Bundesliga: le migliori squadre prima della sosta!

Sono stati 492 i gol realizzati nel girone di andata di una Bundesliga che, come al solito, ha regalato grandi emozioni, sorprese, giocatori rivelazione e delusioni inaspettate. Andiamo dunque a scoprire quali sono stati le cinque migliori sorprese alla pausa invernale che terminerà il prossimo 17 gennaio con l'anticipo di Gelsenkirchen Schalke '04-Borussia Mönchengladbach.


1. RB Lipsia - Il "laboratorio" di talenti guidato dal tecnico 32enne Julian Nagelsmann - che ha perfino rispolverato l'ex Roma e Sampdoria Patrick Schick - sta compiendo un autentico capolavoro lassù, in cima alla classifica del massimo campionato teutonico a 39 punti e al girone di Champions a quota 11, nel quale affronterà il Tottenham in una doppia sfida davvero equilibrata per le scommesse calcio.

Migliore attacco, con 48 reti realizzate grazie alla straordinaria vena di Timo Werner, secondo tra i bomber di Germania con 18 centri, a -1 dal sempre straordinario Lewandowski. La punta classe 1996 ha trascinato il club in mano alla Red Bull, che ha approfittato delle solide prestazioni difensivi del 21enne francese Dayot Upamecano, obiettivo dal Milan nello scorso mercato estivo: per i rossoneri sarebbe stato davvero un grande acquisto...

2. Borussia Mönchengladbach - Un lieve calo nelle ultime settimane, con la clamorosa eliminazione in casa che ha sorpreso gli appassionati di scommesse live nel girone della Roma di Europa League e il pareggio a reti bianche contro l'Herta Berlino (costato il sorpasso in vetta alla classifica dall'RB Lipsia), non possono cancellare l'ottimo girone di andata disputato dai ragazzi di Marco Rose: Pléa, Marcus Thuram, Stindl, là davanti c'è da stropicciarsi gli occhi, per non parlare della retroguardia meno battuta (solo 18 reti subite) insieme a quella del Wolfsburg.

3. Schalke '04 - L'agonizzante stagione scorsa compromessa dalla guida di Domenico Tedesco (oggi tecnico dello Spartak Mosca) sembra ormai alle spalle, grazie al lavoro fin qui compiuto dall'ex allenatore dell'Huddersfield Town David Wagner. Trenta punti (già 3 in meno di quelli conquistati al termine dell'ultima annata), gli stessi degli acerrimi rivali del Borussia Dortmund e una zona Champions decisamente alla portata. Anche grazie all'indovinato acquisto difensivo dallo Stoccarda, il giovane centrale turco Ozan Kabak.

4. Hoffenheim - Una scoperta dalle serie inferiori, l'attaccante esterno armeno Sargis Adamyan, tanti giocatori mandati a segno e un meticoloso lavoro tattico di mister Alfred Schreuder (ex vice di ten Hag all'Ajax), valso fin qui il settimo posto, immediatamente a ridosso dalla zona Europa.

5. Union Berlino - Girone d'andata da applausi, il primo in assoluto in Bundesliga, per la "squadra del Popolo", piegata alla volontà della Dinamo Berlino (la squadra della STASI) ai tempi della Germania orientale e ora relegata in quinta serie.

Nel 2004 i suoi appassionatissimi tifosi donarono il sangue per scongiurare il fallimento del club a sud est del vecchio muro e rappresentante del quartiere "Köpenick", ovvero l'anima proletaria della città, quella del ferro e dei fabbri. Allo stadio "Alte Försterei",  l'85% dei posti riservati ai tifosi è in piedi: nessuno, infatti, deve sentirsi più importante del vicino di passione.

Una filosofia "collettiva" applicata anche in campo con 20 punti dopo le prime 17 partite e un undicesimo posto che soddisfa ampiamente le aspettative di mister Urs Fischer, il tecnico della promozione, ottenuta grazie allo spareggio contro lo Stoccarda. La lunga pausa invernale, va detto, non poteva capitare nel momento migliore dopo le ultime due sconfitte contro Fortuna Düsseldorf e Hoffenheim.

Segui l'interessantissimo girone di ritorno dell'Union anche con le scommesse sportive di 888sport!

*La foto di apertura dell'articolo è di Martin Meissner (AP Photo).

January 14, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Vivo in Brianza e tifo Monza!

La nuova “mission” di Berlusconi & Galliani è di portare il Monza, che ora domina il girone A della Serie C, in Serie A nel più breve tempo possibile. E di realizzare così il sogno di una sfida con il Milan nel campionato 2021-'22.

Sarebbe il loro derby del cuore, davvero. In particolare dell'ex amministratore delegato rossonero, che del Monza è tifoso da sempre e ne è stato anche dirigente prima di iniziare quella lunga, straordinaria avventura nel Milan, chiamato proprio da Berlusconi.

La squadra brianzola la Serie A l'ha solo sfiorata, ai tempi di Buriani e Tosetto, di Terraneo e De Vecchi (nel '76 vinsero la Coppa Anglo-italiana battendo in finale il Wimbledon nello stadio “Sada” davanti a 4mila spettatori), ma adesso la nuova società ha le risorse per completare il progetto.

Le cifre di una squadra vincente - Non a caso, dopo aver acquistato il club per 2,9 milioni, l'investimento ha già ampiamente superato quota 10 milioni, un'enormità per la Serie C.

L'anno scorso la promozione è stata fallita solo ai playoff, più che altro perché Berlusconi aveva comprato la società a mercato chiuso, a fine settembre 2018: così l'ex presidente del Milan si è scatenato nella finestra di gennaio 2019, con 10 acquisti (compresi 3 svincolati per l'anno successivo) e quasi tutti giocatori di categoria superiore, da Chiricò (preso dal Lecce) a Fossati (Verona), da Scaglia (Cittadella) a Marchi (Gubbio) e Brighenti (Cremonese).

Berlusconi ha affidato la squadra a Brocchi (al posto di Zaffaroni, che pure era partito in modo confortante), un suo pupillo che aveva piazzato già sulla panchina dei rossoneri, e costruito la squadra sul modulo che gli è caro, il 4-3-1-2 con il trequartista alle spalle di due punte. In estate, poi, ulteriore rafforzamento per spiccare il volo.

Sono arrivati elementi che conoscono bene la Serie B e uno con esperienza in Serie A come Nicola Rigoni, già centrocampista di Palermo e Chievo. Per non parlare del 33enne difensore italo-argentino Gabriel Paletta – ex Parma, Atalanta e Milan - che vanta 3 presenze nella nazionale azzurra, Mondiali in Brasile compresi: dopo un periodo di prova, a novembre il centrale ha firmato fino al 2022.

Ne è nata una formazione decisamente di un altro livello rispetto alle concorrenti e i risultati lo testimoniano in modo evidente: dopo 20 giornate, il Monza è straprimo con 10 punti di vantaggio sul Pontedera secondo, insomma promozione in B pressoché certa per il club dello “Sceicco della C”, come viene definito Berlusconi. Implacabile in particolare il rendimento in trasferta, anche per le scommesse sportive: 9 vittorie e due pari in 11 partite, l'ultima con un secco 3-0 a Novara.

Il portiere Lamanna, i difensori Lepore, Paletta, Bellusci e Marconi, i centrocampisti Iocolano (interno offensivo come D'Errico) e Morosini, oltre a Fossati e Armellino, poi il trequartista Chiricò e le punte Finotto – il migliore nell'ultima uscita, con il gol spaccapartita – e Gliozzi (si alternano con Brighenti e Marchi) stanno trascinando il Monza verso la B, che affronterà da favorito per le scommesse calcio, a suon di vittorie e gol. Tra i giocatori più promettenti, il 21enne Nicola Mosti, arrivato in estate in prestito con obbligo di riscatto (condizionato alle presenze) dalla Juventus.

E' durata poco invece, solo sei mesi, l'avventura al Monza del fratello di Paquetà, Matheus, tornato a giugno in Brasile.

Gli obiettivi - Preso il club da Nicola Colombo, Berlusconi e Galliani ovviamente hanno subito pensato in grande - il Monza è praticamente la Juve della Serie C - e continuano a farlo. Dal Milan hanno portato l'esperta Daniela Gozzi come direttore generale, le sinergie con il mitico Gran Premio sono sempre più intense (all'esterno dello stadio c'è un murale dedicato alla Ferrari), sono stati firmati nuovi contratti di sponsorizzazione.

Soprattutto, già resi più moderni e funzionali lo stadio “Brianteo”, inaugurato nel 1988, e il centro d'allenamento di Monzello. I tifosi rispondono, la media è intorno a 4mila spettatori: “Vivo in Brianza e tifo Monza”, lo slogan lanciato l'estate scorsa per tentare un'altra “mission” ma stavolta quasi impossibile: evitare che, in quel territorio, la squadra biancorossa sia solo la seconda passione di chi tifa Milan, Inter o Juve.

Segui la nuova squadra di Berlusconi e Galliani anche con le scommesse live di 888port!

*La foto di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo).

January 14, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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La storia della scarpa d'oro

Se vi chiedessero cos’hanno in comune Eusebio e Cristiano Ronaldo, la risposta sarebbe piuttosto semplice: la professione, la nazionalità, e la certificata fama di campioni affermati. Ma se vi chiedessero i tratti comuni del signor Dudu Georgescu da Bucarest, e Dorin Mateuț da Vad la risposta sarebbe più complicata. Ma c’è una cosa che accomuna questi quattro calciatori: la Scarpa d’Oro.

Il Premio fu istituito nel 1967 dalla European Sport Media, un’associazione editoriale che comprendeva - in origine - le testate giornalistiche della Gazzetta dello Sport (Italia), Don Balon (Spagna), World Soccer (Regno Unito), Kicker (Germania), Onze Mondial (Francia), Bola (Portogallo), Foot Magazine (Belgio), Voetbal international (Olanda), Sport (Svizzera).

Con il passare del tempo, alcune di queste testate sono uscite dal Gruppo ESM, mentre altre sono entrate a farne parte come Express (Russia), Fanatik (Turchia), Tipsbladet (Danimarca) e Soccer Weekly of China, unica testata sportiva extraeuropea.

I primi vincitori - Il primo vincitore della Scarpa d’Oro fu il portoghese Eusebio, grazie ai suoi 42 gol stagionali. Era il 1968, il campione lusitano - dopo aver perso la finale della Coppa dei Campioni al cospetto del Manchester United di George Best, trovò una consolatoria soddisfazione personale.

Da Helsinki a La Valletta un gol vale un punto, il percorso per arrivare alla Scarpa d’Oro è una corsia preferenziale per coloro che giocano in campionati “minori”, mentre i grandi attaccanti - tranne rare eccezioni - faticano a tenere il passo; il bulgaro Petăr Žekov è il primo degli illustri sconosciuti: gioca nel CSKA Sofia, è una meteora del calcio internazionale, è lui che - con un intervento da codice penale - fa fuori Pelè dai Mondiali inglesi del 1966.

Il degno erede di Eusebio arriva nel 1970: segna 38 gol, trascina la Germania fino alla semifinale dei Mondiali contro l’Italia: si chiama Gerd Müller, gioca con il Bayern Monaco, a tutt’oggi è considerato il centravanti tedesco più forte della storia. Vincerà ancora nel 1972, mentre il premio del 1971 finisce nelle mani di un centravanti jugoslavo, Josip Skoblar, un attaccante giramondo che vince per tre anni consecutivi il titolo dei cannonieri con la maglia dell’Olympique Marsiglia.

L’argentino Héctor Yazalde è il primo attaccante extraeuropeo a vincere la Scarpa d’Oro con la maglia dello Sporting Lisbona. Nel 1975 il premio vola in Romania, lo vince Dudu Georgescu che spende gran parte della sua carriera nella Dinamo Bucarest, la squadra dei servizi segreti rumeni. Vincerà ancora nel 1977, stabilendo il record di gol (47) che durerà per trentotto anni prima di essere battuto da Cristiano Ronaldo con stagioni da 50 gol che hanno dominato le scommesse calcio

L’epopea dei bomber di periferia continua con Sōtīrīs Kaïafas, attaccante cipriota che si impone nel 1976, e con il centravanti bulgaro Georgi Slavkov. Ogni tanto, in testa alla classifica dei marcatori europei finisce qualche attaccante più conosciuto come l’austriaco Krankl (1978), l’olandese Wim Kieft (1982) e il belga Vandenbergh (1980). Il portoghese Gomes vince due volte la Scarpa d’Oro con il Porto (1983-1985), il giovane olandese Marco Van Basten presenta il suo regale biglietto da visita nel 1986.

Ma i bomber a cinque stelle raramente riescono a imporsi, perché giocano in campionati tatticamente ostici, nei quali è molto difficile trovare la via del gol. All’inizio degli anni novanta ci riesce - in Spagna - il messicano Hugo Sanchez, mentre emergono il bulgaro Hristo Stoičkov e il macedone Darko Pančev: diverranno famosi in seguito.
 

Il nuovo sistema di punteggio - Il trofeo - così contemplato - perde prestigio fino alla temporanea estinzione: in cinque edizioni - dal 1992 al 1996 - non viene assegnato, serve una riforma per restituire credibilità, arriva nel 1997 quando viene introdotto un nuovo sistema di punteggio basato sul coefficiente UEFA; i gol realizzati nei primi cinque campionati europei valgono due punti, quelli realizzati nei campionati piazzati tra la sesta e la ventiduesima posizione valgono 1,5 punti, un punto per tutti gli altri campionati.

La decisione rappresenta una svolta significativa, a questo punto i bomber che militano nei campionati più prestigiosi riescono a farsi largo - gli equilibri si ribaltano - e negli anni duemila ci sono solo protagonisti dei tornei d’élite: Thierry Henry, Diego Forlan, Luca Toni, Francesco Totti.

Nell’ultimo decennio i vincitori sono arrivati quasi esclusivamente dalla Lega spagnola, fatta eccezione per il 2014 quando l’uruguaiano Luis Suarez (allora al Liverpool) finì a pari merito con Cristiano Ronaldo. Segui il campionato spagnolo anche con le scommesse live di 888sport!

Alla fine, i bomber di razza hanno lasciato il segno, nonostante fossero penalizzati dal regolamento iniziale. Tra i plurivincitori ci sono Messi (6 edizioni), tra i favorito con il suo Barcellona per le scommesse sportive relative alla Champions 2020, Cristiano Ronaldo (4), Eusebio, Gomes, Jardel, Henry, Forlan, Suarez (2).

Con loro, anche il signor Dudu Georgescu da Bucarest può vantare due Scarpe d’Oro nella bacheca di casa. E’ lui il bomber di categoria - l’attaccante del campionato periferico - il simbolo di un tempo che non c’è più, spazzato via dai campioni più noti!

*La foto di apertura dell'articolo è di Manu Fernandez (AP Photo).

January 13, 2020
simone pieretti
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Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

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Tutti i numeri dell'Australian Open!

Archiviata la ATP Cup, con la vittoria in finale della Serbia di Djokovic contro la Spagna di Nadal, il grande tennis è pronto a ripartire con i tornei individuali. E come ogni anno, si parte (anzi, si resta) in Australia per il primo Slam stagionale. L’Australian Open segna il primo banco di prova per chi vorrà dominare la disciplina nel prossimo decennio.

Considerando che finora i giocatori della generazione dei nati negli Anni Novanta non hanno inciso negli Slam, siamo davanti all'ennesima occasione per capire se i grandi vecchi potranno finalmente lasciare il passo alle nuove leve, anche per le scommesse sul tennis. Come avviene dal 1988, si gioca sul cemento di Melbourne Park, con la Rod Laver Arena e la Margaret Court Arena che ospiteranno i match più importanti.

Montepremi da record - Per la gioia dei partecipanti, sarà l’Australian Open più ricco di sempre. Il premio complessivo è di 71 milioni di dollari australiani (pari a circa 40 milioni di euro), più che triplicato rispetto ai 20 milioni di dollari dell’edizione 2007, e il montepremi verrà diviso equamente tra uomini e donne.

Ai vincitori dei due tornei in singolare andranno quasi due milioni e mezzo di euro, i due team che si aggiudicheranno i doppi ne riceveranno circa cinquecentomila e la coppia vincente nel doppio misto si dovrà “accontentare” di 117mila euro.

Ma anche semplicemente disputare un incontro, soprattutto ai tornei in singolare, è già una mezza vittoria, economicamente parlando. Con l’aumento del premio complessivo, anche le cifre per la partecipazione sono vertiginosamente cresciute. Basta pensare che perdere al primo turno delle qualificazioni porta sul conto in banca 12mila euro, che diventano 55mila per chi riuscirà ad arrampicarsi fino al primo turno del tabellone principale.

E via ad aumentare, con gli oltre 600mila euro per chi verrà sconfitto in semifinale e il premio decisamente di consolazione per chi perderà la finalissima, che comunque porterà a casa 1,2 milioni di euro.

Sold out - Anche per quello che riguarda gli spettatori, il trend è in netta crescita. Per l’edizione 2019 sono stati registrati 796mila spettatori, quasi 300mila in più rispetto alla prima edizione del nuovo millennio. E se si guarda alla prima edizione a Melbourne Park, quella del 1988, l’aumento è quasi esponenziale, considerando che ad assistere al torneo vinto dallo svedese Wilander sono stati 250mila spettatori, meno di un terzo dell’affluenza dello scorso anno.

Partendo da un tasso di crescita medio annuo del 7%, gli organizzatori si aspettano, incendi permettendo, di superare la soglia degli 800mila spettatori per la prima volta nella storia dell’evento.

Le statistiche - E ora, un po’ di numeri. Quella 2020 è l’edizione numero 108 del torneo. Il recordman di vittorie in campo maschile è uno dei grandi favoriti, Novak Djokovic. Il serbo, favorito per le scommesse tennis è campione in carica e nel 2019 ha vinto il torneo per la settima volta (la prima è stata nel 2008), staccando Roger Federer, fermo a sei vittorie assieme all’idolo di casa negli anni Sessanta Roy Emerson.

Tra le donne, impossibile anche solo pensare di raggiungere il record dell’australiana Margaret Court, che si è…meritata di dare il suo nome a uno degli stadi grazie alle undici vittorie nel torneo di casa sua. Nell’era Open, solamente Serena Williams ha provato ad avvicinarsi, avendo vinto l’Australian Open per ben sette volte, l’ultima delle quali nel 2017. La campionessa in carica è la giapponese Naomi Osaka, che nel 2019 si è imposta per la prima volta.

Il match più lungo della storia del torneo è una finale, quella del 2012 tra Djokovic e Nadal. Il serbo ha avuto la meglio sullo spagnolo dopo cinque ore e cinquantatré minuti con il risultato di 5–7, 6–4, 6–2, 6–7(5–7), 7–5. La partita tra i due è anche la più lunga finale di uno Slam mai disputata.

In compenso, l’Australian Open è anche l’unico Slam in cui nell’era Open non c’è mai stato un 6-0, 6-0, 6-0 nel torneo maschile. Il fatto che si giochi in quella che nell’emisfero australe è estate fa anche sì che l’Australian Open sia il primo torneo dello Slam a prevedere una politica di gestione del caldo. Dal 1988 la Rod Laver Arena è dotata di copertura ed è previsto che in caso di ondate di calore le partite vengano interrotte per evitare problemi agli atleti.

Tra le curiosità, non può decisamente mancare la strana storia di Ken Rosewall. L’australiano è il più giovane tennista ad aver mai vinto il singolare maschile, avendo sollevato il trofeo nel 1953, ad appena diciotto anni e due mesi. Il vincitore più vecchio dell’Australian Open?

Neanche a dirlo, Ken Rosewall, che si aggiudica il suo quarto alloro nel 1972, a trentasette anni e due mesi. Il che lo rende il recordman di longevità nei tornei del Grande Slam. Battendo, tra l’altro, se stesso, visto che aveva vinto anche l’edizione 1971.

Insomma, un torneo pieno di storia, che non manca mai di regalare storie curiose. E di certo, anche l’edizione 2020 non farà eccezione: seguila anche con le scommesse italiane!

*La foto di apertura dell'articolo è di Rick Stevens (AP Photo).

January 13, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Dario Bonetti e il derby d’Italia degli anni ‘80


Altro che Premier League e Liga spagnola! Negli anni ’80, il campionato più bello, ricco e ambito del mondo era la nostra Serie A. Un grande campione non poteva dirsi tale se non aveva indossato una delle maglie del nostro campionato, con la quale aveva l’occasione di sfidare tutti i più grandi giocatori del pianeta.

Da Zico a Maradona, da Platini a Falcao, passando per Krol e Socrates, fino ad arrivare ai vari Gullit, Van Basten, Rijkaard, Careca, Voeller, Mattheus e Brehme, questo come già descritto nel blog di 888sport era il livello degli stranieri che sceglievano l’Italia come picco per la propria carriera.

E anche il livello dei calciatori italiani (come dimostra il titolo mondiale conquistato dalla nazionale di Bearzot nel 1982) era decisamente elevato, se pensiamo a gente come Paolo Rossi, Cabrini, Conti, Antognoni, Zoff o, successivamente, Roberto Baggio.

Su 888sport.it è possibile scommettere sul calcio, nazionale ed internazionale!

In quegli anni, soprattutto nella prima metà della decade, le due squadre che più delle altre si contendevano lo scudetto erano la Juventus, ancora favorita per il titolo 2020 per le scommesse sportive, della famiglia Agnelli e la Roma dell’ingegner Dino Viola. Tra il 1980-81 e il 1985-86, per quattro volte bianconeri e giallorossi furono le prime due classificate (nel 1981-82 la Juventus arrivò prima e la Roma comunque sul podio, al terzo posto), con tre scudetti vinti dalla Juventus e uno dalla Roma.

Le proporzioni si ribaltarono in Coppa Italia: nello stesso arco di tempo, infatti, la Roma ne conquistò tre, mentre la Juventus si aggiudicò solo quella del 1982-83 (nell’anno dello scudetto giallorosso).

Uno che ricorda molto bene quella rivalità e le sfide di quegli anni, per averle vissuta in prima persona e con entrambe le maglie, è Dario Bonetti, bresciano classe 1961 di professione difensore centrale o, per usare la terminologia calcistica di quegli anni, stopper.

Cresciuto nel Brescia, Dario Bonetti passò alla Roma nel 1980 e rimase con i capitolini fino al 1986 vincendo quattro Coppe Italia, con una parentesi in prestito alla Sampdoria nel 1982-83 che non gli consentì di fregiarsi del titolo di campione d’Italia. Tra il 1989 e il 1991, Bonetti indossò anche la maglia della Juventus, con cui conquistò una Coppa Italia e una Coppa Uefa.

Come racconteresti a un giovane il valore della sfida in quegli anni?
“È difficile raccontare nei particolari il derby d’Italia di quel periodo e le emozioni che trasmetteva. Da una parte c’era la Juventus, il club storicamente più forte del nostro calcio, e dall’altra la Roma che, sia a livello di società che di squadra (oltretutto con una tifoseria unica!) che da qualche anno si era avvicinata di più ai bianconeri”.

Una delle sfide che più è passata alla storia è quella del 10 maggio 1981, con il gol-non gol per antonomasia di Turone che ha deciso i destini del campionato in favore della Juventus. Tu eri in campo: che ricordo hai di quell’episodio?
“Preferisco non commentare. Tutti hanno visto”.

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Avendo vissuto entrambe le esperienze, che differenza fa giocare quella partita con la maglia giallorossa e con quella bianconera?
“Non è facile rispondere, ma ci provo. Giocarla con la Roma, per me, significava farlo con la squadra che mi ha fatto crescere, diventata la rivale numero uno della Juventus; a Torino, invece, erano sfide che ho disputato in età matura e con obiettivi diversi. Posso dire che dal punto di vista della tensione e delle sensazioni sono state due esperienze differenti”.

Nonostante siano considerate entrambe le regine degli anni 80, la Roma in quel periodo vinse solamente uno scudetto. Perché non riusciste a vincere di più, nonostante una squadra fortissima?
“Non ci riuscimmo per diversi motivi. Innanzitutto, in quegli anni c’erano molte più squadre competitive rispetto a oggi: la distanza tra le grandi e le cosiddette provinciali era molto ridotta. Non era facile andare a vincere ad Avellino, Catanzaro o Ascoli: anche perché in quelle squadre giocavano comunque dei campioni.

A Roma, poi, è più difficile avere continuità rispetto a Milano o Torino. Ricollegandomi, quindi, alla domanda sul gol di Turone, c’è anche da dire che molti episodi furono contro di noi, senza considerare quanto sia importante l’esperienza del saper vincere. Infine, hanno influito negativamente gli infortuni di giocatori importanti, come quelli subiti da Ancelotti e Falcao”.

A proposito di Falcao: lui e Platini sono stati i giocatori simbolo della rivalità tra Roma e Juventus. Chi è stato il migliore tra i due?
“Tra i grandi non si fanno paragoni: sono grandi a prescindere. Diversi, ma entrambi campioni”.

*La foto di apertura dell'articolo è di Gregorio Borgia (AP Photo).

January 10, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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Quando lo straniero era un campione...

Italiani, stranieri, comunitari, extracomunitari. Termini che al giorno d’oggi, calcisticamente, non si utilizzano quasi più. In Serie A non esistono limiti per quello che riguarda l’utilizzo di calciatori non italiani. L’unico vincolo riguarda il tesseramento degli extracomunitari, ma per il resto via libera sia agli acquisti che alle presenze sul terreno di gioco.

Molta differenza con il passato, quando il numero degli stranieri, in campo e in rosa, era consentito con regole rigide. Quando nel 1980 la Serie A riapre le frontiere, a 14 anni dalla disfatta contro la Corea del Nord al mondiale 1966, viene permesso il tesseramento di un calciatore non italiano. Nel 1982 gli stranieri diventano due, nel 1988 passano a tre.

Tre che resta il massimo numero schierabile in campo contemporaneamente fino al 1996, nonostante vengano allargati a cinque i posti in rosa. Nell'immaginario collettivo, lo straniero era il campione della sua squadra, il bomber, il giocatore con il maggior tasso tecnico, quello che sul campo era chiamato a fare la differenza...

Poi arriva la sentenza Bosman e cambia tutto. Si comincia a parlare di italiani, comunitari, che possono essere tesserati e schierati senza limitazioni, ed extracomunitari. L’esclusione della Nazionale dal mondiale 2018, però, ha creato qualche dubbio. Forse, come avvenuto nel 1966, è il caso di tornare a delle limitazioni?

Difficile se non impossibile, viste le normative europee, ma questo non impedisce di fantasticare. Se la situazione in Serie A tornasse improvvisamente a quella del 1988, con tre posti in rosa per gli stranieri, chi sceglierebbero di tenere le big del nostro campionato? Quesito semplice solo all’apparenza…


Basterebbe pensare che la Juventus, otto volte campione in carica e ancora favorita per le scommesse calcio, avrebbe i suoi bei problemi nel decidere. Partendo dal presupposto che Cristiano Ronaldo è intoccabile, per gli altri due posti la competizione è enorme.

Alla fine, la Signora per prospettive e valore, dovrebbe optare per tenere De Ligt e Pjanic, ma si ritroverebbe…quasi senza centrocampo. Rimarrebbero fuori, per fare qualche nome, Matuidi, Bentancur, Ramsey e Rabiot, per non parlare di Sczesny, Demiral, Douglas Costa e Higuain. Nessun problema per Dybala, che invece ha anche il passaporto italiano.


La Juventus piange, ma l’Inter non ride. Anche Conte avrebbe più di qualche dubbio nell’effettuare la riduzione a tre stranieri. Difficile pensare che i nerazzurri rinuncino alla coppia composta da Lukaku e Lautaro Martinez, ma per il terzo posto in rosa è bagarre. Mantenendo fede al criterio della futuribilità, vince Skriniar, che però tiene fuori dalla lista altri nomi importanti: Handanovic, De Vrij e Brozovic.

Gazza, straniero più amato della storia della Lazio!
Va molto meglio alla terza in classifica. La Lazio può andare sul sicuro o quasi, grazie a un’ossatura abbastanza tricolore. Rimarrebbero dunque gli imprescindibili Luis Alberto e Milinkovic-Savic. In più entra nella lista di Inzaghi Strakosha, che soffia il posto a Luiz Felipe, Leiva e Correa, se non altro perché tutti e tre hanno il passaporto italiano e quindi potrebbero scendere comunque in campo. Fuori tra gli altri, certamente a malincuore per i tifosi, Lulic e Radu.


Problemi maggiori di scelta per la Roma. Considerando la sua inamovibilità nello scacchiere tattico giallorosso, il primo posto in rosa va a Dzeko. Poi però cominciano i dubbi. Per un discorso di bilanciamento tra presente e futuro, assieme al bosniaco dovrebbe rimanere Pau Lopez, giovane ma esperto. Solo un altro posto a disposizione per pedine del calibro di Smalling, Kolarov, Diawara, Veretout e Under. 


Complicatissimo scegliere anche per l’Atalanta, la squadra decisamente più frizzante in A per le scommesse live! Gasperini può salvare soltanto Gomez, che ha passaporto tricolore, ma per il resto si troverebbe in una posizione poco invidiabile. Dei tanti stranieri in rosa, il trio di chi resta è composto da Ilicic, Zapata e De Roon, i tre con la maggiore dimensione internazionale della rosa della Dea.

I nomi di chi resta fuori, però, sono pesanti: tra gli altri, Djimsiti, Gosens, Castagne, Hateboer, Freuler, Malinovskyi, Pasalic, Muriel.


Chi avrebbe un mare di problemi è il Napoli, che di titolari italiani ne ha tre (Meret, Di Lorenzo e Insigne), di cui uno in porta. Scelta complicata, dunque. Meglio affidarsi al valore di mercato per stabilire chi resta: Koulibaly, Fabian Ruiz e Allan. Ci sono però esclusi più che eccellenti in ogni zona del campo: Manolas, Zielinski, Milik, Lozano e Mertens, giusto per nominarne qualcuno…


Più delusioni, meno problemi. Paradossalmente, la pessima stagione faciliterebbe la scelta dei tre stranieri al Milan. Ibrahimovic non è minimamente in discussione, così come Theo Hernandez, l’unico a salvarsi in un’annata finora disastrosa. Il terzo slot è per Suso, che se ha giocato sia con Giampaolo che con Pioli un motivo ci sarà.

Fuori quasi tutto il mercato recente: i due acquisti boom dello scorso gennaio, Piatek e Paquetà, ma anche Krunic, Bennacer, Leao e Duarte, senza dimenticare Kessiè e Calhanoglu. 


Presente contro futuro, questo il dubbio della Fiorentina, che farà più punti nel girone di ritorno secondo le quote delle scommesse sportive. Intoccabile per palmares Ribery, gli altri due posti se li aggiudicano Milenkovic e Dragowski, pedine futuribili in ruoli fondamentali. Salvo capitan Pezzella, italo-argentino, restano esclusi i due giovani serbi Terzic e Vlahovic, assieme a Caceres, Dalbert, Lirola e Boateng.


Insomma, molte scelte complicate per le nostre squadre. E le società non possono che ringraziare il cielo che il ritorno ai tre stranieri sia solo una fantasia…

*La foto di apertura è di AP Photo; la seconda di Claudio Luffoli (AP Photo).

January 10, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Le retrocessioni dalla Premier più incredibili!

l valore complessivo dei suoi giocatori è arrivato a sfiorare i 10 miliardi di euro (9,63 per l'esattezza): la Premier League è diventata indiscutibilmente il campionato più ricco al mondo. Lo "strappo" rispetto agli altri tornei è arrivato circa 15 anni fa ed è ovvio che, oggi, ci si chieda quale impatto possa avere la Brexit a lungo termine.

Detto questo, l'incredibile giro di soldi non esula da fallimenti catastrofici dai quali, per molte squadre è stato difficile riprendersi, con cadute rovinose non solo in Championship ma anche, consecutivamente, nelle categorie inferiori.

Nella Premier di oggi, ad esempio, l'arrivo di Carlo Ancelotti all'Everton ha posto fine all'emorragia di risultati che ha caratterizzato la gestione tecnica di Marco Silva, nonostante l'enorme quantitativo di denaro liquido investito nella campagna acquisti estiva, che - tra i vari esempi - ha visto il tesseramento per 40 milioni dell'attaccante della Juventus Moise Kean, il quale non si è ancora ambientato in Premier con prestazioni e realizzazioni "a singhiozzo", per usare un eufemismo.

Ma quali sono state le peggiori 5 disfatte degli ultimi 15 anni nel calcio inglese che hanno sconvolto anche le scommesse sportive? Ecco la nostra selezione:

SOUTHAMPTON 2004-2005 - Oggi i Saints rappresentano il club con maggiore oculatezza e lungimiranza economica, che scova talenti e li rivende a peso d'oro favorendo l'autosostentamento economico. Qualche esempio? Virgil van Dijk, Sadio Mané, Gareth Bale, Dusan Tadic, Luke Shaw, Dejan Lovre, Alex Oxlade-Chamberlain, Adam Lallava, Victor Wanyama...

Giocatori che hanno portato nelle casse del club biancorosso circa 500 milioni di euro. Tuttavia, l'ultimo posto e la conseguente retrocessione dalla Premier League al termine della stagione 2004-2005 agli ordini di mister Harry Redknapp portò a un'onda lunga di conseguenze disastrose, negli anni successivi. Culminate, con l'ulteriore salto all'indietro, in League One (la terza serie) al termine dell'annata 2008-2009. Il club, all'epoca, fu sanzionato con 10 punti di penalizzazione.

La rinascita del Southampton porta una data ben precisa: 8 luglio 2009, in cui viene formalizzata l’acquisizione della società da parte del miliardario svizzero Markus Liebherr, scomparso l'anno successivo a seguito di un infarto e sostituito dalla figlia Katharina che, a sua volta, nel 2017, passò di mano alla Chinese Lander Sports Investment company della famiglia Gao per una cifra record di 210 milioni di sterline. Ebbene, dall'estate 2009, il ritorno in Premier con due promozioni consecutive e, negli anni successivi, la partecipazione all'Europa League. 

PORTSMOUTH 2009-10 - La storia recente dei Pompeys è quella più "all'italiana" di tutte: una società di provincia che investe e sperpera soldi che non ha, tocca picchi elevatissimi (vincendo anche qualcosa di importante) per poi frantumarsi come un vaso di terracotta precipitato a terra e pagare per anni le gravissime conseguenze derivanti da quelle scelte scellerate.

Si pensi che il Portsmouth, durante la stagione 2009-2010 passò alla storia per essere la prima società ad entrare in amministrazione controllata del calcio inglese. Nel 2008, l'incredibile trionfo in FA Cup contro il Cardiff. Nella stessa estate, il Charity Shield sfiorato dopo la sconfitta ai calci di rigore contro il Manchester United di sir Alex Ferguson.

Una squadra mostruosa, in quegli anni per gli standard storici dei Pompeys il portiere David James, i difensori Glen Johnson, Sol Campbell, Younes Kaboul, Armand Traoré (passato anche dalla Juventus); i centrocampisti Sulley Muntari, Papa Bouba Diop, Niko Kranjčar e Jermaine Pennant. E che dire degli attaccanti Nwankwo Kanu, Milan Baros, David Nugent e Peter Crouch in tutto il loro splendore?

A Fratton Park, nell'edizione 2008-2009 di Europa League, i Pompeys erano in vantaggio per 2-0 contro il Milan di Carlo Ancelotti, tra le squadre più forti al mondo e che riuscì a pareggiare in extremis grazie a Ronaldinho e Filippo Inzaghi, con le scommesse live bloccate nel recupero! 

"Oggi, a Fratton Park, giochiamo contro l'Accringron Stanley...", lamentano in loop i tifosi dei Pompeys, che dopo il crack debitorio spintosi sino a 78 milioni di sterline del 2010 (in cui comunque la squadra arrivò nuovamente in finale di FA Cup, persa 1-0 contro il Chelsea) videro la propria squadra del cuore precipitare, nel giro di pochi anni, sino alla quarta divisione (la League Two). Oggi i Pompeys, con maggiore attenzione alle casse, lottano senza troppe fortune un posto playoff in League One. 

BOLTON 2011-2012 - Era a cavallo tra agosto e settembre della stagione corrente quando il Bolton Wanderers (squadra gloriosa in cui ha militato gente come Cahill, Anelka, Djouf, Djorkaeff...) è stato salvato da un fondo finanziario a poche ore dal default, dopo una svendita totale della rosa in estate che ha portato a costruire una squadra di ragazzini allo sbaraglio.

Tutto questo a causa di una montagna di debiti, che hanno portato alla penalizzazione di 12 punti (fatto più unico che raro nel calcio inglese), una retrocessione praticamente segnata in quarta serie e già a un record negativo: il Bolton, a inizio stagione, è diventato la prima squadra nel professionismo del calcio d'Albione ad aver subito 5 o più gol per quattro partite consecutive.

Quale fu il punto di partenza di questo veloce e inesorabile declino? Il dolorosissimo terzultimo posto della stagione 2011-2012 e un conto salatissimo da pagare in relazione agli introiti decisamente inferiori nelle "minor leagues". Oggi, si diceva, i Wanderers sono destinati a un futuro prossimo in quarta divisione.

NEWCASTLE UNITED 2015-2016 - Com'è possibile retrocedere dopo aver speso la bellezza di 100 milioni di sterline sul mercato? Andatelo a chiedere a Steve McClaren, il manager che costruì in estate la rosa delle Magpies, scialacquando il budget messo a disposizione dall'allora patron Mike Ashley, proprietario della catena di abbigliamento sportivo Sports Direct, ma evidentemente acerbo per gli investimenti nel mondo del calcio.

Dal PSV Eindhoven arrivò il centrocampista Georginio Wijnaldum (oggi al Liverpool), dall'Anderlecht Aleksandar Mitrovic (attaccante) e Chancel Mbemba (difensore), dall'Olympique Masrsiglia il trequartista francese Florian Thauvin. A gennaio, poi, ecco i centrocampista Henri Saivet e Jonjo Shelvey (rispettivamente dal Bordeaux e dello Swansea), l'ala Andros Townsend dal Tottenham, più il prestito dalla Roma di Seydou Doumbia.

Tutto inutile e retrocessione sancita anche dalle scommesse calcio. McClaren fu sostituito a marzo da Rafa Benitez che, però, non riuscì a raddrizzare la situazione se non l'anno successivo con l'immediato ritorno in Premier dalla Championship.

STOKE CITY 2017-2018 - Storia davvero simile a quella riguardante il Newcastle United di cui sopra. Al Britannia Stadium, i tifosi si erano ormai fatti, come si suol dire "la bocca buona" con gente in squadra del calibro di Kurt Zouma, Glen Johnson, Charlie Adam, Darren Fletcher, Stephen Ireand, Mame Diouf, Peter Crouch, Bojan Krkic, Eric Maxim Choupo-Moting, Xherdan Shaqiri...

La stagione cominciata con Mark Hughes e proseguita con Paul Lambert alla guida tecnica, si concluse con l'inutile vittoria per 2-1 a Swansea e con la salvezza del Southampton (in cui, nel frattempo, era andato ad allenare lo stesso Hughes). Con quei nomi in rosa, il tonfo in Championship fu pesantissimi e, ancora oggi, i Potters navigano tra difficoltà di bassa classifica e conti da sistemare.

* La foto di apertura dell'articolo è di Tom Hevezi (AP Photo).

January 9, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Inter-Atalanta: una lunga storia in nerazzurro


Sabato 11 gennaio alle 20.45, Inter e Atalanta si affronteranno per la diciannovesima giornata di Serie A: abbiamo parlato, in esclusiva, con Cesare Barbieri, giornalista di Infront Sport Media e telecronista della Serie A TIM, della storia di questa sfida tutta lombarda, con i protagonisti del passato e le quote per scommesse calcio di 888sport.

Inter Atalanta è una lunga storia in nerazzurro. Secondo te ci sono analogie tra le due squadre, tifoserie, accomunate dagli stessi colori?

“Analogie particolari tra le due società non ci sono, a parer mio: l’Inter, unitamente alla Juve e al Milan, ha scritto la storia del calcio italiano; l’Atalanta, invece, ha scritto quella del settore giovanile, perché ha sfornato molti talenti arrivati poi ai massimi livelli.

Tra l’altro, l’Atalanta ha ottenuto il successo più importante della sua storia, la vittoria della Coppa Italia nel 1963, proprio a San Siro, superando per 3-1 il Torino con una tripletta di Domenghini, che è poi diventato una colonna dell’Inter”.

Scommetti live su Inter-Atalanta con 888sport.it!

Maschio, Domenghini, Ganz e, ultimo, Gagliardini, sono solo alcuni dei giocatori che hanno indossato entrambe le maglie. Di chi di loro si ricorda particolarmente? 
“Di certo, è più facile ricordare Ganz e Gagliardini, perché il primo ha ha smesso di giocare non da molti anni e l’altro è tutt’ora in forza alla formazione di Conte. Angelo Domenghini non ha vinto solo con l’Inter, ma ha conquistato uno storico scudetto con il Cagliari e ha fatto gol con la maglia dell’Italia ai Mondiali del 1970.

Forse i più giovani non si ricordano di lui, ma era un’ala destra veloce e tecnica, che vedeva la porta. L’unico suo difetto (se così si può definire) era il carattere  particolarmente chiuso; ma è stato un ottimo giocatore”.

Atalanta storica fucina di talenti, Inter spesso dominatrice del mercato internazionale: tutta qui la differenza di filosofia tra le due squadre?
“Più che da una questione di filosofia, questa differenza è dettata dal diverso blasone delle due squadre. L’Atalanta è stata straordinaria, in tutti questi anni, nel sapersi reggere sulle cessioni dei talenti cresciuti in casa, nel proprio settore giovanile: quindi faccio i miei complimenti ai vari dirigenti, da Bortolotti a Ruggeri e Percassi, che sono stati bravissimi a credere nei giovani italiani.

L’Inter, così come la Juventus e il Milan, ovviamente non si accontenta di pescare in Italia: visti gli obiettivi di una delle grandi del nostro calcio, è sempre andata a cercare i migliori anche al di fuori dei confini nazionali”.

Quella tra Inter e Atalanta è una rivalità sentita o piuttosto un'amicizia?
“Non mi sembra ci siano particolari affetti tra le due tifoserie, solo i colori uniscono i due club. I tifosi più caldi potranno pensarla diversamente da me, ma credo che simpatizzare per l’Atalanta non venga particolarmente difficile a chi ama questo sport, perché è una squadra che, proprio per la sua filosofia, ti avvicina al calcio.

L’Atalanta sembra quasi regalare un sogno a tutti i giovani che amano giocare a calcio: arrivi a Bergamo e, se sei bravo, la società ti da l’opportunità di esordire in Serie B o in Serie A”.

Quali sfide tra Inter e Atalanta ricordi particolarmente nel passato? 
“Due sono le partite a San Siro che ricordo in particolare: la prima la vinse nel 1993-94 l’Atalanta 2-1 con rete decisiva di Magoni all’87. Oscar Magoni, fratello di Lara e Paola, entrambe grandissime sciatrici, entrò in area di rigore solo davanti a Zenga e fece gol.

L’altra è un 4-0 per l’Inter nella stagione 1997-98: nel primo tempo, terminato 0-0, Ronaldo fece impazzire la retroguardia atalantina e nella ripresa lasciò gli avversari in 9, prendendosi il gusto di far prendere due cartellini rossi a Rustico e Dundjerski. Ricordo chiaramente l’ultimo gol dell’Inter segnato da Cauet a due minuti dalla fine su calcio di punizione a giro dalla sinistra”.

Quanto manca all'Atalanta per essere una squadra da scudetto? 
“Essere da scudetto in Italia, con una Juventus del genere, non è certamente facile per nessuno: non solo per l’Atalanta, ma anche per l’Inter. Ai bergamaschi serve molta più convinzione per ambire al titolo, perché ancora lasciano troppi punti per strada in qualche partita non difficilissima: già essere arrivati terzi lo scorso anno (e quarti due anni prima) è un risultato straordinario”.

La quota per lo scudetto dell’Atalanta, sulle nostre scommesse sportive, è @51.00, contro il @2.75 dell’Inter. 

Infine, qual è il suo pronostico per Inter-Atalanta di sabato? 
“Il mio è un pronostico veramente aperto perché reputo l’Atalanta la squadra più difficile da incontrare. La squadra di Gasperini gioca su un ritmo che in Italia non tiene nessuno, corre per 90 minuti e ha giocatori di grandissima tecnica. Ilicic è straordinario: fino ad ora, non aveva mai espresso tutto il suo talento, lasciandolo intravedere solamente a sprazzi a Palermo, mentre a Firenze  era apparso pigro.

La difesa orobica è solida. L’Atalanta non ti lascia ragionare: ti porta via la palla di piedi senza che tu abbia il tempo di capire come abbia fatto! Anche se la Juventus è la squadra più forte del campionato, l’Inter gioca su ritmi completamente diversi rispetto a quelli dell’anno scorso: è una squadra più forte, più coesa. Sabato sera mi aspetto una bella partita”.

Per le nostre scommesse Serie A, l’Inter è favorita @2.05, con il pareggio @3.85 e il successo dell’Atalanta @3.35.
 

*La foto di apertura è di Luca Bruno (AP Photo).

 
January 9, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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Calciatori a fine contratto, quanti campioni in scadenza!

La squadra virtuale degli svincolati, i giocatori cui scade il contratto il 30 giugno 2020, ha perso il terzino sinistro: Kolarov ha rinnovato con la Roma fino al 2021. Ma la formazione resta alquanto competitiva, con un certo Cavani centravanti: l'attaccante del Psg considera chiusa la sua esperienza a Parigi e si trasferirà a Madrid, sponda Atletico.

Tutto già fatto, Simeone vorrebbe averlo subito ma il Psg non lo libera, è disposto a perderlo a parametro zero pur di contare su di lui nella seconda parte della stagione, con il tabù Champions da esorcizzare. Poi, a luglio, Cavani sposerà l'Atletico Madrid: la coppia con quel talento pazzesco di Joao Felix promette scintille e potrebbe essere davvero determinante per le scommesse sportive!

Lo svincolato top - Il pezzo pregiato però è nella zona fantasia. Christian Eriksen ha rifiutato ogni proposta di rinnovo del Tottenham ed è pronto a una nuova avventura. Subito si è scatenata l'asta su di lui, con Real Madrid e Psg in prima fila, Juve e Inter subito dopo. Attenzione però: nei primi giorni di gennaio c'è stata un'accelerazione di Marotta, ferito dal colpo Kulusevski messo a segno dal rivale Paratici per luglio.

La sua proposta intriga molto Eriksen e il suo agente, insomma l'Inter si sente assolutamente in corsa per il jolly (mezzala, regista, trequartista) del Tottenham. Dieci milioni netti a stagione sarebbe l'offerta dei nerazzurri, più 20 al club inglese per averlo subito. Vedremo gli sviluppi, certo la situazione è molto interessante.

Il Pallone d'Oro - Incerta invece quella di Modric, Pallone d'Oro 2018: tempo fa il quotidiano spagnolo Marca, il più informato sul Real Madrid, ha scritto che nel contratto in scadenza nel 2020 è inserita una clausola per il rinnovo automatico fino al 2021. Il club spagnolo è intenzionato a sfruttare questa possibilità, ovviamente, ma il prolungamento non è stato ancora ufficializzato.

Lo stesso Milan, che non ha mai smesso di pensare al genietto croato, amico di Boban, sta cercando di capire come stanno esattamente le cose per poi tentare il colpo (nonostante lo stipendio faraonico chiesto dal centrocampista).

Quante partenze a Napoli - Zero dubbi invece su Mertens, altro prezzo pregiato in scadenza. Il Napoli gli ha offerto un biennale da 4 milioni netti a stagione, lui nicchia: in tanti, nel mondo del mercato, sono convinti che abbia già firmato per l'Inter, con data di inizio contratto 1 luglio 2020. Tanto più che ha rifiutato una ricca proposta del Borussia Dortmund. Un arrivo del genere alla corte di Conte, modificherebbe sensibilmente le quote relative alle scommesse calcio

In scadenza anche l'altro gioiello del Napoli, Callejon, da tempo tentato dalle sirene cinesi e non solo. A meno di sorprese, i due lasceranno il club di De Laurentiis a parametro zero. Così come, al momento, sembra difficile che Bonaventura resti al Milan: il suo manager Raiola lavora per portarlo altrove.

Tra i club interessati ci sono Roma e Torino. Sarà addio anche tra Borja Valero e Inter. Lascerà sicuramente il Chelsea il centravantone Olivier Giroud, campione del mondo con la Francia: i 33 anni e le mille battaglie non scoraggiano i corteggiatori, tra cui è in vantaggio il Lione (Lampard, tecnico del Chelsea, è interessato a Moussa Dembelé).

Antonio Conte lo vorrebbe subito all'Inter, ma la controversia legale dello scorso anno proprio tra il tecnico e il Chelsea complica tutti gli affari tra i nerazzurri e il club londinese, compresi quelli per Marcos Alonso ed Emerson Palmieri (entrambi non in scadenza, va precisato).

Tra i difensori, si svincolerà gratis il 30 giugno Ezequiel Garay, stopper del Valencia. Anche lui ha 33 anni e parecchi estimatori in Europa e non solo. In porta, in questa speciale formazione, è giusto che piazzare il mitico Buffon, 42 anni il 28 gennaio. Tra i pali si diverte ancora, non è escluso che vada avanti un altro anno con la sua Juve.

Proprio i bianconeri sembrano interessati al terzino destro Meunier, uno dei punti di forza del Psg (che non a caso tenta di convincerlo a rinnovare). Stesso discorso per Thiago Silva, altro difensore importante in scadenza a giugno: il club di Al Thani vuole trattenere il fuoriclasse brasiliano nonostante i 35 anni e mezzo (però sta giocando alla grande), lui riflette sul futuro ma l'orientamento è lasciare il Psg.

Teoricamente già a gennaio, come gli altri svincolati, potrebbe firmare per un'altra squadra: aspetterà luglio, per provare a prendersi la Champions. Sul mercato pure Goetze, stella (cadente) del Borussia Dortmund, Ever Banega del Siviglia (possibile ritorno in Argentina), il 33enne Moutinho del Wolverhampton, Kurzawa del Psg, Vertonghen del Tottenham, difensore che piace a Conte. Guardiola invece vuole convincere Fernandinho a rinnovare.

A luglio dovrebbero cambiare maglia Willian, dopo 7 anni al Chelsea, Lallana, dopo 6 a Liverpool, David Silva, dopo addirittura 10 al City. Conoscendo le abitudini dei club inglesi, le rispettive tifoserie – se i tre decideranno per l'addio – li saluteranno con manifestazioni di meritato affetto.

Sarà così anche da parte dei sostenitori laziali per Lulic, se dovesse scegliere di raggiungere la famiglia in Svizzera e non rinnovare il contratto con la società cui ha regalato la famosa Coppa Italia del 26 maggio 2013 nel derby con la Roma.

Segui il mercato degli svincolati, anche con le scommesse live di 888sport!

*La foto di apertura dell'articolo è di Frank Augstein (AP Photo).

January 9, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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John Achterberg: “Alisson è stato il migliore la scorsa stagione. Ecco come lavoriamo”

L’olandese John Achterberg è il preparatore dei portieri del Liverpool FC, la squadra campione d’Europa in carica. Come descritto sul sito web ufficiale del club, si è unito allo staff degli allenatori del Liverpool nel giugno 2009, dopo aver compiuto un breve viaggio da Wirral attraverso il Mersey, arrivato dai vicini del Tranmere Rovers.

Dopo due anni di lavoro con la squadra riserve, nel 2011 è diventato il preparatore della prima squadra. Abbiamo parlato con lui, in esclusiva per il blog italiano di 888sport!

Scommetti live con 888sport.it su Premier League, Champions League e tutti i più importanti appuntamenti calcistici del mondo!

Come si sta evolvendo in questi anni il ruolo del portiere?

“Nel nostro club, non in maniera diversa rispetto al passato: noi cerchiamo un portiere completo, che sappia giocare con i piedi, parare, giocare dietro la difesa, spazzare l’area, saltare per catturare i cross e sia bravo nel prendere decisioni. In pratica, vogliamo il pacchetto completo: quindi la scelta che abbiamo sul mercato non è così ampia”.

Gasperini, l’allenatore dell’Atalanta, pensa che il futuro del calcio sia il portiere che sale in avanti, posizionandosi in mezzo ai due difensori centrali, in modo da essere in grado di iniziare l’azione e creare, allo stesso tempo, la superiorità numerica. Lei è d’accordo?

“Se una squadra utilizza il portiere come un giocatore nella fase di costruzione, nel possesso, e per formare triangoli che creino opportunità di gioco oppure come un ricevitore che solo ogni tanto si muova fuori dall’area, è una scelta che dipende dal club e dalla filosofia che adotta”.

È vero che giocare bene con i piedi sta diventando sempre più importante per i portieri? O c’è ancora spazio per un portiere vecchia maniera, bravo con le mani, ma non fuori dai pali?

“Secondo me, un preparatore dev’essere bravo a creare e sviluppare un portiere che sia in grado di dominare tutti gli aspetti che ho menzionato prima. Essere in grado di interventi decisivi, di parate che ti consentono di vincere una partita, è ancora una parte molto importante del lavoro del portiere, così come avere potenza nel salto e velocità di reazione.

Se il portiere ha imparato e sviluppato tutti gli aspetti del suo ruolo, sarà in grado di giocare in qualsiasi squadra. Ma se un allenatore non gli insegna tutti gli aspetti, darà al portiere delle opzioni limitate rispetto alle formazioni con cui potrà giocare”.

Per le nostre scommesse calcio, il Liverpool è favorito per la vittoria della Premier League @1.03, davanti al Manchester City @15.00

La parata Champions su Milik!

Chi sono, secondo lei, i tre migliori portieri del mondo?

“Credo che Alisson sia stato il migliore la scorsa stagione, come peraltro riconosciuto dai vari trofei che ha vinto. Poi, ci sono molti portieri di altissimo livello che, in una grande stagione, potrebbero vincere il premio di migliore al mondo: Neuer, ter Stegen, Ederson, Neto, de Gea, Oblak, Courtois, Mignolet, Szczesny, Schmeichel. E potrei dimenticarne qualcun altro.

Tutti loro hanno buone capacità individuali e alcune caratteristiche che li rendono adatti a giocare per molte squadre. Ovviamente, non dirò la mia opinione su ciascuno di loro, né tantomeno muoverò critiche ad altri portieri!”

Parliamo di Alisson. Con la Roma, aveva mostrato grandi capacità, ma con il Liverpool è migliorato ancora di più: in che modo lavora con lui?

“La mia filosofia è di preparare sempre il portiere per la prossima squadra che andrà ad affrontare. Insieme al settore match analyst, analizziamo insieme i punti di forza degli avversari e le caratteristiche dei loro singoli giocatori; quindi studiamo il modo in cui la squadra gioca e, in base a quanto visto, preparo la sessione successiva di allenamenti. In quella sede, spiego ad Alisson cosa ci aspettiamo che possa accadere nella partita e dedichiamo alcuni allenamenti a lavorare su quelle situazioni.

In questo modo, il nostro portiere è in grado di conoscere in anticipo che tipo di situazioni lo attendono ed è in grado di lavorare alle contromisure e al modo di comportarsi in scenari che avrà già affrontato in allenamento. Un altro momento importante è quando chiedo ad Alisson che esigenze ha, in base a quanto visto insieme, e su quali aspetti vuole che ci concentriamo nel lavoro settimanale, per migliorare.

Questo perché lo considero come un lavoro di squadra: noi, come allenatori, dobbiamo aiutare il portiere ad essere pronto per ogni partita e prepararlo affinché ci arrivi nelle migliori condizioni possibili. Il nostro scopo è sempre migliorare”.

Su quali aspetti lei pensa che Alisson debba lavorare maggiormente?

“È già un portiere abbastanza completo; parliamo spesso delle sue capacità e del lavoro da fare, ma questi aspetti delle nostre discussioni sono privati”.

È contento del lavoro fatto con lui?

“Vogliamo sempre crescere e fare meglio”.

Il ruolo del preparatore dei portieri sta diventando sempre più importante e cruciale rispetto al passato: è d’accordo con questa affermazione?

“Il preparatore dei portieri è parte della squadra degli allenatori. Il più importante tra noi è il manager, Jurgen Klopp, il leader del gruppo. Io provo ad aiutarlo e supportarlo, insieme ai suoi assistenti, ai preparatori atletici, al nutrizionista e ai medici”.

Una curiosità. Come fa a motivare il secondo e il terzo portiere, che passano la maggior parte del loro tempo in panchina o in tribuna? Come riesce a mantenere sempre alta la loro concentrazione e a farli essere pronti per il momento in cui la squadra possa avere bisogno di loro?

“In allenamento, mi comporto con loro esattamente come con il titolare: siamo tutti parte della squadra e dobbiamo tutti essere pronti a giocare quando serve. Perciò, ogni portiere nel Liverpool riceve la stessa attenzione e lo stesso trattamento: tutti lavorano per essere in forma e pronti a scendere in campo”.

Il Liverpool, come molti altri top club, ha un secondo portiere, Adrián, il cui livello si avvicina molto a quello del titolare. Cosa pensa di quelle squadre che alternano regolarmente due diversi estremi difensori, per esempio tra campionato e coppe europee?

“Penso sia importante trovare partite da far disputare al secondo e anche al terzo portiere, in modo che possano essere pronti qualora ci fosse bisogno di farli giocare. Ed è per questo che molte squadre sono solite alternarli nelle molte competizioni a cui prendono parte nell’arco della stagione; e questo è ciò che facciamo anche noi”. 

Tre nomi di portiere da tener d’occhio per il futuro?

“Ne stiamo seguendo alcuni: siamo sempre alla ricerca dei migliori giovani portieri del mondo per il futuro. Come ogni top club, devi sempre guardarti intorno per cercare i prossimi migliori. Lavoro su questo aspetto insieme al dipartimento scouting, ma non ne parlerò in pubblico”.

Il Liverpool è quotato @5.50 per la vittoria della Champions League sulle nostre scommesse sportive, @6.00 per il secondo posto e @4.50 per l’entrata in semifinale.

Un’ultima domanda: ci sono differenze nel ruolo del portiere tra la Premier League e la Champions?

“L’unica differenza è che in Premier League è concessa più fisicità nei contrasti, ma ciò non modifica il nostro modo di giocare e lo stile dei nostri portieri”.

*La foto di apertura dell'articolo è di Hassan Ammar (AP Photo); la seconda di Dave Thompson (AP Photo).

January 8, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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