Immobile e il Borussia - un matrimonio mai consumato

Il conto è aperto: in uno modo - o nell’altro - dovrà essere saldato. Il Borussia Dortmund non evoca buoni ricordi per Ciro Immobile che in Champions è pronto alla resa dei conti. Quella tra il club tedesco e l’attaccante è una love story mai sbocciata, un’infatuazione estiva evaporata dopo i primi rovesci temporaleschi, una promessa non mantenuta.

Eppure le premesse erano state buone, con il tecnico Klopp convinto del valore del centravanti, al punto di sceglierlo come sostituto di Lewandowski. L’affare si fa, Toro e Juve si spartiscono 18 milioni. L’estate del 2014 genera una rivoluzione nella vita dell’attaccante: il matrimonio, il Mondiale e il trasferimento in Bundesliga: accade tutto troppo in fretta.

A Dortmund Immobile trova un muro, ma non è il Die Gelbe Wand, quello della curva del Westfalenstadion. E’ un muro fatto di silenzi, di mancati rapporti umani ed incomprensioni linguistiche.
In Supercoppa di Germania, Immobile è in campo ma non segna, parte la Bundesliga, e anche qui c’è una falsa partenza: qualcosa si inceppa, già nella seconda giornata di campionato l’attaccante finisce in panchina.

L'esordio

Dalle parti della Rurh la vita è differente, l’Italia è lontana, il sole è sempre schermato dalle nuvole, il clima è freddo come le persone che vivono qui. L’unico amico utile potrebbe essere il gol, ma è un amico non sempre puntuale. Per fortuna c’è la Grande Coppa: l’esordio è propizio, Immobile realizza il primo dei due gol con i quali i tedeschi superano l’Arsenal... all'inglese per le scommesse Champions League. Due settimane dopo l’attaccante italiano segna ancora, spianando la strada del successo nella trasferta in Belgio contro l’Anderlecht.

I gol iniziano ad arrivare anche in Bundesliga: segna contro lo Stoccarda, ma è una marcatura che vale soltanto un pareggio agguantato in extremis. Va in rete ancora a Colonia, ma non serve a evitare la sconfitta. La Champions League sembra una fedele alleata: due gol, in due partite. Ma nella terza sfida del girone contro il Galatasaray, va ancora in panchina. La sua fama di goleador non viene smentita in Coppa di Germania: segna contro il St. Pauli, il Borussia si qualifica al turno successivo.

 

Immobile ci mette tutto sé stesso, non molla un metro, resta aggrappato a quelle parole che l’interprete gli traduce, e che gli consentono di apprendere il minimo sindacale degli insegnamenti di Klopp. Ma il gol non è qualcosa che si impara a chiacchiere, lui la porta l’ha sempre trovata e la continua a centrare in Champions; contro il Galatasaray toglie la propria squadra dall’impaccio, il bottino personale in Europa si arricchisce ulteriormente nell’ultima sfida del girone - contro l’Anderlecht - che qualifica il Borussia Dortmund agli ottavi di finale.

In campionato non segna con la stessa frequenza, va a bersaglio contro il Wolfsburg: è il 17 dicembre 2014. Sarà il suo ultimo gol in Bundesliga, ma Ciro ancora non lo sa.

Un inverno complicato

La sosta invernale non fa che immalinconire l’attaccante, i rapporti all’interno dello spogliatoio mancano di quel legame che rendono squadra un semplice gruppo di giocatori. Lui ha scelto di vivere a Unna, cittadina di sessantamila anime a est di Dortmund: i tetti spioventi delle case, il fumo che esce dai comignoli trasporta la puzza dello stufato con le cipolle tra un caseggiato e l’altro: è tutto maledettamente ordinario, cadenzato come le gocce di pioggia che scendono dal cielo grigio.

Era arrivato in Germania con grandi aspettative, ma ora che la squadra è in piena zona retrocessione, Klopp gli chiama i giri: Bayer e Augusta per confermarsi; a Leverkusen la squadra pareggia, in casa arriva addirittura una sconfitta. A questo punto il Borussia Dortmund è ultimo in classifica, Immobile finisce in panchina.

L’ultima chance arriva in Champions League, contro la Juventus, a Torino; e qui - dove tutto era partito - tutto finisce. Il sogno tedesco sta diventando un incubo che si concretizza materialmente quando Klopp - dopo essere stato eliminato dalla Champions League con un aggregate 1-5 per le scommesse calcio contro i bianconeri - annuncia le dimissioni per la stagione seguente.

La prima stagione di Immobile è in chiaro-scuro: 4 gol in 6 partite di Champions League non sono male, ma 3 reti distribuite su 24 presenze di campionato sono pochissimi per un bomber di razza. All’esordio con il Borussia, Lewandowski aveva messo a segno nove gol nell’intera stagione, coppe comprese. In ogni modo Immobile fa meglio, perché nell’intera stagione ne segna dieci: quattro in Champions League, tre in Bundesliga, tre in Coppa di Germania.

L’arrivo di Tomas Tuchel sulla panchina del club gli complica ulteriormente la vita: i giocatori devono parlare tedesco, l’allenatore licenzia tutti gli interpreti. E’ notte fonda, non resta che chiudere il capitolo tedesco.

Se ne va in punta di piedi, con una valigia alleggerita di quelle certezze con le quali era arrivato dall’Italia, ma con la convinzione che le sue doti realizzative sono intatte; è stata una stagione negativa per tutta la squadra, gran parte dei compagni - appagati per la vittoria del mondiale - hanno la pancia piena, pochi stimoli e tanti inviti per festeggiare il titolo ottenuto dalla Nazionale di Loew.

Ma le responsabilità finiscono tutte sulle spalle di Ciro, che saluta senza troppi rimpianti: ma ci crede ancora, ci crede sempre, e sa che un giorno potrà dimostrarlo anche a questi deutsche herren - questi signori tedeschi - che hanno messo in dubbio le sue qualità.

Ciro Immobile con la maglia biancoceleste!

La resa dei conti è arrivata - in Champions League - Immobile salirà da leggero sfavorito per le scommesse online i gradini che portano sul prato dell’Olimpico con le sue scarpette d’oro: Lewandowski lo ha già sistemato, adesso tocca agli scettici della Rurh.

Immobile da qualche tempo ha deciso di fermarsi a Roma lasciando da parte la sua valigia: dentro ci sono ancora molti sogni, l’ennesimo titolo di capocannoniere e una Scarpa d’Oro che illuminerà i pomeriggi dello Stadio Olimpico. “A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato”.

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Frank Augstein e Riccardo De Luca.

 
October 18, 2020
simone pieretti
Body

Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

I dirigenti accompagnatori: le "fondamenta" del calcio

Se nei mesi scorsi abbiamo analizzato a trecentosessanta gradi la figura del team manager, spazio ora alla "radiografia" dei dirigenti accompagnatori. Che differenza intercorre tra le due? Una fondamentale: quella del "TM" si dipana nel mondo professionistico, il dirigente accompagnatore, invece, è una figura indispensabile nel dilettantismo e nell'attività giovanile.

Esiste proprio un cambio di nomenclatura, la cui linea di demarcazione passa tra la Serie C e la D. I compiti sono simili, non certo identici, dal momento che le esigenze tra professionismo e dilettantismo variano non di poco. Ma l'obiettivo è sempre lo stesso: stare il più vicino possibile a squadra e allenatore e, all'occorrenza, conferire con la dirigenza. Nel caso del dirigente accompagnatore in sé, tuttavia, a muovere tutto il carrozzone è il puro spirito di volontariato.

Un ruolo "a-tecnico" e onnicomprensivo

Inutile, quindi, in questo caso, parlare di compensi o stipendi: molto spesso, lo sappiamo bene, più si scende di categoria o ci si perde nel maremagnum dell'attività giovanile, il dirigente accompagnatore è a volte un parente, spesso il padre (o lo zio) di un giocatore.

Pur nello spirito "ausiliario" a beneficio della squadra, esiste una regola fondamentale da rispettare: a differenza dell'allenatore in seconda, il ruolo di dirigente accompagnatore deve rimanere "a-tecnico", cioè privo di indicazioni "di campo" si giocatori, sia nel bene, che nel male, per non ingenerare confusione dal punto di vista delle "gerarchie da panchina".

Deus ex machina silenzioso

Una figura di "deus ex machina", ma quanto più silenziosa possibile. Un ruolo di fatica, di cui spesso e volentieri i giocatori non si accorgono ma che, a mano a mano che si scende di livello, risulta indispensabile per tenere in piedi un'intera stagione, da settembre a giugno. Il dirigente accompagnatore dev'essere il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene, presente ad ogni partita, ancorché ad ogni occasione in cui la squadra si raduna.

Non gli capiterà di divincolarsi tra alberghi e carte di imbarco da esibire nei vari aeroporti, tuttavia, esattamente come il team manager tra i "prof", il dirigente accompagnatore deve prevedere le eventuali incombenze connesse al trasporto e alla documentazione degli atleti, che consiste sostanzialmente nella raccolta dei cartellini o delle carte d'identità, o ancora patenti, da esibire all'appello dell'arbitro.

Quindi, il "DA" deve, come si suol dire, "drizzare le antenne" recependo e trasmettendo tutte le informazioni in suo possesso concernenti gli avvenimenti riguardanti la squadra.

Una missione da perseguire: l'armonia di spogliatoio

Ma non solo: il "DA" è chiamato a organizzare e strutturare l’attività in maniera semplice e funzionale, concordando col mister le tempistiche e le modalità d’attuazione in una parola che deve mettere d'accordo tutti: "armonia".

Altra "cosa buona e giusta", consiste nella sorveglianza puntigliosa e responsabile del gruppo, tutto questo per mantenere la stessa lunghezza d'onda ed evitare insorgere di mugugni interni o distrazioni che possono minare, come effetto domino, l'intero lavoro impostato dal mister.

Un "server umano" di informazioni

E ancora: un buon dirigente accompagnatore deve assicurare in modo costante, diretto e subitaneo, i contatti tra allenatore e squadra: in questo senso, si adopererà per la raccolta di tutti i contatti telefonici creando un elenco da consegnare al mister e, ovviamente, tra gli stessi giocatori in caso di future necessità.

E se è vero che il "vice" sia il bracco destro dell'allenatore, il dirigente accompagnatore può esserne considerato il sinistro, che a seconda dell'avversario (parliamo sempre di ambiti dilettantistici), compie anche la funzione di ricerca, scout e match analyst allo scopo di raccogliere tutte le informazioni possibili appannaggio della propria squadra.

Il principio di lealtà

Un "DA" infaticabile, infine, è attento anche "mission" societaria, avendo cura che la filosofia dell'allenatore venga recepita e rispettata dai vari giocatori evitando l'insorgere di polemiche interne che, se incontrollate, possono - come si suol dire - "spaccare lo spogliatoio" in maniera pericolosa. Tutto questo, declinato all'attività giovanile, significa trasmettere i valori dell'educazione calcistica e comportamentale nel segno della lealtà, tra compagni e avversari.

Le fondamenta del calcio

Esistono corsi di formazione, proposti dalle varie sezioni locali della Figc e anche dai top club. Perché, ed è importante sottolinearlo, esiste una forte richiesta di questa figura dall'attività di base alle anticamere del professionismo.

Un ruolo che costituisce le radici o, se volete, le fondamenta del calcio. Da dirigente accompagnatore si può diventare team manager. E da team manager, come già visto con Eusebio Di Francesco, c'è chi scommesse calcio su se stesso e diventa un allenatore professionista di successo.

*La foto di apertura dell'articolo è di Eitan Abramovich (AP Photo).

 
October 17, 2020
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

La UEFA Europa Conference League dal 2021!

Molto tempo fa, le qualificazioni alle coppe europee erano molto semplici. La vincente del campionato giocava la Coppa dei Campioni, le piazzate in Coppa UEFA e chi sollevava la coppa nazionale andava a giocarsi la Coppa delle Coppe. Già, proprio quella che una volta era considerata la coppa delle “piccole”, visto che proprio per il suo criterio di qualificazione succedeva spesso che persino i grandi campionati spedissero squadre a sorpresa.

Indimenticabile l’edizione 1980/81, in cui la Spagna è rappresentata dal Valencia, campione in carica, ma soprattutto… dal Real Madrid B, che qualche mese prima si era giocata la Copa del Rey contro i cugini (che però avevano vinto anche la Liga).

 

Cinque turni, sorteggio senza paletti e tutto il fascino di una competizione leggendaria. Che però, con l’avvento della Champions League e con l’allargamento della Coppa UEFA, poi destinata a diventare Europa League, ha perso fascino e soprattutto appeal televisivo. Troppo pochi i turni, troppo poche le squadre di grido e alla fine la Coppa Coppe viene cancellata dopo il trionfo della Lazio da favorita per le allora scommesse online nel 1998.

La terza coppa

Eppure quei mercoledì di coppe, con tre competizioni, sono rimasti nel cuore dei tifosi. E proprio lo sviluppo sempre maggiore delle altre due coppe ha causato la necessità di creare di nuovo una terza. La Champions League, del resto, è una competizione d’elite e le partecipazioni a sorpresa nel tabellone principale sono sempre più rare.

E anche l’Europa League sta pian piano diventando una vera e propria Champions di serie B, sempre più considerata dalle big come testimoniato dalla clamorosa finale Siviglia-Inter e sempre meno aperta alla partecipazioni delle squadre dei campionati meno importanti.

E quindi il pensiero è venuto spontaneo: perché non creare una nuova competizione, che faccia più spazio ai team delle federazioni che si sentono… escluse dalle prime due? Il nome non è proprio un esercizio di fantasia, ma al termine della stagione 2020/21 i club avranno una nuova destinazione possibile a seconda del piazzamento: nasce l’UEFA Europa Conference League, alla cui fase a gironi prenderanno parte 32 squadre.

Come si arriva a queste 32? Come per l’Europa League, attraverso due percorsi. Il primo è quello che vede affrontarsi squadre qualificate attraverso piazzamenti in campionato e vittorie nelle coppe nazionali (per le squadre delle nazioni con ranking che va dal sedicesimo al quindicesimo posto). Il secondo è il cosiddetto percorso “campioni”, che vede arrivare dal secondo turno di qualificazioni le perdenti del preliminare e del primo turno di qualificazione in Champions League.

Nei turni successivi il percorso campioni vedrà anche l’arrivo delle squadre che invece sono uscite nel terzo turno di accesso all’Europa League, mentre chi perde il playoff di Europa League finisce direttamente nella fase a gironi della Europa Conference League.

Insomma, una serie di vasi comunicanti, che porterà anche alla possibilità per qualche squadra di iniziare il percorso in Champions, essere eliminata al secondo turno e finire in Europa League, perdere al terzo turno o ai playoff nella seconda competizione e ritrovarsi ai nastri di partenza nei gironi della terza.

Non è dunque da escludere che attraverso questo percorso di qualificazione spunti qualche nome importante, ma la partecipazione dei grandi campionati è ridotta. Le prima quattro nazioni del ranking avranno solamente un posto, quello che spetterà alla sesta classificata (e in Inghilterra alla vincitrice della Carabao Cup). Questo perché anche l’Europa League è stata rivista e nell’edizione 2021/22 avrà meno squadre al via, per uniformare tutte e tre le competizioni a una fase a gironi da 32 team, a differenza dell’Europa League attuale che ne fa affrontare 48.

L'esempio spagnolo

Dunque, prendendo come esempio la Spagna, prima per coefficiente, la distribuzione delle squadre sarà la seguente: le prime quattro della Liga finiscono in Champions, in Europa League ci vanno la quinta e la vincitrice della Copa del Rey, se non partecipa già alla Champions. In quel caso la sesta entra in Europa League e sarà la settima a giocarsi i playoff di Europa Conference League.

Guardando alla Serie A 2019/2020, il risultato sarebbe stato: Juventus, Inter, Atalanta e Lazio in Champions, Roma e Napoli (vincitrice della Coppa Italia) in Europa League e Milan in Europa Conference League.

Insomma, ogni federazione mantiene gli stessi posti nelle coppe delle stagioni precedenti, ma con le squadre ripartite in maniera differente. Tutte le squadre che vincono il proprio campionato continueranno a iniziare dalla Champions League, ma chi perderà nei primi turni finirà diretto nella terza competizione. Ma con il nuovo sistema anche chi non riesce ad approdare ai gironi di Europa League avrà comunque modo di provare a guadagnarsi perlomeno i gironi di Europa Conference League.

L’obiettivo, abbastanza evidente, è quello di garantire un minimo di calcio europeo anche a federazioni che spesso e volentieri venivano escluse da entrambe le competizioni continentali.

Basterebbe guardare alla Champions League della scorsa stagione, con una fase a gironi in cui erano rappresentante solo 16 nazioni e in cui 18 posti su 32 erano ad appannaggio dei primi cinque campionati (Liga, Premier, Bundesliga, Serie A e Ligue 1), che alla fine hanno clamorosamente espresso per le Scommesse Champions League tutte e 16 le squadre della fase ad eliminazione diretta.

Però…manca qualcosa. Già, che succede a chi vince la Europa Conference League? L’anno successivo entrerà direttamente alla fase a gironi dell’Europa League, con una “promozione” identica in tutto e per tutto a quella che ottiene chi porta a casa la seconda competizione continentale per importanza e riparte dalla Champions. Insomma, una vera e propria Europa League di Serie B. O addirittura… una Champions di Serie C, che però garantirà altre 141 partite e conseguente vendita di diritti televisivi.

La domanda però si pone. C’è chi sarà interessato a vedere un girone con la vincitrice della coppa d’Ungheria, la sesta (o la settima) della Serie A, una squadra eliminata al primo turno di Champions e la seconda classificata del campionato svedese? La UEFA è convinta di sì. E conoscendo gli amanti di questo meraviglioso sport e delle scommesse calcio, potrebbe anche aver ragione…

*La foto di apertura dell'articolo è di Anja Niedringhaus (AP Photo).

 
October 17, 2020
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

La figura del segretario sportivo

Team Manager, guardalinee, dirigente accompagnatore... Dopo aver analizzato queste tre figure parallele ma per nulla di contorno al mondo del calcio, la palla passa ora alla figura professionale del segretario sportivo.

I compiti di un segretario sportivo

La professionalità di una figura fondamentale

L'esperienza di un segretario

Il corso per diventare segretario

E questa volta, per farlo, ne abbiamo parlato con un grande esperto del settore, Claudio Massimiliano Mancini, ex segretario del settore giovanile del Torino, nonché delle prime squadre di Novara (in Serie A), Como e Pro Vercelli, e attualmente appetito in Serie B dall'Ascoli: "Giusto dare luce al ruolo del segretario nei club, anche perché il 90% delle attività del club passano da lui" è la sua premessa. A lui, noi di 888 Sport abbiamo rivolto naturalmente... 8 domande!!!


Quali sono i compiti del segretario di una società calcistica?

"E' la persona che deve gestire normalmente un team di impiegati per coordinare numerose funzioni; le sue, nella fattispecie, sono sia organizzative che amministrative. Per quanto riguarda la parte organizzativa si parla di tre diverse fasi: precampionato, inizio delle attività ufficiali e a stagione in corso.

Andiamo con ordine. Prima dell'inizio dell'annata calcistica, un buon segretario formalizza operazioni di mercato, acquisti e cessioni dei calciatori, oltre ai loro contratti economici. Dopodiché, la fase iniziale prevede le seguenti attività: organizzazione del ritiro prima squadra e settori giovanili; tesseramento dei calciatori; tesseramento degli staff tecnici e sanitari.

Ancora, iscrizioni delle squadre ai rispettivi campionati; organizzazione delle visite mediche annuali; iscrizione scolastiche per giocatori minorenni che arrivano da fuori regione ed eventuale coordinamento con il convitto dove vivranno; planning degli allenamenti e utilizzo delle strutture.

Claudio Massimiliano Mancini

Durante la stagione? I compiti, addirittura, aumentano e, spesso in collaborazione con il team manager, si parla di: organizzazione delle gare casalinghe; coordinamento con le forze dell’ordine per la gestione dell’evento pubblico; coordinamento con il Comune in merito a viabilità ed eventi pubblici; accoglienza squadra ospite; gestione steward; accoglienza terna arbitrale (ormai quaterna); organizzazione delle trasferte della prima squadra e settore giovanile con relativa prenotazione di hotel, bus, aerei e ristoranti.

Un pullman di calcio

Inoltre non si devono trascurare la verifica delle sanzioni sportive e controllo dei calciatori che possono essere in campo oppure squalificati per non intoppare in sconfitte a tavolino e sanzioni amministrative; quindi, coordinamento con lo staff medico per eventuali prenotazioni di visite mediche e invio al CONI di report settimanali per eventuali segnalazioni di farmaci specifici prescritti a calciatori e che in caso di controllo doping lo tutelino da eventuali squalifiche.

Coordinamento con il segretario del club della squadra ospite o ospitante per accordi di utilizzo di maglie ufficiali o seconde maglie per evitare intoppi cromatici sia per le dirette Tv ma più che altro per gli arbitri; eventuali documentazioni da presentare alla Lega Calcio su anticipi, posticipi o rinvii causa forza maggiore.

Quella del segretario è una figura professionale nata "ex novo" negli ultimi anni oppure, semplicemente, si è modificata nel tempo? Se sì, come?

La figura del segretario non è sempre esistita, la differenza è che oggi vengono coinvolti in maniera più diretta e a stretto contatto con il direttore sportivo, specialmente in occasione delle operazioni di mercato, in quanto solo il segretario può redigere la documentazione, depositarla e quindi rendere ufficiale le transazioni tra giocatori.

Perché, secondo te, il segretario può essere considerato una figura fondamentale?

Si parla di segretari come figure perno del club in quanto tutto ruota intorno alla loro scrivania, per lo meno tutto ciò che è ufficiale, documentato e valido ai fini dello svolgimento delle attività sportive.

Ci sono particolari differenze nella professione se esercitata in Serie A-B-C o nei campionati dilettantistici? Quali?

Per quanto riguarda le attività lavorative, in serie A, B e C,  il lavoro è praticamente identico se non per il fatto che a seconda della categoria ci si interfaccia con leghe diverse e in serie C viene adottata una modulistica leggermente diversa. Chiaramente in serie A e B la parte gestionale ed economica è ben più corposa per l’importanza delle competizioni. Molto simile, a livello intrinseco, resta il lavoro anche nelle categorie dilettantistiche.

Quali rami della società calcistica il segretario mette in comunicazione?

Il segretario mette in comunicazione tutti i rami societari, dalla contabilità, all'amministrazione e, ancora, al settore prettamente sportivo.

Qual è la tua esperienza diretta e la quotidianità da segretario?

Si passano tantissime ore al telefono, non appena si mette piede in ufficio. Ed è sempre successo: dal settore giovanile del Toro, al Novara in Serie A, passando per Como e Pro Vercelli, in B e C. Le telefonate sono spesso tra colleghi e poi con gli staff delle varie categorie che ti chiedono appunto quali siano i piani di eventuale trasferta o problematiche sulla gara da disputare.

Un'immagine di archivio di Torino - Como.

Sicuramente si tratta di un lavoro in cui non ci si annoia mai, dove il problem solving deve far parte di te, perché le variabili e le varianti sono infinite. Basta un temporale per spostare una gara, una clausola nella documentazione che manda all'aria un'operazione di mercato e tantissimi altri imprevisti.


Esistono corsi professionali riconosciuti?

Al momento si parla spesso di corsi per segretari ma a Coverciano non esiste ancora. Esistono organizzazioni che fanno corsi per la gestione sportiva del club, ma non sono ancora riconosciuti dalla lega, tanto che i segretari, se non hanno il corso da direttore sportivo di Coverciano, sono costretti a firmare contratti di lavoro come impiegati e non possono sottoscrivere contratti sportivi come allenatori e staff.

Quali saranno le eventuali evoluzioni future di questo mestiere?

L’unica evoluzione potrebbe essere quella di sviluppare un corso che riconosca il ruolo e che lo identifichi come figura sportiva e, come tale, inserita negli organigrammi del club.

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Massimo Pinca (AP Photo). Sempre distribuite da AP quella del pullman e quella di Como - Torino, 1988. Prima pubblicazione 17 ottobre 2020.

 
October 22, 2021
Stefano Fonsato
Body

Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Cercasi squadra per Cavani!

Dici “sette” e pensi a David Beckham, Cristiano Ronaldo, Eric Cantona e, soprattutto, a George Best, che a Manchester (sponda United) non sarà mai uno qualunque. Maglia pesante quella scelta da Edinson Cavani, arrivato nel più titolato dei club inglesi – 66 trofei fra nazionali e internazionali – nelle ultime ore del mercato estivo. Una decisione che sa, profeticamente, di rinascita.

Ritorno al passato

La 7 è stata, infatti, indossata dal bomber uruguagio agli albori della sua carriera europea, prima al Palermo (dove ha militato dal 2007 al 2010, segnando 37 gol in 117 partite) e poi al Napoli (104 reti in 138 gare in tre stagioni).

Cavani esulta in maglia rosanero!

Poi passò il treno del Paris Saint Germain a trazione qatariota, impossibile non salirci. Sessantaquattro milioni più bonus il compenso assicurato alla società di Aurelio De Laurentiis, ingaggio faraonico all’attaccante, arrivato a toccare quota 12 milioni nell’ultimo rinnovo del 2017.

Nei sette anni trascorsi sui campi della Ligue 1, Cavani ha letteralmente scritto la storia del club parigino, arrivando al record di 200 gol in 301 match disputati e sollevando al cielo 21 trofei nazionali, fra campionati (sei) e coppe varie. Numeri che, tuttavia, non gli sono valsi la riconoscenza eterna.

La crisi

Che il clima intorno a lui fosse cambiato, il centravanti lo ha intuito all’inizio dell’ultima stagione, quando il telefono rimaneva muto nonostante il contratto in scadenza. Inevitabile la separazione per un tipo orgoglioso come Cavani, complici anche alcuni atteggiamenti da prima donna e l’insofferenza manifestata in una squadra ricca di fuoriclasse che rischiavano di fargli ombra, Neymar su tutti.

Proprio il brasiliano – con cui più volte si è conteso anche a brutto muso un calcio piazzato – avrebbe messo da parte l’ascia di guerra cercando di convincerlo a restare. Niente da fare. La dirigenza parigina ha commesso una leggerezza clamorosa, non riuscendo neanche a prolungare l'accordo con il calciatore per i due mesi di proroga della stagione: secondo voi, con Cavani a guidare l'attacco, per le scommesse online, il Paris avrebbe terminato la partita contro il Bayern senza andare in gol?!

Telenovela

Ma nonostante il nome e il parametro zero per Cavani trovare una nuova squadra è stata operazione tutt’altro per facile. Età (33) e stipendio richiesto agli interlocutori (10 milioni) in un mondo del calcio piegato dalla crisi, hanno frenato ogni possibile interesse. Ne è venuta fuori il classico tormentone estivo di calciomercato, che ha lambito anche i club del nostro campionato.

Il ritorno di Cavani in A avrebbe spostato clamorosamente anche le relative quote delle scommesse calcio!

A conti fatti la più vicina fra le italiane ad assicurarsene le prestazioni è stata la Juventus, che corteggiava l’uruguagio da almeno due anni. Ingolosito dallo status di svincolato, il ds bianconero Fabio Paratici gli avrebbe offerto un biennale da 8 milioni a stagione. “No grazie” la risposta del giocatore che, secondo voci piuttosto accreditate, non avrebbe gradito la destinazione per non tradire il Napoli.

Sul clamoroso ritorno in azzurro si è parlato per qualche settimana in primavera, ma si è trattato più di un rumor proveniente dalla Francia che non di una vera trattativa. Più enigmatico l’avvicinamento alla Roma, sponsorizzato da un misterioso gruppo sudamericano interessato a subentrare a James Pallotta, prima dell’arrivo dei Friedkin e che avrebbe voluto presentarsi con il classico colpo da corsa in massa all’aeroporto.

Un sondaggio sembra averlo fatto anche la Lazio dopo aver visto sfumare l’arrivo di David Silva, ma sul bomber in quei giorni era già forte l’interesse del Benfica.

Il giallo Benfica

E qui si entra nel campo del giallo. La società di Lisbona aveva coltivato a lungo l’idea di assicurarsi i gol di Cavani, tanto che sulla stampa internazionale il buon esito dell’operazione era considerato scontato, proprio nel momento nel quale la capitale portoghese, ospitando la Final 8 di Champions, era al centro del mondo calcistico!

Il banco è saltato durante il faccia a faccia fra i rappresentanti del calciatore e la dirigenza degli “encarnados”. Cavani voleva un triennale da 10 milioni l’anno più una mai svelata “richiesta particolare” che avrebbe irritato non poco i portoghesi.

Il finale

A settembre la telenovela si è spostata in Spagna. Marca ha rivelato che l’attaccante si era offerto al Real, ma il club madrileno cui è stato più vicino è l’Atletico che avrebbe voluto affiancarlo a Suarez, replicando in maglia biancorossa l'attacco stellare della Nazionale del Maestro Tabarez! 

L’offerta è stata di un contratto annuale con opzione per il secondo a cifre più basse dei 10 milioni richiesti dall’entourage di Cavani.

L’interessamento del Manchester United è maturato negli ultimi giorni di mercato. A convincere Cavani anche una telefonata del tecnico Solskjaer che, potendo contare sulle reti dell'ex bomber del Napoli, avrà sicuramente più possibilità per le scommesse Champions di qualificarsi nel complicato gruppo H che presenta ai nastri di partenza due delle semifinaliste dell'ultima edizione.

La firma è arrivata sul gong: al bomber un anno a 10 milioni con opzione per il secondo. Non proprio quello che voleva, ma stavolta la meta era troppo prestigiosa per rifiutare.

*Il testo è di Luca La Mantia; le immagini, distribuite da AP Photo, di Ricardo Mazalan ed Alessandro Fucarini.

October 17, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Iniesta: il numero 8 più forte della storia del calcio!

Harry Blackstone, Lance Burton, Cardini, Andrés Iniesta, David Copperfield. 
Sapete chi è l’intruso in questo elenco di maghi? Beh, tutti tranne l’ex giocatore del Barcellona, l’illusionista più bravo della lista. 

Sì, perché se è vero che questa tipologia di arte effettua dei trick che si reggono sull’inganno, dei giochi di abilità che altro non fanno che spostare l’attenzione degli spettatori dal trucchetto che il mago sta realizzando, al contrario, le giocate di Don Andrés Iniesta erano tutto fuorché finzione.  

Pensate che gioia deve avere il sindaco di *Fuentealbilla, comune spagnolo di 1.951 abitanti, ogni volta che parlando di calcio, ricorda che in un posto dimenticato da Dio e da Wikipedia sia comunque nato un calciatore come Iniesta. 

Pensate pure a Dio, premesso che ne esista uno e se c’è sicuramente segue il calcio, quando ha deciso che la nazionale spagnola, pur sempre ricca di campioni nella sua storia, doveva attendere fino al 2010 un gol di Iniesta al 116esimo della finale contro l’Olanda per vincere il primo Mondiale della storia roja. 

Il giorno dell’addio al Barcellona, nel suo discorso culminato nelle lacrime, dice che preferirebbe “essere ricordato più come una grande persona che per un grande giocatore”. 
Non conosciamo di persona Don Andrés e non abbiamo dubbi sul fatto che possa essere la persona migliore di questo mondo, ma superare ciò che è stato il calciatore nel suo raro caso è pressoché impossibile per tutti. 


*A proposito di Fuentealbilla, di sicuro non sarà poi stato così orgoglioso di lui il sindaco del paese quando Iniesta iniziò a muovere i suoi primi passi da piccolo calciatore. Il paese è piccolissimo, tutti si conoscono e tutti conoscono José Antonio Iniesta, muratore con la fissa del calcio e con una Ford Orion con cui ha cominciato a fare 100 chilometri 3 volte alla settimana quando l’Albacete decide di aggregare in squadra il piccolo Andrés.

 

Per questo motivo e per altri (dovette risparmiare per 3 mesi per acquistare le scarpette nuove al figlio), i membri della famiglia Iniesta vengono etichettati come “gli scemi del villaggio”.

L'altro gol della vita 

Ad Iniesta va attributo anche un altro goal che sì, probabilmente ha influenzato e cambiato le sorti di un’era calcistica come questa degli anni 20 che sta per chiudersi. Il suo goal al Chelsea nella semifinale di ritorno di Champions League del 2009 rientra nella sua straordinaria capacità di risolvere le situazioni più delicate. In momenti in cui molti perderebbero anche l’ormai innata capacità di reggersi in piedi, Iniesta riesce senza scomporsi a fare la cosa più complessa, forse ai limiti della balistica nel caso del goal al Chelsea. 

Insomma, Iniesta, tra i giocatori più forti della storia del mondo, riesce con leggerezza e senza mai evadere in atteggiamenti estroversi, a essere giocatore e uomo universalmente amato. Uno che fa andare le cose come devono andare. 
Numero 8 in tutta la trafila delle giovanili e in quasi tutta la sua vita al Barcellona. A 8 anni iniziò all’Albacete. Numero 8 anche nella sua ultima esperienza asiatica nel Vissel Kobe. Forse Il numero 8 più forte della storia del calcio, parola di chi di numeri 8 se ne intende. 
 

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer.

October 16, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Il calcio internazionale sulle emittenti regionali

La fine degli anni settanta, insieme alle proteste, alle rivolte di classe e alla disco music, portò una ventata di aria nuova grazie alla tv locali. Una, cinque, dieci, settimana dopo settimana nuovi canali iniziarono a impreziosire la televisione, fino ad allora monopolizzata dalla tv di Stato. RaiUno e RaiDue. La terza rete arrivò per contrastare l’avanzata delle tv private, che avevano poche risorse ma tante idee. Una di queste, fu quella di portare il calcio internazionale dentro casa degli italiani.

A Roma arriva nel 1979-80 grazie a un accordo che la local station Teleregione 45 chiude con l’agenzia Pegaso, detentrice dei diritti televisivi del calcio brasiliano. Il telecronista deputato a raccontare il campionato carioca è un giovane Mario Mattioli (oggi a Rai Sport) che si trova a commentare le partite a distanza di settimane; affittare i ponti per la trasmissione via satellite è una spesa che le tv regionali non possono sostenere, e per questo, le immagini arrivano direttamente tramite cassette BVU.

La definizione del prodotto lascia a desiderare, a volte c’è il colore, a volte le immagini sono in bianco e nero. Ma entrare dentro al Maracanà per un derby tra Flamengo e Fluminense è un’emozione unica. C’è Zico, c’è Junior, c’è Leandro, personaggi che il grande pubblico avrebbe scoperto soltanto due anni dopo, ai Mondiali di Spagna del 1982.

In quel festival di futbòl - a metà tra il Carnevale di Rio e il Paese dei balocchi - ci sono anche Socrates, Falcao, Eder, Cláudio Adão e Biro Biro. La Democraçia Corinthiana è qualcosa che si percepisce di sfuggita sulle maglie della squadra bianconera, la lotta di classe di Socrates e compagni non traspare, ma saprà muovere le coscienze del popolo brasiliano.

 

 

Il calcio brasiliano di Teleregione 45 è un programma di nicchia, va in onda nel pomeriggio e ha il merito di aprire un varco, sfruttato con grande intuito da Michele Plastino che su Teleroma 56, l’anno seguente acquista i diritti del calcio inglese, tedesco e spagnolo, impossessandosi anche dei diritti tv del campionato brasiliano, ora gestiti da Globo Tv.

E’ un anno magico, dove l’Aston Villa vince il titolo inglese grazie ai gol di Peter White e alla prodezze di Gary Shaw. In Germania i protagonisti sono Karl-Heinz Rummenigge e Paul Breitner: il loro Bayern Monaco detta legge. In Spagna la notizia clamorosa è quella del Real Sociedad che vince il titolo grazie agli scontri diretti, pur arrivando a pari punti con il Real Madrid. Le telecronache di Michele Plastino raccontano anche il successo del Gremio che si aggiudica la doppia finale, battendo per due volte il São Paulo.

Le emittenti romane - intanto - hanno iniziato a vendere le loro telecronache alle altre emittenti sul territorio nazionale lasciando solo una sorta di esclusiva regionale: ciò significa che alcune partite vengono trasmesse in differita di alcuni mesi rispetto al calendario reale.

L'arrivo di Mediaset

Ma è un affare troppo grande per restare all’interno di piccole realtà locali, e infatti sui diritti tv dei campionati internazionali piomba come un falco l’editore di Mediaset, tal Silvio Berlusconi che si porta a casa anche i diritti del Mundialito per club costringendo la tv di Stato a trattare per trasmettere le partite della Nazionale Italiana.

Il calcio internazionale entra a far parte dei palinsesti Mediaset, mentre Koper Capodistria - contemporaneamente alla Tv Svizzera Italiana - avvia la trasmissione delle partite di calcio in diretta delle Coppe Europee e degli incontri delle Nazionali. Mentre la tv di Stato concede la diretta di una partita (tutte le coppe europee si giocano di mercoledì sera, e quindi in contemporanea), solitamente di Coppa Dei Campioni, il resto d’Europa si inizia a muovere sui diritti UEFA.

Da questo momento in avanti - e fino all’avvento delle Pay-tv - va in scena il bipolarismo tra Rai e Mediaset, le tv locali vengono tagliate fuori da qualsiasi asta per i diritti del calcio internazionale. Una delle poche eccezioni - nel 2005 - Super Tre, emittente locale romana che riesce ad ottenere i diritti televisivi della finale Intertoto tra Lazio e Marsiglia in programma il 27 luglio: per la cronaca, finisce 1-1: segnano Di Canio e Méité.

L'esultanza di Di Canio contro il Marsiglia!

Ma in questi giorni, le tv locali hanno trovato nuovamente la ribalta grazie a Como Tv che ha acquisito i diritti per la trasmissione in diretta di tutte le partite di qualificazione ai Mondiali del Qatar 2022 della CONMEBOL, sfide che vedranno come protagoniste le nazionali di Brasile, Argentina, vittorioso in rimonta nell'ultima tornata per le scommesse online, Uruguay, Cile, Bolivia, Colombia, Paraguay, Ecuador e Venezuela.

In tutto, saranno novanta partite trasmesse in diretta sulla piattaforma ufficiale del Como 1907, oppure on demand.

*L'immagine di apertura è di Giuseppe Calzuola (AP Photo).

 
October 16, 2020
simone pieretti
Body

Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Disco-Curva: quando il tifo è dance

Piste da ballo e gradinate sono idealmente unite da una lunga scarica d’adrenalina. Luoghi d’aggregazione per eccellenza, zone dove sono interdetti i freni inibitori, la musica e il canto ne rappresentano il comune denominatore. Nel corso degli anni non si contano le hit dance che sono state mutuate dai tifosi e riadattate per osannare il nome della propria squadra o un suo giocatore rappresentativo.

Dall’America Latina all’Est Europa, il tifo organizzato è un opificio canoro che non conosce tregua né limiti alla fantasia. È spesso capitato che alcuni brani siano diventati veri e propri tormentoni grazie alla loro trasformazione in cori da stadio.

Dal Tetris alla Curva Sud

È il caso, almeno a Roma, della leggendaria colonna sonora del videogioco Tetris nella sua versione per il Game Boy. Siamo agli albori degli anni ‘90, la console portatile della Nintendo riscuote un successo straordinario tra bambini, adolescenti e non solo. Il Tetris, in particolare, ne rappresenta l’icona. La sua amabile musichetta, ripresa da un canto popolare russo, il Korobeiniki, è una nenia che rimane impressa nella mente.

Nell’estate ‘91, in pieno periodo di espansione della fama del Game Boy, la Roma acquista dalla Juventus, inserito nell’affare che porta a Torino il portiere Angelo Peruzzi, l’ala tedesca Thomas Hassler. Per lui, campione del mondo a Italia '90, si tratta di un arrivo a Trigoria posticipato di dodici mesi: l’anno prima, infatti, proprio quando il suo acquisto sembrava cosa fatta, la Juve lo soffia a Dino Viola.

Il funambolo biondo, classe sopraffina e volto simpatico, ci mette poco a far breccia nel cuore dei tifosi giallorossi. I quali gli dedicano un coro: «Poporopoporopo, Tommasino Hassler-gol!», sulle note della musica di Tetris. Il coro della Sud consacra come tormentone cittadino una musica che era già in voga in sale giochi, bar, muretti di periferia. Prima ancora del cuore pulsante del tifo romanista, infatti, era stato un dj romano a riadattare questa musica popolare russa sdoganata dalla Nintendo.

Hassler in un derby romano

Il suo nome è Eugenio Passalacqua. Oggi è imprenditore nel campo della ristorazione, ma in passato è stato un dj famoso. Quando non si occupava di fornelli ma di consolle, mandava in visibilio le piste da ballo dello Stivale con il remix della musica di Tetris. A lui si deve questa intuizione. «Tutto nacque un pomeriggio», racconta, «stavo giocando a Tetris con il Game Boy, quando ho pensato: “Perché non riadattare questa musica in discoteca?”».

Detto, fatto. «Una serata, in un locale di Perugia, lanciai questa traccia all’inizio di un set, visto che si adattava bene con la musica techno, e la cosa fu molto apprezzata. Così pensai di inserirci una base sotto. Ebbene, non mi sarei mai aspettato di aver creato un simile successo». Il suo remix raggiunge la vetta della classifica di Radio Dj, fa ballare un’intera generazione di discotecari negli anni del riflusso e si afferma in Curva Sud, dedicata al beniamimo Hassler.

«Mi accorsi che era diventata un coro da stadio guardando una partita in tv, fui molto stupito e, devo ammettere, non ci rimasi proprio benissimo: sono tifoso laziale, avrei preferito che non fossero i romanisti a rilanciarla», racconta Eugenio, sorridendo. Al di là del rivalità, il coro della Sud è un ulteriore attestato nei confronti della sua creazione.

In quasi trent’anni è cambiato il calcio, ma anche la musica da discoteca. «I brani in passato erano più ritmati, più adatti per essere riproposti in uno stadio, oggi girano perlopiù brani melodici, che si prestano meno», la riflessione di Eugenio.

Nostalgia dance

Succede, infatti, che ancora oggi le musiche dance che vanno per la maggiore nelle Curve provengano da tracce un po’ datate. Esempio eloquente in questo senso sono i dirimpettai dei romanisti: da un paio d’anni la Curva Nord laziale ha riadattato il brano Freed From Desire di Gala, uscito nel 1996, per farne un coro di sostegno all’undici biancoceleste. Un’idea capace di estasiare la Nord, confezionata in realtà dai tifosi irlandesi durante gli Europei 2016.

Corre l’anno 1998 quando, sempre i laziali, entusiasti per l’arrivo a sorpresa del bomber Christian Vieri dall’Atletico Madrid, dedicano al loro nuovo bomber il coro «Ce l’abbiamo solo noi, Bobo Vieri-gol» sulle note di Doo Dah dei Cartoons, gruppo danese finito nel dimenticatoio dopo il successo di questa traccia.

Sempre a un bomber, stavolta in maglia romanista, l’argentino Abel Balbo, la Sud dedica un coro che ne ripete nome e cognome ossessivamente sulle note di No Limit dei 2 Unlimited, successo nelle dancefloor dell’estate 1993, proprio quella che porta alla corte di mister Mazzone l’attaccante dalla chioma bruna proveniente dall’Udinese.

Roma, Italia, ma non solo: il legame tra discoteche e Curve è alimentato da innumerevoli cori in tutto il globo.

L’apoteosi è a Rotterdam, patria della techno, dove le musiche di Dj Paul Elstak vengono sparate prima delle partite dalle casse del de Kuip, la tana del Feyenoord, protagonista del gruppo K di Europa League per le scommesse calcio, facendo tripudiare l’intera tifoseria. O almeno, era così fin quando gli accessi negli stadi erano liberi.

*Il testo dell'articolo è di Federico Cenci; le immagini di Domenico Stinellis e Giulio Broglio (AP Photo).

October 14, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Ibra e Ribery, simboli della crisi della Serie A!

“Non siamo il cimitero degli elefanti” fu la battuta che a fine 2014 filtrò dalle segrete stanze di Trigoria per allontanare la suggestione di un clamoroso ingaggio di Zlatan Ibrahimovic da parte della Roma nel successivo mercato invernale. Il club giallorosso ai tempi ragionava solo in termini di giocatori dalla busta paga leggera, non troppo anziani, da valorizzare e monetizzare.

E per di più annoverava già nelle proprie fila un attaccante, avviato – secondo una valutazione aziendale non proprio romantica - verso il tramonto calcistico: Francesco Totti

Pensionati d'oro

Per la cronaca lo storico capitano smise tre anni dopo fra singhiozzi e lucciconi, con in testa il pensiero, mai nascosto, di poter ancora dire la sua nonostante i 40 anni suonati. E come dargli torto. Una Serie A in piena crisi tecnica ed economica oggi rifulge solo delle giocate di nomi altisonanti a un passo dalla pensione che solo una manciata di stagioni fa avrebbero concluso le proprie attività a suon di milioni in compagini dei “campionati in via di sviluppo” di Stati Uniti, Medio ed estremo Oriente.

Gli esempi sono quelli dello stesso Ibrahimovic (39 anni), di Frank Ribery (37) e del rientrato Gianluigi Buffon (42). Ma, estendendo a profili più giovani, anche di Pedro (33), venuto a Roma – citando le parole dell’Ad giallorosso Guido Fienga – per “dare alla squadra uno spirito vincente”. 

Strategie a perdere

Dove non arrivano le esigenze economiche, di un marketing stile figurine Panini e di botteghino (quando si potrà) dei club ci pensa la naturale idiosincrasia per le scelte progettuali di allenatori come Antonio Conte, che nell’ossessione di costruire un istant team pronto a cucirsi subito lo scudetto sul petto si affida all’esperienza di Ashley Young (35) e Alexander Kolarov (34). Per non parlare della telenovela Dzeko (34), inossidabile bomber che Andrea Pirlo avrebbe voluto come partner di Cristiano Ronaldo.

Il derby di Milano è inserito nel Toto8 settimanale!

Lo stesso asso portoghese (35) può essere considerato uno dei simboli del cambio di paradigma che allontana la serie A dalle più importanti leghe europee e la avvicina a quelle esotiche e nordamericane. Fuori dal progetto del Real Madrid, per motivi anagrafici e d’ingaggio, il tre volte Pallone d’oro si è accasato alla Juventus nel 2018 spuntando uno stipendio da 31 milioni l’anno. Un azzardo finanziario che provocò la rottura fra Andrea Agnelli e l’allora Ad bianconero Beppe Marotta, di tutt’altro avviso circa la strada da seguire per arrivare alla Champions.  

Anni d'oro

Il campionato italiano che oggi cerca di uscire dalla crisi di appeal internazionale affidandosi ai “grandi vecchi” del calcio mondiale è lo stesso che, nei suoi anni d’oro (in particolare '90 e 2000) se ne liberava per fare spazio ai maggiori talenti che il calcio producesse. Parliamo di un sistema che riusciva ad assicurarsi assoluti crack come Ronaldo “il fenomeno” a 21 anni, Andriy Shevchenko a 23, Gabriel Omar Batistuta a 22, Hernan Crespo a 21.

Il caso emblematico è, però, quello di Zinedine Zidane. Arrivato alla Juve dal Bordeaux a 24 anni per 7,5 miliardi di vecchie lire, dopo due scudetti, una supercoppa italiana, 212 presente e 31 reti fu ceduto al Real Madrid a 29 per la cifra record di 150 miliardi. Incasso con cui la società di Torino riuscì a porre le basi di un mercato straordinario: Buffon (23 anni, 105 miliardi), Lilian Thuram (29, 70 miliardi), Pavel Nedved (stessa età e prezzo di Thuram) e Marcelo Salas (27 anni, 25 miliardi). E via con un nuovo ciclo.  

La Premier italiana

Come non ricordare, poi, la lunga fase che vide grandi illustri rappresentanti del calcio italiano uscire dai confini nazionali per trasformarsi in autentici protagonisti in Premier League fra il 1996 e il 1997? Si può dire che la parabola del Chelsea, prima dell’arrivo di Abramovich, sia cominciata con i gol di Gianluca Vialli (arrivato a 32 anni), le geometrie di Roberto Di Matteo (26) e le giocate Gianfranco Zola (30).

Quest’ultimo, fra l’altro, dopo 59 reti in 229 partite è tuttora considerato uno dei più grandi giocatori della storia dei Blues. E poi ancora Fabrizio Ravanelli (17 gol in 37 gare nel Middlesbrough) dove giunse a 28 anni, dopo essere stato primo marcatore della finale di Roma per le scommesse Champions . Ancora, Paolo Di Canio (fra i simboli del West Ham) e Marco Negri, nel 1998 diventato capocannoniere della Scottish premier division (32 reti) con i Glasgow Rangers. 

*Il testo dell'articolo è di Luca La Mantia; la foto di Darko Vojinovic (AP Photo).

October 13, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off

Quando la rivincita è un piatto servito caldo

Riuscirà la Croazia tra le mura amiche del Maksimir di Zagabria a scacciare gli spettri che le aleggiano attorno dal 15 luglio 2018? Già, perché il primo precedente dei balcanici contro i blues, dopo la sconfitta nella finale del Mondiale di Russia, è stato una sorta di spiacevole rewind.

Nell’andata dell’incontro valevole per il girone C della Nations League, l’8 settembre scorso, la Francia si è imposta con il medesimo risultato di due anni prima, stavolta allo Stade de France: 4 a 2. Entrambi i poker hanno avuto un marcatore comune: Antoine Griezmann, assurto a vero e proprio incubo dei croati.

Francia - Italia

Spagna - Olanda

Argentina - Germania

Francia - Brasile

Brasile - Italia

La rapida rivincita del 2006

Eppure, negli ultimi trent’anni, il primo precedente tra due Nazionali che poco prima si erano affrontate in una finale di un Mondiale, ha spesso avuto il sapore della vendetta. Lo sanno bene gli stessi francesi. Le lancette dei ricordi ritornano allora a quattordici anni fa: estate 2006, in luglio il trionfo dell’Italia a Berlino, sancito dalla lotteria dei calci di rigore dopo una sfida terminata 1 a 1 e caratterizzata dall’ormai iconica testata di Zidane a Materazzi. È una sconfitta, per i Galletti, resa ancora più amara dal fatto di averla subita da parte dei cugini italiani.

Ma l’occasione per una rivincita il destino la offre presto: meno di due mesi dopo è già ora delle qualificazioni agli Europei di Austria e Svizzera del 2008. Francia e Italia capitano tutt’e due nel girone B. Il nuovo faccia a faccia tra le due Nazionali si disputa a Parigi, dove un’Italia irriconoscibile viene irretita da una Francia gagliarda: il risultato finale recita 3 a 1 per i padroni di casa. Per gli azzurri, che all’esordio delle qualificazioni non erano andati al di là dell’1 a 1 in casa con la Lituania, la strada verso l’Europeo si fa in salita.

Vendetta in goleada

Ancora più robusta è la rivincita che i Paesi Bassi si tolgono la soddisfazione di prendersi contro la Spagna dopo la finale del Mondiale, terminata 1 a 0 per la Roja l’11 luglio 2010 a Johannesburg, in Sudafrica. È il 2014, le due finaliste si ritrovano a Bahia, in Brasile, in una gara valida per il Gruppo B della fase eliminatoria del Mondiale verdeoro.

Eppure gli uomini di Del Bosque passano in vantaggio dagli undici metri con Xabi Alonso al 27esimo del primo tempo. Al termine della prima frazione, Van Persie accorcia però le distanze. E poi, nel secondo tempo è goleada orange con Robben, ancora Van Persie, De Vrij e di nuovo Robben a suggellare il 5 a 1 e la candidatura olandese per la vittoria finale.

Da una finale all’altra: la rivincita tedesca

Di misura ma dall’importanza nettamente maggiore è la rivincita che la Germania Ovest si prende con l’Argentina all’Olimpico di Roma nella finale di Italia ‘90. Quattro anni prima, nel tripudio dell’Atzeca di Città del Messico, l’albiceleste di Maradona aveva battuto la Germania Ovest per 3 a 2.

La musica cambia «sotto un cielo di un’estate italiana», per dirla con Bennato e Nannini: l’8 luglio 1990, a sette minuti dal termine della partita, il centravanti tedesco Voeller, che all’Olimpico è di casa con la maglia della Roma, viene steso in area avversaria dall’udinese Sensini. L’arbitro fischia il rigore che l’interista Brehme trasforma. Per la Germania una vittoria che travalica il confine sportivo, in attesa di un’agognata unità nazionale dopo la caduta del muro di Berlino nel novembre ‘89.

Le rivincite in Confederantions Cup

È sempre Germania protagonista nel giugno 2005. Ma stavolta il risultato non sorride ai tedeschi. Tre anni prima, a Yokohama, una doppietta di Ronaldo aveva consegnato la Coppa del Mondo tra le mani del Brasile, battendo in finale proprio i tedeschi. Tre anni dopo, semifinale di Confederations Cup, la regola della vendetta non funziona: sono ancora i verdeoro a imporsi, dopo una partita terminata 3 a 2 con Adriano primo e doppio marcatore per le scommesse calcio al termine di un caleidoscopio di emozioni in quel di Norimberga.

Dopo la finale del 1998 in Francia, nel 2001 è sempre una semifinale di Confederations Cup, stavolta al Suwon World Cup Stadium, in Corea del Sud, ed è sempre il Brasile a uscire sconfitto: un destro di Pires e un colpo di testa di Desailly sono separati da una punizione di Menezes, nel suo unico gol in maglia verdeoro: 2 a 1.

Ma il faccia a faccia tra recenti finaliste può anche finire in parità, ovvio. L’8 giugno 1997 partorisce uno scoppiettante 3 a 3 la gara tra Italia e Brasile valida per il Torneo di Francia, una sorta di anticamera del Mondiale che si disputerà in terra transalpina un anno dopo. Pareggio tra le due Nazionali, a reti bianche, anche tre anni prima a Pasadena: ma in quella sfida fu fatale l’errore di Baggio ai rigori.

Un altro spettro, quel pallone calciato sopra la traversa, che si aggira nella storia del football.
 

*Il testo dell'articolo è di Federico Cenci; la foto di Francois Mori (AP Photo).

October 13, 2020
888sport
Body

The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

factcheck
Off
hidemainimage
show
Hide sidebar
show
Fullwidth Page
Off