Frank Chamizo | chamizo lotta libera | gara Tokyo categoria -74kg

Lo sport è sempre una battaglia, ma in alcuni casi…è una lotta. E quella della sopraffazione a mani nude dell’avversario è una disciplina antica e gloriosa, che è entrata a far parte del calendario dei Giochi Olimpici moderni dal 1896 come lotta greco-romana e dal 1904 come lotta libera.

L'inizio di Chamizo con la divisa di Cuba

L'angelo custode Dalma Caneva

Il bronzo a Rio 2016

2019: miglior lottatore libero dell'anno

Pronto per Tokyo: categoria 74kg

L’Italia al riguardo ha una certa tradizione e nel corso degli anni gli azzurri hanno confermato la bontà della nostra scuola, con 19 medaglie (6 ori) nella lotta greco-romana e 2 (un oro e un bronzo) nella lotta libera.

Proprio in quest’ultima disciplina cercherà di regalare un sogno a tutta Italia Frank Chamizo, classe 1992, che già a Rio de Janeiro è riuscito a salire, a sorpresa per le scommesse sportive, sul podio ottenendo un bronzo.

L'inizio di Chamizo con la divisa di Cuba

Una storia particolare la sua, perché Chamizo ha avuto un’infanzia perlomeno atipica. Nato a Matanzas, Cuba, è cresciuto tra mille difficoltà. Una situazione non semplice, che però non ha impedito al giovanissimo Frank di trovare immediatamente la sua strada, che è quella della lotta libera.

Ad appena 18 anni si impone nei Campionati Panamericani nella categoria 55kg e ottiene un clamoroso bronzo ai mondiali di Mosca. Il destino però gli riserva una delusione incredibile. Quando non riesce a rientrare nella categoria 55kg la federazione cubana gli commina una sentenza pesantissima: due anni di squalifica. Un qualcosa che può distruggere la carriera di Chamizo, che però ha un vero e proprio angelo custode.

L'angelo custode Dalma Caneva

Che ha la divisa della nazionale italiana e si chiama Dalma Caneva. Anche lei è lottatrice e i due si sono conosciuti qualche anno prima. Nel 2011 arriva il matrimonio, che permette a Chamizo anche di prendere la cittadinanza italiana. È una vera e propria rinascita, perché sotto il tricolore l’atleta può tornare a lottare. E i risultati si vedono, perché già nel 2015 è incetta di medaglie.

Oro agli Europei Under 23, argento ai giochi europei e soprattutto l’oro ai mondiali a Las Vegas, nella categoria 65kg, quella in cui avrebbe potuto lottare per Cuba se non ci fosse stata la squalifica.

Il bronzo a Rio 2016

Il 2016 è l’anno della consacrazione. Oro agli Europei a Riga e bronzo ai Giochi Olimpici a Rio de Janeiro, dove Chamizo si ferma solo di fronte all’azero Asgarov. Certo, l’anno è un po’ meno memorabile dal punto di vista personale, perché Frank e Dalma decidono di separarsi, ma per fortuna i due restano comunque in ottimi rapporti. 

Chamizo in azione!

Nel 2017 arriva invece una doppietta storica. Chamizo fa l’ennesimo salto di categoria, passando ai 70kg. Il che non gli impedisce di confermarsi sia a livello europeo, vincendo a Novi Sad, che mondiale, con il bis a Parigi. Ma si può fare addirittura meglio.

Nel 2018 il classe 1992 si lancia ancora più in alto, perché la categoria è quella dei 74kg. Il tris mondiale non riesce, perché a Budapest Chamizo arriva soltanto quinto. E anche agli Europei in Russia la scalata si ferma in semifinale, con la conquista del bronzo.

2019: miglior lottatore libero dell'anno

Ai Giochi del Mediterraneo di Tarragona, però, l’azzurro capisce di poter puntare in alto anche in quella categoria, vincendo l’oro. E infatti nel 2019 arriva un leggendario primo posto agli Europei di Bucarest, che gli permette di vantare una vittoria continentale in tre categorie diverse.

Peccato per i mondiali, perché a Nur-Sultan, in Kazakhstan, bisogna accontentarsi dell’argento. Il che comunque non gli impedisce di essere eletto lottatore libero dell’anno da parte della United World Wrestling, la federazione internazionale, neanche fosse una delle star delle scommesse UFC!

Pronto per Tokyo: categoria 74kg

Poi c’è la sosta di tutte le attività nel 2020 e i Giochi di Tokyo, il vero obiettivo di Chamizo, si allontanano di un anno. Poco male, perché nel frattempo c’è un altro Europeo, stavolta da giocare in casa, nel vero senso della parola. Si gareggia a Roma e per Frank, che ormai vive a Ostia vicino al centro federale e frequenta dunque la Capitale con costanza.

E non sorprende per nulla che l’oro nella categoria 74kg finisca al collo dell’azzurro, che nel 2021 non riesce invece a prendersi la cinquina, finendo battuto in semifinale a Varsavia. Ma ora ci sono dei Giochi Olimpici a cui pensare.

Anche se in realtà Chamizo ha il chiodo fisso…da parecchio. Pochi giorni dopo il bronzo olimpico a Rio, in un’intervista, aveva già puntato gli occhi sulle gare in terra nipponica. All’epoca aveva spiegato che non aveva ancora imparato benissimo l’inno di Mameli, ma che gli sarebbe un giorno piaciuto cantarlo a squarciagola sul gradino più alto del podio a Tokyo. Cinque anni dopo, l’occasione è arrivata.

E per il ragazzo partito da Cuba, il viaggio potrebbe terminare nella maniera più dolce possibile…

*Le immagini dell'articolo sono entrambe distribuite da AP Photo.

July 13, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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elena micheli | Micheli pentathlon | pentathlon olimpico Tokyo

Quando nell’Antica Grecia furono ideate le Olimpiadi, nacque anche una gara combinata: il pentathlon. Se le altre competizioni dovevano distinguere il miglior atleta, l’obiettivo del pentathlon era quello di stabilire chi fosse il miglior… soldato! Proprio per questo motivo, la scelta delle discipline era legata a quanto si faceva sul campo di battaglia: correre (lo Stadion, una gara di velocità), saltare (in lungo), lanciare (il giavellotto e il disco) e lottare.

Il percorso verso Tokyo di Elena Micheli

La crescita della Micheli nella Polisportiva Lazio

2019: l'anno della ribalta per Elena

Due fratelli atleti!

Le medaglie olimpiche nel Pentathlon

Quando il Barone de Coubertin ha ripreso in mano il concetto dei Giochi Olimpici, però, erano passati quasi tremila anni e la guerra si era evoluta. Ecco perché il nobiluomo transalpino sceglie come soldato ideale quello di cavalleria. Nasce quindi il pentathlon moderno: scherma (spada), nuoto (200 m a stile libero), equitazione (salto ad ostacoli), più una gara combinata di corsa campestre (3200 metri) e tiro a segno.

Un qualcosa da superuomini. O da super donne, come Elena Micheli.

Il percorso verso Tokyo di Elena Micheli

L’azzurra, classe 1999, una delle grandi speranze dell’Italia per quanto riguarda le Olimpiadi di Tokyo. Anche perché, a dispetto della giovanissima età, si è già aggiudicata una medaglia importante, l’argento ai mondiali del 2019, con una prestazione maiuscola nell'equitazione e ben 1357 punti totali che infiammano il live betting!

Non male, per chi aveva da poco compiuto 20 anni. Un risultato che ovviamente l’ha lanciata verso i giochi a cinque cerchi, perché le ha garantito anche il pass per il Giappone.

Una bella soddisfazione, dopo che a Rio, quando di anni ne aveva appena 17, non ci è andata per un soffio. Come ha ammesso qualche anno dopo, sperava di riuscire a strappare una convocazione come riserva, ma il destino ha rimandato il suo appuntamento con la gloria olimpica di quattro anni.

Anzi, di cinque, perché ci si è messa di mezzo lo stop a tutte le attività nella primavera 2020. Che però non ha diminuito le speranze di Elena, che anzi, si presenta all’appuntamento più importante dell’anno con un anno in più di allenamento e di consapevolezza nei propri mezzi. Anche se, a guardare la sua bacheca personale, non è che gliene servisse altra.

La crescita della Micheli nella Polisportiva Lazio

Da quando è giovanissima, infatti, l’atleta prima della Polisportiva Lazio e poi dei Carabinieri, ha sempre dimostrato di poter competere ad altissimi livelli. Le olimpiadi, seppure quelle giovanili, le ha vissute nel 2013 con un buon dodicesimo posto. Poi ha cominciato a macinare risultati, sia individuali che di squadra.

Una delle discipline!

Nel 2015 ha vinto i campionati europei Youth B e nel 2017 ai Mondiali Youth A è andata ancora meglio: per lei argento individuale e due ori, quello a squadre e quello nella staffetta mista. Una crescita, quella dell’atleta romana, che non si è fermata neanche nel 2018, quando ha conquistato l’oro ai campionati mondiali universitari di Budapest, seguito da quello ai mondiali Junior.

2019: l'anno della ribalta per Elena

L’anno migliore però resta il 2019, quando dalle categorie giovanili Elena Micheli è passata a competere stabilmente con le migliori al mondo. E i risultati non sono mancati, perché oltre al clamoroso argento ai mondiali sono anche arrivati anche due secondi posti agli Europei Junior (individuale e a squadre) e ottimi piazzamenti nelle gare di Coppa del Mondo, che l’hanno inserita di diritto tra le migliori atlete della sua disciplina e tra le possibili pretendenti a una medaglia a Tokyo.

E dire che l’obiettivo qualche anno fa era, per sua stessa ammissione, il 2020 o il 2024. Ma i passi da gigante fatti nelle ultime stagioni hanno permesso a Elena di puntare sempre più in alto. Del resto, il sostegno anche in famiglia non le è certamente mai mancato.

Due fratelli atleti!

Anzi, suo fratello Roberto, di due anni più vecchio, non solo ha fatto il suo stesso percorso, crescendo nella S.S. Lazio e poi passando ai Carabinieri, ma gareggia anche con lei nelle gare di staffetta mista.

Insomma, un vero e proprio destino quello dell’atleta romana, che partirà per il Giappone senza troppa pressione, perché si parla comunque ancora di una ragazza molto giovane, ma con la possibilità di stupire come ha già fatto in carriera.

Le medaglie olimpiche nel Pentathlon

Vero, le Olimpiadi sono state a lungo un semplice sogno nel cassetto, però sognare, come ha spesso dichiarato l’azzurra nelle sue interviste, non è mica reato. L’Italia nella sua storia olimpica conta sette medaglie nel pentathlon, con due ori nel 1984 (Daniele Masala nell’individuale, con Carlo Massullo terzo, e quello a squadre).

Ma da quando esiste la gara femminile, cioè da Sydney 2000, nessuna azzurra è mai andata a podio. Con Elena Micheli ed Alice Sotero, altra possibile underdog per le scommesse online però, mai dire mai…
 

*Le immagini dell'articolo sono entrambe distribuite da AP Photo. 

July 12, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Katia Serra - telecronaca RAI - telecronista finale

Se Stefano Bizzotto ha sostituito, in telecronaca, lo sfortunato Alberto Rimedio, al posto delle letture tecniche di Antonio Di Gennaro, ex campione d’Italia con il Verona, gli oltre 20 milioni di italiani davanti a RaiUno hanno ascoltato le indicazioni di Katia Serra, prima donna a commentare una finale, e che finale, degli Azzurri!

La carriera sportiva di Katia

L'esperienza in Spagna e quella pazza idea

La prima telecronaca in Serie C

Il boom del calcio femminile

La Serra, sempre in prima fila

Attenzione, la scelta della direzione generale di viale Mazzini non è di quelle di quando ci si trova davanti ad un palinsesto da riempire con conduttrici contrattualizzate che reclamano più spazio; la Serra è stata scelta per merito, dopo che, da oltre 10 anni, parla con cognizione di causa di calcio, dallo stadio Erasmo Iacovone di Taranto ai ricchi salotti di Sky! 

La carriera sportiva di Katia

La carriera sportiva di Katia Serra non nasce certo con la telecronaca di Euro 2020, che, anzi, possiamo considerare la ciliegina di una torta, farcita con innumerevoli strati di competenza sportiva ed impegno nel sociale!

Il percorso di Katia come giocatrice è stato lungo e pieno di soddisfazioni importanti, come l'ingaggio nella Liga spagnola, ma costellato anche da tante criticità, una su tutte l'infortunio al tendine d'Achille, subito dopo poche apparizioni con la Roma; è fuori dal campo, però che la bolognese ha fatto davvero la differenza, non soltanto per se stessa.

Docente di calcio femminile, commentatrice tv, già nel 2017, Katia, assume, infatti, il ruolo di responsabile del settore donne dell'Assocalciatori, in prima linea per la mai banale, soprattutto in quegli anni, lotta per i diritti delle atlete, anche durante la maternità.

L'esperienza in Spagna e quella pazza idea

Proprio la Serra, anche grazie alla sua esperienza in Spagna al Levante, nell'estate 2018, sfida la potente Lega Nazionale Dilettanti affinché i campionati di Serie A e Serie B femminile, per avvinicinarsi ad un concetto di professionismo, vengano gestiti sotto l'egida diretta della FIGC.

Le parole dell'ex centrocampista scudettata con il Modena nella stagione 1997-1998 costituiscono un messaggio chiaro: "Le donne non mollano mai. Si punta molto più sul collettivo che sulle individualità".

La prima telecronaca in Serie C

Il primo impegno da commentatrice è un Taranto - Como trasmesso da RaiSport nel novembre 2011; per gli amanti delle scommesse sportive, l'incontro finirà 3-1 ed è meraviglioso evidenziare come, non una vita dopo, ma ad appena dieci anni professionali di distanza si possa avere l'opportunità di passare da raccontare le combinazioni offensive del mancino Julien Rantier e l'attaccante di categoria Matteo Guazzo alle triangolazioni tra... Lorenzo Insigne e Ciro Immobile! 

La novità costituita dalla voce di accompagnamento della Serra, fortemente voluta dal Team Leader Rai di Euro 2020, Enrico Varriale, ha anche ricevuto critiche, come nel post Francia-Germania; probabilmente, però, le valutazioni negative, per onestà intellettuale, avrebbero dovuto colpire più i tecnici delle due nazionali, veramente confusi nella ricerca della formazione migliore, come testimonierà il proseguo della competizione!

Varriale della Rai!

Il boom del calcio femminile

Katia, e chi se non lei, è naturalmente protagonista del boom televisivo del calcio femminile: già dopo una manciata di partite del campionato femminile 2018-2019 trasmesse da Sky, i dati di ascolto, fondamentali per calibrare un prodotto nuovo, superavano già quelli di tanti incontri del campionato precedente di B (quando il gruppo internazionale con sede a Londra ne deteneva i diritti di trasmissione).

La Serra è ospite in studio ed abile a sfruttare il volano della Nazionale di calcio femminile e quello, di pari rilevanza, dell'ingresso di tante società professionistiche come la Juventus nel mondo... Woman!

La storia l'abbiamo già scritta: 40 mila spettatori all'Allianz Stadium di Torino per la sfida tra le bianconere e la Fiorentina, oltre il 343.000 telespettatori incollati davanti alla TV.

Con il Mondiale 2019, probabilmente anche per l'assenza dell'Italia in quello maschile di Russia dell'estata precedente, grazie al fluido e puntuale commento tecnico di Katia, l'Italia scopre la prolificità sotto porta della Barbara Bonansea (gestita da Mino Raiola, tanto per condividerne l'immensità del profilo) e la leadership difensiva della Gama!

La Serra, sempre in prima fila

L’impegno nella politica sportiva della Serra viene riconosciuto con l’elezione dei vertici AIC nel dicembre 2020; non solo una delega al calcio femminile, ma la vicepresidenza affidata proprio alla rocciosa capitana della Juventus, nell’ottica di un fondamentale impegno di tutto le componenti calcistiche e sportive, mirato al riconoscimento del professionismo delle donne.

La battaglia iniziata da Katia, quindi, diventa comune per tutti i maggiori players, Presidente del CONI compreso, dello sport tricolore!


*La foto di Enrico Varriale è di Luca Bruno (Ap Photo). Prima pubblicazione 11 luglio.

July 12, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Ivan Zaytsev | zaytsev | Ashling Sirocchi

A partire dagli anni Ottanta, quando è iniziata la rivoluzione tecnica azzurra, la pallavolo italiana non ha mai smesso di produrre campioni di livello mondiale. Basterebbe pensare alla Generazione di Fenomeni, che ha regalato all’Italia uno dei due giocatori eletti come migliori del secolo scorso (Lorenzo Bernardi) e ai tantissimi campioni i cui nomi sono rimasti nella storia di questo sport.

La formazione tecnica del giovane Ivan

La trasformazione in schiacciatore di Zaytsev

Lo Zar, il più amato tra gli Azzurri

La Zar-Mania a Rio 2016

Lo scarpa gate

L’alba del nuovo millennio ha visto emergere nuovi talenti, ma forse nessuno ha rappresentato il volley tricolore dal 2000 in poi come Ivan Zaytsev. Lui, figlio di Vjačeslav, palleggiatore, leggenda della pallavolo sovietica e non solo; primo rappresentante di quell’URSS a giocare all’estero, poteva tranquillamente seguire le orme di suo padre e scegliere la cittadinanza russa.

Ma essendo nato a Spoleto nel 1988, mentre Vjačeslav militava nella Olio Venturi, e cresciuto nel Belpaese mentre l’Italia affascinava il mondo, il giovanissimo Ivan non ha avuto dubbi e ha deciso che avrebbe giocato con addosso la bandiera tricolore.

La formazione tecnica del giovane Ivan

Del resto l’Italia lo ha riabbracciato stabilmente verso la fine degli anni Novanta, quando il piccolo Zar (soprannome a cui in fondo non si poteva certo sfuggire) ha già avuto modo di iniziare a praticare lo sport di suo padre in Russia.

A notare il suo talento è il Perugia, con cui comincia a giocare a livello giovanile ad appena tredici anni. Ce ne vogliono altri tre, quando è il 2004, per vederlo esordire in Serie A1. Ma lo Zaytsev dei primi anni, quello che nel 2006 passa per un anno alla M. Roma e poi a Latina, qualcosa di papà Vjačeslav l’ha mantenuta. È un palleggiatore.

La trasformazione in schiacciatore di Zaytsev

Ci vuole il secondo passaggio nella Capitale, tra il 2008 e il 2012, per trasformarlo in schiacciatore.

E i risultati si vedono, perché nella stagione 2012 ottiene sia il titolo di miglior realizzatore del campionato che quello di miglior attaccante.

Il cambio di ruolo è fondamentale, intanto perché permette alla M.Roma di tornare in Serie A1, ma anche perché coincide con un altro momento importantissimo per la carriera di Zaytsev: nel 2008, dopo un decennio di residenza continua, in tempi nei quali lo ius soli era solo un sogno, prende il passaporto italiano ed è quindi condonabile per la nazionale.

Lo Zar, il più amato tra gli Azzurri

Comincia così una storia che lo ha trasformato nel pallavolista più amato del Belpaese. Un amore ricambiato e condito da tante medaglie, più qualche delusione. Si comincia benissimo, con i Giochi del Mediterraneo 2009, solitamente terreno di conquista azzurro, vinti.

Va meno bene agli Europei 2011, quando la squadra di Mauro Berruto deve arrendersi alla Serbia. E anche ai Giochi Olimpici di Londra 2012 l’Italia dell'allenatore piemontese fa benissimo, ma non riesce a infrangere il tabù a cinque cerchi. In semifinale c’è il Brasile, che non lascia scampo ai nostri.

Dopo Londra, un’altra rivoluzione: si va a Macerata, a quella Lube con cui Zaytsev vince lo scudetto nella stagione 2013-14, condito con il titolo di MVP del torneo. E nel frattempo, già che c’era, lo Zar ha cambiato di nuovo ruolo, stavolta (quasi) definitivamente: è diventato uno degli opposti più devastanti della pallavolo contemporanea.

Lo Zar a muro!

Lo dimostra anche in nazionale, trascinando gli azzurri ad altre prestazioni importanti: argento agli Europei 2013 e alla Coppa del Mondo 2015, più un bronzo agli Europei nello stesso anno e due nelle World League 2013 e 2014. Gli anni che portano all’Olimpiade di Rio sono molto movimentati, perché nel 2014 arriva un ritorno…a casa.

Lo acquista la Dinamo Mosca, con cui si aggiudica la Coppa CEV, per poi arrivare all’appuntamento olimpico fresco di una particolare esperienza con l’Al-Arabi, con cui porta a casa la Coppa dell’Emiro.

La Zar-Mania a Rio 2016

A Rio de Janeiro, scoppia la Zar-mania. Gli Azzurri passano tranquillamente il girone e superano l’Iran ai quarti di finale. La semifinale con gli USA è una battaglia, in cui la squadra di Blengini va sotto 1-2. Peccato per gli statunitensi che Zaytsev decida di vincere il quarto set… da solo, quando sul 22-20 per gli avversari va al servizio e infila tre ace e due servizi vincenti con tocco avversario.

Con le scommesse pallavolo impazzite l’Italia vince il tie-break ma perde la finalissima contro il Brasile padrone di casa, ma è un argento... vale oro!!!

Soprattutto per lo Zar, che diventa ancora di più il simbolo di un movimento intero. E infatti ritorna in Italia, dove ha cominciato, a Perugia, dove in due anni (tornando a giocare schiacciature) vince uno scudetto e una coppa Italia.

Lo scarpa gate

Di mezzo però c’è il caso degli Europei 2017, in cui Zaytsev non gioca.

Il problema viene subito chiamato “scarpa-gate”, perché lo Zar vorrebbe giocare con le sue scarpe (griffate Adidas) piuttosto che con quelle dello sponsor della nazionale (targate Mizuno) perché la sua calzatura è disegnata apposta per evitargli problemi alle caviglie.

Tra accuse incrociate, finisce che Zaytsev l’europeo non lo gioca e senza di lui l’Italia si ferma ai quarti contro il Belgio. Nel 2018 arriva un nuovo trasferimento, a Modena, dove resta due anni prima di tornare in Russia in prestito al Kuzbass e di decidere poi di riabbracciare la Lube.

Ora si torna alle Olimpiadi, con la spinta di un movimento che per decenni è stato al top ma che non ha mai coronato il sogno a cinque cerchi.

Esordiamo, da favoritissimi per le scommesse sports contro il Canada nella notte italiana tra il 23 e 24 luglio.

Papà Vjačeslav c’è riuscito. La speranza è che anche lo Zar Ivan ce la possa fare.

*Le immagini dell'articolo sono entrambe distribuite da AP Photo.

July 11, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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gabriele gravina - gravina gabriele - gabriele gravina figc

Il nome di Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è di quelli che sembra appartenere al mondo del calcio da sempre. E a guardare il suo curriculum, presente in bella e meritata vista sul sito federale, effettivamente è proprio così.

Gabriele Gravina e il miracolo del Castel di Sangro

Gravina, il percorso in Federazione

Gravina, Presidente del calcio sostenibile

Una riforma necessaria

Gravina e la scelta del Mancio

Gravina, nato a Castellaneta (provincia di Taranto) nel 1953, ha legato indissolubilmente il suo nome a una delle storie di calcio più celebri del passato recente.

Gabriele Gravina e il miracolo del Castel di Sangro

Tra il 1984 e il 1996 è infatti stato presidente e amministratore del Castel di Sangro. Proprio nel periodo della sua gestione, il piccolo club abruzzese ha infilato una serie incredibile di promozioni che lo hanno portato dalle serie inferiori fino alla Serie B. Un vero e proprio miracolo, considerando che con appena 5500 abitanti Castel di Sangro è tuttora la città più piccola che abbia mai preso parte alla serie cadetta.

Una storia pazzesca, che ha attirato l’attenzione di mezzo mondo sul club e che ispirato addirittura un libro da parte del compianto scrittore americano, Joe McGinniss, quotato anche nel The New York Times Best Seller list

Con il senno del poi, non è stato certo un Miracolo quella straordinaria salvezza nella stagione 1996/1997, ma il risultato figlio di una programmazione elaborata proprio da Gravina, in una categoria che era più un A2 che una B, con Genoa, Torino, Palermo in organico! 

Gravina, il percorso in Federazione

Nel frattempo però Gravina ha anche cominciato quella che è la sua “seconda” carriera nel mondo del calcio, quella all’interno degli organi federali. Nel 1990 diventa consigliere e membro dell’Esecutivo della Lega Serie C e nel 1992 viene eletto consigliere federale. La scalata continua nei primi anni del nuovo millennio.

Tra il 2005 Gravina diventa Vice Presidente del Settore Tecnico e per oltre dieci anni (tra il 2002 e il 2015) è il Capo Delegazione della Nazionale Under 21.

Un ruolo che lo porta a guidare gli azzurrini agli Europei di categoria, ma anche la nazionale Olimpica sia ad Atene nel 2004 che a Pechino nel 2008, con Giuseppe Rossi capocannoniere per le scommesse calcio.

Gravina ha anche fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali del 2006 ed è stato membro del consiglio di amministrazione e amministratore delegato, fino a diventare Presidente della Lega Pro nel 2015, carica dalla quale si è dimesso in seguito all’elezione al vertice della FIGC.

Gravina, Presidente del calcio sostenibile

Nel frattempo non sono mancate anche cariche in diversi ambiti e soprattutto un’intensa attività didattica universitaria, ovviamente nel campo del management e della giurisprudenza sportiva, due cose di cui Gravina, cresciuto accanto ad un Maestro del calibro di Luciano Russi, è certamente diventato un esperto sia come ex presidente di un club che come rappresentante federale.

Indubbio però che la sua notorietà sia aumentata quando nel 2018, dopo le dimissioni di Tavecchio e il commissario ad interim, quasi un Mr Wolf per le pezze che ha messo un po' ovunque, Fabbricini, viene eletto numero uno della FIGC.

Gabriele Gravina

Nonostante fosse l’unico candidato, Gravina ha presentato un programma articolato, intitolato “Una nuova federazione”, sottolineando però due parole, “fede” e “azione”. Il concetto chiave è stato quello della sostenibilità, con un occhio alla modernizzazione e all’inclusione.

Considerando che neanche due anni dopo Gravina si è trovato a dover fronteggiare una crisi mondiale, anche nel calcio e a dover lavorare per evitare che molte società fallissero per i mancati ricavi, l’aver lanciato un calcio sostenibile con un certo anticipo può sicuramente aver aiutato.

Una riforma necessaria

E infatti quando ci sono state le nuove elezioni nel febbraio 2021 il suo mandato è stato rinnovato con il 73% dei voti, nonostante il suo avversario fosse Cosimo Sibilia, suo vice negli anni precedenti e presidente della Lega Nazionale Dilettanti, quindi, almeno in teoria, forte di quella base.

Tra gli obiettivi ancora da raggiungere c’è ancora la riforma dei campionati, già presente nel primo programma Gravina e sottolineata anche nel secondo. Il presidente federale nel 2018 dipingeva Serie A e B da 20 squadre ciascuna e una C semi-professionista da 60 squadre divise in tre gironi.

Oggi, però, per una vera sostenibilità Gravina punta a un ritorno alla Serie A a 18 squadre, anche per evitare problemi quando i nuovi formati delle coppe europee vedranno aumentare in modo rilevante il numero di match continentali.

Gravina e la scelta del Mancio

Quello che ovviamente risalta di più, però, sono i risultati sportivi. Al suo arrivo alla presidenza, Gravina ha parlato di una nazionale competitiva e sia quella maschile che quella femminile hanno risposto “presente”. Gli Azzurri, che arrivavano dalla delusione del mondiale mancato, si sono ricostruiti grazie alla presenza di Roberto Mancini.

Mancio ha preso le redini della nazionale nel maggio 2018, quando il presidente federale era ancora Fabbricini, ma Gravina ha sempre avuto molta fiducia nel commissario tecnico.

La prima firma del Mancio

A dimostrarlo c’è stato il rinnovo prima degli Europei, che porterà il CT a guadagnare oltre 4 milioni fino al 2026, quasi il doppio rispetto ai 2,5 che percepiva secondo il primo contratto, che si è rinnovato automaticamente con la qualificazione agli Europei.

Europei in cui l’Italia, che non è partita tra le favorite per le scommesse, è stata, per distacco, la squadra e non la selezione migliore, così come in Nations League, in cui è in semifinale, e nelle qualificazioni ai Mondiali 2022, iniziate con tre vittorie in tre partite.

Anche le Azzurre hanno fatto sognare, con i quarti di finale ai Mondiali 2019 e la qualificazione in scioltezza a Euro 2022. Insomma, finora l’era Gravina ha regalato un vero e proprio rinascimento del calcio italiano. E la speranza è che le cose continuino a migliorare sempre di più.

L'immagine di apertura è di Antonio Calanni (AP Photo). 

July 10, 2021
Ermanno Pansa
Body

Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Gianmarco Tamberi | tamberi oro olimpico | Gimbo salto in alto

Il destino, agli sportivi e non solo, fa brutti scherzi. E poco importa essere tra i migliori della propria disciplina, se la sfortuna decide di mettersi di mezzo c’è ben poco da fare. Se non rialzarsi e continuare a lottare.

Ecco perché l’Olimpiade di Tokyo è segnata in rosso sul calendario di Gianmarco Tamberi. Il marchigiano classe 1992 i cinque cerchi ce l’ha nel destino da quando papà Marco è volato a Mosca nel 1980 per partecipare alla gara di salto in alto e mai medaglia d'oro, seppur condivisa, sarà più meritato nella domenica notte nipponica!

Half Shave Tamberi

Londra: la prima Olimpiade per Gimbo

I primati italiani di Gianmarco Tamberi

Il tentativo sui 2,41 ed il grave infortunio

Il lento recupero di Gimbo

A Tokyo l'oro nel salto in alto!

Poi, anche nel suo caso, ci si è messa la sfortuna, che lo ha costretto ad abbandonare l’atletica ad appena 27 anni. Ma a realizzare il suo sogno può e vuole pensarci Gianmarco, un altro che con la cattiva sorte ha una sfida ancora aperta e che non si vuole certamente arrendere.

Half Shave Tamberi

Lo chiamano tutti Gimbo, anche se a livello internazionale è più celebre con il soprannome di Halv-Shave, mezza barba, per via di un look certamente non comune e che lo rende uno degli atleti italiani più celebri e riconoscibili al mondo. Ma non è solo l’apparenza a contare, anzi. Gianmarco Tamberi è un talento del salto in alto e lo ha dimostrato subito, quando non aveva neanche compiuto vent’anni.

Londra: la prima Olimpiade per Gimbo

La sua stella comincia a brillare nel 2011, quando si aggiudica la medaglia di bronzo agli Europei giovanili. Il 2012 va anche meglio, perché agli Europei dei grandi arriva quinto saltando 2,24m e soprattutto ai campionato italiani vince con un 2,31 che gli vale la terza miglior prestazione di sempre, ma anche il pass per Londra 2012.

L’esperienza olimpica, però, riserva una delusione: Tamberi si ferma a 2,21 nel suo gruppo di qualificazione, non passando così alla finalissima.

I primati italiani di Gianmarco Tamberi

Quando si hanno vent’anni, però, c’è tutto il tempo di rifarsi. E infatti gli anni che intercorrono tra Londra e Rio sono un’ascesa continua. Il 2013 e il 2014 in realtà sono abbastanza interlocutori, anche a causa di alcuni problemi fisici, ma il 2015 mostra tutto quanto il potenziale di Gimbo.

Al meeting di Eberstadt si prende per due volte il primato italiano all’aperto, saltando prima 2,35 e poi 2,37. Ma si può fare anche meglio. E quindi il 2016 si apre con il record nazionale indoor (2,35) a Banska Bystrica, poi migliorato qualche giorno dopo a Hustopeče con un 2,38 che è contemporaneamente primato italiano e miglior prestazione dell’anno al chiuso.

Il tentativo sui 2,41 ed il grave infortunio

I campionati italiani vengono vinti con un buon 2,36, la stessa misura che gli vale la vittoria ai mondiali indoor di Portland. Anche all’aperto le cose vanno benissimo: campione italiano con 2,36 e soprattutto campione d’Europa ad Amsterdam con un buon 2,32, che gli permette di fregiarsi del titolo continentale.

La marcia verso Rio procede spedita e il meeting di Diamond League a Montecarlo sembra confermarlo: 2,39, nuovo record italiano e un centimetro dalla miglior prestazione mondiale stagionale all’aperto, lasciandosi alle spalle due specialisti come Barshim e Bondarenko, che nella Cidade Maravilhosa andranno, qualche settimana dopo, sul podio.

Ma poi, mentre Gimbo sta tentando i 2,41 con la diretta scommesse completamente intasata, per prendersi anche quella straordinaria misura, tutto si distrugge. Troppo peso sul piede in rincorsa e la gioia si tramuta in dolore.

La prognosi è pesante, lesione del legamento deltoideo. Il che vuol dire quattro mesi di stop, ma soprattutto addio Londra, in quello che era certamente il momento migliore della sua carriera.

Il lento recupero di Gimbo

Tamberi però non si è arreso e ha continuato a saltare, sempre con quella barba tagliata a metà come fa da una vita, su consiglio di papà Marco. Non è semplice, perché riprendersi dall’infortunio è più complicato del previsto. Nel 2017 la sua miglior misura è un 2,29 (ironia della sorte proprio a Londra) che gli vale il ventinovesimo posto nel ranking mondiale annuale.

Il volo di Gimbo

Va un po’ meglio nel 2018, quando riesce a saltare un buon 2,33, ma l’anno successivo i problemi fisici continuano a tormentarlo e la misura migliore torna a essere un 2,29.

A Tokyo l'oro nel salto in alto!

Poi arriva la sospensione di tutte le attività, che fa posticipare le Olimpiadi. Sicuramente un bene per Gimbo, che ha avuto il tempo di lavorare ancora sulle difficoltà che si sono palesate negli ultimi quattro anni. Al Golden Gala 2021 a Firenze, Tamberi ha saltato 2,33, una misura che faceva ben sperare.

Le ultime prestazioni, di contrasto, preoccupavano non poco, perché a Leverkusen si ferma a 2,24.

Le tappe di avvicinamento alla gara olimpica, nella quale Gimbo si è presentato da outsider per le scommesse del salto in alto, sono state lunghe e complicate, anche mentalmente, come il passaggio proprio a Montecarlo, la pedana del record e dell’infortunio.

Ma Gimbo non può permettersi di avere paura ed il suo 2.37 ha battuto anche la sfortuna…
 

*Le immagini dell'articolo sono entrambe distribuite da AP Photo, la prima è di Matthias Schrader. Prima pubblicazione 6 luglio 2021.

August 1, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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italia pallanuoto | olimpiadi settebello | pallanuoto azzurri

Da un punto di vista dello sport individuale la scherma è sempre stata la disciplina che ha regalato le maggiori soddisfazioni all’Italia alle Olimpiadi. Vero, gli schermidori azzurri hanno anche vinto spesso e volentieri le gare di squadra, ma quando si parla di discipline prettamente collettive questa distinzione appartiene senza dubbio alcuno alla pallanuoto.

La leggenda del Settebello

Quante medaglie olimpiche

La rivoluzione Rudic

La medaglia d'oro a Barcellona 1992

Il Settebello d'oro di Sandro Campagna

FAQs

La leggenda del Settebello

Tra squadra maschile e squadra femminile, gli azzurri sono stati in grado di vincere dieci medaglie. Un ottimo bottino, se si considera che le ragazze del Setterosa sono scese in acqua sotto la bandiera a cinque cerchi soltanto nel 2000 e già nel 2004 hanno portato a casa un’oro che ha fatto la storia. 

La leggenda del Settebello nasce invece molti anni prima, nel secondo dopoguerra. La pallanuoto entra a far parte delle discipline olimpiche nel 1900, ma fino alla Prima Guerra Mondiale gli Azzurri non partecipano al torneo. La prima apparizione è ad Anversa nel 1920 e termina con una sconfitta agli ottavi.

Stesso identico risultato quattro anni dopo a Parigi, per poi non qualificarsi più alle Olimpiadi fino all’assenza a quelle del 1936, le ultime prima del secondo conflitto. A Londra 1948 però le cose cambiano eccome.

Il Settebello vince il suo girone a pari punti con la temibile Jugoslavia, passa anche il secondo gruppo nonostante l’incrocio con l’Ungheria, che aveva vinto entrambe le edizioni precedenti, si aggiudica un posto nel girone finale dopo il terzo turno e vince tutte le partite portando a casa l’oro.

Nella squadra azzurra c’è Cesare Rubini, straordinario atleta che in quegli anni giocava contemporaneamente a basket e a pallanuoto, finendo poi nella Hall of Fame di entrambe le discipline. Buona parte di quella rosa (con Majoni che è diventato CT) torna in vasca a Helsinki nel 1952, ma stavolta la squadra si ferma al bronzo, con i magiari che si riprendono lo scettro.

Quante medaglie olimpiche

Nel 1956 a Melbourne l’Italia arriva quinta ed è solo testimone dell’impresa della solita Ungheria, che vince di nuovo e che in semifinale si incrocia in un durissimo scontro con l’Unione Sovietica. Ma all’Olimpiade casalinga, quella di Roma del 1960, il Settebello torna a tingersi d’oro.

Gli Azzurri vincono tutte le partite tranne il match contro gli ungheresi, che viene pareggiato, ma che non impedisce alla squadra guidata dall’ungherese Zólyomy di portare a casa la seconda vittoria olimpica nel giro di dodici anni. A Tokyo nel 1964 si torna a veder vincere gli altri, anche se i protagonisti sono…sempre gli stessi.

L’Italia di Zólyomy si qualifica al girone finale, ma si becca la medaglia di legno, arrivando ultima dietro, neanche a dirlo, a Ungheria, Unione Sovietica e Jugoslavia. La musica non cambia neanche a Città del Messico, nonostante la formula del torneo subisca una variazione.

Stavolta si giocano le semifinali in gara secca, in cui il Settebello viene sconfitto dai sovietici, che perderanno poi la finalissima contro la Jugoslavia. Per l’Italia un altro quarto posto dopo la sconfitta nella finale di consolazione per mano dell’Ungheria.

A Monaco 1972 la formula cambia di nuovo, con tre gironi e poi pool finale a sei, ma il risultato per gli Azzurri peggiora: arrivano ultimi nel mini-torneo che assegna le medaglie, non riuscendo a vincere neanche un match.

Va decisamente meglio in Canada nel 1976, con la stessa formula. Stavolta l’Italia non può nulla contro l’Ungheria, che la batte in uno dei match della pool finale, ma si difende benissimo contro le altre e centra la prima medaglia d’argento della sua storia sotto la guida di Gianni Lonzi, già olimpionico da giocatore a Roma.

A Mosca nel 1980 impossibile pensare che i Sovietici non si impongano, ma allo stesso tempo accade qualcosa di mai visto, almeno per la nostra nazionale: l’eliminazione al primo turno per mano dei padroni di casa e della Spagna, che comincia a mostrare una certa crescita del movimento.

Si apre così un periodo complicato per il Settebello, che a Los Angeles nel 1984 viene di nuovo eliminato nel girone iniziale, nonostante l’assenza di Unione Sovietica e Ungheria per il boicottaggio ai giochi made in USA. A Seoul nel 1988 la musica non cambia, Italia fuori al turno preliminare. 

La rivoluzione Rudic

È evidente che serva una rivoluzione. Rivoluzione che ha…i baffi del croato Ratko Rudic, che ha giocato nella Jugoslavia degli anni Settanta e Ottanta e che si affermerà come uno dei migliori tecnici di sempre della pallanuoto mondiale.

Una sfida tra Italia e Serbia!

Grazie a lui, il mito del Settebello rinasce e non solo a livello olimpico. Sotto la sua guida la pallanuoto tricolore tornerà a dominare ovunque, anche grazie a una generazione davvero fenomenale.

La medaglia d'oro a Barcellona 1992

A Barcellona nel 1992 si scrive la leggenda di questo sport, prima in una complicatissima semifinale contro la Squadra Unificata (ciò che rimane dell’Unione Sovietica) e poi soprattutto nella finale contro i padroni di casa della Spagna. Alla piscina Picornell va in scena una vera e propria battaglia, che si risolve per 9-8 dopo tre tempi supplementari con le scommesse live impazzite alla rete del poker personale di Ferretti, in un momento di sport che inchioda tutta l’Italia ai teleschermi.

Dopo trentadue anni, il Settebello è di nuovo d’oro.

Nel 1996 ci sono tutte le possibilità di concedere il bis, ma il destino ci mette lo zampino. A battere gli Azzurri in semifinale c’è proprio la Croazia di Rudic, che poi perde nell’ultimo atto contro la Spagna. Per il Settebello resta almeno la soddisfazione di portare a casa il bronzo dopo una maratona contro gli ungheresi, terminata addirittura 20-18 dopo due supplementari. Il decennio di Rudic, però, si chiude su una nota assai negativa.

Il Settebello d'oro di Sandro Campagna

A Sydney 2000 l’Italia si ferma ai quarti di finale contro l’Ungheria e a fine match c’è una vera e propria rissa, con pugni in acqua e arbitro circondato.

Ripartire però è complicato e ad Atene 2004 si presenta un Settebello in parte rinnovato, allenato da De Crescenzo. Il torneo in Grecia è una delusione, l’Italia non supera il girone eliminatorio e non accede quindi al tabellone a eliminazione diretta, mentre le ragazze di Formiconi conquistano l’oro.

Nel 2008 a Pechino la musica si ripete anche con in panchina Malara. L’Italia arriva clamorosamente penultima nel suo raggruppamento, davanti solo ai padroni di casa della Cina. A prendersi la squadra arriva quindi Sandro Campagna, che già aveva sostituito Rudic nel 2000, ma senza prendere parte a nessuna Olimpiade.

Una delle stelle dell’ultimo Settebello d’Oro, Campagna riesce a restituire all’Italia il posto che le compete tra le grandi della disciplina. Alla sua prima esperienza a cinque cerchi, a Londra 2012, il tecnico porta la squadra alla finalissima arrendendosi solo all’invincibile Croazia, guidata dal suo maestro Rudic. Anche a Rio il Settebello fa bene, diventando l’unica…intrusa in un torneo fortemente balcanico: sconfitta in semifinale dalla Serbia, che poi batte la Croazia, ma vincente nella finalina per il bronzo contro il Montenegro.

E ora? Cosa riserverà Tokyo agli uomini di Campagna? Difficile a dirsi, ma il Settebello è campione del mondo in carica e tra le favorite per le scommesse. E qualcosa, anche a distanza di due anni, vorrà anche dire…
 

FAQs

Quante medaglie olimpiche ha vinto l'Italia nella pallanuoto?

Gli Azzurri hanno conquistato otto medaglie, mentre il Setterosa ne ha vinte due, con l'oro olimpico di Atene nel 2004! 

Il Settebello ha mai vinto l'oro?

Certo, che domande: i nostri ragazzi hanno sentito l'inno di Mameli dal gradino più alto del podio tre volte!

Chi è il capitano della nostra Nazionale di pallanuoto?

Il carioca Pietro Figlioli, sette volte Campione d'Italia, guida da fiero capitano il nostro attacco!

*L'immagine di apertura è di Darko Vojinovic (AP Photo). 

July 4, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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jessica rossi | Olimpiade Jessica Rossi | portabandiera Tokyo

Nonostante le enormi difficoltà organizzative, si avvicinano le Olimpiadi di Tokyo. E pazienza se l’edizione del 2020 si terrà nel 2021, anche la manifestazione a cinque cerchi sarà un modo per cercare di ripartire.

Jessica Rossi portabandiera

La medaglia ed il record a Londra

Il primato perfetto della Rossi: 75 piattelli su 75!

Jessica, una giovanissima campionessa

Che palmares per la Rossi

L'obiettivo per Tokyo

Jessica Rossi portabandiera

Come ogni Olimpiade che si rispetti, si comincerà con la classica sfilata delle delegazioni, ognuna rappresentata da un portabandiera. L’Italia, però, ha optato per una scelta di rottura. Per la prima volta, gli alfieri del tricolore saranno due.

A prendersi l’onore di sventolare la bandiera saranno due atleti che sono saliti sul gradino più alto del podio in una delle edizioni precedenti. Gli uomini della spedizione italiana saranno rappresentati dal ciclista Elia Viviani, oro nell’Omnium a Rio 2016. Per le donne invece ci sarà la tiratrice a volo Jessica Rossi.

La medaglia ed il record a Londra

Classe 1992, Jessica Rossi è già un mito della sua disciplina nonostante non abbia ancora compiuto trent’anni. E pensare che la medaglia d’oro l’ha vinta quando la carta di identità segnava appena vent’anni e qualche mese. Nel 2012, alle Olimpiadi di Londra, la tiratrice di Cento non solo ha stravinto la gara del trap femminile, ma lo ha fatto con una prestazione che è rimasta nei libri di storia.

La mattina del 4 agosto 2012, i record mondiali e olimpici in qualificazione e sull’intera gara appartenevano a quattro atlete diverse. Al termine della finale, nel pomeriggio londinese, tutti quanti portavano il nome di Jessica Rossi.

Il primato perfetto della Rossi: 75 piattelli su 75!

Per lei bottino pieno in qualificazione, 75 piattelli colpiti su 75, con il live betting impazzito migliorando il record mondiale di un centro e quello olimpico di quattro. E poi nella finalissima un’altra prestazione quasi perfetta, con un solo piattello mancato. In totale, 99 colpi andati a segno su 100, sei in più delle altre due atlete sul podio e soprattutto tre in più del precedente primato mondiale e addirittura nove rispetto a quello olimpico.

Jessica Rossi al tiro!

Un trionfo in piena regola, che è valso a Jessica Rossi anche il Collare d’Oro al merito sportivo.

Jessica, una giovanissima campionessa

Il giustissimo coronamento di un triennio clamoroso, iniziato nel 2009. All’epoca la tiratrice, non ancora maggiorenne, aveva stupito il mondo con un tris clamoroso: campionato italiano, europeo e mondiale, entrando direttamente ai piani altissimi della sua disciplina. Un’esplosione ancora più clamorosa se si considera un particolare che fa quasi sorridere.

Non avendo compiuto ancora diciotto anni, a Jessica Rossi per la legge italiana non era stato possibile concedere il porto d’armi. E infatti, come spiegava lei stessa a inizio 2010, quando aveva appena soffiato sulle candeline, uno dei regali era stata proprio la possibilità di registrare l’arma a nome suo.

Prima, per necessità, era stata registrata a nome di sua madre, che non ha mai sparato un colpo in vita sua. E quando Jessica doveva prendere parte a gare al di fuori dello Stivale, qualcun altro della squadra doveva dichiarare l’arma con cui poi la campionissima in erba avrebbe gareggiato.

​​​​​​​Che palmares per la Rossi

Dopo il 2009 e anche dopo Londra 2012, la sua carriera è continuata a livelli altissimi, perché sono arrivati altri due ori mondiali (2013 e 2017) e un bronzo. Anche agli Europei non sono mancate le soddisfazioni, visto che il palmares parla di 6 ori (quello del 2009 e del 2013 in singolo, quelli a squadre nel 2013 e nel 2018 e quelli a squadre miste del 2018 e del 2021), più tre argenti sempre in singolo.

E persino il ruolo di portabandiera non è esattamente una novità per Jessica Rossi, che ha già avuto l’onore di rappresentare l’Italia nella sfilata inaugurale dei giochi del Mediterraneo 2013 in Turchia.

Una fiducia ripagata con la vittoria nella gara di trap individuale, che in bacheca fa compagnia anche alla Coppa del Mondo vinta nel 2011. L’unica vera delusione è quella di Rio 2016, in cui la campionessa uscente si è presentata da favorita e ha chiuso le qualificazioni al secondo posto con 69 piattelli centrati su 75. Poi, complice una nuova formula, è stata eliminata in semifinale con soli 10 centri sui 15 disponibili.

L'obiettivo per Tokyo

Ora dunque ci sarà la possibilità di riprovarci a Tokyo, anche se con tutta probabilità in una gara in meno rispetto a quelle previste. Il calendario prevede infatti la prova a squadre miste, che Jessica Rossi avrebbe dovuto affrontare con suo marito, Mauro De Filippis, anche lui tiratore di livello mondiale.

A maggio però la campionessa olimpica 2012 ha annunciato la separazione, spiegando che non è detto che i due competano assieme in Giappone nella gara in cui hanno vinto il campionato italiano nel 2020.

Ma la portabandiera tricolore ha anche confermato che, nel caso i due dovessero scendere in pedana assieme, si concentrerebbero solo ed esclusivamente sulla possibilità di portare a casa un oro che la catapulterebbe nel ristretto club dei plurivincitori olimpici italiani.

E dopo la bandiera sventolata nella cerimonia inaugurale, la speranza, anche per le scommesseè quella di vederla sul gradino più alto del podio in gara!

*L'immagine di apertura è di Rebecca Blackwell (AP Photo).

July 3, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

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Patrimonio Flavio Briatore | Briatore patrimonio | Billionaire Briatore

Imprenditore, uomo di sport e di spettacolo. È complicato dare una definizione univoca di Flavio Briatore, nato a Verzuolo, provincia di Cuneo, nel 1950.

L'inizio di Briatore con la Benetton

Briatore tra Billionaire e Twiga  

Flavio Briatore, Renault

Briatore, l'imprenditore più pagato!

Nel corso dei decenni l’imprenditore piemontese si è trasformato mille volte, riuscendo sempre ad avere successo in tutte le attività che ha intrapreso. Ed è quindi difficile cristallizzarlo in una sola immagine.

Chi pensa a Briatore può avere sotto gli occhi il direttore esecutivo della Benetton che ha portato Michael Schumacher a vincere due volte il titolo mondiale di Formula 1. Oppure può immaginarlo in una delle sue innumerevoli presenze televisive, magari mentre omaggia il suo grande amico di vecchia data Trump conducendo la versione italiana di The Apprentice.

Oppure ancora, come proprietario dei locali del turismo VIP tra Sardegna e Toscana, il vero signore delle vacanze di lusso del jet-set tricolore e non solo. Tutto vero, perché questo è Flavio Briatore.

Uno che secondo Forbes nel 2014 aveva un patrimonio personale che si aggirava sui 200 milioni di dollari, frutto di affari e di geniali intuizioni sempre diverse, ma solitamente vincenti.

L'inizio di Briatore con la Benetton

Tutto comincia in gioventù, quando Briatore si dedica alla gestione di ristoranti, prima di trasferirsi a Milano a cercare fortuna negli ambienti della borsa. Le sue capacità di analisi attirano prima le attenzioni della holding industriale CGI e poi della famiglia Benetton, che gli offre la possibilità di aprire alcuni franchising del marchio, per poi cooptarlo all’interno dell’azienda.

E proprio alla Benetton che il nome di Briatore è legato negli anni Novanta, ma per l’attività sportiva. Il gruppo veneto è infatti entrato nel mondo della Formula 1 e affida a Briatore prima l’attività pubblicitaria e di merchandising della scuderia e poi quella gestionale.

Come direttore esecutivo, Briatore prende decisioni che spediscono la Benetton al top del Circus, tra cui quella di puntare su un allora giovanissimo Schumacher. Nel 1997, quando lascia la scuderia, la Benetton ha vinto, all'inizio da outsider per le scommesse Formula 1 due mondiali costruttori con Schumi e anche il mondiale costruttori nella stagione 1995. 

Briatore tra Billionaire e Twiga

La fine degli anni Novanta è il momento in cui Briatore, lasciato da parte per un po’ lo sport, si dedica a quella che è tuttora la sua attività principale. Nel 1998 nasce infatti il Billionaire, discoteca a Porto Cervo che comincia ad attirare tutte le celebrità in vacanza in Sardegna, oltre che industriali, politici e imprenditori.

Un marchio, quello legato al Billionaire, che si è espanso nel corso degli anni con la creazione di diversi altri club in giro per il mondo e di linee di abbigliamento e accessori fino a diventare un vero e proprio gruppo di hospitality di lusso chiamato Billionaire Life, con tanto di trasmissioni TV, magazine in edicola e concorsi di bellezza.

Il Billionaire originale, quello in Sardegna, è stato anche utilizzato come venue per il lancio in grande stile di nuove avventure commerciali di matchi legati a Briatore o a suoi amici. Ma non di solo Billionaire vive l’industria di Briatore.

Nel 2001 viene infatti fondato a Forte dei Marmi il Twiga, stabilimento balneare di lusso con annesso club e ristorante, che segna da ormai due decenni il turismo della Versilia, oltre ad essere sbarcato anche a Montecarlo con la creazione di un club gemello.

E non si può dimenticare anche il Lion in the Sun, una volta villa dello stesso Briatore in Kenya, poi trasformata in resort di lusso che nel corso degli anni ha avuto come ospiti tantissime celebrità italiane e internazionali. A completare i suoi investimenti ci sono anche catene di pizzerie e ristoranti, marchi di moda e di accessori.

Flavio Briatore, Renault

Non che nel corso degli anni Briatore non si sia riavvicinato allo sport, anzi. Nel 1998 è stato protagonista dell'accordo per i motori Renault alla Supertec e quando la casa francese ha deciso di tornare in Formula 1 con una sua scuderia, il team manager è ovviamente stato di nuovo Briatore.

Come negli anni Novanta, il successo della Renault è stato legato alla scoperta di un altro giovane campione, Fernando Alonso, campione del mondo nel 2005 e nel 2006.

Flavio Briatore

Briatore, l'imprenditore più pagato!

Nel 2007, poi, Briatore ha tentato l’avventura nel calcio assieme a Bernie Ecclestone, acquistando il glorioso club londinese Queens Park Rangers, riportato a suon di gol di Adel Taarabt per le scommesse sportive nel 2011 in Premier League e poi ceduto a un imprenditore malese.

E anche in TV Briatore non si è fatto mancare nulla, lanciando tra l’altro la versione italiana di The Apprentice, format creato negli Stati Uniti da Donald Trump. Briatore interviene inoltre in tantissime trasmissioni come opinionista o come ospite. 

Insomma, un personaggio a tutto tondo, che secondo la rivista People With Money è l’imprenditore più pagato al mondo, con un guadagno netto di 58 milioni di dollari tra maggio 2020 e 2021. Numeri che portano Briatore a un patrimonio netto stimato sui 185 milioni di dollari. Una storia di successo, non senza polemiche, che rendono Briatore uno dei personaggi italiani più riconoscibili del mondo.

*L'immagine di apertura è di Luca Bruno (AP Photo).

June 25, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

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black lives matter | black life matters | calciatori inginocchiati

Per la terza partita del Gruppo A di Euro 2020, il nostro vero top player, il CT Roberto Mancini sceglie un turnover massiccio: ben 8 cambi nello Starting Eleven e tre confermati, rispetto alla squadra che, per i pronostici europei ha inflitto l'unica sconfitta alla Svizzera ai gironi finali degli ultimi 7 anni, sono la spina dorsale della squadra Donnarumma, Bonucci e Jorginho.

inginocchiati Italia - Galles

Colin Kaepernick e le origini del black lives matter

Chi non si inginocchia

Azzurri black lives matter

Stop ai messaggi politici

inginocchiati Italia - Galles

Quando l'arbitro medico Hategan, coinvolto, suo malgrado, precedentemente nell'infelice serata di Champions al Parco di Principi di Parigi  per l'incontro Psg - Basaksehir, fischia l'inizio della gara, solo 5 tra i calciatori dell'Italia, rectius Italbrasile, si inginocchiano: i due esterni verdeoro, appunto, Toloi ed Emerson, oltre a Pessina, Bernardeschi ed il Gallo Belotti, sicuramente più concentrato su un eventuale gol che riaprisse il ballottaggio con il Ciro Nazionale, piuttosto che su tematiche da NY Times...

La solidarietà a metà degli Azzurri per sostenere il Black Lives Matter ha fatto il giro del mondo e... dell'arco parlamentare! Rispetto alle gare con turchi ed elvetici, scrivono alcuni, hanno rappresentato già un miglioramento i ragazzi inginocchiati per alcuni istanti di riflessione generale, seppur davvero brevi, visto che dopo un manciata di secondi il direttore di gara romeno ha dato via alle ostilità!

Nota di colore, nessuno dei 5 era partito da titolare nelle prime due partite.

Colin Kaepernick e il black lives matter

Torniamo alle origini dell’iconicità del gesto, però, per evidenziare come il comportamento di tanti calciatori, lo straordinario e simpatico Romelu Lukaku compreso, non sia, in fondo, in fondo, così coraggioso...

L'ex quarterback di San Francisco

Il 26 agosto 2016, l'ex quarterback dei San Francisco 49ers, per protestare contro il governo Trump, non si è alzato in piedi, sì, ma nel momento molto più solenne dell'inno nazionale! Captain Harry Kane lo farebbe mai, mentre suonano God Save The Queen o il difensore campione di tutto Raphael Varane quando il suo pubblico intona la Marsigliese?!... Ne dubitiamo fermamente…

Torniamo alla storia di Colin. L'ex numero 7 dello storico team californiano, famosa anche in Italia, per la leggendaria tradizione proprio nello specifico ruolo del quarterback, ha perso il posto di lavoro, nonostante un talento sufficiente per entrare quantomeno nel roster in una delle 32 franchigie della NFL.

Inserito dal Times nella lista della dieci persone più influenti nell’anno 2017, Kaepernick ha recitato un ruolo da protagonista nello spot della Nike che festeggiava il trentennale dello slogan "Just do it" e, soprattutto, ha ottenuto un risarcimento tra i 60 ed i 80 milioni di dollari dalla Lega. Anche Netflix si è mossa pesantemente, producendo e distribuendo nel mondo un documentario in sei puntate, "Colin in Black & White".

Chi non si inginocchia

Troppo facile parlare dello Starting Eleven russo, immobile, come del resto per tutti i 90', in piedi, mentre Belgio e la quaterna arbitrale si inginocchiano a ridosso del fischio iniziale della prima gara disputata a San Pietroburgo.

Ci sono anche atleti che non seguono le mode, come i calciatori di Croazia e Scozia che, prima della sfida di Glasgow decisiva per la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta, con la meravigliosa rete di Modric che ha chiuso il conto per le scommesse live, hanno serenamente deciso che non serve inginocchiarsi; la sensibilità è un sentimento completamente diverso!

Azzurri black lives matter

A prescindere dai propri orientamenti politici, è davvero pesante la dichiarazione di Enrico Letta che ha definito la scena come "pessima"; una strategia comunicativa incomprensibile.

Non è accettabile neanche che in vista di un ottavo di finale si parli più della scelta di inginocchiarsi tutti o meno, dopo che il Presidente Federale ha passato la patata bollente al gruppo squadra che di un eventuale impiego di Marco Verratti sull' intermedio dal primo minuto di gioco.

Sì, lo sappiamo, la sfida di Wembley ci vedrà impegnati contro la non irresistibile Austria, ma ricordiamoci sempre, che prima della gestione Mancini, non siamo stati capaci di far un gol alla Svezia in oltre tre ore di gioco...

Diamo, quindi, il giusto peso alle cose e concentriamoci sugli scatti in profondità di Immobile che metteranno in crisi i possenti e lenti difensori centrali del Wunderteam.

Stop ai messaggi politici

Nel momento nel quale i top players della politica europea discutono sulla bontà della scelta di far disputare la finale (non si capisce perché non anche le semifinali) a Londra, irrompe anche la questione arcobaleno che, secondo alcuni, rappresenterebbe un simbolo perla difesa dei sentimenti di eguaglianza e tolleranza.  

La finale di Champions

Proprio con le luci arcobaleno, la municipalità di Monaco avrebbe voluto colorare l'Allianz Arena, prima di Germania - Ungheria.

Inginocchiarsi è ormai un atto universale, ma appoggiare o meno il movimento nato negli States con questo gesto dovrebbe essere un atto individuale, in quanto esso stesso spontaneo. Secondo noi il razzismo, ma, ancor più in generale la discriminazione si combatte meglio con i gesti quotidiani; troppo facile, quindi, inginocchiarsi davanti le telecamere dell'Eurovisione...

Inoltre, questo Euro 2020 ci sembra rappresentare davvero troppo, troppo un veicolo politico; lasciateci almeno il rettangolo verde per svagarci un po’!

*Le immagini, tutte distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione, di Anton Vaganov, Ted S. Warren e Manu Fernandez. 

June 24, 2021
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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