La guida sportiva quotidiana di 888sport!

In attesa di Coppa Italia e Serie A, la Bundesliga è il primo grande campionato a ripartire! Appuntamento con la Premier il 17 giugno; con la Liga la settimana del 12 giugno. Aggiorneremo, costantemente, gli eventi sportivi del giorno e le relative quote del sito di 888sport! 

LUN 1 GIUGNO

CALCIO ?

Termina la ventinovesima giornata in Bundesliga, con il Lipsia, ospite alle 20.30 a Colonia per rientrare immediatamente in zona Champions, dopo le quattro vittorie delle rivali per l'Europa che conta.

Consulta la nostra guida

Lewa con l'ex compagno Hummels!

In Bielorussia un incontro per la Premier League: FC Minsk - FC Slutsk, ore 17.

Si conclude la prima giornata del campionato danese, dopo la sospensione, con quattro partite: tra le oltre 100 quote a disposizione sulle sfide di Superligaen per gli utenti registrati di 888sport.it, ci sono anche quelle Live:

Randers FC - Hobro, ore 14;

FC Midtjylland- AC Horsens, ore 16;

Lyngby - FC Copenhagen, ore 18;

AGF Aarhus - Odense BK, ore 20.
 

ESPORTS?

Per la Parimatch League di Dota 2 alle 15 si sfidano Team Unique e Khan.

Un'immagine del torneo di League of Legends a Parigi, nel 2019!

 

*Le foto della guida sono di  Matthias Schrader e Thibault Camus, tutte distribuite da AP Photo.

May 11, 2020
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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La storia della Nazionale B!

"Nazionale B" (da non confondersi con "B Italia", in rappresentanza dei giovani della cadetteria), "Nazionale Under 23", "Nazionale Olimpica", "Nazionale Sperimentale": non ci si è mai messi d'accordo sulla reale dicitura relativa a quegli "Azzurri di riserva", utilizzati per gettare nella mischia talenti in erba e, a volte, per onorare competizioni di secondo piano. Come, di fatto sono state le Olimpiadi per il calcio per le nazioni in cui il caro e vecchio football è considerato una religione.

È stato così, ad esempio nei Giochi del 1984 e 1988, a Los Angeles e Seoul, in cui Enzo Bearzot e Francesco Rocca si presentarono con una formazione alternativa - composta, come da regolamento internazionale per le selezioni europee e sudamericane, da giocatori che non avevano preso parte a una fase finale del Mondiale -, ma comunque, potenzialmente, davvero competitiva in un paese ricco e sempre più in ascesa, intriso di campioni com'era nella sua Serie A, all'epoca il campionato più ambito del mondo.

LA BATOSTA CONTRO LO ZAMBIA

Tuttavia, questo non impedì di iscrivere nella storia figuracce epocali, dello stesso lignaggio del disastro Corea del Nord ai Mondiali 1966: proprio a Seul, nel 1988, nell'altra Corea (del Sud), a Kwanju, gli Azzurri "bis" incapparono nel girone di qualificazione - dopo la vittoria per 5-2 contro il Guatemala - in una tremenda batosta contro lo sconosciuto Zambia, composto essenzialmente da dilettanti e da semiprofessionisti.

Tripletta di Kaluska Bwalya e gol di Johnson Bwalya, entrambi salvatisi dalla tragedia aerea (avvenuta al largo delle acque del Gabon) che nel 1993 cancellò la quasi totalità della formazione dei "Chipolopolo", diretti in Senegal per un match di qualificazione a Usa 1994: il primo, all'Anderlecht, aveva deciso di raggiungere Dakar dall'Europa, il secondo non era rientrato tra i convocati.

Eppure la nazionale italiana, quel giorno, era di assoluto livello: Tacconi, Tassotti, De Agostini, Iachini, Ferrara, Cravero, Mauro, Colombo, Carnevale (nel video alcuni gol del bomber di Latina), Galia, Virdis... Una sconfitta che generò un fiume di polemiche, accuse di scarso impegno da parte di calciatori miliardari ed iniziative a metà strada tra demagogia e sensazionalismo: il leader dei Radicali Marco Pannella, ad esempio, versò un assegno di 4 mila dollari (l'equivalente di due mesi, in quel momento, del suo stipendio da parlamentare) all'ambasciatore dello Zambia come "premio partita".

 

Nel torneo olimpico, l'Italia "B" trovò il modo di salvare la faccia piazzandosi quarta (esattamente come ai Giochi del 1984) perdendo la finale per il bronzo contro la Germania Ovest. Dalle Olimpiadi 1992, per la prima volta, venne introdotta la regola degli Under-23: tutte le squadre avrebbero dovuto essere composte da giocatori di età uguale o inferiore a 23 anni. La base di queste Nazionali è perciò formata dai calciatori che militano nella Nazionale Under-21, sancendo di fatto la fine della Nazionale B.

IL RUOLO DELLA NAZIONALE B

Della quale si ricordano anche altre partite storiche, dalla sua prima in assoluto (una vittoria per 5-1 sul Lussemburgo, in un'amichevole di Esch-sur-Alzette del 17 aprile 1927). Nel febbraio 1976, a Essen, contro la Germania Ovest B, gli Azzurri si imposero per 1-0, con gol di un certo Paolo Pulici; la selezione era guidata da Azeglio Vicini. Fino al 1979 vennero disputati altri 7 incontri. Già dal match seguente, il 19 gennaio 1977, a Udine, contro la Lega Irlandese, la panchina venne affidata a Enzo Bearzot. L'incontro fu di preparazione al match che, pochi giorni dopo, la nazionale A avrebbe disputato col Belgio, a Roma.

La B affrontò anche due rappresentative maggiori: due volte la Svizzera, il 13 aprile 1977, a Basilea, e l'8 novembre 1978 a Ferrara, e l'Unione Sovietica, il 23 febbraio 1979, a Bologna. L'ultimo incontro, ancora contro la Germania Ovest B, si tenne a Genova, il 19 dicembre 1979. La partita terminò 1-2, per gli ospiti: il gol azzurro venne siglato da Alessandro "Spillo" Altobelli. Il bilancio della "Nazionale B"? 70 partite disputate, 44 vittorie, 12 pareggi e 14 sconfitte con un complessivo di 174 gol fatti e 74 subiti. 

La Nazionale Sperimentale ritornò in auge, in qualche modo, nel biennio 2016-2017, per volontà del commissario tecnico Gian Piero Ventura. Partite da scommesse virtuali non riconosciute ufficialmente e ridefinite "stage" per valutare i talenti in erba della Serie A. Come la vittoria per 8-0 al "Castellani" di Empoli (il 31 maggio 2017) su San Marino, in cui l'Italia è scesa in campo con la seguente formazione Scuffet, Conti A. (70' Biraghi), Caldara, G.M. Ferrari, D'Ambrosio, Baselli (46' Pellegrini), Gagliardini (46' Cataldi), Berardi (46' Politano), Petagna (46' Falcinelli), Lapadula, Federico Chiesa (63' Caprari).

Progetto tecnico, quello degli stage, che però non portò lontano la "Nazionale A" eliminata dalla Svezia, nello spareggio di novembre, per l'accesso ai Mondiali di Russia...

*La foto di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo).

May 11, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Il centrocampista moderno!

Champions League 2001/2002, i “Galacticos” del Real Madrid di Vicente del Bosque allo stadio Olimpico di Roma. Ero un ragazzino come tanti ed il mio cuore sperava in un’ impresa della mia squadra del cuore. Nel recarmi allo stadio ero impaziente di godermi dagli spalti la classe di Figo, Zidane, Guti e compagnia e staccare la spina dalle tragiche immagini trasmesse da tutti i TG in quelle ore.

Pian piano, con lo scorrere dei minuti e del gioco, mi accorsi, invece, che la mia attenzione veniva totalmente catturata da due calciatori che certamente, in quanto a classe pura, non rubavano l’occhio: Esteban Cambiasso e Claude Makelele, erano i due centrocampisti centrali del 4-2-3-1 che il tecnico madrileno aveva disegnato per permettere ai campioni offensivi a sua disposizione di coesistere in contemporanea.

Io, come detto, pur restando estasiato da ogni tocco di palla dei fuoriclasse offensivi che andarono a segno due volte nella ripresa per gli appassionati di statistiche legate alle scommesse, osservavo le lunghissime sequenze di gioco in cui i Blancos nascondevano la palla ai giallorossi e non riuscivo a staccare gli occhi da quei due: Makelele e Cambiasso, Cambiasso e Makelele. Il bianco ed il nero a dividersi quasi col goniometro, l’ampiezza  del cerchio di centrocampo: metà per uno e palla toccata non più di due volte. Controllo e verticalizzazione nella fase di possesso, intercetto e senso tattico nel non possesso: era incredibile per me quello a cui assistevo.

Nella zona mediana del campo, a cavallo dei due semicerchi di centrocampo, dove cadeva la sfera, trovavi uno dei due. Quel Real Madrid non si allungava mai, non si spezzava mai in due, non solo perché teneva sempre il pallone, ma anche e soprattutto perché Esteban e Claude, il bianco ed il nero, sapevano quando percorrere insieme, simultaneamente e coprendosi reciprocamente le spalle all’occorrenza, dieci metri avanti e dieci metri indietro, lateralmente a destra o a sinistra, al fine di tenere connessa la linea difensiva con i tenori d’attacco.

I DUE BINARI CALCISTICI

Cambiasso e Makelele furono pertanto la mia folgorazione, la genesi di un calcio, quello attuale, in cui oltre alle qualità tecniche, risultano determinanti le qualità di pensiero tattico, soprattutto lì nel mezzo, dove oggi in molti, fra addetti ai lavori ed appassionati, sostengono che ci sia appunto la chiave decisiva per vincere le partite, per prevalere strategicamente sull’avversario di turno e soppiantarlo, dandogli scacco matto. 

Makelele e Cambiasso come punto di partenza per definire, o meglio per tentare di definire l’identikit del moderno centrocampista: non è semplice, chiariamoci, perché questo ventennio ha evoluto il calcio ed i giocatori in maniera radicale: via i sistemi di gioco in numeri e le conseguenti ruolizzazioni, spazio al gioco per principi, per concetti, che proprio i singoli calciatori col loro talento, di piedi e di testa, devono saper caratterizzare e quindi, rendere difficilmente decifrabile per gli avversari in ogni situazione del gioco che va poi a comporre, la singola partita. 

Tielemans cerca di respingere una conclusione dell'Arsenal!
Una certezza però, possiamo averla; sono due i binari costituenti la struttura globale del centrocampista moderno. Da un lato abbiamo il centrocampista dominante sotto il profilo tecnico, il catalizzatore, l’accentratore del gioco, l’uomo che col suo straordinario dominio della palla sotto pressione ed in velocità e la sua capacità di anticipazione sa quando, come e dove, far arrivare il pallone.

Calciatori capaci di costituire un fonte di sostentamento continua per lo sviluppo del gioco offensivo della propria squadra: dalla costruzione all’ultimo passaggio, essi sono capaci di incidere e decidere e nel non possesso sono abili predatori di palloni per via indiretta, non vanno cioè a riconquistarla col contrasto fisico ma con l’intelligenza, recuperandola mentre è in viaggio, poiché capaci di capirne prima degli altri, la sua destinazione.

Campioni come Iniesta, Pirlo, Modric, Xavi, Verratti, Pjanic, esprimono perfettamente i tratti del profilo di centrocampista in questione, dominante attraverso la genetica del talento tecnico e del pensiero calcistico “differente”, evoluto e raffinato, a cui non bisogna indicare la strada, ma a cui, viceversa, compagni ed allenatori, hanno il dovere in campo di affidarsi.

Il secondo binario, è quello invece percorso da quei centrocampisti che fanno della fisicità, del dominio che nasce dal duello puro e duro, i loro punti di forza. Da Yaya Toure a Patrick Vieira tanto per citarne due che lì nel mezzo era meglio avere dalla parte propria, piuttosto che come avversari, fisicamente insuperabili, senza alcuna possibilità di poter prevalere nello stesso ambito, a meno che non si appartenga all’altro genus, quello in cui si sceglie durante il gioco più velocemente rispetto a quei giganti. Ma quindi, ammesso che esista, quale è la vera rivoluzione degli ultimissimi tempi?

Nella zona mediana, al vertice del calcio europeo, sembra farsi largo  sempre più, una figura che potremmo tentare di racchiudere nel concetto di tuttocampista. Forza fisica, qualità tecnica e senso tattico integrati in un unico profilo, quello del giocatore che dalla propria metà del cerchio di centrocampo, alla porta avversaria, sappia far tutto; recuperare palla direttamente o indirettamente con un movimento, gestire la stessa con qualità, valorizzarla, rendendola vincente con l’assist ed il tiro a rete.

Da Seedorf e Nedved, tanto per legarci temporalmente a Makelele e Cambiasso, arrivando a Pogba, Vidal, il talento belga Tielemans, fino ai nostrani ed attualissimi Barella e Zaniolo, se sarà impostato in quel ruolo. Correndo dalla metà campo alla porta avversaria con l’obiettivo di non rendere “banale”, nessun pallone toccato, proprio come sa fare un vero e moderno tuttocampista!

*Il testo dell'articolo è stato curato da Luigi Miccio; le foto sono di Rui Vieira (AP Photo).

May 10, 2020
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L'indimenticabile Vicenza di Guidolin!

Squadre che hanno segnato la cultura moderna del nostro calcio, squadre che fanno sgorgare passione, che muovono popoli radicati nel proprio territorio. Tifosi che aspettano pazienti il ritorno nella massima serie. Nobili decadute che mancano dalla Serie A ormai da anni, troppi per chi ha cuore quei colori, quei simboli, che coltiva i ricordi di imprese che sembrano sfocate solo a chi non l’ha vissute.

Storie di squadre di città importanti, di squadre seguite da tifoserie che hanno fatto la storia del movimento italiano, storie di stadi che sono stati catini di passione e teatri sui quali hanno recitato attori tra i più prestigiosi. In questo viaggio, in due puntate, l’intento è riscoprire pagine solo all’apparenza ingiallite, rimuovendo la polvere del tempo e ricordando quali e quante imprese hanno segnato la storia di alcuni tra i club più iconici del pallone nostrano. E se si parla di nobili decadute il primo pensiero non può non andare al Vicenza.

IL VICENZA

Il club, fondato il 9 marzo 1902 da Tito Buy, preside del Liceo Lioy e bisnonno dell’attrice Margherita Buy, può vantare nella propria bacheca anche una Coppa Italia vinta nel 1997 sotto la guida sapiente di Francesco Guidolin in panchina e del capitano Giovanni Lopez in campo. Squadra quella formata da giocatori indimenticabili come il talento uruguaiano Marcelo Otero, l’estroso Jimmy Maini che aprì le marcature nella finale di ritorno contro il Napoli, il portiere Luca Mondini, il mediano Mimmo Di Carlo (oggi allenatore del Vicenza).

 

Sono 37 le partecipazioni alla massima serie del club che può annoverare un’apparizione anche in Coppa UEFA (1977-1978) e una in Coppa delle Coppe (1997-1998) avventura, questa, terminata in semifinale contro il Chelsea. Il Lanerossi, come viene spesso ricordato, per il legame con l’azienda laniera di Schio che s’interruppe economicamente all’inizio degli anni ’80 e a livello simbolico (la “R” sulle maglie) alla fine di quel decennio.

Il Vicenza è Paolo Rossi, Luis Vinicio, Giulio Savoini, ma anche quel Romeo Menti, cristallino talento uscito dal settore giovanile del club che poi perì col Grande Torino nella tragedia di Superga. Ma soprattutto Roberto Baggio e cioè il giocatore di maggior classe uscito da quella fucina di talenti che è stato il vivaio biancorosso. Il Vicenza manca dalla Serie A da quasi 20 anni.

L’ultima apparizione è datata stagione 2000-2001, mentre la squadra - sotto la proprietà della famiglia Rosso - oggi milita in Serie C e dovrebbe essere tra le quattro squadre promosse in  B: al momento della sospensione il Vicenza era in testa al suo girone con un rassicurante +6 e per le scommesse calcio non ha mai perso nel 2020!

LA TRIESTINA

Sempre nel girone B della C possiamo ritrovare un’altra società che fa riferimento a una grande città del nord-est. Trieste non vede la Serie A dal 1959 e pensare che fino ad allora la Triestina era stata una presenza costante nella massima serie: prima divisa e poi a girone unico con 26 apparizioni. Tanto da offrire, nel 1938, ben tre giocatori alla nazionale che sarebbe diventata campione del mondo per la seconda volta con Gino Pozzo in panchina: Gino Colaussi, Pietro Pasinati e Bruno Chizzo.

Sotto la guida di Nereo Rocco, che fu anche mitico giocatore degli alabardati, la squadra  - sistemata in campo secondo il classico catenaccio del Paròn - riuscì a scalare la classifica del massimo campionato e a piazzarsi al secondo posto dietro al Grande Torino.

Curiosità? La Triestina era ammessa al campionato italiano, pur non facendo parte formalmente del territorio nazionale. Già, perché dopo la II Guerra Mondiale e a seguito della disputa territoriale con la Jugoslavia, allora Trieste rientrava nel cosiddetto “Territorio libero di Trieste”. Di fatto, dunque, la Triestina è stata l’unica compagine non appartenente alla nazione a partecipare al campionato di Serie A.

Mentre, altra curiosità, l’Amatori Ponziana, altra compagine cittadina, giocava nel campionato jugoslavo. Al momento della sospensione del campionato, la Triestina era a metà classifica del girone B di Serie C. Lontana, ancora, dal ritorno in quella che per tanti anni fu la sua casa. La Serie A. 

*Il testo dell'articolo è stato curato da Marco Valerio Bava; l'immagine di apertura è di Franco Debernardi (AP Photo).

May 10, 2020
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Le pubblicità più riuscite dei miti dello sport!


Quali sono gli abbinamenti commerciali più riusciti per i miti dello sport? Mettiamo da parte, nella nostra analisi, le sponsorizzazioni tecniche con le multinazionali di abbigliamento, gli straordinari dei piloti in favore delle rispettive case madri ed il marchio della racchetta per i tennisti e lavoriamo un  po’ di fantasia.

Naturalmente, in tempi di The Last Dance non possiamo che iniziare da Michael Jordan, il GOAT del basket e non solo.

JORDAN/GATORADE - Ad agosto 1991, dopo il primo anello conquistato dominando i Lakers, Gatorade investe sul divino, già uomo immagine di 18 aziende tra le quali la lotteria dell’Illinois, l’equivalente di una fiches iniziale di due miliardi di lire; così, l’azienda, attualmente partner ufficiale della NBA prende, di fatto, il posto della Coca-Cola come drink del miglior giocatore di pallacanestro. La partnership continua a durare e tra gli spot più riusciti, non può che menzionarsi la sfida tra il giovane ed il “vecchio”... Mike!

SENNA/NACIONAL - Uno degli oggetti più iconici del circus della Formula 1 è il cappellino con il quale la leggenda Ayrton saliva sul podio, di solito sul gradino più alto...

Di colore blue royal, con la scritta Nacional in bella evidenza, il boné, come dicono da quelle parti è ancora vendutissimo in Sud America. Nacional era una banca brasiliana che ha accompagnato per due lustri, anche sul famosissimo casco giallo, la carriera del talento paulistano a partire dal 1984.
Oggi, anche attraverso il ricavato legato al personaggio di fumetti Senninha, la fondazione guidata dalla sorella Vivienne aiuta migliaia di bambini a studiare!

MARADONA/ANTARCTICA - Tra i tanti marchi sponsorizzati durante e dopo la carriera da Diego Armando Maradona, scegliamo la pubblicità più simpatica e stravagante, molto in linea, naturalmente, con il calciatore più forte di tutti i tempi!

Siamo alla vigilia dei Mondiali in Germania del 2006, il Brasile, campione in carica, è il grande favorito per il sesto titolo per le scommesse sportive. Lo spot, elaborato dal famosissimo creativo Ricard Braga, parte con lo starting eleven carioca in campo a cantare l’inno nazionale: la telecamera passa su Ronaldo il fenomeno, poi Kakà e si ferma su... Diego, con la camisa della Selecao! Nel frame successivo, l’idolo di Napoli si risveglia nel suo letto ed attribuisce alla quantità di lattine di Guaranà bevute la responsabilità dell’incubo!

 

FEDERER-TOMBA/BARILLA - Re Roger è riuscito nell’impresa più unica che rara a continuare a dare visibilità mondiale ad un marchio di abbigliamento sportivo, praticamente come unico testimonial! Significativa la durata dell’accordo che andrà ben oltre il giorno nel quale Federer, provocando un dispiacere ai fedeli tifosi, lascerà il campo. Per anni il talento svizzero è stato lo sportivo più pagato per gli accordi commerciali. Nell’abbinamento con prodotti extra tennis, riuscitissima è la pubblicità con Barilla: si parla di un investimento per l’azienda italiana di quaranta milioni di dollari in 5 anni!

A proposito di Italia e Barilla, un altro testimonial di grandissimo impatto è stato Tomba: in un’ambientazione che non ha nulla ad invidiare al laboratorio di Westworld (e siamo ancora nel 1995...) l’Albertone Nazionale ha bisogno di una forchettata di fusilli per rispondere alle sollecitazioni degli scienziati!

Se l’accordo tra Valentino e Fastweb è stato forse il più remunerativo per uno sportivo italiano, chiudiamo con una finestra sul calcio della A. Senza tornare indietro negli anni alle sponsorizzazioni di Antognoni e Paolo Rossi, due apripista, in un’epoca nella quale avere una consolle dentro casa non era di certo una priorità, per gli spot televisivi su scala nazionale sono stati Walter Zenga, Roberto Mancini e Gigi Lentini nella pubblicità di Sega!


*L'immagine di apertura dell'articolo è di Mark Elias (AP Photo).

 
May 9, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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La guida alle ultime 9 partite della Bundesliga!

Riparte la Bundesliga, un campionato aperto, divertente, non più solo Bayerncentrico, con tanti calciatori top, seppur giovanissimi ed altri, come Leroy Sané, pronti a tornare... alla base! Si segna tanto in Germania (quasi il 67% di Over 2.5) e le squadre in lotta per il titolo hanno una media superiore a 2,5 reti realizzate ad incontro. Ricordiamo che il campionato si sviluppa, a differenza della altre leghe principali europee, su 34 turni.

DOVE ERAVAMO RIMASTI

L’equilibrio ha regnato nelle prime 25 giornate della Bundes 2019/2020: anche il Bayern, alla ricerca dell’ottavo titolo consecutivo non ha dominato la stagione, anzi ha raggiunto la vetta della classifica solo il 3 febbraio con la vittoria esterna 1-3 sul campo del Mainz, mentre il Lipsia, non più una sorpresa come testimonia lo splendido cammino in Champions, non andava oltre l’1-1 interno con il il Borussia Moenchengladbach.

Certo, la lotta a tre per la Meisterschale ci terrà incollati a Sky Football fino al 27 giugno, ma ci sono altri spunti di grandissimo interesse sportivo per le 9 giornate che mancano al termine della stagione, oltre alle semifinali di Coppa e la finale della Coppa, DFB Pokal, con la sorpresissima Saarbrucken ancora in gara! Andiamo con ordine.

Il Bayern ha esordito in campionato con un deludente 2-2 in casa contro l’Herta: sulla panchina dei padroni di casa in quel fresco pomeriggio di metà agosto all'Allianz Arena di Monaco di Baviera sedeva Nico Kovac: il tecnico croato, ad inizio novembre, è stato sostituito da Hans-Dieter Flick, dopo la rovinosa caduta (5-1) di Francoforte.

Uno spettacolare gesto tecnico in Bundes!

Quella che doveva essere una scelta temporanea, in vista di un successivo accordo con un tecnico di respiro internazionale (i nomi erano, in quel momento, quelli di Mourinho, non ancora al Tottenham e di Allegri che proprio contro il Bayern, probabilmente, ha vissuto l’eliminazione più dolorosa della sua carriera, per certi versi più di quella di Madrid) si è rivelata una strada percorribile anche per il futuro: l’ex centrocampista di Bayern e Colonia ha proseguito nel filotto di vittorie in Champions ed ha avuto continuità di risultati in campionato.

La bontà del lavoro svolto e la serenità ritrovata a Säbener Straße hanno garantito a Flick il rinnovo del contratto sino al 2023! Per gli amanti del calcio tedesco, è doveroso ricordare come proprio nella settimana che precede la riapertura del campionato tedesco sia arrivata la notizia che dal 1 luglio 2020 nello staff tecnico bavarese avrà un ruolo anche Miro Klose: il campione di Opole non avrà difficoltà ad integrarsi in quella che è, di fatto, la sua seconda casa e continuerà a brillare come esempio per la batteria di talentuosi attaccanti del club di Rumenigge!

Il Lipsia di Nagelsmann - La prima parte di stagione ha ribadito la credibilità del progetto calcistico Red Bull. Dopo il terzo posto della scorsa stagione, il Lipsia è cresciuto ulteriormente nel rendimento, in Germania ed in Europa. Quando il pallone Adidas della Champions riprenderà a scorrere, i ragazzi di Julian Nagelsmann, miglior esponente della generazione dei c.d. laptop coach, ripartiranno dai quarti di finale, dopo aver annichilito il Tottenham con un devastante aggregate score di 4-0!

Il bomber del Lipsia!

Nel palinsesto di quote di 888sport.it per le scommesse Bundesliga rappresenta sempre un'opzione valida il gol di Timo Werner: il centravanti della Die Nationalelf ha timbrato già 27 volte fino al 10 marzo e sembra il più accreditato per far coppia con Lukaku a San Siro dalla prossima stagione!

Il fenomeno Haaland - La Bundes è stata travolta dall’arrivo dell'incredibile bomber norvegese Haaland: il figlio dell’ex centrocampista del Manchester City ha scelto il Dortmund ed tecnico svizzero Lucien Favre grazie ad un’operazione di mercato, ampiamente descritta con le cifre esatte sul nostro blog, gestita con la solita sapienza da Raiola. Il classe 2000 ha esordito ad Ausburg con una sensazionale tripletta, subentrando dalla panchina!

Al momento dello stop, nella classifica cannonieri guidata dal solito Lewa, Haaland, senza mai calciare con il suo sinistro dagli 11 metri, ha totalizzato 9 gol in soli 6 gare o frazioni di incontro, con una clamorosa media realizzativa di un gol ogni 40’ circa!

Racconteremo in un successivo articolo i talenti da seguire con più attenzione tra i calciatori meno noti, con i fari puntati, in particolare, sul funambolico Matheus Cunha, nuovo idolo della tifoseria dell'Hertha!

I big match - La partita di cartello al rientro sarà, in diretta su Sky, il derby della Ruhr Borussia Dortmund-Shalke: prima dell’interruzione, Marco Reus e compagni avevano conquistato 4 vittorie consecutive, superando il Lipsia e posizionandosi al secondo posto in classifica. Le ultime sei settimane di Bundes ci regaleranno altri incontri di assoluto spettacolo: nel turno successivo, spareggio per il quarto posto e relativo slot per la prossima Champions tra Borussia M. e Bayer Leverkusen.

Ancora, nell’infrasettimanale della ventottesima giornata, proprio a Dortmund sarà di scena il Bayern, per una sfida che varrà buona parte del titolo 2020 (si ricomincia, infatti, con i bavaresi solo a +4). Il calendario dei campioni in carica non è agevole: oltre al Westfalenstadion, dovranno far punti sui difficili campi di Leverkusen e Wolsburg.

*Le immagini della guida, tutte distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione, di Martin Meissner, Matthias Schrader e Jens Meyer.

May 8, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Morecambe: i piccoli, miracolosi passi del gambero!

E' entrato nel sistema della Football League - ovvero tra i club professionistici inglesi - per la prima volta nel 2007 e, da lì, non è più uscito. Una volta, nella stagione 2009-2010, ha perfino sfiorato la promozione in League One, la terza serie, ottenendo un miracoloso terzo posto, salvo poi essere eliminato ai playoff dal Dagenham & Redbridge.

La sfida con il Chelsea in FA Cup

La working-class football

Un modo diverso di fare calcio

La proprietà del Morecambe

Ha superato passaggi di proprietà e inevitabili difficoltà economiche, ma oggi il Morecambe è diventato il club "modello" per eccellenza del calcio d'oltremanica, come testimonia anche la bella figura in FA Cup!

Fino al destro da fuori di Mason Mount ed al tap-in nell'area piccola di Timo Werner sul colpo di testa Kai Havertz, i ragazzi avevano retto bene anche nel terzo turno contro il Chelsea!

Siamo sulle coste dell'omonima baia (la Morecambe bay) nel Lancashire, dalle parti di Blackpool, Fleetwood, Lancaster: 45mila abitanti sferzati dal vento costante e ammaliati dal canto dei gabbiani. Parliamo di nordovest, working-class football, marinai storicamente in partenza: l'idea delle caramelle "Fisherman's Friend" è nata lungo queste coste... Ed è un anno importante, il 2020, per il Morecambe Football Club, perché quello del centenario dalla fondazione, avvenuta nel 1920 al West View Hotel.

Un grosso gambero come simbolo: la rosa degli "Shrimps" è quella con gli stipendi più bassi del calcio professionistico inglese. La media si attesta al di sotto delle mille sterline settimanali. La "media", è giusto specificarlo: in organico ci sono, infatti, gli esperti Steven Old (ex nazionale neozelandese) e Kevin Ellison, attaccante classe 1979, vera e propria istituzione delle "lower leagues" della Perfida Albione.

UN MODO DIVERSO DI FARE CALCIO

Fino allo scorso novembre, poi, i rossoneri del Lancashire detenevano un altro primato: essere guidati dal manager più "longevo" della Football League. Stiamo parlando di Jim Bentley, in carica dal 2011, divenuto una vera istituzione, un po' sulla scorta - con le debite proporzioni - di sir Alex Ferguson al Manchester United e Arsène Wenger con l'Arsenal. Proprio questo spunto, all'inizio della stagione attualmente sospesa, attirò i media da tutta la Gran Bretagna.

A novembre, però, si diceva, Bentley considerò il rapporto professionale con gli Shrimps ormai logoro, accettando l'offerta del Fylde, senza allontanarsi più di tanto da casa, scendendo però di una categoria, tra i dilettanti. A ottobre, prima di andarsene, Bentley, quando era ancora alla guida del Morecambe, espresse concetti particolarmente interessanti: "In otto anni non ho mai speso un soldo per il cartellino di un giocatore. A Morecambe sono arrivati sempre e solo giocatori svincolati, in prestito o promossi dal settore giovanile.

Qui, senza budget (e tra i rettangoli verdi universitari, presi in affitto per gli allenamenti, ndr), si deve sempre avere l'idea giusta, quella rivoluzionaria: è normale se devi affidarti al cosiddetto 'mercato degli scarti', di calciatori abbandonati dai club di appartenenza dopo un infortunio, a quelli bisognosi di essere rilanciati. Con loro, nonostante le premesse, siamo sempre riusciti a salvarci, comodamente o all'ultima giornata".

E la mentalità non è cambiata, nemmeno una volta assoldato il nuovo tecnico, lo scozzese Derek Adams, ricercato con "skills" particolarmente simili a quelle di Bentley: in 11 anni di carriera manageriale, solo due formazioni cambiate con 7 anni di militanza al Ross County e altri 4 alla guida del Plymouth Argyle, praticamente ai due capi opposti della Gran Bretagna.

In mano alla proprietà londinese "Bond Group" (che promuove servizi finanziari di medio cabotaggio), gli Shrimps - al momento della sospensione - viaggiavano a 32 punti al 22° posto, normalmente l'ultimo buono per salvarsi in League Two. Quest'anno, però, a seguito del fallimento del Bury in terza serie, retrocederà una sola squadra nella vecchia Conference. E il Morecambe può ritenersi al sicuro, distante 7 lunghezze dal Macclesfield Town penultimo e 10 dal fanalino Stevenage.

Un altro miracolo, quindi, è in dirittura di arrivo, anche per le quote scommesse calcio. I giocatori rossoneri meritano però un altro grande applauso. Perché? Hanno donato parte dei loro - modesti - stipendi per permettere ai lavoratori e magazzinieri del club di mantenere il 100% del salario mensile. Tra i tifosi, intanto, è partita un "crowdfunding del centenario" per riempire la Globe Arena (casa degli Shrimps dal 2010, dopo l'era al "Christie Park") nella prossima stagione e offrire l'ingresso gratuito a quanti più match possibili al personale ospedaliero. In segno di ringraziamento. Chapeau.   

*L'immagine dell'articolo è di Matt Dunham (AP Photo). Prima pubblicazione 7 maggio 2020.

January 10, 2021
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Mara Santangelo e il senso del doppio nel tennis

Ha ancora senso il doppio nel tennis? Questo articolo e l’intervista esclusiva che contiene partono proprio dalla domanda provocatoria lanciata da uno dei massimi esperti di tennis, come il giornalista Ubaldo Scannagatta su Ubitennis. Non so se esistano aforismi sul doppio, ma la sua essenza si potrebbe riassumere nel concetto di squadra applicato a uno sport individuale.

Il doppio è rapidità, strategia, velocità di esecuzione e tanto, tanto gioco di volo. La provocazione di Scannagatta nasce dalla constatazione che questa specialità è ormai in declino, dominata da tennisti non di primo piano, i quali, invece, la utilizzano più per arrotondare gli incassi delle loro vittorie in singolare che per dedizione e passione. 

A difesa della nobile specialità del doppio, ho chiamato Mara Santangelo, ex tennista classe 1981 originaria di Latina, che nella declinazione a coppie del suo sport ha vinto 23 titoli, ma soprattutto ha conquistato il Roland Garros nel 2007, insieme all’australiana Alicia Molik, prima italiana nella storia ad aggiudicarsi un titolo del Grande Slam. Tra i successi di Mara meritano una menzione speciale la Fed Cup del 2006 con la Nazionale italiana del capitano non giocatore Corrado Barazzutti e gli Internazionali d’Italia del 2007, nel doppio in coppia con la francese Nathalie Dechy

In carriera sei stata soprattutto un'eccellente doppista. Come si sceglie questa particolare specialità?
“Ho ottenuto indubbiamente grandi successi nel doppio. Un dolore al piede mi ha sempre dato qualche problema, durante tutta la mia carriera tennistica: il doppio è una specialità in cui si ha meno dispendio fisico e mi dava la possibilità di giocare più liberamente, senza sentire dolore, essendo gli spostamenti più ridotti rispetto al singolare.

Questo è il motivo per cui ho avuto risultati migliori. Oltretutto avevo delle prerogative tecniche che si adattavano bene al doppio: ero una giocatrice molto aggressiva e prediligevo venire a rete quanto prima dopo il servizio, seguendo il mio modello Martina Navratilova; essendo alta di statura, coprivo molto bene la rete, il che mi ha molto agevolato”.

Che differenze ci sono nello stile di gioco individuale tra il singolare e il doppio?
“Necessariamente, nel tennis di oggi, per essere forti e incisivi in doppio le caratteristiche più importanti sono: essere aggressive, giocare una buona volée, avere una visione del campo e del gioco. Quest’ultimo è  un aspetto che si deve assolutamente allenare per essere incisivi in questa specialità”. 

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C'è l'impressione che i doppisti siano una sorta di figli di un dio minore del tennis. Tu hai provato questa sensazione? Come ti spieghi questa considerazione inferiore del doppio, soprattutto da un punto di vista mediatico?
“Non ho mai provato la sensazione di essere considerata meno giocando il doppio rispetto al singolo. Quando ho vinto gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros c’era tanta risonanza mediatica intorno a questi risultati; forse ne avrei avuta di più se avessi vinto questi grandi tornei insieme a un’altra italiana: questo aiuta tantissimo. L’abbiamo visto quando Fognini e Bolelli hanno vinto gli Australian Open o Vinci ed Errani con i loro 5 successi nel Grande Slam in coppia, perché erano team tutti italiani.

Nel mio caso, a parte i successi con la Nazionale, ho avuto sempre al mio fianco giocatrici straniere. Il doppio, inoltre, è meno seguito a livello televisivo del singolare, ma da giocatore non lo percepisci perché è tanta la gioia di entrare dentro quel campo! Un altro bell’aspetto da non sottovalutare del doppio è quello di poter condividere le vittorie o le sconfitte con il tuo partner: giocare con una compagna, in uno sport individuale, mi ha aiutato e insegnato tantissimo”.

Come si fa a conciliare singolo e doppio nello stesso torneo? Se si va avanti in entrambe le specialità, si rischia di giocare ogni giorno. E la preparazione?
“Conciliare singolo e doppio non è sempre facile: infatti i giocatori più forti che puntano a vincere i tornei individuali solitamente non giocano il doppio e i migliori doppisti non eccellono nel singolare. Sono pochi quelli che si cimentano in entrambe le specialità, anche perché è molto, molto dispendioso: noi tenniste abbiamo una grande preparazione dietro le spalle e questo sicuramente ti aiuta”. 

Riprendendo quanto ha scritto Ubaldo Scannagatta, ti pongo la domanda diretta: ha ancora senso il doppio nel tennis, secondo te?
“Certo che ha senso giocare il doppio! Lo ha sia da giocatore, per migliorare tanti aspetti del tuo gioco che poi ti puoi riportare nel singolo, sia per il pubblico e per chi lo guarda in televisione perché è molto spettacolare. Da parte mia, quindi, evviva il doppio!”

Quali sono le tue partite che ricordi con più piacere?
“Sicuramente la vittoria in doppio al Roland Garros e il successo nella Fed Cup. La partita che vinsi in finale nel singolare fece da apripista per poi farci alzare la coppa al cielo: era la prima, storica, dell’Italia e non posso non portarla nel cuore”.

E quelle che ricordi con rammarico?
“Mi considero una persona positiva, non mi piace vedere le cose con un’ottica di rammarico. Forse, l’unica partita che ricordo con dispiacere, e ne parlo anche nel mio primo libro che si chiama Te lo prometto, è quella contro Serena Williams a Wimbledon. Nel libro parto proprio da quell’episodio: eravamo sul campo centrale, avevo vinto il primo set e stavo per mettere sotto nel punteggio anche nel secondo la numero uno del mondo, quando il piede ha iniziato a farmi male.

Devo dire che mi sarebbe piaciuto tanto (e questo è il rammarico) giocarmi quella partita alla pari, senza dover pensare  a questo maledetto dolore che, come ti dicevo, mi ha ostacolato in tutta la mia carriera”. 

Chi sono i tuoi doppisti preferiti di tutti i tempi, in campo maschile e femminile?
“Non posso non citare il mio mito, Martina Navratilova, e, nel tennis maschile, John McEnroe e Stefan Edberg che mi piaceva tantissimo. Parlando, invece, di oggi e degli anni in cui giocavo, tra le donne direi Alicia Molik, insieme alla quale ho vinto a Parigi, e un’altra australiana, Samantha Stosur; tra gli uomini, per me i fratelli Bryan sono davvero il top, anche perché molto spettacolari”.

*La foto di apertura dell'articolo è di Lionel Cironneau (AP Photo).

 
May 7, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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Sponsor di maglia: i format di A e B. 

Sono passati oltre 40 anni dalla prima sponsorizzazione di maglia nel campionato di Serie A. Parliamo del Perugia calcio del presidente Franco D’Attoma, che, il 26 agosto del 1979, scese in campo (nel match di Coppa Italia che vedeva i “grifoni” opposti alla Roma) con uno sponsor commerciale, la pasta Ponte (in quel periodo di proprietà del gruppo Buitoni-Perugina), “mascherato” da sponsor tecnico. Da quella data storica abbiamo assistito ad una vera e propria “rivoluzione” nel segmento delle cosiddette jersey-sponsorship. 

La maglia da gara, che un tempo, secondo i parametri della Federcalcio (guidata nel 1979 dall’allora presidente Artemio Franchi), doveva essere totalmente pulita, con la possibilità di “sporcarla” riservata esclusivamente al fornitore del materiale tecnico, oggi si presenta come un vero e proprio “media” a disposizione delle aziende partner.

Non siamo ancora ai patchwork del futebol sudamericano, ma non si può più parlare di maglia pulita. Segno inequivocabile dei tempi, ma anche delle stringenti necessità commerciali dei singoli club.  

GLI SPAZI A DISPOSIZIONE  

Con spazi complessivi che raggiungono i 650 cmq nel caso della Serie A, 745 potenziali in Serie B o ancora 950 in Serie C (Lega Pro). Nella massima serie, oltre all’ormai popolare main sponsor, troviamo il second sponsor, lo sleeve (sponsor di manica) e il back sponsor (o partner retro maglia). 

La massima divisione è quella che, naturalmente, presenta le superfici più interessanti per gli sponsor commerciali. Sul fronte maglia infatti le società possono muoversi liberamente fino a 350 cmq (fino a 3 anni fa non si superavano i 250). Centimetri di visibilità assegnati o ad un solo partner commerciale o massimo a due (abitualmente 250 per il main e 100 per il second sponsor). Il back sponsor assorbe invece 200 cmq (il contratto più oneroso in “A” è quello che vede il marchio Hyundai legato alla Roma per 7 milioni di euro annui). Per lo sleeve sponsor infine la superficie totale è di 100 cmq. 

Sono diverse le società che hanno stretto partnership sfruttando al massimo la novità sponsorizzativa dello spazio sulla manica sinistra: nello specifico Fiorentina, Torino, Cagliari, Atalanta, Parma, Lecce e Spal. 

Analizzando poi la stagione in corso (2019/20) ben 6 club su 20 di “A” sono riusciti a sfruttare tutte le superfici disponibili (a norma di regolamento). E’ il caso della Fiorentina (in totale 4,25 milioni di euro), del Torino (4,2), del Cagliari (3,6), dell’Atalanta (3,45), Spal (1,0) e infine del Lecce (830 mila euro). 

L'ANALISI DELLE CIFRE

Più in generale la situazione del mercato delle sponsorizzazioni di maglia non è così florida come potrebbe apparire ad un occhio inesperto. Se è vero infatti, che, quest’anno, si è superato il tetto complessivo dei 135 milioni di euro, in crescita rispetto alla stagione precedente, la presenza di marchi internazionali è una caratteristica solo dei top club (in Serie A più dell’80% delle realtà partner è di matrice italiana). 

Siamo quindi poco attrattivi rispetto a ciò che avviene, ad esempio, in English Premier League (80% multinazionali e solo il 20% con base nel Regno Unito). 

Juventus e Inter sono i benchmark del mercato domestico, con “regional partnership” sviluppate anche all’estero. Il Milan, di proprietà del fondo Elliott, sfrutta ancora la scia di contratti firmati nell’era Galliani-Berlusconi. Roma e Lazio (anche se quest’ultima non presenta sulla divisa alcun marchio commerciale) stanno crescendo soprattutto nel settore delle attività corporate. In forte crescita, grazie alla lungimiranza della proprietà Percassi, è l’Atalanta, che può contare su un forte legame con il territorio. In totale, il club lombardo, sempre in zona Champions per i pronostici Serie A, vanta oltre 230 partnership all’interno di 21 diversi format commerciali. 

LE SPONSORIZZAZIONI IN B

In crescita anche il mercato della “cadetteria”. In Serie B alcuni club, dopo una prima esperienza di sponsorship degli shorts (sui pantaloncini gara si arriva a superfici espositive pari a 75 cmq), stanno testando la visibilità dei “calzettoni” (140 cmq). Nella stagione in corso è successo al Chievo Verona, al Trapani, al Perugia, al Pisa (come da immagine gentilmente concessa dalla società toscana), al Venezia, al Pescara ed infine alla Salernitana. Il prossimo anno questa tipologia di contratto sarà “centralizzato” da parte della LNPB, così come avviene da due stagioni per lo “sleeve”. 

I calzettoni sponsorizzati del Pisa!

Sulle divise delle 2a divisione lo spazio complessivo (se parliamo di “fronte maglia”) è è di 250 cmq (normalmente il main occupa 200 cmq e il second sponsor i restanti 50). Per lo sleeve invece non si possono superare gli 80 cmq. Il retro partner, infine, è nell’ordine dei 200 cmq. Per un totale di 745 cmq. 

In sintesi Benevento, Cremonese, Empoli e Frosinone sono i club che hanno saputo sfruttare, nel modo migliore, le opportunità sponsorizzative, coniugando investimenti di aziende di “proprietà” (ovvero collegate alla figura imprenditoriale del presidente) alla ricerca diretta di aziende sul mercato. In media, le maglie della “cadetteria” presentano valori complessivi vicini ai 400 mila euro (mentre le 4 realtà succitate  si muovono tra i 550 ed i 750 mila euro). 

Nonostante l’evoluzione in atto è difficile, però, immaginare nuovi sviluppi sulle superfici delle divise. Non vedremo pertanto mai maglie-patchwork come nel calcio sudamericano.

*Il testo dell'articolo è stato redatto da Marcel Vulpis, direttore di Sport Economy; l'immagine di apertura è di Gregorio Borgia (AP Photo).

May 7, 2020
888sport
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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Vincent Kompany, il leader calmo!

Vincente, di nome e di fatto. Se la Coppa del Mondo 2018 l’avesse sollevata il Belgio, sarebbe stato il giusto premio alla carriera di Vincent Kompany, uno che dovunque è andato ha portato a casa un trofeo. Sembra semplice, avendo giocato solamente con tre squadre, due delle quali sono Anderlecht e Manchester City. Ma, soprattutto negli ultimi decenni, portare l’Amburgo alla vittoria è abbastanza complicato, anche se si parla di una Coppa Intertoto.

La bacheca del belga parla comunque chiaro: due Pro League con l’Anderlecht, quattro Premier League, due FA Cup, due Community Shield e quattro League Cup con il City, una medaglia di bronzo a Russia 2018. Abbastanza per trasformare il difensore classe 1986 in un’icona. Il punto, però, è che Kompany è un simbolo dentro ma anche fuori dal campo. 


Quando indossa gli scarpini, il capitano dell’Anderlecht è un leader, coraggioso e leale. Ma soprattutto, uno dei migliori calciatori della sua generazione. Un difensore completo, con senso della posizione, stacco aereo (sfruttato sia per difendere la propria porta che per creare pericoli agli avversari), forza fisica, velocità, capacità di anticipare con precisione i movimenti del pallone e ottime doti di impostazione, che nel calcio moderno (Guardiola docet), male non fanno.

CAPTAIN FANTASTIC!

Al City lo adorano, al punto che uno dei vialetti fuori dall’Etihad è intitolato a lui e che, quando ha lasciato il club nell’estate 2019, è partita una petizione per costruire una statua a lui dedicata nel piazzale antistante lo stadio. 


Il minimo, verrebbe da dire, per chi è stato il capitano dell’incarnazione più vincente del City, quella nata dopo l’acquisto del club dal fondo di investimenti degli Emirati Arabi Uniti. E non è certo un caso che di tanti calciatori, sia proprio lui ad aver regalato a Guardiola l’ultimo titolo, quello combattutissimo della scorsa stagione. Alla penultima giornata, il City stava trovando difficoltà a battere il Leicester, mentre il Liverpool di Klopp due giorni prima aveva già regolato il Newcastle.

Un pareggio avrebbe significato il sorpasso dei Reds, che però non avevano fatto i conti con Captain Fantastic. Con il più improbabile dei siluri terra-aria, Kompany ha di fatto deciso la Premier League 2018/19; la più combattuta anche per gli esperti di consigli scommesse. Con il senno di poi, un qualcosa di assurdo, visto che il belga ha spiegato che i compagni più giovani gli avevano urlato di non tirare…

Disciplina, in campo e fuori. Anche perché, da buon capitano, il belga guida con l’esempio: in 531 partite, appena 6 cartellini rossi. Visto il ruolo, anche una media abbastanza bassa.

Sarà per questa attitudine al comando che, senza neanche togliersi gli scarpini, Kompany ha provato già il brivido della panchina. Il “suo” Anderlecht, la squadra in cui è cresciuto, lo ha chiamato e lui ha risposto, mettendoci il cuore. Non è andata benissimo, perché sotto la sua guida come player-manager il club biancoviola stava andando così male che Kompany è stato affiancato prima da Simon Davies e poi da Franky Vercauteren. Il deludente esordio come allenatore gli è costato parecchie critiche, ma da un certo punto di vista il belga è anche abituato.

UNA FAMIGLIA ATTIVA NEL SOCIALE


L’impegno sociale di Kompany e della sua famiglia, del resto, ha sempre catalizzato parecchio interesse anche al di fuori del calcio. Papà Pierre, che è anche il suo agente, è un immigrato congolese, figlio di un operaio che lavorava in miniera. Nel 2018 è diventato sindaco di Ganshoren, il primo sindaco di colore della storia del Belgio. 

Anche lo stesso Vincent ha partecipato assieme a sua moglie Carla a progetti volti a garantire un’educazione e condizioni di vita migliori ai bambini che vivono in povertà. Tra le tante iniziative, spicca l’acquisto del FC Bleid, un club della periferia di Bruxelles, che Kompany ha immaginato come un’alternativa alla strada per i ragazzi della zona. A capo della società il belga ha messo sua sorella Christel. E, tanto per sottolineare che il pallone è questione di famiglia, anche suo fratello François ha giocato a calcio.

Non c’è dunque solo il campo nella vita di Kompany, spesso considerato come uno dei più intelligenti e acculturati calciatori di livello internazionale. Tra un match e l’altro, Vincent è anche riuscito a laurearsi in Amministrazione alla Manchester Business School e ha provato la strada dell’imprenditoria, aprendo due bar a tema sportivo chiamati “Good Kompany” a Bruxelles e ad Anversa.

In questo caso, però, il difensore non è stato poi così vincente, visto che ha dovuto chiudere entrambi i locali nel giro di un anno. Ma del resto, nel calcio come negli affari, è l’allenamento che rende perfetti. E se dovesse provarci di nuovo, Kompany sicuramente avrebbe imparato a non commettere errori. Vincent si nasce,…e si diventa!

*La foto di apertura dell'articolo è di Natacha Pisarenko (AP Photo).

 
May 6, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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