Gioco all'italiana: le caratteristiche di una tradizione calcistica!

Quando una squadra opta per un piano di gioco abbastanza conservativo, che tende più a impedire che l’avversario produca, piuttosto che a proporre iniziative che non siano ripartenze, si parla spesso di “gioco all’italiana”. Ma è una definizione corretta rispetto al calcio di livello europeo?

Sì e no, perchè va a fondere due atteggiamenti che nel corso dei decenni sono stati caratteristici delle squadre tricolori e che negli anni Sessanta e negli anni Ottanta sono stati i cardini delle vittorie a livello di club e di nazionale che hanno reso grande il pallone italiano. 

L'evoluzione del catenaccio

Il Trap maestro di calcio

Il modulo 3-5-2

Gli "italiani" nel Mondo

L'evoluzione del catenaccio

Molto prima di arrivare alle vittorie corto muso, tutto nasce, strano a dirsi, in Svizzera per mano di un austriaco. Karl Rappan, allenatore del Servette, nel 1932 si inventa un ruolo destinato ad avere un futuro importantissimo: il libero. Il tecnico decide di spostare un uomo dal centrocampo alla difesa, piazzandolo però ancora dietro alla linea e senza destinarlo alla marcatura a uomo, ma ad acciuffare avversari sfuggiti ai colleghi di reparto o a prevenire palloni filtranti.

In Inghilterra lo chiamano “sweeper”, colui che spazza, mentre in Italia è…libero perchè privo di un uomo da marcare. Oltre ai quattro difensori, anche due dei centrocampisti hanno compiti di interdizione, mentre il terzo lancia gli attaccanti, che colpiscono l’avversario in letali ripartenze. Uno schieramento del genere rende molto complicato per gli avversari scardinare l’organizzazione difensiva della squadra.

E quindi lo schema che Rappan applica anche con la nazionale Svizzera viene battezzato Verrou, serratura, per la sua capacità di…chiudere la propria porta. I primi che lo utilizzano in Italia, tra cui Gipo Viani e Alfredo Foni, si ritroveranno a chiamarlo Catenaccio.

I maestri del Catenaccio sono Nereo Rocco ed Helenio Herrera, gli artefici delle prime quattro Coppe dei Campioni del calcio tricolore. Rocco comincia i suoi esperimenti alla Triestina e al Padova, per poi trasferirsi al Milan, dove trova elementi perfetti per il suo modo di intendere il calcio. Sotto la guida del Paron, in tre periodi distinti tra anni Sessanta e Settanta, i rossoneri vincono due campionati, tre Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, due Coppe delle Coppe e una Coppa Intercontinentale.

Allegri e Zidane!

Dall’altro lato di Milano però hanno un’idea molti simile e portano in Italia “Il Mago” Herrera, già vincitore di quattro campionati spagnoli con Atletico Madrid e Barcellona.

In Italia, però, il suo Catenaccio fa ancora più faville e nasce così la Grande Inter, che porta a casa tre campionati, ma soprattutto due Coppe dei Campioni consecutive a altrettante Coppe Intercontinentale. Logico dunque che nella mente degli appassionati di calcio, viste le vittorie dei club tricolori, questo modo di approcciare alle partite diventi…il calcio all’italiana.

Il Trap maestro di calcio

Già a partire dalla fine degli anni Sessanta, però, il Catenaccio è in declino. Con la nascita del Calcio Totale e della marcatura a zona, uno schema così difensivo appare immediatamente antidiluviano.

Ma siccome il motto “primo, non prenderle” continua a essere valido, nasce la vera e propria evoluzione tattica del Catenaccio: la zona mista.

Anche in questo caso, lo sviluppo maggiore del nuovo modo di giocare avviene nella stessa città, Torino, dove Giovani Trapattoni e Gigi Radice, rispettivamente alla guida di Juventus e Toro, decidono di applicare alcuni dei concetti del Calcio Totale (come il pressing e gli scambi dei calciatori) al buon vecchio catenaccio.

Il fischio del Trap!

Nasce così un concetto del tutto nuovo, destinato a portare il granata sul tetto d’Italia, ma soprattutto la Signora a un ciclo in cui i bianconeri vincono tutto quello che si può vincere, compresa la tanto attesa Coppa dei Campioni. In più, anche la Nazionale adotterà la zona mista, riuscendo a vincere la Coppa del Mondo nel 1982 sotto la guida di Enzo Bearzot e facendo affidamento proprio sul blocco-Juve, con calciatori abituati ad applicarla.

Il modulo 3-5-2

Come si sviluppa questo nuovo gioco all’italiana? Dal punto di vista dello schieramento, nella maggior parte dei casi si parla di un 3-5-2 o di un 4-3-3 asimmetrico. In realtà, a partire dalla difesa, non c’è molto di diverso dal Catenaccio: giocano un marcatore puro che gioca attaccato all’attaccante, uno stopper che cerca di anticipare l’avversario e il libero, che organizza la difesa. Accanto a loro c’è il terzino fluidificante, spesso schierato a sinistra, uno dei segreti del modulo già negli anni Sessanta, come dimostra la carriera di Facchetti.

La novità è però rappresentata dal calciatore di centrocampo sul lato opposto al terzino, la cosiddetta ala tornante, ovvero l’attuale esterno a tutta fascia, con compiti sia offensivi che difensivi. Per il resto rimangono sia il mediano che il regista, con la differenza che il terzo centrocampista centrale, la mezzala, non è più prettamente difensivo, ma attacca gli spazi creati dagli attaccanti. In avanti, come sempre, centravanti e fantasista.

La novità, dal punto di vista tattico, sono il pressing molto alto con il raddoppio sul portatore di palla, gli inserimenti sincronizzati di mezzala e seconda punta e la capacità dei calciatori di prescindere dalla zona pura, andando a coprire eventuali buchi lasciati dai compagni di reparto.

Da qui, si può benissimo intravedere quello che è il gioco all’italiana attuale, che rende il calcio tricolore quello tatticamente più complicato del mondo. Nonostante molte squadre abbiano nel corso degli anni ridotto l’approccio speculativo e difensivista, alcuni dei principi sviluppati dal catenaccio prima e dalla zona mista poi restano molto validi.

A dimostrarlo c’è stata la Juventus che di certo nella prima versione non partiva favorita per le quote Serie A e poi la Nazionale di Conte, che ha riportato in auge il 3-5-2 con due esterni a tutta fascia e un’aggressività non comune sul portatore di palla.

Gli "italiani" nel Mondo

E non è un caso che molte delle squadre sorpresa nelle coppe Europee (come il Villarreal), che sono in grado di ribaltare i pronostici calcio italiano contro club molto più blasonati, applichino un calcio che si può tranquillamente definire all’italiana.

Unai Emery nella semifinale di ritorno contro il Liverpool!

Così come ha fatto la Grecia, che nel 2004 con un modo di giocare che sembrava totalmente anacronistico ha addirittura vinto i campionati Europei. In generale, l’etichetta di calcio all’italiana arriva quando una squadra si dedica più alla fase difensiva che a quella di costruzione, preferendo impedire all’avversario di fare gioco e provando a sfruttarne gli errori.

Ma forse bisognerebbe concentrarsi più sull’organizzazione di squadra (ripresa dalla zona più rigida e dal Calcio Totale, non esattamente idee di calcio speculative) piuttosto che tacciare gli avversari di difensivismo e di ritorno al Catenaccio. Perchè il calcio sarà anche uno solo, ma i modi di declinarlo sono tanti. E gli italiani, come dice un detto abbastanza famoso all’estero, lo…fanno meglio!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 6 maggio 2022.

July 2, 2022
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Regole safety car | safety car F1| safety car regolamento

In uno sport come la Formula 1, con vetture che sfrecciano a oltre 300 km/h, la sicurezza è l’elemento principale da tenere in considerazione. E non bisogna solo pensare alla struttura della macchina, alle vie di fuga sul tracciato e a un comportamento non pericoloso da parte dei piloti. Anche le condizioni della pista, che può essere sporcata da detriti o parzialmente ostruita da vetture ferme, sono da tenere in conto.

E quando ci si trova in gara e sul tracciato c’è qualcosa che può mettere a repentaglio la sicurezza di chi corre, le opzioni sono due: la bandiera rossa, con la sospensione immediata del Gran Premio, o l’ingresso della safety car. Anzi, in realtà le opzioni sono aumentate, perché negli ultimi anni è stato introdotto il concetto della safety car virtuale.

Il regime di safety car

La safety car e il GP di Abu Dhabi 2021

La Virtual Safety Car

La partenza guidata

888Sport

Il regime di safety car

Ma cos’è la safety car? Molto semplicemente, una vettura che si pone davanti al gruppo, rallentando l'andatura. A decidere di utilizzarla sono i commissari di pista, che valutano se la situazione di pericolo non sia tale da dover costringere alla sospensione del Gran Premio o della Sprint Race.

In regime di safety car, tutti gli steward del tracciato sventolano la bandiera gialla F1 e mostrano un cartellone con su scritto “SC” in ogni punto del circuito, per rendere chiaro ai piloti, anche quelli attardati, che la gara è stata temporaneamente neutralizzata.

La safety car, con le luci arancioni accese, si pone di fronte al leader della corsa e detta così la velocità del gruppo, che si ricompatta per poi, una volta terminato il pericolo in pista, ripartire con il Gran Premio nel giro successivo allo spegnimento delle luci della vettura di sicurezza.

Le norme che regolamentano il comportamento dei piloti in regime di safety car sono particolarmente dettagliate e prevedono un buon numero di azioni che possono essere punite con secondi di penalità, drive through o stop and go; tali regole vanno tenute in considerazione anche quando live si periziano le quote delle scommesse sportive online, in particolari quelle live, perché l'ingresso di una safety può cambiare repentinamente le dinamiche di una corsa! 

Una safety car!

La safety car e il GP di Abu Dhabi 2021

La prima raccomandazione della FIA è quella di evitare che una vettura rallenti in maniera non necessaria o che effettui manovre che possano risultare pericolose per le persone in pista. Il punto principale è però che in regime di safety car non sono permessi i sorpassi, a meno che non si tratti di vetture doppiate, a cui quando è possibile viene dato il permesso da parte dei commissari di superare tutti, safety car compresa, per poi accodarsi di nuovo al gruppo nell’ordine di classifica effettivo.

Se una vettura ne supera un’altra senza avere il permesso dei commissari è prevista una penalità, a meno che la monoposto che precede non abbia problemi tali da costringere chi segue a passare davanti. O che la vettura stessa non si fermi per un pit stop, per effettuare la sosta prevista o cambiare strategia, approfittando del compatimento forzato del gruppo.

Il rallentamento improvviso e l’impossibilità di sorpasso sono spesso fonti di dibattito al momento della ripartenza, perché il leader della corsa detta il passo al momento dell’uscita dalla pista della safety car e molto spesso rallenta molto prima di raggiungere la linea del traguardo (dove la gara ufficialmente ricomincia e da cui è possibile tornare a superare) per poter poi allungare all’improvviso e mantenere la sua posizione.

Se da un canto il rallentamento è pericoloso (come dimostrano alcuni storici tamponamenti con la safety car ancora in pista), dall’altro anche il comportamento di chi segue, che affianca chi gli è davanti nel tentativo di rimanere incollato al momento della ripartenza, può causare rischi.

Dunque, la modifica più recente alle regole impedisce anche la manovra di affiancamento, una mossa tipica di Max Verstappen, che gli ha permesso, da favorito per le scommesse F1 di vincere il GP di Abu Dhabi e di conseguenza il Mondiale 2021.

Il meraviglioso duello di Abu Dhabi 2021!

La Virtual Safety Car

Un’altra eredità del controverso finale della stagione 2021 riguardava la possibilità che una gara termini in regime di safety car.

Dopo il caso Abu Dhabi, con la ripartenza nell’ultimo giro perché terminare il GP significava consegnare il mondiale a Hamilton con un’ultima gara “neutralizzata”, ci sono state parecchie richieste affinché il regolamento cambiasse, aggiungendo l’obbligo di percorrere comunque un ultimo giro, anche in più rispetto a quelli previsti, senza la safety car a guidare il gruppo. Ma le pressioni non hanno sortito effetto, dunque è ancora possibile che una gara o una sprint race terminino in regime di safety car, se i commissari dovessero ritenerlo necessario.

La novità degli ultimi anni è invece la Virtual Safety Car, utilizzata quando ci sono situazioni di pericolo ma non viene ritenuto necessario neutralizzare la gara o la sprint race per mezzo dell’ingresso fisico della vettura.

Il regime di Virtual Safety Car impone ai piloti non di raggrupparsi, ma semplicemente di rallentare e di percorrere la pista in un lasso di tempo (che viene definito “delta”) stabilito dai commissari, con un crono di riferimento stabilito e controllato settore per settore.

La VSC però è sempre fonte di polemiche, perché essendoci una tolleranza tra tempo minimo e tempo massimo, c’è sempre la possibilità che chi spinge al minimo il “delta”, rischiando comunque di incorrere in penalizzazioni, possa guadagnare su chi lo precede, con distacchi che in alcune occasioni si sono ridotti anche di cinque secondi in una manciata di giri.

La partenza guidata

La safety car può anche servire per effettuare una partenza “guidata”, nel caso i commissari dovessero decidere che la pista è in condizioni troppo pericolose per effettuare il classico start. Il giro di formazione si tiene dunque dietro alla safety car, che può rimanere in pista finché la situazione non renda possibile la partenza.

La safety car!

Se le condizioni di pista non migliorano, la procedura di partenza può essere sospesa e le vetture rispedite nella pit lane. In caso contrario, il risultato di un giro di formazione dietro alla safety car può essere quello della classica standing start, con le vetture che si riposizionano al loro posto sulla griglia e partono come sempre, oppure la rolling start, la tipica ripartenza in corsa di quando la safety car segnala che abbandonerà il tracciato.

Tutti gli eventuali giri compiuti con una procedura di partenza dietro alla safety car vengono comunque conteggiati e sottratti a quelli mancanti per il completamento del Gran Premio. Insomma, quando la vettura di sicurezza, reale o virtuale, entra in gioco, è sempre meglio fare attenzione. Sia per le regole e per le sanzioni, che per l’eventuale spettacolo ulteriore…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 6 maggio 2022.

May 2, 2023
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Magic Johnson patrimonio | patrimonio Magic Johnson | patrimonio Magic

Non succede spesso che il proprio soprannome diventi di uso più comune del nome di battesimo, ma nel caso di Earvin “Magic” Johnson la questione è così radicata che molti…non immaginano neanche che Magic sia soltanto il nickname. Del resto, si parla di uno dei migliori giocatori di basket di tutti i tempi, capace di marchiare a fuoco la NBA degli anni Ottanta da protagonista del decennio di battaglie tra Los Angeles Lakers e Boston Celtics.

La sua fama, enorme in tutto il mondo, ha anche contribuito a una maggiore consapevolezza dell’opinione pubblica su un tema importante come l’AIDS, visto che nel 1991 ha annunciato pubblicamente di essere sieropositivo e il suo ritiro dal basket.

In realtà poi Magic è tornato in campo altre due volte, prima per fare parte del Dream Team alle Olimpiadi di Barcellona e poi per un’ultima stagione con i suoi Lakers, che nel frattempo aveva allenato. E al termine della sua straordinaria carriera, Johnson ha dimostrato di avere le mani d’oro…anche negli affari.

Tutti i record di Earvin Magic Johnson

L'impegno nel sociale e la Magic Rule

Il patrimonio di 620 milioni di dollari di Magic Johnson

Magic tra Burger King e Starbucks

Magic azionista dei Lakers

Magic e la cordata dei Los Angeles Dodgers

Tutti i record di Earvin Magic Johnson

Meglio però iniziare con un po’ di numeri che riguardano il basket, a partire dall’altezza: 2 metri e 4 centimetri, che lo rendono il playmaker più alto della storia dell’NBA. Dopo un’ottima carriera universitaria, i Lakers lo scelgono come prima pick assoluta al Draft 1979, con un ingaggio da 600mila dollari a stagione.

Magic con la mitica canotta dei Lakers!

Da rookie trascina i californiani al titolo e nel 1981 firma un nuovo accordo con la franchigia di Los Angeles, quello che fino a quel momento è il contratto più ricco della storia della lega: un milione all’anno per ben 25 anni, un accordo che poi verrà rinegoziato nella lunghezza qualche anno dopo.

Per lui cinque titoli con i Lakers, 12 apparizioni all’All Star Game, miglior media assist di sempre sia in stagione regolare che nei playoff e, neanche a dirlo, maglia numero 32 ritirata. Ma non solo; Magic è l’unico nella storia dell’NBA ad aver vinto il titolo di MVP delle Finals da rookie, nonché uno dei sette giocatori in grado di poter mostrare in bacheca un titolo NCAA (conquistato con Michigan State), uno NBA e un oro olimpico. E tra gli altri sei c’è gente come Bill Russell e Michael Jordan

L'impegno nel sociale e la Magic Rule

Il volto di Magic, già celebre in campo, diventa ancora più presente dopo l’annuncio della sieropositività. Nel corso degli anni Novanta, nel momento di maggior lotta all’AIDS, Johnson si prende il compito di aiutare gli statunitensi (e non solo) a fare i conti con l’epidemia, ma anche di ottenere informazioni scientifiche per affrontare la presenza di persone sieropositive negli ambienti lavorativi e familiari senza scadere nell’isteria.

La conferenza stampa più famosa dello sport americano!

Un qualcosa che Magic affronta anche al momento di rientrare in campo, perché molti colleghi sono terrorizzati che un contatto troppo stretto con il playmaker dei Lakers possa portare al contagio.

Alla fine la NBA crea quella che ancora oggi è conosciuta come “Magic Rule”, ovvero la necessità (che oggi è presente in tutti gli sport di squadra e/o di contatto) che un atleta con una perdita di sangue in corso debba essere medicato prima di poter tornare in campo. Johnson diventa testimonial di tantissime iniziative di lotta e prevenzione dell’AIDS, scrive libri, compare in diverse trasmissioni e spot che riguardano la convivenza con l’HIV.

Il patrimonio di 620 milioni di dollari di Magic Johnson

Fuori dal terreno di gioco, però, Magic ha fatto, se possibile, anche meglio. Basterebbe pensare che il suo patrimonio netto è stimato nell’astronomica cifra di 620 milioni di dollari.

Come ha fatto a guadagnare così tanto, anche considerando che la sua traiettoria sportiva si è svolta in un periodo in cui gli stipendi della NBA erano lontani anni luce dalla cifre pazzesche odierne? Beh, Johnson si è dimostrato un…playmaker perfetto anche negli investimenti.

Nel 1987, quando era al top della sua carriera e per le quote basket era sempre il favorito per il tiolo MVP, ha creato la Magic Johnson Enterprises, che nel corso dei decenni è diventato un vero e proprio impero, al punto che ha un valore che si avvicina al miliardo di dollari. Tra le diverse controllate del gruppo si sono la Magic Johnson Productions, che si occupa di pubblicità, la Magic Johnson Theaters, una catena di cinema che possiede diversi multisala negli Stati Uniti, nonché la Magic Johnson Entertainment, che produce film. 

Magic tra Burger King e Starbucks

Tra le altre attività dell’universo Magic ci sono la proprietà di oltre 30 ristoranti Burger King e quella di una serie di palestre aperte 24 ore su 24 che portano, neanche a dirlo, il nome di Magic.

Un altro investimento, legato all’interesse nel sociale di Johnson, è stato quello su oltre 120 caffè legati a Starbucks e posizionati in zone particolarmente abitate dalle minoranze. I locali nelle mani della Urban Coffee Opportunities hanno portato entrate superiori alla media degli Starbucks, al punto che l’azienda ha deciso di riacquistarli nel 2012, garantendo a Magic un ulteriore profitto.

Magic azionista dei Lakers

E poi c’è il Magic Johnson…proprietario di franchigie. L’ex cestista si è infatti interessato non solo al basket, ma a un’altra serie di sport, acquisendo quote o addirittura l’intero controllo di molte squadre basate a Los Angeles. Già nel 1994 Magic ha comprato per 10 milioni di dollari il 5% delle quote dei Lakers, di cui è stato anche vicepresidente operativo.

Le tre leggende del basket anni '80!

Quote che nel 2010, anno del titolo vinto da favoriti per le scommesse NBA su Boston, ha poi rivenduto a Patrick Soon-Shiong per una cifra che non è stata rivelata, ma che è certamente molto più alta di quella sborsata 26 anni prima… Rimanendo a Los Angeles e nel suo sport, Magic ha anche acquistato quote dei Los Angeles Sparks, la franchigia terreno della WNBA, che appena due anni dopo ha vinto il titolo femminile. 

Magic e la cordata dei Los Angeles Dodgers

Cambiando…terreno di gioco nel 2012 Johnson è stato uno degli imprenditori che hanno speso ben due miliardi di dollari per acquisire il controllo dei Los Angeles Dodgers. La squadra di baseball nel 2020 ha vinto le World Series a 32 anni dall’ultima volta, permettendo a Magic di aggiungere alla sua bacheca un titolo di campione MLB.

Magic con il manager dei Dodgers, Dave Roberts!

Tra gli sport frequentati da Johnson c’è inoltre anche il calcio, perché il Los Angeles FC, la squadra che fa concorrenza ai Galaxy in MLS, è parte dei tanti investimenti di Magic, che ne ha acquistato delle quote assieme a Peter Guber, il proprietario dei Golden State Warriors, che ha anche partecipato alla cordata che ha rilevato i Dodgers.

Infine, neanche gli eSports sono…al riparto dal ciclone Magic, visto che Johnson ha investito nella aXiomatic eSports, l’azienda che possiede il Team Liquid, una delle più celebri organizzazioni professionali del mondo degli sport elettronici. Insomma, sia in campo che fuori, Earvin Johnson ha dimostrato di avere un vero e proprio tocco magico. Anzi…Magic!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

May 6, 2022
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

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Pioli stipendio | Stipendio Pioli | Stefano Pioli stipendio

Se c’è qualcuno che nel calcio italiano può spiegare che la gavetta paga, quello è certamente Stefano Pioli. Il tecnico del Milan, che ha riportato i rossoneri tra le big tricolori dopo anni complicati, è arrivato in panchina dopo una lunga carriera da calciatore, che lo ha portato a vestire le maglie del Parma (la squadra della sua città), della Juventus, della Fiorentina (dove ha trascorso sei stagioni), del Padova, della Pistoiese, del Fiorenzuola e del Colorno.

L'inizio di carriera di Pioli

L'esordio da tecnico di Stefano Pioli in A

I contratti di Pioli con Bologna e Lazio

Gli accordi di Pioli tra Inter e Fiorentina

Tutti i rinnovi contrattuali di Pioli con il Milan

Per lui, da comprimario nella Juventus del Trap, un campionato italiano, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa UEFA e una Coppa Intercontinentale, oltre che un campionato di C1 con il Parma e uno di B con la Fiorentina. Il suo destino sul campo, però, non si è interrotto con il ritiro nel 1999, ma lo ha portato in panchina, per un lungo giro d’Italia.

L'inizio di carriera di Pioli

Le prime esperienze da allenatore Pioli le fa a Bologna, da tecnico degli allievi nazionali (con tanto di campionato vinto alla guida del fortissimo gruppo classe 1984) e poi della Primavera. Lo stesso ruolo glielo affida il Chievo, prima del passaggio con la squadra dei... grandi! L’occasione gliela offre nel 2003 la Salernitana, che dovrebbe guidare in C1, ma che torna in Serie B per il ripescaggio dopo il caso Catania.

La buona salvezza conquistata lo rende appetibile al Modena, che punta in alto. Nella stagione 2004/05 i gialloblù arrivano settimi in Serie B. L’inizio dell’annata successiva è deludente e arriva l’esonero, ma la dirigenza decide di richiamarlo, con Pioli che porta il Modena al quinto posto e alle semifinali playoff, poi perse con il Mantova.

L'esordio da tecnico di Stefano Pioli in A

È l’ora di passare alla Serie A e l’esordio nella massima categoria è nel 2006 con sul cuore lo stemma del “suo” Parma. Con i Crociati arriva anche l’esordio nelle coppe Europee, ma l’avventura dura poco: la crisi in campionato degli emiliani porta al suo esonero e all’arrivo di Claudio Ranieri.

A quel punto Pioli, piuttosto che cercare di rimanere in A, cerca il suo posto al sole tornando nel campionato cadetto. La stagione al Grosseto, dove prende il posto di Roselli, è positiva, così come lo è quella con il Piacenza, con cui si salva tranquillamente nella stagione 2008/09, salvo poi lasciarsi per divergenze tecniche. L’anno dell’esplosione è quello a Sassuolo, dove porta i neroverdi a uno storico (almeno per l’epoca!) quarto posto e ai playoff persi con il Torino.

Il 2010 segna il momento di tornare in A e la stagione a Verona, sponda Chievo, è ottima: i gialloblù si salvano tranquillamente anche grazie a una difesa bunker (la quarta migliore della Serie A), ma Pioli lascia anche il Bentegodi.

Pioli esulta davanti alla panchina del Chievo!

Lo chiama Maurizio Zamparini a Palermo e la storia…è un classico del compianto patron rosanero, assolutamente prevedibile per le quote calcio Serie A: il tecnico arriva a luglio 2011, perde il preliminare di Europa League contro il Thun e viene esonerato a fine agosto con il campionato che ancora deve cominciare. Perlomeno, Pioli potrà sempre pensare di essere il grande rimpianto di Zamparini, che più di una volta ha ammesso di aver agito con troppa fretta al momento di licenziarlo.

I contratti di Pioli con Bologna e Lazio

Ma si sa, quando si chiude una porta si apre un portone, con su scritto… Bologna. È il capoluogo emiliano il luogo in cui Pioli comincia il suo assalto al calcio che conta. Nell’ottobre 2011, visto l’esonero lampo, il tecnico per regolamento può tornare subito in corsa e arriva al Dall’Ara al posto di Bisoli, che fino a quel momento aveva conquistato solo un punto.

Quelli finali saranno 51, che permettono al Bologna una salvezza tranquilla e fanno ottenere a Pioli un ottimo contratto: 900mila euro netti a stagione fino al 2014. L’annata 2012/13 è di transizione, con il Bologna che rimane costantemente a metà classifica. Poi però l’avvio della stagione 2013/14 è pessimo e Pioli paga con l’esonero, arrivato a gennaio 2014.

A dargli fiducia arriva la Lazio di Claudio Lotito. Per prendere al volo l’occasione, Pioli accetta un ingaggio abbastanza ridotto, da 500mila euro all’anno. Ma la prima stagione in biancoceleste è fulminante. La Lazio arriva terza nella Serie A 2014/15, tornando in Champions League dopo otto anni, raggiungendo anche la finale di Coppa Italia.

Pioli rispettato dall'ambiente Laziale!

Abbastanza per ottenere un rinnovo di contratto che lo porta a guadagnare 1 milione di euro netti. La stagione successiva, però è piena di delusioni: la squadra perde la Supercoppa Italiana contro la Juventus, ma soprattutto non riesce ad accedere al tabellone principale della Champions, dopo la netta sconfitta nei preliminari per mano del Bayer Leverkusen. Nell’aprile 2016, dopo un derby della Capitale perso nettamente, arriva l’esonero.

Gli accordi di Pioli tra Inter e Fiorentina

Poco male, perché a ottobre dello stesso anno chiama l’Inter, che ha bisogno di sostituire il fallimentare Frank de Boer. Il contratto offerto dai nerazzurri è da due stagioni, con un milione fino al termine del campionato 2016/17 e poi un aumento a 1,5 per la seconda parte dell’accordo.

Peccato che Pioli venga esonerato (con buonuscita) nel maggio 2017, con la squadra in caduta libera. Dopo la rescissione con i nerazzurri arriva la Fiorentina, dove Pioli firma un biennale da 1,1 milioni di euro netti a stagione. La prima annata è positiva, con i viola che arrivano ottavi, ma l’esperienza al Franchi termina dopo meno di due anni, con le dimissioni presentate nell’aprile 2019, lasciando comunque la squadra in semifinale di Coppa Italia.

Tutti i rinnovi contrattuali di Pioli con il Milan

E infine…si arriva alla cronaca. Nella stagione 2019/20 Pioli viene scelto dal Milan come sostituto dell’esonerato Marco Giampaolo. Il suo ruolo sembra quello del traghettatore, nonostante un buon contratto da 1,5 milioni di euro. I rossoneri sembrano convinti di portare a Milanello il tedesco Rangnick come nuovo Direttore Sportivo, il che lascia presupporre una mancata conferma dell’allenatore parmigiano, che comunque porta la squadra al sesto posto, con la qualificazione in Europa League.

In estate, però, la società fa dietro-front: confermata la fiducia a Pioli, che firma un biennale da 2 milioni netti fino al 2022. La stagione 2020/21 è quella del grande ritorno rossonero. Il Milan comincia a giocare a luglio con i preliminari di Europa League e in campionato parte di scatto laureandosi campione d’inverno. Alla fine lo Scudetto lo vince l’Inter, ma il secondo posto finale e il ritorno in Champions League rendono stramerito al lavoro del tecnico.

Pioli leader rossonero!

Così come la stagione 2021/22, in cui il Milan continua per le quote calcio oggi a lottare per il tricolore, permettendo al suo condottiero di ottenere un altro rinnovo con adeguamento, contratto fino al 2023 (con opzione per altra stagione) a 3 milioni netti. E chissà che con una vittoria dello scudetto le cifre non si alzino ulteriormente per il leader silenzioso del nuovo Diavolo… 

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

May 6, 2022
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

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