Sorteggi EL, sorride la Roma: insidie per Milan e Napoli

Dopo l’ottimo sorteggio della Champions League per le italiane, anche l’Europa League ha regalato dei sorrisi, specialmente alla Roma. Percorso leggermente più complicato per Napoli e Milan, che, in ogni caso, partono con i favori del pronostico. La prima squadra ad essere sorteggiata nell’urna di Ginevra è stata proprio la Roma di Paulo Fonseca, inserita subito nel gruppo A. I giallorossi dovranno vedersela con Young Boys, Cluj e CSKA Sofia.

Un sorteggio molto positivo, anche se non bisogna sottovalutare le insidie che arrivano soprattutto dallo Young Boys e dal Cluj. Gli svizzeri sono reduci dal titolo nazionale nella passata stagione e hanno fallito l’accesso alla Champions League, perdendo al playoff contro il Midtjylland per 3-0. Il successo, sempre per 3-0, contro il Tirana ha dato allo Young Boys il pass per questa Europa League e attenzione al campo sintetico e ad alcune individualità che possono mettere in difficoltà la Roma.

Il Cluj invece torna nella Capitale un anno dopo aver affrontato la Lazio nella passata edizione dell’Europa League, strappando il passaggio del turno proprio a discapito dei biancocelesti. Dalla quarta fascia è stata sorteggiato il CSKA Sofia, squadra che ha sorpreso nel playoff, eliminando il Basilea vincendo in terra svizzera 1-3. 

Napoli

L’altra italiana in prima fascia era il Napoli di Rino Gattuso, e gli azzurri dovranno affrontare delle formazionidi buona qualità. A cominciare dalla Real Sociedad, squadra che vuole crescere anche a livello europeo. L’arrivo in estate di David Silva, promesso sposo della Lazio, dimostra quanto la Real Sociedad vuole crescere e stupire anche in Europa League. Squadra giovane e di talento è invece l’AZ Alkmaar, che lo scorso anno ha sfiorato l’impresa in Eredivisie.

Al momento dello stop sancito dalla federazione olandese, infatti, la giovane squadra di Alkmaar si stava giocando il primo posto con l’Ajax. Nonostante le tante voci di mercato l’AZ ha avuto la forza di tenere i suoi big, da Boadu a Stengs fino al capitano Koopmeiners. Probabile fanalino di coda il Rijeka, passato dai playoff battendo 1-0 il Copenhagen in Danimarca. I croati non sembrano avere la qualità per tenere il passo di Napoli, Real Sociedad ed AZ Alkmaar, che si giocheranno i due posti per il passaggio del turno. 

Milan

Dopo la clamorosa sfida in Portogallo contro il Rio Ave, il Milan ha ottenuto il pass per l’Europa League. Al sorteggio i rossoneri erano in terza fascia, e potevano sicuramente incontrare squadre di alto livello. Il girone della squadra di Pioli è sicuramente equilibrato, con Ibra e compagni che partono però con il favore del pronostico.

Tutte e quattro le squadre possono passare il turno, a cominciare dal Celtic che è la testa di serie di questo girone. Gli scozzesi guidati da Edouard in attacco vogliono passare il turno, proprio come fatto lo scorso anno. Sparta Praga e Lille possono fare molto bene. I francesi non potranno contare su Osimhen e Gabriel, ceduti rispettivamente a Napoli ed Arsenal. I cechi invece tornano in Europa League dopo tre eliminazioni consecutive nei preliminari, l’ultima apparizione è datata 2016/17 quando incontrò l’Inter nel girone. 

Il tabellone completo!

Le altre

Girone sulla carta agevole per le tre inglesi, Leicester, Arsenal e Tottenham, favorite per le scommesse Europa League per la finale di Danzica! Le Foxes si giocheranno il primo posto con il Braga, mentre le due londinesi dovrebbero avere vita facile e chiudere in vetta alla classifica la fase a gironi.

Interessante il gruppo C, dove il Leverkusen senza Kai Havertz dovrà giocarsi il passaggio del turno con il Nizza e lo Slavia Praga. Dopo la delusione dell’eliminazione dalla Champions League ai preliminari, il Benfica è la favorita del gruppo D insieme ai Rangers di Steven Gerrard, mentre nel gruppo E il PSV non dovrebbe soffrire contro PAOK, Granada e Omonoia.

Girone piuttosto agevole anche per il Villarreal, che con l’arrivo di Unai Emery in panchina si candida a possibile sorpresa di questa Europa League visti i tre successi del tecnico spagnolo in questa competizione alla guida del Siviglia.

Regna l’equilibrio nel gruppo K dove CSKA Mosca, Dinamo Zagabria e Feyenoord si giocheranno il passaggio del turno mentre il Wolfsberg difficilmente potrà lottare per un posto nei sedicesimi di finale. Il sorteggio si chiude con il gruppo L dove sembra favorito l’Hoffenheim, su Gent, Slovan Liberec e la Stella Rossa guidata da Dejan Stankovic. 

*L'immagine di apertura è di Daniel Cole (AP Photo). Le quote citate sono aggiornate al 3 ottobre 2020.

October 3, 2020
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Quei “re per una notte”

L’urna di Nyon dei gruppi di Europa League 2020 è stata per i tifosi romanisti all’insegna dell’amarcord. Nel girone A della seconda competizione continentale la squadra di Fonseca è stata inserita, oltre che con gli svizzeri dello Young Boys (sfida inedita), con i rumeni del Cluji (affrontati in Champions League nel 2009) e con i bulgari del Cska Sofia (due precedenti: in Coppa Campioni nel 1983 e in Europa League nel 2010).

«Grazie, Perrotta!»

I più attenti ricorderanno della trasferta in Bulgaria di dieci anni fa la maglia nera indossata dall’undici allenato da mister Ranieri, un’agevole vittoria della Roma per 3 a 0, la doppietta di Cerci nonché la rete del giovane Filippo Scardina. Quest’ultimo è il classico “re per una notte” di cui è piena la storia del calcio: giocatori che assaporano una gloria estemporanea per poi tornare nell’oblio dei palcoscenici più importanti.

Forte di una qualificazione già archiviata, l’allenatore di San Saba decide di portare a Sofia, per l’ultima e ininfluente partita del girone eliminatorio, un paio di elementi del settore giovanile. Nel secondo tempo, a vittoria ormai messa in ghiacciaia, i due vengono mandati in campo: l’ala Pettinari prese il posto del mattatore Cerci, mentre il centravanti Scardina subentrò ad Okaka.

Classe ‘92, Scardina impiega appena otto minuti per farsi conoscere: assist di un generoso Simone Perrotta e gol del gioiello romanista. A fine partita, un giubileo di emozioni: «Grazie, Perrotta! Con quel passaggio mi ha permesso di vivere un’emozione che non dimenticherò mai». In effetti, quella marcatura resterà l’unico acuto di Scardina non solo in maglia giallorossa, ma in generale nel calcio che conta. Il girovagare negli anni in Serie C, ha portato l’attaccante romano ad accasarsi nell’estate 2020 alla Pergolettese.

Per le scommesse Europa League, Arsenal e Tottenham favorite per la vittoria finale. La Roma si gioca @19!

De Sousa, protagonista letterario

Da una riva all’altra del Tevere, sempre a proposito di centravanti, ha vissuto un’esperienza simile Claudio De Sousa. Papà angolano e mamma marchigiana, centravanti in grado di giocare anche come esterno d’attacco, cresce nelle giovanili della Lodigiani, e fa parte di un'operazione di mercato con la quale la Lazio si assicura due baby fenomeni: Claudio, appunto, ed il portiere Alessio De Angelis.

Nel 2004, a 19 anni, esordisce in Serie A contro il Milan. Alla seconda presenza, all’Olimpico contro il Messina, De Sousa realizza la rete del definitivo 2 a 0. mandando sotto al sette un pallone servito da Goran Pandev. Per il giovane cresciuto nella periferia romana è il coronamento di un sogno. A fine partita l’idolo della tifoseria laziale, Paolo Di Canio, lo prende sotto braccio e lo accompagna sotto la Nord a raccogliere la meritata ovazione.

Anche per De Sousa, però, la consacrazione con la squadra da cui è partito non avverrà mai. Va in prestito al Torino, in Serie B, dove colleziona poche presenze (segnando anche un gol), poi un lungo viaggio prima in B, poi in C, a causa anche di una grave e sfortunata lesione ad un piede. Oggi milita nell’Ostia Mare, in Serie D. L’ex promessa del vivaio laziale è anche il protagonista del romanzo “Sul ciglio del dirupo”, di Emiliano Reali, che ne racconta le iniziali difficoltà d’integrazione e poi la sua affermazione come uomo.

Derby indimenticabile

Un romanzo ma distopico, per i tifosi dell’Inter, è la sconfitta per 6 a 0 in un derby contro il Milan datata 11 maggio 2001. Eroe di quella mattanza rossonera ai danni dei cugini è un certo Gianni Comandini. Cresciuto nel fiorente settore giovanile del Cesena, l’attaccante classe ‘77 arriva a Milanello nell’estate del 2000, prelevato per l’importante cifra di 20 miliardi dal Vicenza, con cui ha ben figurato siglando 20 reti su 34 presenze.

In una stagione piuttosto anonima per i Diavoli, Comandini resta all’ombra di campioni come Shevchenko e Bierhoff, ma anche del primo rincalzo d’attacco, lo spagnolo José Mari. Il centravanti romagnolo riesce però a ritagliarsi un posto nel cuore dei tifosi milanisti grazie a quella indimenticabile doppietta all’Inter: il primo nella storia a segnare due gol nel suo esordio in un derby.

A fine stagione passa all’Atalanta per 30 miliardi (esborso che la società bergamasca non aveva mai fatto prima per un calciatore), ma non riesce a sfondare. Comandini si ritira a soli 28 anni, dopo aver vestito la maglia rossoverde della Ternana. Oggi fa il dj.

Da San Siro a Mapello

A proposito di musica, una traccia romantica sarebbe il sottofondo ideale per descrivere l’esordio in Serie A di Nello Russo. Attaccante nato nell’hinterland milanese, viene lanciato 18enne da mister Lippi in un pomeriggio del dicembre 1999 che vede, nel tempio di San Siro, i nerazzurri ospitare l’Udinese. Nei minuti finali, grazie a un assist involontario di Christian Vieri, Russo deposita in rete sigillando il risultato sul 3 a 0.

L’esultanza è eloquente: sguardo verso la porta per verificare che la palla abbia davvero varcato la linea e poi mani tra i capelli e sul volto, quasi a non crederci, forse ad asciugare qualche lacrima. La storia di Nello Russo in Serie A, già accennata su questo blog, è tutta racchiusa in questo gesto d’emozione, non c’è nient’altro. Nel 2014 ha appeso gli scarpini al chiodo, dopo aver concluso la carriera con i dilettanti del MapelloBonate.

*Il testo dell'articolo è di Federico Cenci. L'immagine di apertura, distribuita da AP Photo, è di Anton Uzunov.

October 3, 2020
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Jorginho, il numero 8 insostituibile 

Tra i vezzi dell’Hellas Verona degli ultimi anni fatti di sali e scendi dalla Serie A e B, è rimasta sempre inalterata una buona abitudine: quella di regalare al calcio italiano giovani estremamente interessanti.

Se ricordiamo bene, l’attuale e imprescindibile regista della nazionale italiana Jorginho, è partito proprio dalle giovanili del club scaligero fino al debutto nella massima serie, esclusa una piccola parentesi al Sassuolo per il Torneo di Viareggio e il prestito alla Sambonifacese, maturato nella fase di upgrade tra Primavera e prima squadra, come spesso accade. 

A sorprendere, di Jorginho, sono tecnica, pulizia nei fondamentali e inamovibilità tattica. Sia con la Nazionale che col Napoli di Maurizio Sarri, il numero 8 si è reso metronomo della squadra. 

Ma come ha fatto l’oriundo a diventare così imprescindibile? 

La mentalità di Jorginho: attaccare per difendere
“Con il nostro allenatore (Maurizio Sarri, ndr) mi trovo benissimo. La mentalità del mister è la stessa mia, a me piace pressare e recuperare palla in avanti”.

Avere allenatori che hanno creduto nella sua centralità tattica e nel suo modo pulito e semplice di trovare soluzioni di passaggio per i compagni, è stato sempre importante per Jorginho. 
È successo con Sarri, con cui condivideva la concezione offensiva della fase difensiva, e sta succedendo con Roberto Mancini, anche quest’ultimo esteta favorevole a una mentalità proattiva. 

Non è successo con Rafa Benitez al primo anno di Napoli. L’allenatore spagnolo lo relegò in panchina dopo la perdita di fiducia scatenata dalla vacanza di Jorginho di un mese in Brasile. Periodo di stop in cui il centrocampista ha ammesso di aver praticamente abbandonato gli allenamenti personali, lasciandosi andare col cibo.  

Il professore Jorginho: lo studio dei compagni 

Il talento di Jorginho, per quanto lineare e limpido, è stato levigato già dai primi anni di vita.
A 4 anni sua madre, ex calciatrice e trequartista brasiliana lo portava sulle spiagge della sua Imbituba per allenarlo nei fondamentali e sulla parte fisica. Condizione molto particolare essere allenati e avviati al calcio dalla propria madre per giunta calciatrice, ma è proprio la natura inusuale che rende questa parte di storia di Jorginho affascinante. 

Nel gioco di Jorginho conta molto la conoscenza dei propri compagni, soprattutto quelli che lo affiancano nel centrocampo a 3 con due mezzali che lo stesso centrocampista ha sempre ammesso di preferire ad altre soluzioni in campo. 
Così come ha ammesso di studiare i video e quindi i movimenti dei compagni di squadra quando non è ad allenarsi. 

Una conoscenza maniacale che gli permette di sapere come impostare alcune giocate, prevedere lo sviluppo dell’azione di gioco ed essere a suo agio nel ruolo di regista.    

La precisione di Jorginho 

Giocare in mezzo al campo è uno dei ruoli probabilmente più cervellotici nel gioco del calcio.
Una posizione in cui è naturale dover toccare tanti palloni ed effettuare parecchi passaggi. Tutto quello che compete a un centrocampista per fare da filtro tra il reparto più avanzato e quello più arretrato.

È ciò che si avvera nel gioco di Jorginho, ma sorprende la precisione assoluta, fattore che non cala di fronte a un numero di palloni toccati enorme rispetto ad altri colleghi.

Nella stagione in cui abbiamo acceso tutti i riflettori sul suo talento, quella del 2015 – 2016, Jorginho ha realizzato proprio contro la sua ex squadra, l’Hellas Verona, il record di palloni toccati in una partita: 210 volte. All’epoca fu record degli ultimi 10 anni tra i Top 5 campionati europei. 

Mica male, soprattutto se all’aumentare di palle toccate e passaggi effettuati la precisione non cala. È proprio questo che rende speciale Jorginho e che gli vale l’aggettivo di imprescindibile in un sistema tattico di un certo tipo.

Rigorista praticamente infallibile con il famoso saltello al termine della rincorsa, il regista del Chelsea è sempre un'opzione valida come primo marcatore nelle scommesse online!

Considerando l’età del centrocampista, 29 anni il 20 dicembre 2020, più che un’evoluzione ulteriore possiamo aspettarci un consolidamento tra i migliori centrocampisti del mondo almeno per altri 3-4 anni, in un altro top club qualora decidesse di lasciare il Chelsea.

Jorginho è senso estetico per il calcio senza la necessità di strafare o cercare la giocata esuberante. Un tattico italiano con i piedi di un brasiliano. Un grande giocatore insomma, parola di chi di numeri 8 se ne intende. 

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer.

 
October 2, 2020
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Sorteggio Champions, dopo 9 anni torna la sfida Messi-CR7: e le italiane sorridono

Mai come il 1 ottobre 2020 il sorteggio della Champions League è stato positivo per le italiane. Tutte e quattro le protagoniste hanno chance di passare, a cominciare, naturalmente, dalla Juventus che, avendo vinto il nono campionato consecutivo, si è presentata al sorteggio in prima fascia.

Affascinante, epica, la sfida tra Messi e Cristiano Ronaldo, che in Champions League manca da nove anni. I due fenomeni si affronteranno per la prima volta in una fase a gironi, e, sicuramente, sarà il doppio incontro più seguito della prima fase della Champions League.

Il gruppo della Juve!

La Juve si giocherà con i blaugrana il primato in un girone dove non sembrano in discussione i primi due posti. Dinamo Kiev e Ferencvaros si giocheranno il pass per l’Europa League. 

Per le scommesse online, la Champions 2021 a Messi e compagni si gioca @12!

INTER

Forse il girone più equilibrato è quello dell’Inter; anche qui ci sono due squadre favorite per il passaggio del turno. I nerazzurri proveranno a contendere la leadership del gruppo al Real Madrid di Zinedine Zidane, reduce da un mercato che non ha portato grandi innesti.

I blancos non partono come possibile favorita per questa Champions, ma la loro esperienza può fare la differenza. Alle loro spalle due squadre con talento come Shakhtar e Borussia Monchengladbach, entrambe però con delle evidenti lacune in fase difensiva. I nerazzurri dopo due terzi posti consecutivi ai gironi di Champions hanno ora, finalmente, la possibilità di strappare il pass per gli ottavi di finale di Champions League. 

ATALANTA

Quanta storia per la Dea. Nel gruppo D è il Liverpool di Jurgen Klopp l’ovvia favorita per il primo posto. I Reds hanno aggiunto Thiago Alcantara e Diogo Jota a una rosa che nella scorsa stagione ha dominato la Premier ed è uscita a sorprese per le scommesse Champions League in casa agli ottavi contro l'Atletico.

Dopo aver vinto l'edizione 2019 ed essere tornati sul tetto d’Inghilterra la stagione successiva, il Liverpool punta a vincere tutto e ha le carte in regola per farlo. L’Atalanta si giocherà le sue carte per il passaggio del turno contro l’Ajax, che anche quest’anno ha venduto diversi talenti.

Gli addii di Ziyech, van de Beek e Dest hanno decisamente indebolito la squadra di Amsterdam, che non è più lo spauracchio di due anni fa. La Dea di Gasperini, che ha iniziato fortissimo anche quest’anno, può veramente strappare la seconda qualificazione consecutiva agli ottavi di finale di Champions League. 

LAZIO 

Forse il miglior sorteggio in assoluto lo ha avuto la Lazio di Simone Inzaghi. I biancocelesti infatti sono capitati nel girone dello Zenit, la squadra della prima fascia che praticamente tutte volevano incontrare. I russi sono reduci da due titoli nazionali consecutivi, ma in Europa non hanno entusiasmato.

I favori del pronostico nel gruppo F vanno inevitabilmente verso Dortmund, con gli “enfant prodige” del Borussia che vogliono dare spettacolo anche in Europa. Haaland e compagni dopo l’eliminazione agli ottavi dello scorso anno vogliono migliorare ed entrare almeno tra le migliori otto della Champions. L’altra squadra è il Bruges, squadra campione di Belgio che lo scorso anno ha chiuso al terzo posto nel girone A della Champions League. 

GLI ALTRI GIRONI

Senza dubbio il gruppo più entusiasmante è quello composto da Paris Saint Germain, Manchester United, Lipsia e Istanbul Basaksehir. I turchi sembrano ormai una vittima sacrificale, mentre i tedeschi dopo la semifinale dello scorso dovranno sudare la qualificazione agli ottavi. PSG e United partono favorite, ma Nagelsmann vuole stupire ancora una volta.

Il gruppo H della Champions League!

Pronostico apparentemente chiuso nel gruppo A dove i campioni in carica del Bayern Monaco si giocano il primo posto con l’Atletico Madrid del Cholo Simeone, una delle possibile opzioni di scommesse calcio per questa Champions. Il Salisburgo può strappare il terzo posto per scendere in Europa League e se lo giocherà con la Lokomotiv Mosca.

Nel gruppo C c’è tanto equilibrio alle spalle del Manchester City di Guardiola che è la netta favorita per il primo posto. Porto, Marsiglia e Olympiakos si giocheranno il passaggio del turno, con i portoghesi allenati da Sergio Conceicao che al momento sembrerebbero i favoriti.

Siviglia e Chelsea sono le due teste di serie nel gruppo E, con il Rennes pronto a stupire con i suoi giovani guidati dal gioiellino Camavinga. Il girone viene chiuso dai russi del Krasnodar, che con ogni probabilità si giocheranno proprio con la squadra della Bretagna il passaggio in Europa League. 
 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Armando Franca (AP Photo). Tutte le quote citate sono aggiornate al 2 ottobre 2020.

 
October 2, 2020
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Quando le neopromosse si affidano alle stelle!


Quanto conta il "grande nome" nella lotta per non retrocedere? Conviene affidarsi alla stella per un obiettivo tanto delicato oppure meglio puntare sul collettivo, un gruppo cosiddetto "monolitico", magari premiando la rosa della promozione dalla Serie B? In questo caso analizzeremo la prima opzione, applicata alle ultimissime esperienze di Serie A, partendo dall'esempio che sta fornendo il Benevento...

2020-2021 BENEVENTO

La facoltosa dirigenza patrocinata da Oreste Vigorito sta investendo davvero tanti quattrini per consegnare a Filippo Inzaghi una rosa altamente competitiva per mantenere la Serie A e fare in modo che la salvezza da conquistare sia la più tranquilla possibile: ecco allora gli attaccanti Gianluca Lapadula e Gianluca Caprari, i centrocampisti Artur Ionita e Bryan Dabo, il terzino sinistro, ex Anderlecht, Daam Foulon.

Nomi di un certo spessore, ingredienti per una torta ricca e saziante. Su cui applicare in sommità due ciliegine di lusso: la prima è Kamil Glik. colonna difensiva di Torino prima e Monaco nelle ultime quattro stagione. La seconda, sempre a proposito di Toro, è Iago Falque, giocatore dal piede fatato, specialista sui calci piazzati, pedina che farebbe certamente comodo per le formazioni in lotta per l'Europa. In tanti, sono pronti a scommettere che questo Benevento possa piazzarsi al primo posto della colonna di destra della classifica. E magari, chissà, sconfinare in quella sinistra.

2019-2020 BRESCIA 

Operazione di mercato da figliol prodigo. Partito dalla vicina Lumezzane e passato per Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, ancora Milan, Nizza, e Olympique Marsiglia, Super Mario torna con un autentico plebiscito nella sua città. Dove, invero, non aveva mai giocato: una "responsabilità" come ammesso dallo stesso Balotelli, che però - evidentemente - non ha saputo rispettare. La sensazione, tuttavia, è che - almeno in questo caso - la famigerate "Balotellate" c'entrino poco o nulla.

Mario finisce fuori rosa e prende peso nella seconda parte di una stagione tormentata, tuttavia, dai cambi di umore del presidente Massimo Cellino e dai continui cambi tecnici tra Eugenio Corini, Fabio Grosso, ancora Corini e Diego Lopez. E, fondamentalmente, da una rosa assolutamente non altezza, dopo il tanto sospirato ritorno nella massima serie.

Semmai si può rimproverare Balotelli di essersi svincolato dalla figura del trascinatore, di cui l'organico delle Rondinelle (tornate immediatamente in cadetteria al penultimo posto) avrebbe avuto tanto bisogno. Alla fine, il responso parla di 19 presenze e 5 reti realizzate.

2018-2019 PARMA 

Lo si era dato per "finito" dopo le ultime due stagioni col freno a mano tirato in Cina, all'Hebei, destinazione che aveva abbracciato a portafogli aperto dopo aver salutato la Roma. Invece, tornato in Serie A in veste dell'attaccante più rappresentativo di un Parma, Gervinho dimostra di essere ancora dotato di quelle incredibili accelerazioni brucianti, tutto campo, che scardinano le difese avversarie.

Risultato? 30 presenze, 11 gol e una salvezza più che mai tranquilla dei ducali. Quella salvezza che gli esperti di scommesse serie A non danno assolutamente per scontata per maggio 2021...

 

2016-2017 CAGLIARI 

Un acquisto che fa strabuzzare gli occhi quello di Bruno Alves. Il Cagliari, dopo un anno di purgatorio di Serie B, torna in A e si presenta ingaggiando un fresco campione d'Europa (in campo nella semifinale contro il Galles): il portoghese Bruno Alves, 34 anni, appena svincolatosi dal Fenerbahçe.

Centrale difensivo maestro nei colpi di testa e nei calci piazzati, Alves è stato stella nel Porto e nello Zenit San Pietroburgo. La piazza sarda va in delirio e lui la ripaga con un'annata da "insostituibile" fatta di 36 presenze e una rete realizzata a settembre contro il Bologna, neanche a dirlo, su tiro piazzato. Il Cagliari, quindi, timonato da mister Massimo Rastelli, chiude con un più che sereno undicesimo posto.

2015-2016 BOLOGNA 

Dopo il doloroso anno in B e una faticosissima promozione conquistata solo al termine dei playoff contro il Pescara, il Bologna non vuole più rischiare di abbandonare la massima serie e mette sotto contratto gente del calibro di Emanuele Giaccherini, esterno di grande esperienza e bomber Mattia Destro, che all'epoca aveva ancora un certo appeal in sede di calciomercato.

I due - specialmente Giaccherini, arrivato dal Sunderland - fanno benissimo: il laterale segna 7 gol, l'attaccante ex Roma e Milan, ne sigla 8. Il Bologna, che inizia con Delio Rossi (il quale già a fine ottobre accumula la bellezza di 8 sconfitte) e prosegue con Roberto Donadoni, chiude al 14° posto festeggiando così la permanenza in A.


*L'immagine di apertura è di Luis Vieira (AP Photo).

October 2, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Hauge e gli altri!


Un gol, un assist e una prestazione da incorniciare. Così il talentino norvegese Jens Petter Hauge si è guadagnato le attenzioni del Milan nell'arco del match preliminare di Europa League, disputata a San Siro e più ostica del previsto, contro il Bodø/Glimt.

Un'operazione di mercato che ha riportato ad altre nel passato, che si sono concretizzate attraverso veri e propri colpi di fulmine qualche giorno, qualche settimana, o qualche mese dopo lo scontro diretto in una competizione europea.

L'abbaglio Aaltonen

Non è la prima volta che accade nella storia del club rossonero, ma ci torneremo, sull'argomento. Perché la dinamica dell'operazione di mercato da poco conclusa, rimanda precisamente a quella che si concretizzò nel 1988 sull'altra sponda del Naviglio, quella nerazzurra. Il protagonista fu un altro scandinavo, anche se finlandese, l'allora 23enne Mika Aaltonen.

Centrocampista creativo col vizio del gol, nella Coppa Uefa 1987-88 aveva portato la squadra della sua città, il Tps Turku (o Turun Palloseura) ai sedicesimi di finali con una doppietta a sorpresa contro gli austriaci dell'Admira Wacker in trasferta. Ancor più sorprendente fu quello che accadde nella sfida successiva, a San Siro contro l'Inter, sconfitto in casa da un suo gol (poi rimontato nella gara di ritorno a Turku). L'allora presidente dei nerazzurri Ernesto Pellegrini se ne innamora e lo vuole portare a tutti i costi in nerazzurro già nel mese di marzo.

Tuttavia, una volta arrivato alla corte di Giovanni Trapattoni, il tecnico di Cusano Milanino non è assolutamente convinto delle sue potenzialità e, dietro a un "deve ancora maturare" che mascherava invece un "è soltanto un fuoco di paglia", lo manda immediatamente in prestito al Bellinzona. All'inizio della stagione 1988-89, quello dello scudetto dei record, Aaltonen viene girato in prestito al Bologna.

 

Ma, anche qui, si ritrova in un ambiente troppo più grande rispetto alle sue reali capacità tecniche: 4 presenze e tanti saluti in Italia, con una carriera proseguita tra le fila della seconda squadra dell'Hertha Berlino in Germania, il ritorno a Turku e un secondo tentativo all'estero, in Israele con l'Hapoel Be'er Sheva. Appende gli scarpini al chiodo al termine dell'ultima esperienza, in patria, al TPV (Tampereen Pallo-Veikot) ad appena 29 anni.

Oggi lavora in Finlandia come professore universitario. Niente male, davvero.

Le sliding doors di Ilicic

Un preliminare, proprio come Hauge fu invece "galeotto" per quanto riguarda Jospip Ilicic. Nell'estate 2010 il Palermo fu chiamato al doppio confronto contro gli sloveni del Maribor. Venne subito messo sotto contratto l'interditore Armin Bacinovic, che l'allora diesse Walter Sabatini aveva già adocchiato. Partita vinta 3-0 al "Barbera", persa 3-2 a Branik. Il secondo gol venne siglato dal 22enne Josip Ilicic.

Fu lo scout Dario Rossi, figlio del tecnico Delio, a suggerire l'acquisto di Josip, così descritto in una intervista di febbraio 2020 a Eurosport, dall'ex allenatore rosanero, il primo ad averlo in Italia: "Le due carriere sono state diverse, tra Armin e Josip. Ma Bacinovic all'epoca era già calciatore, era già pronto. Ilicic, tuttavia, ha sempre avuto una classe innata, straordinaria, ma emotivamente fragile: sbagliava un pallone e lo perdevi per tutta la partita.

Soffriva la concorrenza, all'epoca, con Javier Pastore. La sua tecnica, comunque, è qualcosa di fuori dal comune, e con la maglia dell'Atalanta ha avuto modo di confermarlo in tutte le salse".

Papin, Desailly e... Kutuzov

E torniamo, come promesso agli affari di Casa Milan. Nel 1991 e nel 1993, i rossoneri incontrano l'Olympique Marsiglia in Coppa dei Campioni. In entrambi i casi non andò bene, dolorosissima quella finale di Monaco di Baviera, persa a sorpresa per le scommesse online 1-0 per opera di Basile Boli.

Ma Silvio Berlusconi volle farne tesoro in entrambi i casi: così prima si assicurò bomber JPP, Jean Pierre Papin, poi, a pochi giorni dalla finalissima in terra di Germania, portò in rossonero un certo Marcel Desailly, trasformatosi in uno dei centrocampisti più forti "all time".

Ma ci fu anche un caso in cui non andò "come previsto": nel 2001, un sorprendente attaccante bielorusso, venne acquistato praticamente durante l'intervallo della partita di Coppa Uefa 2001 (era il 20 settembre): il suo nome? Vitali Kutuzov. Buon giocatore, sì, ma non più di un "discreto calciatore di provincia", come di fatto si è rivelato. 

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Darko Bandic (AP Photo).

September 30, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Il calcio è cambiato: Monza non è solo denaro ed acquisti milionari!

28 settembre 2018: Silvio Berlusconi scende di nuovo in campo per un nuovo miracolo italiano. No, stavolta niente politica, ma il remake di una grandissima storia di calcio. O almeno, questo è quello che sperano i tifosi del Monza. Sono passati due anni da quando l’ex presidente del Milan…e del Consiglio ha acquisito la società brianzola e il Monza affronta il campionato di Serie B da favorita.

Merito ovviamente della potenza economica del Cavaliere e dell’abilità del suo fido braccio destro Adriano Galliani, che dopo quarant’anni è tornato nella sua città per contribuire a un sogno: quella di vedere i Bagai in Serie A!

Del resto, come hanno fatto notare sia il Cavaliere che il Dottore, il Monza è una delle poche società lombarde di un certo livello a non aver mai avuto l’onore di frequentare la massima divisione del calcio tricolore. E non hanno torto, perché in rigoroso ordine alfabetico sono undici le  corregionali ad aver giocato almeno una stagione in A: Atalanta, Brescia, Como, Cremonese, Inter, Lecco, Legnano, Mantova, Milan, Pro Patria, Varese.

E l’obiettivo, neanche troppo nascosto, è quello di… fare dodici nel minor tempo possibile. Guardando al passato, sembra quasi ovvio che Berlusconi sia destinato a ripercorrere il cammino fatto con il Milan, con acquisti sensazionali e una gestione particolarmente scintillante. Ma dai suoi trent’anni in rossonero, il numero uno di Finivest ha capito una cosa: il calcio è cambiato.

Un trio consolidato

Non basta più un proprietario che spende e che spande, ma le società devono essere solida e in grado di sostenere da sole gran parte dei costi della gestione sportiva. Il che spiega alla perfezione le mosse del duo Berlusconi-Galliani nei primi due anni al Monza. La società è stata acquistata in C1 e ha subito tentato la scalata alla serie cadetta, sotto la guida di Christian Brocchi, che dopo l’esperienza in panchina al Milan nell’ultima stagione dell’era Berlusconi ha deciso di rimettersi in gioco partendo dalle serie inferiori.

Brocchi ai tempi del Milan!

La prima stagione è stata positiva, ma non è bastato per la promozione: il Monza è arrivato quinto nel suo girone ma si è fermato ai quarti di finale dei playoff contro l’Imolese. Per i brianzoli è però arrivata la soddisfazione della finalissima di Coppa Italia di Serie C, persa contro la Viterbese per i gol in trasferta.

Visto che le potenzialità c’erano, nella complicata stagione 2019/20 la società ha optato per un salto di qualità. In puro stile berlusconiano sono arrivati alcuni colpi, con l’acquisto di calciatori evidentemente di categoria superiore, come Rigoni, Belllusci, Sampirisi e Paletta, tutti con un passato in Serie A. Allo stesso tempo però il Monza non ha rivoluzionato del tutto la rosa, optando per un mix tra calciatori di esperienza e ragazzi con un buon futuro davanti.

I risultati si sono visti, perché la promozione è arrivata con una certa tranquillità. L’unico intoppo è stata la sospensione del campionato, con conseguente rischio di cancellazione dei tornei, ma quando si è deciso che i posti in Serie B sarebbero stati assegnati con il coefficiente punti, Brocchi e i suoi non potevano non salire tra i cadetti, avendo perso solo due partite delle ventisette disputate prima dello stop.

Il Monza è una società ambiziosa e quindi punta al doppio salto. Del resto la storia recente della Serie B racconta di molte realtà che sono riuscite in una doppia promozione. Frosinone, Spal, Benevento, Parma, Lecce, solo per rimanere agli ultimi cinque anni. Dunque, complice anche il salto di categoria, i biancorossi hanno potuto attrarre in organico altri calciatori… da Serie A.

L’arrivo di Boateng sposta: in fedelissimo del Milan dell’era Berlusconi, insieme a Mario Balotelli, è la ciliegina sulla torta di mercato e sposta clamorosamente i pronostici per le scommesse calcio: oltre al trequartista di Berlino sono arrivati a Monzello anche Giulio Donati, Antonino Barillà, il nazionale danese Gytkjær ed il croato Mirko Maric.

In una stagione che si presenta parecchio sui generis, le possibilità che Brocchi e i suoi riescano ad arrampicarsi fino alla massima serie non sono così poche. Anche perché il progetto Monza è tecnico, ma anche economico. Il club, nato nel 1912, è stato rifondato due volte, l’ultima delle quali nel 2015, dopo il fallimento decretato dal Tribunale e la conseguente iscrizione alla Serie D.

Una città pronta

La società che Berlusconi ha acquistato due anni fa è dunque libera da ingombranti lasciti del passato e salendo di categoria ha tutta l’intenzione di diventare protagonista anche delle rivoluzioni della Lega Calcio, non ultima quella che riguarda la fondazione della media company per la gestione dei diritti pubblicitari e di quelli audiovisivi, in puro stile Premier League.

Monza, poi, è un paesino, ma una città da oltre 120mila abitanti, un bacino d’utenza molto maggiore rispetto a quelli di alcune squadre di A. E lo stadio Brianteo, con i suoi 18mila posti, è un impianto che può tranquillamente ospitare i match della massima serie (e infatti è stato la casa del Milan femminile), oltre ad avere un certo appeal pubblicitario, come dimostra la cessione dei naming-rights dell’impianto alla U-Power.

Insomma, dalle parti di Monza forse non dovranno aspettarsi un’epopea stile Milan, con i Palloni d’Oro che atterrano al centro sportivo in elicottero e le Champions League vinte come fossero tornei di quartiere. Ma di certo il progetto lanciato da Berlusconi e dal fido Galliani ha basi solide, sia tecniche che economiche. Ora starà a Brocchi e ai calciatori dimostrare che i Bagai possono sognare la Serie A per la quale sono i favoriti insieme all'Empoli per le scommesse. Del resto, le premesse per un miracolo ci sono tutte…

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, Felice Calabrò ed Antonio Calanni.

Prima pubblicazione 30 settembre 2020.

December 5, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Il terzo in… comodo

C’era una volta il dodicesimo. Ruolo comodo: posto assicurato in panchina, radiolina all’orecchio e - all’occorrenza - copertina sulle gambe. L’intensità del calendario calcistico ha restituito dignità al secondo portiere, regalando al terzo il ruolo di attore non protagonista.

In principio fu Valerio Fiori, al tramonto del secolo scorso. Dopo una dignitosa carriera tra Lazio, Cagliari,Cesena e Piacenza, decise di appendere i guanti al chiodo accettando il ruolo di terzo portiere al Milan: stipendio assicurato, premi partita, un posto in prima fila nelle sfide di cartello in Italia e in Europa. Valerio Fiori da San Cleto all’epoca aveva trent’anni, e non sapeva minimamente che sarebbe diventato il capostipite di una corporazione, quella del terzo portiere.

Con il Milan giocò solo due partite, la prima il 24 maggio 2003, a Piacenza: è l’ultima giornata di campionato, in palio non c’è nulla, quattro giorni dopo - a Manchester - è in programma la finale di Champions League contro la Juventus. Il suo secondo incontro lo gioca in Coppa Italia, contro la Sampdoria, il 18 dicembre 2003: meno di tremila spettatori per il ritorno degli ottavi: segna - come al solito - Pippo Inzaghi.

Due presenze in nove stagioni. Ma mette in bacheca uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, due Champions League, due Supercoppe UEFA e una Coppa del Mondo per club. Gli sarebbe potuta andare peggio.

La figura del terzo portiere compare alla fine degli anni ’90: prima di allora è il ruolo che appartiene di diritto al portiere titolare della squadra Primavera. Ma, a poco a poco, gli impegni aumentano, il calendario si arricchisce di impegni, le Coppe Europee cambiano formula inserendo la fase a gironi che contempla maggiori partite in programma.

I terzi nerazzurri

Uno specialista del ruolo è stato Paolo Orlandoni, terzo storico portiere dell’Inter. La Lazio - nell’anno successivo al secondo scudetto - lo prende in prestito dalla Reggina: gioca una sola partita contro il Napoli, quella che costa la panchina a Sven Goran Eriksson. La carriera non decolla, torna in B con il Piacenza e gioca qualche stagione prima di tornare all’Inter, squadra che lo ha cresciuto nel proprio vivaio. E qui resta sette stagioni, giocando in totale sei partite.

Ha poco spazio, ma nella notte in cui l’Inter ipoteca la finale di Champions League contro il Barcellona a San Siro, lui è in panchina. Ha vinto cinque campionati, quattro Supercoppe italiane, tre Coppe Italia, una Champions League e una Coppa del Mondo per club: potrà raccontarlo ai nipoti con piena soddisfazione.

Percorso simile per Tommaso Berni, che a 31 anni decide che può anche smettere di girare l’Italia dopo aver albergato a Terni, Roma (sponda Lazio) Salerno, Braga, Genova (sponda Samp) e Torino (sponda granata); anche lui arriva ad Appiano Gentile, ma è mano fortunato di Orlandoni perché non riesce a collezionare neanche una presenza con la maglia dell’Inter. In compenso, nella stagione 201972020, si è fatto espellere due volte dalla panchina, contestando l’operato dell’arbitro di turno.

Per le scommesse calcio , l'Inter è la principale antagonista della Juve per lo Scudetto 2021!

Storie da ultima giornata

Nella Juventus, la figura del terzo portiere è stata rappresentata per anni da Carlo Pinsoglio: cresciuto nel vivaio juventino, come Orlandoni è stato a lungo tempo in prestito per poi ritornare alla casa madre. Da terzo portiere ha vinto tre scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana.

Carlo Pinsoglio, terzo portiere della Juve!

Inserito nella famosa "Lista A", finora ha giocato tre partite con la Juventus, tutte in programma nell’ultima giornata di campionato: è accaduto nel 2018, nel 2019 e nel 2020. I parenti sono avvisati, si è già prenotato per il 2021, il 23 maggio in programma c’è Bologna-Juventus, incontro che si preannuncia da gol per le scommesse

Prima di lui - a rinverdire le gesta di Massimo Piloni e Giancarlo Alessandrelli - era arrivato alla Juventus il brasiliano Rubinho: quattro scudetti consecutivi, due Supercoppe italiane e due Coppe Italia. In bacheca ha collezionato più trofei che presenze che - al termine delle quattro stagioni juventini - sono miseramente due, e come Carlo Pinsoglio, arrivano in concomitanza con l’ultima di campionato: nel 2013 scende in campo contro la Sampdoria, l’anno successivo contro il Cagliari. A essere onesti, entra a partita in corso, senza mai collezionare una presenza da titolare.

Il terzo più forte

Anche la Roma nel corso degli ultimi venti anni ha avuto figure più o meno significative che hanno ricoperto il ruolo di terzo portiere. Il rumeno Bogdan Lobont arriva nella capitale nel 2009, e resta a Trigoria nove stagioni mettendo insieme 26 presenze: è fatale la ventisettesima che corrisponde al 26 maggio 2013. Quella resta la sua ultima partita in giallorosso, pur continuando a far parte della rosa romanista fino al 2018.

Ben altra storia è quella del brasiliano Julio Sergio Bertagnoli che arriva nella capitale quando i portieri non mancano: il primo è Doni, poi c’è Arthur, e poi Lobont. Infine c’è lui, che Spalletti decide di gettare nella mischia contro la Juventus. La Roma perde, Spalletti si dimette e Ranieri lo conferma. Da questo momento in poi Julio Sergio si prende a pieno titolo il posto da titolare.

La Roma corre, vola, sfiora lo scudetto fin quando Pazzini non rompe l’incantesimo. Senza colpe e senza gloria, Julio Sergio Bertagnoli continua a essere il titolare nella stagione seguente, fin quando una serie di infortuni compromettono la sua tenuta fisica. Julio Sergio se ne va dalla capitale dopo aver accarezzato un sogno: in bacheca non è rimasto nulla, ma nell’animo ha la convinzione di essere stato - come amava ripetergli il suo tecnico Spalletti - il terzo portiere più forte del mondo.

*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Mark J. Terrill e Michael Dwyer.

September 30, 2020
simone pieretti
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Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

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NBA Finals, la sorpresa e la certezza: supersfida tra Heat e Lakers

Forse mai come quest’anno ci sarà uno scontro diametralmente opposto nelle NBA Finals. La forza di un gruppo contro le stelle, una sorpresa contro la grande attesa. I Miami Heat di coach Spoelstra sfideranno i Los Angeles Lakers nelle Finals che inizieranno nella notte di giovedì 1 ottobre.

Prima curiosità: per la prima volta nella storia della NBA alle Finals saranno presenti due squadre che lo scorso anno non hanno preso parte ai Playoff.

Gli opposti

Miami era partita con l’obiettivo di tornare nei Playoff, reduci dal decimo posto nella Eastern Conference. In estate sono stati messi a segno colpi importanti, su tutti l’arrivo di Jimmy Butler nella trade con Philadelphia. Gli Heat hanno rinunciato a Josh Richardson per avere un leader intorno al quale costruire un progetto con un gruppo molto giovane.

Altri due veterani cruciali per gli Heat sono arrivati in estate, ovvero Iguodala e Crowder. La loro leadership ha accelerato il processo di crescita dei giovani. Da Adebayo a Robinson, ai quali sono aggiunti due rookie dallo straordinario impatto come Kendrick Nunn, spettacolare nella prima fase della stagione, e, soprattutto, Tyler Herro.

Dall’altra parte i Lakers che, dopo il decimo posto nella Western Conference, hanno deciso di andare all-in portando a Los Angeles Anthony Davis in una trade nella quale, rischiando, hanno rinunciato a Ingram, Lonzo Ball e Josh Hart. L’impatto dell’ex Pelicans è stato straordinario ed intorno a LeBron James ed il suo nuovo partner i Lakers hanno costruito le loro fortune. La forza del gruppo degli Heat contro le individualità dei Lakers, gireranno lì queste Finals. 

Il percorso

Entrambe arrivano con dodici vittorie e tre sconfitte a queste Finals. I Lakers hanno sempre vinto 4-1 le loro tre serie di playoff, perdendo, a sorpresa per le scommesse NBA Gara-1 contro i Trail Blazers al loro esordio nella post-season. Quattro vittorie in fila contro Portland prima del ko, sempre in Gara-1, al secondo turno contro i Rockets. Anche qui quattro vittorie consecutive per arrivare alla finale di Conference.

Tutti si attendevano il derby di Los Angeles, invece i Clippers si sono fatti rimontare dal 3-1 dai Nuggets ed è stata Denver a sfidare i Lakers. Troppo forte il duo James-Davis per la difesa di Malone, che ha alzato bandiera bianca in cinque partite.

Dominante l’esordio playoff degli Heat, con un 7-0 iniziale che ha sorpreso tutti. Si prevedeva battaglia al primo turno contro i Pacers, invece Indiana è stata eliminata con un perentorio 4-0. Miami poi ha eliminato a sorpresa i favoriti della Eastern Conference, ovvero i Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo perdendo solamente Gara-4. Nella finale di Conference contro i Celtics sono servite sei partite agli Heat per strappare il pass per le Finals. 

Curiosità

Sarà il primo confronto alle Finals tra gli Heat e i Lakers, due franchigie con una storia diametralmente opposta. Miami ha fatto il suo esordio nella NBA nel 1988, subito dopo l’undicesimo titolo NBA vinto dai Los Angeles Lakers nelle Finals contro i Detroit Pistons. Il protagonista della serie sarà LeBron James, non solo per cifra tecnica, ma anche in considerazione che a Miami ha vinto i suoi primi due titoli con la maglia degli Heat nel 2012 e nel 2013.

“Il Prescelto” avrà bisogno dell’aiuto di Anthony Davis, quasi immarcabile in questi Playoff specialmente nelle finali di Conference contro i Nuggets.

Dall’altra parte gli Heat si affideranno alla forza del collettivo e alla strategia tattica di coach Spoelstra. Il faro dell’attacco sarà Jimmy Butler, ma non sarà per forza lui l’accentratore del gioco degli Heat. Si sfrutterà la fisicità di Adebayo e la potenza di fuoco da tre punti di Herro e Robinson, mentre in difesa Iguodala e Butler lavoreranno su LeBron mentre Adebayo difenderà su Davis.

Difficile non dare per favoriti i Los Angeles Lakers, ma gli Heat possono sfruttare quello che all’apparenza è un mismatch sulla panchina. Coach Spoelstra è infatti alla sua quinta finale NBA in carriera, mentre coach Vogel è all’esordio assoluto. L’esperienza però arriva tutta da LeBron, alla sua decima finale in carriera, la nona dal 2011 ad oggi. I Lakers partono dunque con il favore del pronostico, ma la quota degli Heat vincenti @3.80 per le scommesse basket può essere una vera e propria tentazione.  
 

*L'immagine di apertura è di Lynne Sladky (AP Photo). La quota indicata nell'articolo è aggiornata al 30 settembre 2020.

September 30, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Quando i tifosi prediligono l’identità ai trofei

«Mr Friedkin, vinciamo il trofeo più bello! Il nostro stemma…». Non l’arrivo di qualche grande campione, la richiesta che la parte più calda del tifo romanista ha fatto recapitare ai nuovi proprietari della società capitolina, i Friedkin, è la ricomparsa sulla maglia giallorossa dello storico logo.

Manifesti e striscioni sono stati affissi in giro per la città con un solo appello: archiviare il simbolo adottato dalla vecchia proprietà, ovvero la sagoma della lupa romana e dei due gemelli stilizzata e la scomparsa dell’amato acronimo ASR in ragione della scritta ROMA. I tifosi romanisti hanno interpretato sin da subito la riforma dello stemma come un vero e proprio affronto alla storia e alla tradizione della squadra.

Ne dà testimonianza il successo della petizione lanciata online dall’avvocato romanista Lorenzo Contucci. «Il nostro simbolo è la lupa capitolina con l’acronico ASR e non il simbolo da bancarella scelto dalla (vecchia, ndr) dirigenza americana», si legge nel testo della raccolta firme. «Crediamo che la Roma sia riconoscibile nel mondo - come del resto è sempre stato - anche con lo stemma storico», prosegue il documento sottoscritto, alla data di pubblicazione di questo articolo, da 12.650 tifosi.

La maglia della Roma in una partita di serie A contro il Cagliari!

Le firme stanno per essere consegnate in via Tolstoj, sede del club giallorosso.

Il precedente dell’Everton

In una delle fasi meno gloriose della storia della Roma, può apparire curioso che molti tifosi prediligano la riacquisizione del vecchio stemma all’allestimento di una squadra in grado di alzare trofei. Eppure, non c’è nulla di anomalo nell’istanza romantica. Più che di vittorie, il tifo calcistico si alimenta di identità e appartenenza. I romanisti non solo i soli ad aver ingaggiato una battaglia con la dirigenza del proprio club per ripristinare il vecchio stemma.

Un precedente incoraggiante giunge da Oltremanica. Nel 2013 la proprietà dell’Everton decise di svecchiare lo stemma (la Prince Rupert’s Tower) per renderlo più semplice e più facile da riprodurre. La novità provocò, tuttavia, le ire dei supporters dei Toffies, i quali lamentarono la perdita di due elementi chiave del vecchio logo: le due corone d’alloro e il motto latino «Nil Satis Nisi Optimum», traducibile come «Nulla è abbastanza se non il meglio».

Travolti dall’onda di una petizione di 22.500 firme, i dirigenti con un comunicato offrirono le loro scuse e annunciarono il ritorno un cambio di passo: «Ci dispiace di non aver chiesto a ogni tifoso su qualcosa che è così importante per ognuno di voi. È chiaro che volevate essere coinvolti nella scelta del nuovo stemma. Ci rivolgiamo a voi per aiutarci nel ridefinire e dare forma al nuovo stemma che adotteremo in futuro. Ai tifosi spetterà la decisione finale».

Per le scommesse Premier League i Toffies sono seri candidati ad un piazzamento finale che varrà l'Europa che conta!

L’affronto alla maglia del Genoa

Un lieto fine lo hanno avuto anche i tifosi del Genoa, a fine anni 90. La loro protesta, però, non fu per il cambio dello stemma, bensì per una novità introdotta nella storica maglia a quadri rosso e blu. Il nuovo sponsor tecnico, la Robe di Kappa, presentò una tenuta che fece sobbalzare i tifosi del Grifone per la presenza di una sottile linea verticale bianca che divideva la parte rossa da quella blu per dipanarsi, in alto, sotto il colletto.

Le proteste furono tali da spingere la nota azienda d’abbigliamento torinese a ritirare rapidamente la casacca. Il ricordo della prima esperienza con Robe di Kappa non dev’essere sereno per molti tifosi genoani, visto che nell’estate 2019, al ritorno del marchio sulle maglie rossoblu, alcuni di loro sui social hanno postato la foto di una vecchia maglia accompagnata da un’eloquente frase: «Ecco le maglie del Genoa da cui non ripartire». Il messaggio sembra essere stato recepito: la casacca genoana delle ultime due stagioni è semplice, lineare, fedele alla tradizione. In tre parole, gradita ai tifosi.

Lo strappo di Salisburgo    

Se la presenza di un allogeno cromatico ha fatto infuriare i tifosi del Genoa, figurarsi cosa possa accadere laddove un club decida persino di modificare i colori. È accaduto a Salisburgo, dove nel 2005 il colosso Red Bull acquisisce, anzi fagocita la squadra di calcio.

Già, perché il magnate Dietrich Mateschitz decide di modificare il nome da Sportverein Austria Salzburg in FC Red Bull Salzburg. Non sazio, cambia pure i colori: da viola a bianco si passa a biancorosso, un tinta che ricorda quella della celebre bevanda Red Bull. Un parte di tifosi non accetta e sceglie la la strada impervia ma romantica: volta le spalle al nuovo club, nonostante il potenziale ambizioso in termini di risultati, e fonda un club con il vecchio nome partendo dai dilettanti. Non competono in Champions League, ma si sono ripresi la loro identità!

*Il testo dell'articolo è di Federico Cenci. Le immagini, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Shaun Botterill e Gregorio Borgia.

September 30, 2020
888sport
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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