moltissime fasi, talune anche turbolenti, della sua vita editoriale. La sua voce ha un peso importante nel paese verdeoro, come France Football in Europa: alla fine di ogni Brasileirão, Placar assegna il trofeo "Bola de Prata", selezionando i migliori giocatori del campionato per ogni ruolo.

Tutte le partite sono ovviamente seguite da giornalisti che assegnano voti: i giocatori con la miglior media si aggiudicano il trofeo; la miglior media assoluta, infine, si aggiudica la Bola de Ouro. Il premio fu ideato nel 1970, primo anno della rivista, e, visto che il Campeonato Brasileiro allora non esisteva, fu inizialmente applicato al "Torneo Roberto Gomes Pedrosa".

Pelé fu giudicato fuori concorso, sia per la Bola de Ouro che per la Bola de Prata; il più premiato in assoluto è stato Zico, con cinque Bolas de Prata, due Bolas de Ouro e due titoli di capocannoniere.

Four Four Two

"La Bibbia del calcio". Il modo in cui è stata ribattezzata la rivista, nata in Inghilterra, la dice lunga sulla qualità delle tematiche proposte e l'accuratezza di scrittura e approfondimento. Mensile che a maggio 2019 ha festeggiato la sua 300esima pubblicazione, possiede diverse edizioni (anni fa fu provato anche un esperimento italiano, tuttavia mai decollato) in altri paesi: Stati Uniti, Canada, Australia, Sud Africa, Ungheria, Corea del Sud, Spagna e Turchia.

Interviste, analisi tattiche, scouting, focus a diversi latitudini del calcio mondiali, argomenti mai banali. Four Four Two, curiosità, fu anche lo sponsor che comparve sulle magliette dello Swindon Town nella stagione 2008-2009. L'edizione originale, nella storia, ha potuto vantare "columnist" eccezionali, su tutti il mitico Brian Clough. E, ancora, Arsène Wenger, Robbie Savage, Sam Allardyce, David Platt, Diego Forlan e tanti altri.
 

*La foto di apertura dell'articolo è di Natacha Pisarenko (AP Photo).

July 7, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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La nascita dei Campioni di tutto: i 14/15 titolari che hanno vinto anche la Premier!

Con la sconfitta del Manchester City sul campo del Chelsea, il Liverpool è tornato a vincere la Premier, trent’anni dopo l’ultimo titolo della allora First Division. I Reds hanno concluso al meglio una stagione semplicemente straordinaria, trionfando con ben sette giornate d’anticipo. Nella sera della matematica vittoria, i numeri erano: ventotto vittorie, due pareggi e una sola sconfitta per i ragazzi di Jurgen Klopp, capace di valorizzare al meglio la rosa a sua disposizione.

E pensare che i Reds sono una delle squadre “più corte” tra le big d’Inghilterra, visto che il tecnico tedesco si fida dei suoi 14/15 titolari. Poche rotazioni e tanta fiducia nello zoccolo duro della squadra, queste le principali linee guida di Jurgen Klopp. Nel quartetto difensivo le uniche rotazioni sono state legate all’infortunio al ginocchio di Matip, che ha lasciato tanto spazio a Joe Gomez.

Oltre ai titolarissimi van Dijk, Robertson e Alexander Arnold, per le rotazioni in fase difensiva Klopp ha utilizzato anche James Milner come terzino. A centrocampo il terzetto titolare è composto da Fabinho, Henderson e Wijnaldum, con Oxlade-Chamberlain che è quasi sempre entrato a gara in corso.

Poco spazio per giocatori come Naby Keita e Lallana, pagati molto più di altri titolari della rosa. In attacco oltre al trio delle meraviglie composto da Salah, Firmino e Mané, Klopp ha ritagliato il ruolo di dodicesimo uomo a Divock Origi, decisivo sia lo scorso anno in Champions che quest’anno in Premier League. 

I primi colpi di Rodgers

Prima dell’arrivo di Jurgen Klopp, sotto la guida di Brendan Rodgers sono state gettate le basi per la rosa dei Reds. L’arrivo di Henderson, attuale capitano del Liverpool, nell’estate del 2011 per 18 milioni dal Sunderland è stato poi seguito dal colpo Origi dal Lille nel 2014 per 13 milioni. Altri tre protagonisti sono arrivati nell’estate del 2015, a parametro zero i Reds hanno preso James Milner dal City e per 5 milioni di euro dal Charlton è arrivato il giovanissimo Joe Gomez, valorizzato poi da Klopp.

Lo Starting Eleven del Liverpool!

Chi però è esploso davvero solo dopo l'arrivo del tecnico tedesco è Bobby Firmino, arrivato per 41 milioni di euro nell’estate del 2015 dall’Hoffenheim. Nel suo primo anno in Inghilterra il brasiliano ha fatto fatica ad affermarsi, poi nel 2016 Klopp lo ha schierato come falso nueve nel suo tridente e Firmino è diventato il protagonista della manovra offensiva dei Reds.

Nel 2016 e nel 2017 il Liverpool ha fatto il primo salto di qualità, grazie anche agli enormi investimenti sul mercato, mirati al ritorno in Champions. Nella prima estate da manager dei Reds, Klopp ha portato a Liverpool Joel Matip a parametro zero, Georginio Wijnaldum dal Newcastle per 28 milioni e Sadio Mané dal Southampton per 41 milioni di euro.

Con il ritorno in Champions League sono arrivati altri tre rinforzi, uno per reparto come nell’estate del 2016. Dall’Hull City è arrivato Andrew Robertson per nove milioni di euro, dall’Arsenal è arrivato Oxlade-Chamberlain per 38 milioni e soprattutto dalla Roma è stato acquistato Momo Salah per 42 milioni.

La cessione di Coutinho nel gennaio del 2018 ha permesso poi ai Reds di completare la rosa con altri tre acquisti nel 2018. Prima l’arrivo di van Dijk a gennaio per 85 milioni, poi il colpo Fabinho per la regia dal Monaco investendo 45 milioni e infine Klopp ha risolto il problema portiere, non secondario come ha dimostrato la finale di Kiev, con Alisson arrivato dalla Roma per quasi 70 milioni. 

Il valore della rosa

A tutti questi acquisti, va aggiunta la ciliegina sulla torta proveniente dal settore giovanile. Stiamo parlando naturalmente  di Alexander-Arnold, che in soli due anni sotto la guida di Klopp si è affermato come il miglior terzino destro al Mondo. Nel complesso i 14-15 titolari utilizzati dal tecnico tedesco sono costati circa 420 milioni di euro.

La loro valutazione ora è praticamente raddoppiata, visto che secondo il sito di valutazioni del mercato transfermarkt questi 15 giocatori ora valgono circa 870 milioni di euro. L’altro elemento da segnalare è che il Liverpool non ha mai comprato giocatori di movimento già affermati.

La descrizione di ciascun arrivo ad Anfield!

Da Firmino a Salah, da Mané a Wijnaldum, passando per van Dijk, Alisson e Fabinho nessuno aveva mai vinto il campionato prima del titolo vinto quest’anno. L’unica eccezione è la chioccia del gruppo, James Milner, che aveva già vinto due titoli con il Manchester City nel 2012 e nel 2014 e riproverà il double in Premier anche con il Liverpool, favorito per le scommesse calcio nel 2021! 
 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Jon Super (AP Photo); le infografiche sono state elaborate da Ivan Garcia.

July 7, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Con il tris di tedeschi il successo è assicurato!

“Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince”. La celebre frase di Saint Gary Lineker, pronunciata al termine della semifinale di Italia ’90 tra i Tre Leoni e la Germania Ovest, ha un fondo di verità, anche e soprattutto considerando che quel mondiale, alla fine, i tedeschi se lo portano a casa.

Certo, ci sono casi (soprattutto quando incontrano l’Italia) in cui i teutonici sono costretti ad inchinarsi, ma se si va alla ricerca di calciatori affidabili e con una certa propensione alla vittoria, guardare alla Mannschaft è sempre una soluzione logica.

Chi sta prendendo sul serio la citazione di Lineker è il Chelsea, che in questo mercato è particolarmente attivo e guarda con interesse alla Germania. In rosa c’è già Antonio Rüdiger, e la colonia teutonica è destinata ad aumentare. È già ufficiale infatti l’acquisto di Timo Werner, per cui i Blues hanno pagato la clausola rescissoria di 60 milioni di euro al Lipsia.

Ma oltre al centravanti titolare della squadra di Löw, Lampard punta anche al nuovo talento del calcio tedesco, quel Kai Havertz che sta dando spettacolo a Leverkusen. Per il talento classe 1999 c’è parecchia concorrenza e le Aspirine, dal canto loro, chiedono parecchio: 100 milioni. Ripetiamo: la storia insegna che spesso e volentieri affidarsi a un buon numero di calciatori della Germania significa fare bene ed il Chelsea sarà tra le favorite al titolo della Premier 2021 nelle relative quote delle scommesse!

L'Inter dei record

Impossibile da questo punto di vista dimenticare l’Inter a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. La squadra nerazzurra, guidata da Giovanni Trapattoni, vince uno scudetto con numeri da record nella stagione 1988/89 e lo fa con in squadra due dei protagonisti del successivo mondiale.

Nell’estate 1988, per un totale di circa sette miliardi e mezzo di lire, il presidente Pellegrini porta in Italia dal Bayern Monaco Lothar Matthäus e Andreas Brehme, che aggiungono all’ossatura italiana dell’Inter (Zenga, Ferri, Berti, Serena) quel pragmatismo tutto teutonico che al Trap piace tanto.

Brehme, il giorno della presentazione all'Inter!

Risultato, 58 punti (con due punti a vittoria) e tricolore strameritato. L’anno dopo i nerazzurri completano il tris, andando a pescare dallo Stoccarda Jürgen Klinsmann. Il biondo centravanti si fa valere a Milano e sarà, assieme ai suoi connazionali, grande protagonista della Coppa UEFA vinta nel 1991 contro la Roma. Quando nel 1992 tutti e tre i tedeschi lasciano l’Inter, arriva Matthias Sammer. Il difensore nel 1996 vincerà l’Europeo e il Pallone d’Oro, ma la sua esperienza nerazzurra è da dimenticare, visto che dura appena sei mesi…

A proposito di Roma, in quel periodo anche i giallorossi si fanno ammaliare dal fascino del teutonico. Tutto comincia nel 1987, quando Dino Viola porta a Trigoria il centravanti titolare della Mannschaft che è arrivata seconda ai mondiali in Messico. La prima stagione di Rudi Völler è deludente, ma il “tedesco che vola” poi comincia a segnare con regolarità. Nel 1989 arriva a fargli compagnia Thomas Berthold, roccioso difensore che fino alla stagione prima aveva giocato a Verona.

Il tris non viene completato nel 1991 solo perché la regola impone tre stranieri per ogni squadra. Dunque, quando a Roma arriva Thomas Hässler, a lasciare la Capitale è Berthold, visto che i giallorossi hanno trovato in Aldair un nuovo pilastro difensivo. La Roma di quel periodo, comunque, si gioca quella che ancora oggi è la sua ultima finale europea.

Persino la Juventus negli anni Novanta guarda con favore alla Germania. Peccato che alla fine ci guadagni… il Borussia Dortmund. I tedeschi bianconeri cominciano nel 1991 con Hässler, che però finisce alla Roma al termine della stagione. Nel 1992 arrivano Kohler e Reuter. Il difensore resta fino al 1995, riuscendo a vincere anche uno scudetto e una Coppa UEFA. Il centrocampista lascia Torino l’anno dopo, quando viene sostituito da Möller. Anche il fantasista vince la Coppa ma resiste appena due stagioni.

Tutti e tre, poi, si ritroveranno a Dortmund, dove vinceranno la Champions League, neanche a dirlo, contro i bianconeri. Negli ultimi anni non va molto meglio. Sami Khedira fa bene in bianconero, ma l’altro campione del mondo 2014 Höwedes riesce a raccogliere appena tre presenze (pur segnando un gol).

Madrid teutonica!

Sarà per spirito di contraddizione rispetto al Barcellona, che da sempre si affida agli olandesi, ma anche Real Madrid ha, spesso e volentieri, scommesso su calciatori tedeschi. La stella teutonica dei Blancos è attualmente Toni Kroos, vero cervello della squadra di Zidane. Oltre al già menzionato Khedira, arrivato alla Juventus proprio da Madrid, anche Mesut Özil ha vestito a lungo la camiseta blanca, diventando anche il miglior assistman per Cristiano Ronaldo nel suo periodo di calcio a Madrid.

Qualche anno fa non è andata benissimo al Real con Metzelder, che a causa dei troppi infortuni non ha mai potuto esprimersi a pieno al Bernabeu. A guidare il difensore, tra l’altro, c’era Bernd Schuster, che per non farsi mancare nulla è riuscito a giocare con il Real, l’Atletico e persino con il Barcellona. Molto più fedele alla causa Bodo Illgner, storico portiere della nazionale tedesca e del Real, protagonista della Champions League 1997 vinta contro la Juventus.

A lanciare la “moda” madridista però sono state tre stelle della Mannschaft negli anni Settanta. Il primo tedesco del Real è Netzer, acquistato prima del vittorioso mondiale 1974. Dopo la Coppa del Mondo arriva anche Paul Breitner e qualche anno dopo si presenta Stielike, roccioso difensore dell’Amburgo. A differenza di quasi tutti gli altri connazionali, nessuno dei tre riesce a sollevare la grande coppa! A dimostrazione che, nonostante quello che dice Lineker, non sempre…vincono i tedeschi.

*Le due immagini dell'articolo sono di AP Photo, la seconda è stata scattata da Uwe Lein.

July 6, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Angelo Peruzzi, uno storico numero 1 nel club dei Campioni del Mondo!

Una carriera gloriosa da 478 presenze in Serie A impreziosita, all’età di 36 anni, dalla Coppa del Mondo vinta nel 2006 da riserva di Gigi Buffon. Angelo Peruzzi per quasi 20 anni è stato uno dei portieri più forti del calcio mondiale. Cresciuto nel settore giovanile della Roma, fa il suo esordio in Serie A a soli 17 anni in un Milan, Roma prendendo il posto di Tancredi.

Dopo due stagioni da secondo, nel 1989 i giallorossi decidono di cederlo in prestito a Verona dove da titolare disputa 29 partite ma nonostante alcune ottime prestazioni non riesce ad evitare la retrocessione dei veneti. Tornato a Roma per fare il titolare nel 1990, dopo sole tre partite giocate viene squalificato per dodici mesi come il suo compagno Andrea Carnevale.

Scontata la squalifica, la Juventus nel 1991 decide di investire 4.5 miliardi di lire per portarlo a Torino dove il primo anno fa il vice all’esperto Tacconi. Dopo una stagione con sole 12 presenze tra Serie A e Coppa Italia, la Juve però decide di puntare con forza su Peruzzi, lasciando partire Tacconi, che va al Genoa e il portiere di Blera diventa il titolare dei bianconeri. 

Protagonista in bianconero

Nella stagione 92/93 Peruzzi gioca 29 partite e subisce 44 reti. La Juve torna ai vertici della Serie A nell'anno successivo come dimostrano i numeri: il portiere bianconero incassa solamente 24 reti in 32 presenze, entrando nel giro della Nazionale. L’esordio però arriva solamente nel girone di ritorno del 94/95: la prima presenza in maglia Azzurra la trova nel marzo del ’95 nel match vinto 4-1 dall’Italia di Sacchi contro l’Estonia all’Arechi di Salerno.

In quelle settimane, vince anche il suo primo Scudetto e perde la finale della Coppa UEFA nel derby italiano contro il Parma e divide la porta Azzurra con Pagliuca; dal ’96 diventa il titolare e sarà il numero uno dell’Italia agli Europei inglesi del ’96. Sole tre partite giocate dagli Azzurri, che vengono eliminati nel girone, a sorpresa per le scommesse sportive, per la sconfitta contro la Repubblica Ceca di Pavel Nedved.

Pochi mesi prima Peruzzi è stato il protagonista della vittoria della Champions League della Juventus: nei quarti limita i danni contro gli attaccanti del Real a Madrid ed in finale, all’Olimpico di Roma contro l’Ajax, dopo il pareggio per 1-1 nei tempi regolamentari, è proprio il portiere bianconero a decidere la finale, parando ben due calci di rigore agli olandesi. 

Peruzzi alza la Coppa dei Campioni!

La maledizione del ’98

Dopo altri due anni da titolare della Nazionale sotto la nuova gestione tecnica di Cesare Maldini, Peruzzi si prepara a disputare il suo primo Mondiale in Francia nel ’98. A ventotto anni il numero uno bianconero è pronto ad essere protagonista difendendo i pali della Nazionale, ma nella preparazione a Coverciano subisce un brutto infortunio che lo costringe a dare forfait. Per Peruzzi era l’unica occasione per giocare da titolare un Mondiale, vista l’imminente esplosione di Gigi Buffon.

Dopo otto anni in bianconero, nell’estate del ’99 l’Inter, da favorita per il titolo per le scommesse calcio dopo un mercato faraonico, investe circa 38 miliardi di lire per strapparlo alla Juventus. Con i nerazzurri gioca solamente una stagione, collezionando 38 presenze e subendo 37 reti prima dell’arrivo a Roma. Dopo lo Scudetto del 2000, Sergio Cragnotti vuole rinforzare ulteriormente la Lazio e decide di puntare su Peruzzi per circa 40 miliardi.

In biancoceleste chiuderà la sua carriera ed inizierà, poi, la sua seconda vita sportiva, da dirigente sportivo apprezzato. Giocare da titolare a Roma e la sua enorme esperienza lo riportano nel giro della Nazionale, con Lippi che dopo averlo avuto alla Juve decide di convocarlo nuovamente da ct dell’Italia nel 2005. Peruzzi colleziona le ultime tre presenze in Nazionale per l’assenza di Buffon nelle Qualificazioni Mondiali contro Scozia, Bielorussia e Slovenia.

Da dodicesimo uomo in Germania e mental coach aggiunto, impreziosisce la sua carriera arricchendo ulteriormente il suo palmares con il titolo mondiale. Peruzzi appende i guantoni al chiodo a 37 anni nell’estate successiva, dopo aver conquistato una storica qualificazione ai preliminari della Champions con la Lazio di Delio Rossi, da outsider per le scommesse Serie A.

Attualmente il portiere di Blera occupa, con 478 partite disputate, il 19esimo posto nella classifica all-time delle presenze in Serie A con altre due leggende del calcio italiano come Giancarlo “Picchio” De Sisti e Alex Del Piero. 

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Enzo Giannotti e Massimo Sambucetti.

July 6, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Diritti tv: “Big Five” a confronto

E’ una corsa ad ostacoli, quella che contraddistingue il confronto economico, in termini di ricavi da diritti audiovisivi (più comunemente conosciuti come “diritti tv”), tra la Serie A e il resto dei campionati europei top.

Per ricavato dai diritti tv, in testa la Premier

Liga che incassi dall'estero

Balzo in avanti della Bundesliga

I diritti TV in Italia

Le tv in Ligue1 in attesa dell'effetto Messi

Parliamo dei “Big Five”: English Premier League (EPL), Bundesliga tedesca, LaLiga spagnola, Ligue1 francese e appunto prima divisione tricolore.

Per ricavato dai diritti tv, in testa la Premier

I numeri, in attesa dei dati aggiornati, parlano chiaro: la Premiership britannica è il contenitore calcistico più “attraente”, sia a livello di mercato domestico (1,85 miliardi di euro) sia sui mercati esteri (1,56 mld). Ciò che è che sotto gli occhi di tutti è l’espansione dei tv rights su scala internazionale. 

Un risultato ottenuto grazie anche al supporto dei club, che, tra tournée, vittorie prestigiose in ambito sportivo (la finale 2019 di Champions è stato un derby britannico: Liverpool vs Tottenham Hotspur) ed aperture di scuole calcio/academy, stanno conquistando l’interesse di milioni di fans/simpatizzanti in ogni angolo del pianeta. 

Un processo di espansione nato più di 15-20 anni fa. Si fonda tra l’altro su un vantaggio competitivo difficilmente superabile: la diffusione della lingua inglese. Oggi i broadcaster asiatici e mediorientali, tra i più interessati ad acquistare football match dei principali campionati europei, trasmettono per primi le gare della EPL e poi tutto il resto del calcio continentale.

La Premier League è sempre in onda in “prime time” e questo ne facilita l’ulteriore visibilità e notorietà. In totale, la prima divisione UK sviluppa, a livello di tv rights, un volume di affari superiore ai 3,41 miliardi di euro. Una cifra “mostre” che consente a questa serie di presentarsi come la più ricca del pianeta.

Guardiola ai microfoni Sky

 

Liga che incassi dall'estero

Al secondo posto c’è LaLiga Santander. Il massimo campionato iberico vale attualmente 2,04 miliardi di euro. Circa 1,15 miliardi provengono dai contratti siglati in patria (attraverso il colosso MediaPro), il resto (897 milioni) a livello internazionale. Anche in questo caso la lingua accelera gli affari (soprattutto all’interno dei mercati di matrice ispanica).

E sempre LaLiga deve la sua forte espansione agli eccellenti risultati sportivi conquistati dal binomio Barcellona-Real Madrid. Nelle ultime 10 edizioni di Champions, quattro trofei sono stati conquistati dalle Merengues, due dai blaugrana (il resto è equamente suddiviso tra Chelsea, Liverpool, Bayern Monaco e FC Inter). 

Balzo in avanti della Bundesliga

Sul gradino più basso del podio troviamo la Bundesliga, con un valore della “torta” dei diritti tv stimato in 1,44 miliardi di euro. A livello domestico (1,16 mld) è al secondo posto nella classifica dei Big Five, mentre sui mercati esteri il calcio tedesco deve ancora svilupparsi e mettere radici, anche se il Bayern Monaco, campione di Germania, (per l’ottava stagione consecutiva quest’anno), sta lavorando molto bene in Asia e America Latina. 

Una telecamera della produzione della Bundesliga!

 

I diritti TV in Italia

Perde terreno, purtroppo, la Serie A italiana. In attesa del pagamento della sesta ed ultima rata (bimestrale anticipata) della stagione 2019/20 da parte di Sky, il massimo campionato si lecca le ferite e riparte dai dati di questa stagione “tormentata”: 1,34 miliardi di euro. Ben 1,16 miliardi sono legati a filo doppio ai broadcaster che hanno acquisito il diritto alle trasmissioni delle partite: Dazn e SKY principalmente, ma anche Rai e Mediaset, oltre a Sportitalia per il campionato “Primavera”.

Anche Sheva lavora con DAZN

Sul fronte internazionale i rapporti sono esclusivamente con gli americani di IMG, che si sono impegnati a pagare alla Lega calcio (per il triennio 2018-2021) ben 371 milioni di euro.

Le tv in Ligue1 in attesa dell'effetto Messi

Al quinto ed ultimo posto di questa speciale classifica troviamo la Ligue1 francese, l’unica serie calcistica tra i mercati UE ad essersi fermata nel 2020, su diktat dell’esecutivo d’oltralpe.

In totale, i diritti tv di questa stagione valgono 806 milioni di euro (di cui 726 milioni per il territorio francese e i restanti 80 per i mercati esteri). Le difficoltà ad espandersi sono strettamente collegate alla presenza di un solo top team su scala nazionale: il Paris Saint-Germain tra le favorite per le scommesse sportive per la Champions 2020.

Il Marsiglia, ad esempio, ha un passato di vittorie anche in campo internazionale, ma non riesce a tenere il passo quando si confronta in tornei continentali. L’Olympique Lyonnais infine ha vinto ben 7 titoli nazionali, ma fuori dalla Francia non ha brillato con continuità. 

*Il testo dell'articolo è stato curato da Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy; le immagini sono distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 5 luglio 2020.

October 21, 2021
888sport
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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