La guida alle scommesse del campionato bielorusso!

La Federazione Bielorussia è attualmente al 27° posto del Ranking UEFA. Cerchiamo di inquadrare il livello del campionato locale e della nazionale, ed andiamo a scoprire tutti i segreti del calcio di Minsk, l’unico in Europa dove il pallone continua a rotolare.

LA NAZIONALE

Nelle qualificazione ai campionati europei, la Bielorussia è stata inserita nel gruppo C, con, in ordine di piazzamento finale, Germania, Olanda, Irlanda del Nord e, all'ultimo posto dopo la nazionale vestita dall'azienda italia Macron, l’Estonia. In otto gare di qualificazione, la Nazionale di Minsk ha ottenuto 4 punti, vincendo solo in Estonia.

Attenzione, i ragazzi di Mikhail Markhel avevano sicuramente la possibilità di far meglio, come testimonia la vittoria nel loro gruppo di quarta fascia nella prima Nations League della storia e la relativa promozione in League C!
Il successo nel gruppo di Nations sul Lussemburgo, nonostante i pessimi risultati del girone di qualificazione a Euro 2020, consentirà ai rossi di giocarsi l’accesso agli europei itineranti negli spareggi con Georgia, Macedonia e Kosovo!

Un'immagine di Germania - Bielorussia

La Bielorussia con l'Italia ha quattro precedenti: due pareggi e due vittorie per gli Azzurri. Di ottimo auspicio fu il 4-3 firmato da Totti, De Rossi e Gilardino a Parma nel settembre 2004, nella quarta partita di qualificazione di quello che sarebbe stato il nostro quarto Mondiale vinto!

Il giocatore simbolo della Bielorussa è stato naturalmente Aljaksandr Hleb, centrocampista con il vizio del gol dell’Arsenal di Wenger, con un passaggio anche al Barcellona! A prosposito di Hleb e di Arsenal, il fratello di Aljaksandr, l’attaccante classe 1983 Vyacheslav Hleb (ex Amburgo), gioca ancora in Pershaya Liga (Serie B) all’Arsenal... Dzyarzhynsk!!!

IL FORMAT

La serie A bielorussa, la Vyscha Liga, si gioca da fine marzo a dicembre. Vi partecipano 16 squadre che, con un sistema di girone all'italiana, si affrontano due volte per un totale di 30 partite di campionato. La prima in classifica, nel 2019 la Dinamo Brest e nel 2018 il BATE Borisov, conquista il titolo ed accede al primo turno dei preliminari di Champions League nell’urna delle squadre che hanno vinto il proprio campionato. La seconda e la terza, invece, rispettivamente al secondo ed al primo turno dei preliminari di Europa League.

Retrocedono nella serie B locale, la Pershaya Liga, l'ultima e la penultima al termine delle trenta giornate, mentra la terz'ultima, nel 2019, la Dnyapro Mogilev spareggia in gara di andata e ritorno con la terza classificata della serie B, in un sistema che ricalca quello di promozioni e retrocessioni del calcio tedesco.

LA VYSCHA LIGA 2020

Favorite per la vittoria finale in campionato nelle quote della Bielorussia le ultime due squadre campioni: il BATE @ 2.30 e la Dinamo Brest @3. In particolare il BATE, dal 2006 al 2018 ha vinto ben tredici campionati consecutivi!

Primo successo per la Dinamo Brest, invece, nell'ultima edizione del la Vyscha con ben 5 punti di vantaggio proprio sul BATE: ricordiamo che nella Dinamo Brest, squadra tanto cara a Diego Armando Maradona, gioca sulla trequarti il calciatore più talentuoso del campionato Mikhail Gordejchuk; la Dinamo, tra l'altro, è già sicura di un posto per i preliminari della prossima Champions ed ha allestito la rosa anche in funzione di questo prestigioso impegno internazionale!

Lo Shakhter Soligorsk del giovane e talentuoso attaccante, classe 1998 Vitali Lisakovich e dell’ex Virtus Entella Azdren Llullaku (attaccante albanese cresciuto in Italia, a Treviso) è il terzo favorito @4. Possibile, clamorosa sorpresa è l'Energetik BGU: la squadra di Minsk, da appena dodici mesi nella prima divisione bielorussa, è partita come un rullo, anche grazie alle prestazione del funambolico Jasur Yakhshiboev, attaccante della nazionale uzbeka, acquistato il 2 marzo 2020 dalla Pakhtakor, la Juventus locale.

Per ogni partita del campionato bielorusso, 888sport.it pubblicherà oltre 90 opzioni di quota: dall'esito finale, al totale gol, dal risultato esatto ai parziali/finali. Tutte le gare, inoltre, saranno seguite, contrasto dopo contrasto dalle quote live!

LE COPPE EUROPEE

Il BATE Borisov, nella Champions 2019/2020 ha superato i campioni polacchi del Piast Gliwice nel primo turno preliminare, per poi arrendersi al Rosenborg nella partita di ritorno del secondo turno. Per il meccanismo complesso delle coppe europee, il BATE è così retrocesso al terzo turno dei preliminari di Europa League, vincendo prima con il Sarajevo e uscendo poi in modo piuttosto netto con i quotati avversari kazaki dell’Astana. 

Anche le altre due squadre bielorusse che avevano acquisito il diritto di partecipare alla fase di qualificazione non hanno avuto miglior fortuna: lo Shakhter Soligorsk ha preso 5 gol a Torino da Belotti e dai difensori granata in vena realizzativa, mentre il FK Vitebsk è stato eliminato addirittura al primo turno dai finlandesi del KuPS.

LA COPPA NAZIONALE

In Bielorussia si disputa anche la coppa nazionale, la c.d. Kubok. Il torneo ha 4 turni prima della finalissima. Si inizia con il primo turno con dodici squadre in gara unica: le sei qualificate raggiungono le dieci della Vyscha Liga che partono direttamente dal secondo turno. Le partite del terzo turno, i quarti di finale, si giocano al meglio dei 180 minuti; anche le semifinali si disputano con gare di andata e ritorno. La vincente della Kubok, nel 2019 lo Shakhter Soligorsk sfida i campioni di Bielorussia nella Supercoppa di Minsk!

Segui tutto il calcio bielorusso con le scommesse calcio di 888sport!

 

I tifosi della Torpedo Zhodino!

 

*Le foto dell'articolo, tutte distribuite dall'agenzia AP Photo sono state scattate, nell'ordine di pubblicazione da Sergei Grits, Martin Meissner ed ancora da Sergei Grits. 

 
April 9, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Francesco Acerbi e quel folle desiderio di esserci sempre!

Tra le statistiche che ci tengono compagnia in questo periodo senza calcio, una delle più interessanti riguarda quello stakanovista indefesso che risponde al nome di Francesco Acerbi. Il sito The Korner – che di statistiche è specializzato - ha calcolato che dal 2015 a oggi, il difensore della Lazio e della Nazionale ha giocato addirittura il 95,8% dei minuti in Serie A!

Uno score spaventoso, da vero highlander: neanche i portieri ormai riescono a disputare così tante partite. Si tratta di 5 campionati, ma Acerbi non si è quasi mai fermato neanche nelle Coppe, prima con il Sassuolo e poi con la Lazio. E infatti ha “rischiato” di battere il mitico record di Javier Zanetti, storico capitano interista: 162 partite consecutive in tutte le competizioni con il proprio club. Acerbi è arrivato a 149 gare, un numero comunque impressionante: di queste, 126 in Serie A.

Quando fu espulso dall’arbitro Rocchi a Napoli, tra l’altro ingiustamente (doppia ammonizione, ma nel secondo intervento aveva colpito la palla), nella sfida del 20 gennaio 2019, per il difensore lombardo fu uno shock. Aveva fatto di tutto per centrare l’obiettivo, giocando spesso in condizioni precarie e anche partite ininfluenti di Europa League. Simone Inzaghi ha sempre rispettato questo suo desiderio, d’altronde Acerbi è pedina fondamentale per la Lazio che non è più solo una outsider per lo scudetto, per le scommesse e quote Serie A. Sia che giochi nel suo ruolo naturale, al centro, oppure da stopper di sinistra, dove si diverte perfino di più perché libero di avanzare.

Appena arrivato, nell’estate 2018 (fa impressione, ora, pensare che non ci fosse nessuno ad accoglierlo alla Stazione Termini, era solo con il suo zainetto…), si è subito inserito nello spogliatoio e negli schemi della squadra biancoceleste, diventando il leader della difesa a 3. Quest’anno, oltre a quello di carambola nel derby, ha anche segnato un gol straordinario, con un siluro quasi da metà campo, contro il Torino all’Olimpico.

Inevitabilmente, visto il suo rendimento, a 30 anni suonati (ora ne ha 32, compiuti a febbraio) è tornato in azzurro e ha tolto il posto a Romagnoli, sorprendendo con prestazioni di altissimo livello il ct Mancini.

LA TRASFORMAZIONE

La sua scommessa con il calcio, cioè esserci sempre, è partita dopo la vittoria più importante, contro il tumore al testicolo che gli fu diagnosticato nel 2013. “La malattia mi ha salvato”, ha dichiarato recentemente, con riferimento alla vita non proprio da atleta che conduceva prima della tremenda esperienza. È stato il punto di svolta: alla fine di quel percorso complicato, è nata una persona diversa, un calciatore nuovo. Il calcio è diventato il centro della sua vita, ha iniziato a curare fisico e alimentazione come non aveva mai fatto.

Si cucina da solo – è abbastanza bravo - nella sua casa romana: “Mangio sano e lineare”, ha raccontato a Repubblica. Un menù in cui alterna riso e pasta, poi bresaola, carne, tonno e verdure, patate lesse, uvetta e noci, difficile che sgarri. Si concede il sushi ogni tanto, la sera, davanti alla tv, guardando film e snooker. Il calcio no, non lo guarda: preferisce giocarlo. E si allena tanto, anche in questo periodo senza campionato: due ore la mattina e due ore il pomeriggio, con l’intensità giusta. “A casa ho tutto quello che mi serve per tenermi in forma”, ha detto. Dai pesi agli elastici, dalla bike alla fit ball.

Sta lavorando in particolare per rafforzare il polpaccio, che in questo campionato lo ha costretto – udite udite! – a saltare ben due partite. Sarebbe rientrato con l’Atalanta, ma è arrivato lo stop alla serie A. L’anno perfetto, dal punto di vista delle presenze, è stato l’ultimo con il Sassuolo: 100% dei minuti in campo, nella Serie A 2017-’18, prima di trasferirsi alla Lazio per 10 milioni più 2 di bonus. Firmò un contratto quinquennale da 1,8 milioni netti a stagione più bonus e presto tratterà il rinnovo con aumento dell’ingaggio: ha cambiato procuratore, si è affidato a Federico Pastorello.

Nel primo campionato con la Lazio, Acerbi è arrivato a giocare il 96,7% dei minuti: una sola gara saltata, contro la Juve dopo quella espulsione a Napoli. Le altre percentuali dal 2015: 94,7 nel 2015-’16, 97,3 nel 2016-’17, 90,4 invece in questa travagliata Serie A. “Il calcio è lo sport più bello del mondo, mi manca, spero che si potrà riprendere presto a giocare”. Appena succederà, ripartirà la scommessa del Leone, come lo chiamano tifosi, compagni e in particolare il suo grande amico Immobile: esserci sempre. 

*La foto di apertura dell'articolo è di Gregorio Borgia (AP Photo).

April 9, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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Lorenzo Daretti: “Alla Yamaha sto vivendo un sogno! Qui la differenza la fa il pilota”


Lorenzo Daretti, meglio conosciuto con il suo nickname di Trastevere73, è stato il primo pilota ufficiale di una scuderia nel Mondiale MotoGP eSport: dopo due titoli mondiali, conquistati nel 2017 e nel 2018, il ventenne romano è stato infatti ingaggiato dalla Yamaha. Lo abbiamo intervistato in esclusiva sul blog italiano di 888sport.


Come sei passato da giocare coi videogame a diventare pilota ufficiale Yamaha?
“Tutto è iniziato dopo la conquista del secondo titolo iridato: non dimenticherò mai quel fine settimana dentro il paddock, quando il marketing manager di Yamaha mi inseguì e mi disse di aspettare ad accettare qualsiasi offerta per l’anno successivo, da parte di altri team, perché avrei potuto iniziare una partnership con loro. Per me è stato un sogno. Il secondo campionato mondiale l’ho vinto con un altro team eSport, ma entrare a far parte del mondo della MotoGP con il vero team del motomondiale è un’altra storia: altre sensazioni, altre esperienze. Bellissimo!”

 

Come si diventa campione del mondo MotoGP eSport?
“Sicuramente ci vogliono molta passione e dedizione, devi essere sempre pronto a rialzarti, anche nei momenti difficili. Non devi mai sottovalutare i tuoi avversari e, soprattutto, è fondamentale credere in te stesso, essere consapevole di potercela fare e di essere il più forte. Nello stesso tempo, però, è importante rimanere umile. Vincere è molto difficile, perché siamo tutti quanti vicinissimi con i tempi in pista.

Quello che fa la differenza sono le piccole cose, come gestire la pressione durante la gara, durante il live con tutte le persone che ti guardano e le telecamere. È un’esperienza molto bella, ma ci vuole bravura a gestirla”.

Ci racconti com'è il mondo virtuale della MotoGP?
“È molto bello: è stato fatto un lavoro eccezionale da Dorna e dalla MotoGP eSport che l’hanno fatto crescere tanto in pochi anni. Nel primo anno  di gare, si disputavano semifinale e finale a Valencia, con una gara secca; adesso, quattro anni dopo, avremmo dovuto disputare otto gare a punteggio, spostandoci in diverse tappe,  seguendo la vera MotoGP. Ora è tutto più difficile, è saltata la gara al Mugello, ma speriamo di riprenderci il prima possibile. Sto affrontando questa esperienza con gli occhi di un bambino che vive per la prima volta il suo sogno.

Inoltre, nelle gare virtuali di ESports abbiamo tutti una moto con le stesse prestazioni, a differenza da quanto accade nella MotoGP: cambiano solamente le case che ci sponsorizzano, dalla Yamaha, alla Honda, alla Suzuki, e il settaggio che ogni pilota può fare a livello di sospensioni, forcella e marce. Diventa, quindi, fondamentale trovare il setup giusto per ogni pista e, per farlo, ci vogliono dedizione e pazienza. Qui la differenza la fa il pilota e non la moto”. vero e solo pilota e non anche la moto”

Che rapporto hai con la moto vera?
“La mia passione nasce proprio dalle due ruote. A 5 anni andavo già sulle minimoto, poi ho avuto un incidente, mi sono un po’ traumatizzato e ho deciso di dedicarmi alla guida virtuale, anche perché per poter fare una carriera da pilota serve avere un budget molto elevato. Possiedo una Yamaha R6 con cui vado a girare in pista: oltretutto, ho vinto una R3 perché sono arrivato secondo nello scorso campionato, a due soli punti dal vincitore AndrewZh e spero di poterla presto ritirare”.

 

Come ti trovi con i piloti e lo staff della scuderia Yamaha? Com’è conoscere di persona Valentino Rossi?
“La scuderia Yamaha è il top, il massimo che si possa chiedere. È una bellissima famiglia: c’è molto rispetto reciproco, le persone sono divertenti, solari, lo staff è molto simpatico e si lavora duro sempre. Ho un bel rapporto con i piloti: vedere Valentino Rossi e Maverick Viñales dentro l’hospitality, vestiti con la mia stessa maglietta, mi ha fatto un effetto indimenticabile, che porterò sempre nel mio cuore.

Valentino è un ragazzo fantastico: è molto umile, si mette a tua disposizione: lui ha un mare di fan che gli rendono la vita non facilissima, soprattutto nei weekend di gara, ma in quei pochi momenti liberi che ha, abbiamo avuto l’occasione di farci una chiacchierata e di giocare insieme alla Playstation. Maverick è un ragazzo d’oro, un vero professionista: preciso e metodico (forse anche troppo) in quello che fa, a partire dalla dieta e dagli orari, ha un enorme talento ed è molto simpatico.

E poi arriviamo a Lin Jarvis, il managing director Yamaha, con il quale sono riuscito a girare in moto nel circuito di Modena per la Mastercup: la passione per le moto e i motori gli viene da dentro”.

È vero che hai aiutato Viñales e Quartararo con il setup per lo StayathomeGP?
“Sì, è vero. Secondo me, questa serie di gare virtuali è un modo bello per tenerci insieme in questo momento, per tenere sempre allenati e alta la motivazione dei piloti che hanno bisogno di stare sempre in competizione. Non gli ho dato solamente indicazioni sul setup, ma anche delle dritte su come affrontare qualche curva: loro conoscono i circuiti meglio di me, ma sono leggermente diversi i punti di staccata e si può aprire il gas un po’ prima. Tutto è più veloce, più rapido. Io non devo insegnar loro niente, ma aiutarli a migliorare step by step è stato molto bello”.

Il prossimo mondiale eSport MotoGP come lo vedi?
“La prima gara, prevista al Mugello, è stata rinviata: speriamo di avere notizie il prima possibile su quando inizieranno le gare. Ogni anno la competizione diventa più elevata, ci sono sempre più giovani pronti all’attacco: il vincitore, probabilmente, sarà un italiano o uno spagnolo. 

Segui le scommesse motori con 888sport!

Quanto guadagna un pilota virtuale? Può diventare un lavoro per te? 
“Uno stipendio normale. È un mondo molto selettivo, in cui solamente in questo momento di forte crescita chi vince riesce veramente a sfondare. Ci guadagniamo più in divertimento ed esperienze che in denaro. Per me che sono, comunque, un pilota Yamaha con un contratto, è diventato un vero e proprio lavoro. Ma, ovviamente, non potrà essere il lavoro della mia vita: per adesso sono fortunato a trovarmi qui e potermi mantenere da solo; ma, per il futuro, è meglio crearsi un piano b. Per questo, seguendo le indicazioni di mia madre, sto studiando scienze della comunicazione”.

La tua giornata tipo? Ho letto di 5 ore di allenamento quotidiano con lavoro sulla moto. 
“La giornata tipo dipende molto dal periodo. In queste settimana sono molto richiesto per dirette, conferenze e molti video per Yamaha. Quando devo giocare e mi devo preparare, prima di una gara sui due determinati circuiti di ciascuna tappa del Mondiale, lavoro due ore e mezzo la mattina e altre due o tre nel pomeriggio: non devi giocare troppo perché, altrimenti, rischi di andare in overtraining e andare a peggiorare la tua concentrazione al momento della gara.

Devi riuscire a non bruciarti. Passo anche giornate senza giocare: quando sono in break, mi piace anche giocare a giochi di diverso tipo: mi piacciono molto le storie di avventura che ti fanno sentire in un film. Sono sempre stato uno sportivo, quindi quattro o cinque volte a settimana svolgo anche un allenamento atletico”.

Ultima domanda. Consigli per ragazzi che vogliono tentare questa strada?
“Prima di tutto, scaricate il gioco e provateci: non costa nulla, l’accesso è gratuito per tutti. È importante avere la volontà di mettersi a confronto con il mondo, con i propri tempi, per cercare di levare quel millesimo di secondo: la voglia di competizione e di essere il primo fra tutti è il motore che mi spinge ancora ad andare avanti. Ci vogliono tanta dedizione, passione e pazienza: non buttarsi giù nei momenti più difficili.

Io li ho passati e superati a testa bassa, cercando di capire dove avevo sbagliato e  tornando con più grinta e un approccio diverso. La consapevolezza di essere forti è anche una bella chiave. Io vi saluto tanto ragazzi, un abbraccio e non provateci in troppi perché diventerà sempre più difficile! Scherzo, fatelo perché è molto molto divertente. Ciao!”

*Foto di John Locher (AP Photo).

April 8, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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Napoli, gli azzurri più incisivi nelle notti europee

Una delle squadre che più è cresciuta nel corso dell’ultimo decennio è il Napoli. Una realtà ricostruita dopo il fallimento del 2004, anno in cui è partita la rifondazione, capeggiata dall’attuale presidente azzurro Aurelio De Laurentiis.
Una crescita graduale ed esponenziale che ha portato il club partenopeo stabilmente nelle zone alte delle classifiche della Serie A e non solo.

L’aspetto più importante è rappresentato proprio dalla crescita in campo internazionale.
Da ben dieci anni, infatti, il Napoli è presente stabilmente nelle coppe europee ed è diventato un 'habituè' del calcio continentale.
Un fattore che ha inciso in modo determinante nella crescita economica e, di conseguenza, dell’organico; tanti sono i campioni che hanno vestito la maglia azzurra e che hanno regalato alla tifoseria notti indimenticabili. 

In totale le presenze europee del Napoli sono di 34 stagioni tra Coppa delle Coppe, Coppa delle Fiere e quelle che oggi sono Champions League ed Europa League (ex Coppa dei Campioni e Coppa UEFA).

Non si può non ricordare la Coppa UEFA ‘88 - ‘89, probabilmente l'edizione più competitiva ed emozionante della storia del torneo, portata a casa negli anni d'oro di Maradona all’ombra del Vesuvio.

Grande trascinatore di quella vittoria, l’unica in ambito europeo per i napoletani, fu senza dubbio Antonio Careca. Con le sue sei reti, l’attaccante brasiliano segnò gol pesanti e decisivi: tra tutti, i due (tra andata e ritorno) nelle semifinali contro il Bayern Monaco e le altrettante marcature messe a segno nelle due finali contro lo Stoccarda.

Anni d’oro a cui - come ormai noto - è seguito un periodo non proprio roseo, caratterizzato da poche note liete anche in campo europeo.

Indimenticabile è stata la notte in cui il Napoli, nella medesima competizione, nel ‘92 - ‘93, sbancò Valencia per 5-1, con Fonseca che si rese protagonista di tutte le marcature del match per la squadra dell’allora tecnico Claudio Ranieri.

Un periodo in chiaroscuro, poi sfociato negli anni bui delle aule di tribunale del 2004.

Effettivamente la storia europea del Napoli si è delineata soprattutto negli ultimi anni, con calciatori che hanno riscritto le varie classifiche di record individuali. 

I GOLEADOR EUROPEI

Basti pensare che il miglior cannoniere europeo della storia del Napoli, ad oggi, è Dries Mertens, autore di 26 reti in 65 presenze, oltre che record-man assoluto della classifica marcatori all-time dei partenopei.

Record, quest’ultimo, condiviso con Marek Hamsik che, in campo internazionale, risulta essere l’azzurro più presente: 80 le volte in cui è sceso in campo, realizzando ben 16 reti. Tra esse spiccano marcature pesanti come quella contro il Besiktas, nella Champions 2016-17, che consentì alla squadra di giocarsi gli ottavi di finale contro il Real Madrid. Così come le doppietta messa a segno contro il Wolfsburg, nella vittoriosa trasferta dei quarti di finale di andata dell’Europa League 2014-15. 

Tanti i compagni di squadra del centrocampista che hanno segnato momenti indelebili nella mente e nei cuori azzurri.

La menzione è d’obbligo per Edinson Cavani: il Matador ha totalizzato 19 reti europee. Tra le quali spicca la doppietta nella prestigiosa vittoria al San Paolo per 2-1 contro il Manchester City, nell’edizione della Champions, edizione in cui gli azzurri si giocarono gli ottavi contro il Chelsea. In quell'occasione, i partenopei passarono in vantaggio nel doppio confronto nel match di andata per 3-1: a segno lo stesso bomber uruguaiano ed una doppietta di un certo Ezequiel Lavezzi.

L’argentino è un altro calciatore che, senza se e senza ma, ha lasciato il segno in quelle che si possono definire le prime esperienze europee del ‘nuovo Napoli’. 

Da un argentino ad un altro, sicuramente più goleador del Pocho: trattasi di Gonzalo Higuaín. L’ex numero 9 azzurro ha soltanto sfiorato la finale di Europa League nel 2014-15. Nell’anno precedente, il Pipita fu protagonista dell’annata in Champions che vide i partenopei non passare il turno nonostante i 12 punti, totalizzati a pari merito nel girone di Arsenal e Borussia Dortmund. Per lui, 15 reti in totale.

Numero di reti identico allo score europeo di Lorenzo Insigne. Molti suoi gol sono stati di estrema fattura, come quello su punizione contro il Borussia Dortmund nella vittoria tra le mura amiche per 2-1. Oppure quello in apertura di match al Bernabeu, nella partita di andata degli ottavi di Champions nel 2017 (match poi conclusosi sul 3-1 a favore dei madrileni).

Tutte serate che, in qualche modo, sono diventate quasi "naturali" per il Napoli, tra gioie e cocenti delusioni, alle quali, però, non ci si abituerà mai. Proprio grazie a queste prestazioni, gli azzurri sono tra gli invitati fissi anche nelle amichevoli estive più remunerative: segui le quote e le scommesse sulla International Champions Cup

La speranza dei supporters azzurri non può che essere di continuare a vivere esperienze del genere. Magari con tanti altri campioni pronti ad incantare la platea e superare altri record - Le Bombe Di Vlad

*La foto di apertura dell'articolo è di Andrew Medichini (AP Photo).

April 8, 2020
888sport
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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Il modello Italia che piace!


Tra i molti rimpianti in ambito sportivo di queste settimane, l’impossibilità di soddisfare una curiosità che solleticava davvero tanto il nostro spirito di appassionati di calcio: la giovane Italia di Mancini sarebbe riuscita a giocare un grande Europeo, come le strepitose premesse – il girone di qualificazione dominato vincendo tutte le 10 partite – avevano fatto immaginare?

La competizione continentale è stata rinviata al 2021, giustamente, e allora non resta che aspettare per rispondere alla domanda. Nel frattempo, però, va elogiato lo straordinario lavoro che ha permesso a Mancini di risollevare una Nazionale caduta nella più profonda depressione dopo l’esclusione dal Mondiale 2018, uno shock per l’intero movimento calcistico italiano.

Il ct scelto come erede di Ventura ha saputo riportare entusiasmo anche tra i tifosi, ricucendo uno strappo affettivo che sembrava definitivo. Non a caso, i numeri – audience e share – delle gare di qualificazione all’Europeo trasmesse dalla Rai sono stati assolutamente confortanti. L’amore è tornato. Perché Mancini ha puntato sulla combinazione vincente: giovani e gioco. Il fattore G, si direbbe. Una vera rivoluzione, la sua, decisa con coraggio e portata avanti con assoluta determinazione. Arrivare al risultato attraverso il possesso della palla e il bel calcio, con una mentalità offensiva che avevamo perso.

“Divertitevi!”. Così Mancini, rivolto ai suoi giocatori, ha sempre concluso l’ultima riunione tecnica, quella che avviene nello spogliatoio pochi minuti prima di uscire sul campo per riscaldarsi. Lo faceva ai tempi della Lazio, quando guidò la squadra biancoceleste alla vittoria in Coppa Italia nel 2004, e lo fa adesso che allena la Nazionale, il suo sogno fin da bambino. Divertitevi, sì. Per questo vuole che gli azzurri abbiano sempre la palla tra i piedi, che siano loro a dominare il gioco, con l’obiettivo di far male all’avversario.

Come sempre nella sua filosofia, assolutamente centrale è la tecnica pura. Nelle scelte di Mancini, i giocatori tecnici avranno sempre la preferenza, a prescindere dal ruolo. Non pretende che i propri allievi abbiano le sue doti da fuoriclasse (ovviamente pensa che sarebbe l’ideale…), ma neanche può ammettere che un calciatore della nazionale sbagli uno stop o un passaggio agevole. Per questo ama uno come Marco Verratti, incredibilmente poco valorizzato da Ventura: appena diventato ct, Mancini lo ha piazzato al centro del nuovo progetto tecnico.

AL POTERE LA FANTASIA

Il genietto del Psg, schierato mezzala ma libero di andare dove vuole, ha il compito di creare la giocata vincente. La fantasia al potere, di nuovo. Il ragazzo ex Pescara è la punta di diamante di un centrocampo leggero ma che risponde perfettamente alle esigenze dell’esteta di Jesi (che non a caso chiamavo l’Artista quando giocava – dava spettacolo e ordini - nella Lazio di Eriksson): il sarriano Jorginho regista, con Verratti e Barella ai lati. Ecco, Barella è un altro dei suoi pupilli. Ci ha creduto fin da subito, perché ha una personalità fuori dal comune.

Quella lo ha colpito dal primo giorno: già dall’esordio in azzurro, contro l’Ucraina a Genova, l’interista (all’epoca al Cagliari) ha giocato come se si trovasse nel cortile di casa sua. Perfettamente a proprio agio. E invece era il debutto in Nazionale. Una cosa che ha impressionato Mancini, che da quel momento lo ha promosso titolare.

Proprio quella partita, contro l’Ucraina a Genova del 10 ottobre 2018, nonostante sia finita con un pareggio (1-1), ha rappresentato la svolta della gestione Mancini. Perché, nel secondo tempo, si è vista una Nazionale bella e coraggiosa, capace con i suoi fraseggi stretti di tenere sempre la palla tra i piedi e nello stesso tempo di creare tante palle gol. Sempre proiettata all’attacco. Immediato, poi, il recupero del pallone, con un pressing aggressivo, seguendo la scuola di Guardiola e di Sarri.

Infatti il modulo è il 4-3-3, con ali veloci e tecniche come Chiesa e Insigne. Il primo, figlio del suo amico Enrico, è tra i giocatori preferiti in assoluto da Mancini, che gli ha dato fiducia anche nei momenti peggiori di questa travagliata stagione. Tra gli attaccanti esterni c’è Zaniolo, che il ct convocò quando ancora non aveva debuttato in Serie A: il rinvio dell’Europeo gli permetterà di recuperare dall’infortunio al crociato, quindi potrà diventare l’arma in più per la squadra azzurra.

Per il ruolo di centravanti continuerà il duello tra Immobile e Belotti, con Balotelli come terzo incomodo: Mancini ha un debole per Super Mario, è stato l’allenatore che lo ha fatto rendere al meglio (con Prandelli), sarà sempre disposto a concedergli una chance. Ma Balotelli dovrà meritarla sul campo, ovvio: anche quest’anno non ci è riuscito. Al momento quindi il favorito resta Immobile, che sta cercando di adeguarsi al gioco della Nazionale, totalmente diverso da quello della sua Lazio, dove segna gol a grappoli.

TANTE OPZIONI VALIDE

A centrocampo, oltre i tre titolari, il ct stima molto Lorenzo Pellegrini, in particolare per la sua capacità di inserirsi in area con i tempi giusti, e Sensi per la tecnica e la visione di gioco. Poi sta seguendo con grande attenzione il talento Tonali, considerato il nuovo Pirlo, e i progressi di Castrovilli, autore di una grande stagione con la Fiorentina. In difesa, Acerbi ha scalzato Romagnoli grazie alla continuità di rendimento ad alti livelli (e ha sorpreso il commissario tecnico), ma la coppia titolare resta Bonucci-Chiellini.

La porta è di Donnarumma, mentre sulle fasce Florenzi a destra ed Emerson Palmieri a sinistra dovranno guardarsi dalla concorrenza dei vari Spinazzola, Biraghi, De Sciglio e soprattutto Di Lorenzo.

Come si nota, non esiste più il famoso blocco Juve: Mancini ha messo insieme nel modo migliore giocatori di tante squadre, riuscendo a battere record storici come quello di Pozzo. Il ct di Jesi è arrivato a 11 vittorie consecutive, di cui 10 nel girone di qualificazione. Mai nessuno aveva vinto tutte le gare di un girone di qualificazione alla guida della nazionale italiana (imbattuta da 40 gare di qualificazione agli Europei, addirittura). Ha rifilato nove gol all’Armenia (solo altre 2 volte nella storia l’Italia aveva segnato 9 reti), mandando in gol 7 giocatori diversi.

Ha vinto 13 delle 19 gare da ct, eguagliando Arrigo Sacchi. Con questi numeri, oggettivamente difficili da pronosticare ad inizio 2018 anche per le scommesse calcio, gli azzurri andavano ad affrontare un Europeo da protagonisti, con la possibilità di giocare a Roma le gare del girone eliminatorio, contro Turchia, Svizzera e Bosnia.

Tutto rinviato di un anno, ma il Mancio saprà ribaltare la sfortunata situazione a proprio favore: avrà più tempo per oliare i meccanismi della squadra, recupererà Zaniolo e forse avrà l’occasione di inserire qualche nuovo talento, magari nei ruoli dove l’Italia è meno forte, come i difensori di fascia. Di sicuro per Mancini non cambierà l’obiettivo: giocare all’attacco e vincere.

*La foto di apertura dell'articolo è di Paul White (AP Photo).

 

April 7, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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La Vysshaya bielorussa e gli altri campionati in corso

"Fare la sauna, bere tanta vodka e lavorare molto". Queste le parole, che unite hanno costituito il messaggio inaugurale, della stagione 2020 della Vysshaya Liga, il massimo campionato bielorusso. A pronunciarle, neanche a dirlo, il presidente autocrate Lukashenko, in carica dal 1994 praticamente da quando Minsk ha ottenuto l'indipendenza da Mosca (il 26 dicembre 1991). Uno staccamento al cordone ombelicale del Cremlino mai del tutto avvenuto, essendo lo stato più strettamente legato alle vicende di casa Putin.

La Vysshaya Liga ha raggiunto la terza giornata e si continua a giocare e a porte aperte. Nonostante, da Brest a Vitebsk, siano stati proprio gli stessi gruppi ultras ad aver chiesto al governo di rivedere alcuni concetti, se non addirittura di valutare la chiusura degli stadi e del torneo, come avvenuto nel resto dell'Europa.

Chi ha dato un'occhiata ai match della Vysshaya Liga in streaming, avrà senz'altro notato gli enormi vuoti degli impianti del Paese rossoverde. In Bielorussia, infatti, i soldi per i biglietti delle partite generalmente non ci sono, la povertà è tuttora dilagante e, specie nelle zone al di fuori della capitale, si continua a pensare a come sbarcare il lunario economicamente e, in alcuni casi, a come mettere insieme il pranzo con la cena.

VODKA, SAUNA E GHIACCIO: LA SFRONTATEZZA DELLO SPORT BIELORUSSO

Detto questo, per chi ne "mastica" di calcio post sovietico, a proposito, ci permettiamo, per gli amanti del genere di consigliare vivamente l'esauriente gruppo facebook (post)-soviet football(gruppo), segnaliamo la vetta a sorpresa, a quota 9 punti, di un club giovane come l'Energetik-BGU di Minsk, squadra che normalmente lotta per una faticosa salvezza, come quella colta nell'ultima stagione. Una formazione, che fa la spesa nelle repubbliche asiatiche dell'ex Urss (coi centrocampisti uzbechi Jasurbek Yaxshiboyev e Shokhboz Umarov, insieme all'attaccante tagico Muhammadjon Loiqov), ma che sa anche stupire con un mercato straniero che strizza l'occhio al continente africano.

E, in questo senso, non ci stupiremmo di vedere sbocciare in altri paesi, gli interessanti David Tweh (centrocampista della nazionale liberiana, classe 1998) e l'attaccante camerunense Junior Atemengue ('95). Tutto questo dopo che, nella passata stagione (che, lo ricordiamo, da queste parti segue ancora l'anno solare), ha visto abdicare il ricchissimo (per gli standard locali) BATE Borisov dopo la bellezza di 13 titoli consecutivi, a favore della rediviva Dinamo Brest. Ancor prima l'ultima squadra diversa dal BATE a vincere il campionato bielorusso, fu lo Shakhter Soligorsk, avversario del Torino nei preliminari di Europa League 2019-2020.

DOVE ALTRO SI GIOCA

L'esempio della Bielorussia viene emulato, in giro per il mondo, da Nicaragua, Burundi e... Tagikistan, altra repubblica dell'ex Unione Sovietica, che nell'ultimo weekend è partita con la prima giornata di campionato, oltre ad assegnare la Supercoppa nazionale (sabato) con la vittorie per 2-1 dell'Istiqlol Dushanbe sul Khujand.

Nel frattempo, il presidente bielorusso Lukashenko, si fa fotografare mentre gioca a hockey, grande passione locale, che ha visto - proprio nel weekend appena trascorso - il trionfo dello Yunost Minsk al cospetto dello Shakhter Soligorsk, 4-1 nella serie della finale playoff di Extraleague. "Questo è un frigorifero - ha detto Lukashenko alla televisione di stato Btrc -. Gli sport, specialmente quelli sul ghiaccio, sono la migliore medicina". E intanto, perfino "mamma Mosca" ha chiuso le frontiere con Minsk... 

*La foto di apertura dell'articolo è di Sergei Grits (AP Photo).

April 6, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Una squadra senza stranieri, ma con giocatori italiani di carattere e personalità!

C’era una volta un calcio tricolore con le rose delle squadre di Serie A separate da una tanto sottile quanto importante linea distintiva. Italiani e stranieri. E tutte quante si dilettano nella scelta del calciatore esotico, con risultati molto diversi. E per un Platini, un Van Basten o un Matthäus arrivano anche i Luis Silvio, gli Aaltonen e i Maradona….Hugo. Solo una squadra, nel corso degli anni, ha resistito all’influsso degli stranieri del calcio italiano. E lo ha fatto diventando un mito, quello dell’ItalPiacenza.

Una squadra di Serie A che non acquista calciatori stranieri. O meglio, che si affida solamente a giocatori italiani. L’idea del presidente Leonardo Garilli, che porta la società emiliana nella massima serie nell’ormai lontano 1993 è affascinante, ma di difficile realizzazione. Se non altro perché all’epoca gli stranieri rappresentavano il vero valore aggiunto di una squadra. Ma questo non ferma il presidentissimo e il suo primo rappresentante in panchina, Gigi Cagni.

 

Nella rosa che fa il suo esordio il 29 agosto 1993 (con un pesante 0-3 casalingo subito dal Torino) ci sono nomi che faranno la storia del calcio italiano, destinati, a modo loro, a lasciare un segno nella leggenda del campionato italiano. Il portiere Massimo Taibi gioca tutte le partite, mentre il bomber è Giampietro Piovani con 6 reti. Non bastano per la salvezza, perché il Piacenza retrocede, arrivando quindicesimo a 30 punti, ma giocandosela fino alla fine. E a 31 c’è l’Inter di Bergkamp, Shalimov, Pancev, Ruben Sosa e Jonk. Allora forse questi stranieri in Italy non servono poi troppo, chiosano divertiti in Emilia.


La stagione successiva, in Serie B, è trionfale. Cagni, alla sua quinta stagione alla guida del club, centra la seconda promozione in tre anni e lo fa dominando il primo campionato dei tre punti, tornando in A dalla porta principale. Il tutto anche grazie ai gol di un ragazzo nato e cresciuto a Piacenza, che ha un fiuto del gol davvero incredibile. Filippo Inzaghi torna dal prestito al Verona e trascina la squadra della sua città al ritorno sul palcoscenico più importante. Per lui e per Piovani 15 marcature ciascuno in campionato. E il mito dell’ItalPiacenza può tornare ad essere raccontato in Serie A.


Nell’estate 1995 il Milan fa un mercato da Pallone d’Oro: porta nel nostro campionato Weah e si compra Roby Baggio. Il Piacenza risponde a modo suo, innestando in rosa altri calciatori destinati a lasciare il segno. Dalla Lucchese arriva Eusebio Di Francesco, mentre dall’Ancona, per il reparto offensivo già orfano di Inzaghi, finito a Parma, c’è Caccia. Per un po’ di fosforo a centrocampo, il genio di Eugenio Corini. La formula stavolta funziona alla perfezione, perché il Piacenza raccoglie i frutti dell’ottima programmazione: salvezza anche abbastanza agevole, quattordicesimo posto con 5 punti di vantaggio sul Bari quintultimo.

PIACENZA - MILAN 3-2

La stagione dopo va ancora molto bene, anche se a Piacenza c’è un mezzo terremoto: va via Cagni, sostituito da Bortolo Mutti, e parte della squadra viene smantellata: arriva Pasquale Luiso. Il Toro di Sora è protagonista assoluto il 1 dicembre 1996, quando al Galleana arriva il Milan di Tabarez. Finisce 3-2 per i padroni di casa, con l’ultimo e decisivo gol realizzato dall’attaccante in rovesciata acrobatica. Per il Maestro è il momento dell’esonero, per i biancorossi è quello della felicità. Quello delle lacrime arriverà un mese dopo, quando il 30 dicembre si spegne il presidentissimo Garilli.

 

Lo sostituisce suo figlio Stefano, ma il nome di Leonardo resta per sempre, visto che gli viene intitolato lo stadio. La spinta emotiva dell’addio al numero uno è fondamentale nella rincorsa alla salvezza, che arriva in uno spareggio contro il Cagliari, vinto per 3-1.


Nella stagione 1997/98 l’annata è altalenante. Agli ordini di Vincenzo Guerini, il Piacenza fa il suo miglior piazzamento di sempre, un tredicesimo posto. E poco importa che i tre capocannonieri del club in Serie A, Piovani, Dionigi e Murgita, facciano appena cinque gol ciascuno, con Dionigi a lungo fermo per infortunio. La squadra inizia malissimo, ma pian piano risale la china fino ad assicurarsi la terza permanenza consecutiva nella massima serie, vincendo all’ultima giornata contro il Lecce per 3-1. Quell’anno, poi, al Piacenza arriva…un russo. Pietro Vierchowod, svincolato dal Milan, scommette sui biancorossi per allungare la sua carriera. Funziona, perché chiuderà proprio con il Piacenza addirittura nel 2000, a 41 anni.


Nel 1998/99 il copione non cambia di una virgola, anche se i protagonisti sono diversi. In panchina c’è Giuseppe Materazzi, mentre in campo brillano altre stelle. Quella di Giovanni Stroppa, arrivato un anno prima, e quella di un altro Inzaghi, Simone. Dopo parecchi prestiti, l’attaccante segue le orme del fratello Pippo e si laurea capocannoniere stagionale del Piacenza con 12 reti in Serie A. Anche stavolta la salvezza arriva però all’ultima giornata, con un pareggio contro la Salernitana che permette agli emiliani di mantenere la categoria e che costringe i campani alla retrocessione.


Il sogno però si interrompe nella stagione che porta al nuovo millennio. Il Piacenza cambia tanto, forse molto, a partire dall’allenatore. I biancorossi si affidano a Gigi Simoni, che però non porta risultati. I calciatori impiegati sono tantissimi, ma nessuno riesce a impedire una retrocessione che puntuale arriva con l’ultimo posto in campionato. La nota positiva è l’esordio di un altro centravanti che sarà in grado di diventare campione del mondo, Alberto Gilardino. 

Il colpo di coda arriva l’anno dopo, con il grande ritorno di Caccia e Novellino in panchina. In B il Piacenza arriva secondo, riconquistando la A dopo appena dodici mesi. Ma è la fine di un’era. Nell’estate 2001 termina l’esperienza dell’ItalPiacenza, con l’acquisto dei brasiliani Amauri e Matuzalem e del rumeno Pătrașcu. Il bomber però sarà l’italianissimo Dario Hübner, che con 24 reti vince anche la classifica cannonieri. Come ennesima dimostrazione che, in fondo, gli stranieri non servivano poi a molto. Almeno a Piacenza!

Segui il campionato con le scommesse Serie A di 888sport!

*La foto di apertura dell'articolo è di Maurizio Spreafico (AP Photo).

April 6, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Club dei 100: Giampiero Pinzi!

A volte per scoprire se stessi è necessario allontanarsi dalle proprie radici e trovare un posto nuovo dove metterle. Succede anche nel calcio, dando vita a storie che suonano incredibili. Come quella di Luigi Riva da Leggiuno, Varese, che si ritrova a Cagliari quasi controvoglia e che ora è il simbolo di una squadra, se non di una regione intera. E quindi accade anche che un ragazzo nato a Centocelle, cresciuto a pane, pallone e Lazio, si ritrovi a diventare la bandiera dell’Udinese. Lontano da Roma, lontanissimo da quella maglia biancoceleste che ha nel cuore.

Eppure così vicino alla sua nuova casa, che non ha abbandonato neanche quando ha appeso gli scarpini al chiodo. Giampiero Pinzi ora è bianconero, dentro e fuori. Normale, quando in diciannove anni di professionismo, tredici sono stati trascorsi in Friuli. Per lui con la “sua” Lazio appena quattro partite, contro le 355 con la maglia della squadra friulana. Il che lo rende terzo nella classifica di presenze con il club, dietro a due altri mostri sacri come Totò Di Natale (446) e Valerio Bertotto (404).


Una storia nata per caso e che ricorda un po’ quella di un quasi coetaneo. Classe 1981 Pinzi, 1979 per Daniele Conti. Entrambi sedotti e abbandonati dalla squadra del cuore, ma in grado di trovarsi un nuovo luogo dell’anima. Per l’ex romanista non arriverà mai la gioia di indossare l’azzurro (“la mia nazionale è sempre stata il Cagliari”, ricorda spesso il figlio di Bruno). L’ex laziale, invece, si toglie anche questa soddisfazione. È il 30 marzo 2005 quando Marcello Lippi gli regala l’esordio con l’Italia, nell’amichevole di Padova contro l’Islanda. Un quarto d’ora scarso, mai più ripetuto, ma quanto basta per inserirlo nella propria storia di calcio personale.


Di trofei, del resto, Pinzi ne ha vinti pochi. Uno Scudetto, il secondo della storia della Lazio, senza giocare neanche una partita, una Coppa Italia scendendo in campo tre volte e una Supercoppa Italiana, anche quella da spettatore. Più un Europeo con l’Under-21. Già, perché il centrocampista romano è un talento, gli viene riconosciuto un po’ da tutti. Ha soltanto una sfortuna, ritrovarsi nella Lazio forse più forte di tutti i tempi. Per un ragazzino della Primavera, a meno che non si chiami Nesta (che però ha esordito qualche anno prima) non c’è troppo spazio se quelli davanti nelle gerarchie si chiamano Almeyda, Stankovic o Veron.

Cragnotti vuole calciatori già formati, come Fiore o Giannichedda. E proprio nell’ambito dell’affare che porta i due dell’Udinese a Roma, Pinzi fa il viaggio verso il Friuli.

LA CARRIERA AD UDINE

Se non è amore a prima vista, poco ci manca. Pinzi diventa quasi immediatamente una pedina fondamentale dello scacchiere bianconero. De Canto non lo vede, ma Spalletti sì. E come lui Hodgson, Ventura, ancora Spalletti, Cosmi, Dominissini, Galeone e Marino. Davanti alla difesa, intermedio o trequartista di gamba, non fa troppa differenza. Nessuno può fare a meno del dinamismo dell’ex laziale. Che se non gioca è per infortunio. O per squalifica, perché ogni tanto qualche cartellino ci scappa. Anzi, abbastanza spesso.

Tredici espulsioni, dieci per doppia ammonizione e tre dirette. E 140 gialli in Serie A, più un’altra manciata tra campionati minori, Coppa Italia e competizioni europee. Rischi del mestiere, perché a un certo punto Pinzi si specializza: decide di fare il mediano, quello il cui compito è sradicare la sfera dai piedi dell’avversario e metterla a disposizione dei compagni deputati a gestire il gioco. La grinta e l’attaccamento alla maglia lo rendono un idolo. E quando Bertotto lascia il calcio, la fascia di capitano non può che finire sul braccio del ragazzo di Centocelle.


Nel 2008, però, qualcosa si rompe. L’Udinese decide di cederlo in prestito al Chievo Verona, con diritto di riscatto della metà. Riscatto che però non avverrà, nonostante il prestito sia rinnovato per un secondo anno. E quindi nel 2010 il figliol prodigo torna a casa. In panchina c’è Guidolin, in campo, neanche a dirlo, c’è Pinzi. Trentacinque partite, un gol, nove gialli e un rosso, che non sia mai che il buon Giampiero si sia dimenticato cos’è che sa fare meglio. Quell’anno l’Udinese arriva quarta, quello dopo addirittura terza, sorprendendo le scommesse e quote per la Serie A! Ci sono due playoff di Champions, entrambi da dimenticare.

Prima la sconfitta di misura contro il più quotato Arsenal, poi il doppio confronto perso con il Braga, per lo sciagurato rigore col cucchiaio di Maicosuel. Quella sera Pinzi il suo rigore lo tira, e segna. Così come l’altro friulano d’adozione Di Natale. Le presenze nella massima competizione rimarranno quindi solo quattro, l’esordio con la Lazio e tre con l’Udinese 2005/06. Una vittoria (col Panathinaikos), un pareggio e una sconfitta, entrambi col Werder Brema. E un’espulsione, tanto per non smentirsi troppo.

Sul campo, l’amore da favola con l’Udinese finisce nel 2015. Poi, tre anni e mezzo in giro per l’Italia. Prima il ritorno al Chievo, poi la B e la C con il Brescia e con il Padova. Ma quando Giampiero Pinzi smette, non può che tornare a casa. Il Friuli, ormai diventato Dacia Arena, lo attende di nuovo, stavolta come assistente tecnico. E se qualcuno gli chiede dov’è che è il suo cuore, il Cavaliere della Repubblica Italiana (onorificenza ricevuta dopo l’Europeo Under-21 vinto nel 2004) non può che puntare il dito su Udine. Dove la sua bandiera sventola ancora più in alto che mai.

April 5, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Clausole fantasiose e risarcimenti milionari!


La cancellazione di un torneo come Wimbledon è una delle tante "prova provate" di come ci si trovi al cospetto di un periodo storico difficile. Eventi di così ampio indotto e respiro e, soprattutto, dall'ingente valore economico si cerca, fino all'ultimo di tenerli in vita. Un esempio? Sempre rimanendo nel tennis, gli ultimi Australian Open, disputati comunque nonostante le condizioni ambientali definibili eufemisticamente "al limite" a causa di un Paese in fiamme a causa degli incendi quasi inestinguibili.

In questo caso si presenta la chance di un "atterraggio col paracadute", materializzatosi grazie alla stipula della giusta polizza. Il torneo di Wimbledon è  assicurato: un premio del costo di 1,6 milioni l'anno e che, oggi, come confermato al "The Guardian" da Richard Lewis, ex amministratore delegato dello slam londinese, dovrebbe portare nelle casse del torneo verde-viola, circa 100 milioni di euro, a fronte dei 260 milioni che lo stesso genera nel complesso giro di affari. 

Ora, è interessare andare a scoprire anche i casi di premi assicurativi ed eventuali i 5 risarcimenti nel mondo sportivo che, nel corso degli anni hanno fatto parlare di sé:

1. LE GAMBE DEI CALCIATORI PIU' ILLUSTRI

Ai tempi del Real Madrid, Cristiano Ronaldo godeva di un'assicurazione sulle proprie gambe che, in caso di indennizzo, avrebbe versato 100 milioni di Euro. Sempre meno di David Beckham, che ai tempi dei Galacticos era "protetto" per 150 milioni di euro. Le gambe di Lionel Messi, invece, valevano - nel 2017 - "appena" 50 milioni.

Altri esempi tra passato e presente: Zidane e Raul (da calciatori) rispettivamente 75 e 70 milioni, Gareth Bale, probabile partente per le scommesse e quote per il calcio 91... Il computo di tali premi assicurativi è dettato da precedenti infortuni, valore effettivo del calciatore e stile di vita.

2. IL PASTICCIO GROSJEAN IN F1

Nel GP del Belgio 2012, a bordo della sua Lotus, il ginevrino Romain Grosjean provoca per l'ennesima volta un incidente in partenza. Ma in quell'occasione la combina davvero grossa: alla prima curva dopo il via, crea una carambola in cui diverse monoposto vengono coinvolte e alcune delle quali sono da buttare. Si arrivano a contare circa 3 milioni di danni: chi pagò? Non le assicurazioni, bensì la squadra che, di fatto, non può rivalersi nemmeno sul pilota. Il "rischio", negli sport motoristici, è una variabile da mettere automaticamente in conto...

3. IL CASO ALONSO

Restando nel giro della Formula Uno, nel 2015 a Fernando Alonso - dopo l'incidente ai test al Montmelò del 22 febbraio, fu imposto lo stop dai dottori, anche sulla base del fatto che nei contratti con le squadre, il pilota McLaren è obbligato - per correre - a presentarsi in condizioni idonee. Ebbene, oltre all'assicurazione privata sulla salute stipulata dal pilota, ne esiste un'altra coi team definita "per race missed", che interviene nell'eventualità che lo stesso pilota sia costretto a saltare uno o più gran premi a causa di un incidente.

Il premio si calcola sulla base dell'ingaggio del tesserato: nel caso di Alonso, venne pagata una cifra pari a 1,8 milioni. A farlo furono proprio le assicurazioni, anche perché non vennero riscontrati malfunzionamenti della monoposto nell'incidente di Montmelò.

4. IL CASO GALLINARI (E NON SOLO) IN NBA

Anno 2014: il talentuoso cestista italiano dei Denver Nuggets Danilo Galinari si rompe il crociato anteriore sinistro e inizia un lungo calvario riabilitativo. Dopo la 41esima partita non giocata, in NBA, le assicurazioni intervengono pagando il 50% dell'ingaggio del giocatore calcolato sulla base di ogni partita. In questo caso 61mila dollari - entrati a gettito continuo per tutto l'inverno e la primavera di quell'anno nelle casse del team del Colorado - per ogni match non disputato.

5. IL CASO SUNDERLAND E LA POLIZZA "NON SCRITTA" IN CASO DI FIGURACCE

Esistono anche "polizze non scritte", "assicurazione tra galantuomini", come solo in Gran Bretagna si sa essere. Ottobre 2014: 2500 tifosi del Sunderland seguono la propria squadra nella trasferta a Southampton, dall'altro capo del Paese. Solo che i "Black Cats", in campo, fanno una pessima figura, perdendo ben 8-0. Su suggerimento del portiere italiano Vito Mannone e comunicato dal capitano John O'Shea, i giocatori risarciscono biglietti e costi di trasferta ai propri sostenitori, per una cifra pari a 60mila sterline. Somma che verrà devoluta ad un reparto pediatrico.

* La foto di apertura dell'articolo è di Kirsty Wigglesworth (AP Photo).

April 4, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Saranno famosi: la NCAA parla italiano

Belinelli, Gallinari, Melli sono i protagonisti italiani in NBA, sempre presenti nelle cronache, sportive e non, sui media nostrani. Sotto le loro ali protettive c’è una nidiata di talenti azzurri, in campo maschile e femminile, che sta crescendo nel campionato NCAA dei college statunitensi. Ve li presentiamo qui sul blog italiano di 888sport.

Alessandro Lever (Grand Canyon Antelopes)

Al suo terzo anno con la rappresentativa dell’università di Grand Canyon a Phoenix, ateneo in espansione, Lever sta facendo molto parlare di sé, impressionando per i miglioramenti ottenuti nell’evoluzione del suo gioco che l’ha portato ad avere la miglior media punti della squadra (14.3). Coach Majerle, il Thunder Dan dei Phoenix Suns, è una garanzia di crescita per l’altoatesino.

Niccolò Mannion (Arizona Wildcats)

Il programma cestistico di Arizona University ha il sangue blu: da queste parti, infatti, hanno iniziato a giocare Iguodala, Richard Jefferson, Elliott, Bibby, Steve Kerr, Damon Stoudamire, Jason Terry e Lauri Markkanen, solo per citare gli ex studenti atleti più illustri. In quanto a quarti di nobiltà, la matricola Nico non scherza: è figlio, infatti, dell’ex canturino Pace. A diciannove anni, Mannion ha già fatto il suo esordio in Nazionale e sta andando fortissimo in NCAA: per la point guard dai capelli rossi dei Wildcats si parla di un posto nei draft, a breve.

Davide Moretti (Texas Tech Red Riders)

Anche lui figlio d’arte (suo padre Paolo ha conquistato l’argento a Spagna ‘97) la guardia italiana da tre stagioni gioca con Texas Tech in NCAA. Il suo obiettivo era andare ai workout NBA per  ricevere feedback dagli scout e, quindi, capire se sarebbe stato il momento giusto per partecipare al draft. Alla ripresa dell’attività, le altre alternative che Moretti dovrà valutare, per una carriera che sta esplodendo, saranno un’altra stagione nel campionato universitario o tentare l’avventura in Europa.

Tomas Woldetensae (Virginia Cavaliers)

I Cavaliers della University of Virginia lo scorso anno hanno conquistato il titolo NCAA: nel roster c’era l’italiano Francesco Baldocchi che, dopo la vittoria, ha deciso di lasciare il team, continuando però a studiare negli USA. Le porte girevoli di UVA, però, si sono aperte per un altro italiano, il bolognese Tomas Woldetensae, di origini eritree, al suo debutto nel campionato universitario dopo aver strabiliato in due anni di college. Deve ancora imparare in difesa (e ne è consapevole), ma al tiro può fare la differenza.

Francesca Pan (Georgia Tech Yellow Jackets)

La senior tra le due italiane nello starting five delle Yellow Jackets, l’esterno bassanese Francesca Pan, è alla sua seconda nomination di fila nella watch list del Cheryl Miller Award, premio dedicato alla miglior ala piccola dell’anno per il 2020. Francesca è il punto di riferimento offensivo della squadra, unica returning player con punti di media in doppia cifra. 

Mariella Santucci (Toledo Rockets)

Bolognese, il suo ultimo anno all’università di Toledo si è dovuto concludere anzitempo. Mariella è stata costretta a interrompere la stagione e sta cercando di rientrare in Italia. Ha lasciato su Instagram il suo saluto “Thank you Rocket Nation", dopo aver fatto la storia della sua squadra: prima del suo arrivo, infatti, nessuna giocatrice era stata in grado di collezionare, nei quattro anni di università, più di 1.000 punti, 600 assist, 500 rimbalzi e 200 palloni recuperati. Con 160 assist, in questa stagione, è stata la 25ma di tutto il torneo NCAA, nel rapporto tra assist e palle perse (160 e 94) è stata la seconda in tutta la sua conference. 

 

Lorela Cubaj (Georgia Tech Yellow Jackets)

Di origini albanesi, la ternana Lorela Cubaj gioca nella selezione femminile della Georgia Institute of Technology dal 2017, dopo gli esordi con la Reyer Venezia. Cubaj è reduce dall’esperienza europea del 2019 con la Nazionale maggiore (1.8 punti e 5.0 rimbalzi in 18.3 minuti in campo) ed è una presenza irrinunciabile in area per le Yellow Jackets, specialista nei rimbalzi e in difesa.

Elisa Pinzan (South Florida Bulls)

Elisa Pinzan è reduce dall’oro europeo conquistato in casa con la Nazionale U20. Rientrata a gennaio da un infortunio alla caviglia, Elisa è leader nella AAC (American Athletic Conference) per numero di assist (4.8 a partita) e seconda nella sua squadra con 9.7 punti di media. La point guard è ormai leader di South Florida.

*La foto di apertura è di John Locher (AP Photo).

 

April 4, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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