I guadagni delle calciatrici: Bonansea e Sara Gama, Giacinti le più pagate in Italia

Una battaglia sindacale, una lotta di status, una questione di civiltà. A che punto è arrivata la corsa delle calciatrici che ha come traguardo l'equiparazione degli stipendi coi colleghi maschi? In Italia, inutile nasconderlo, siamo ancora alle battute iniziali.

All'estero, però, specie nei paesi scandinavi, centro-nordeuropei (su tutti, Norvegia, Finlandia e Olanda), per non parlare degli Stati Uniti, la strada verso la parità dei sessi, è arrivata decisamente a buon punto. 

I compensi della Gama e della Bonansea

Valentina Giacinti, bomber Adidas del Milan

La classifica delle più pagate

888Sport

Da Sam Kerr all'icona Alex Morgan

Restando in ambito internazionale, la domanda è d'uopo: chi è la calciatrice più pagata al mondo nel 2020? Ovviamente si tratta di un'attaccante, che nella fattispecie risponde al nome dell'australiana Samantha Kerr, prelevata dal Chelsea dai Chicago Red Stars e arrivata a guadagnare 726,5 mila euro a stagione.

Cifre che, di fatto, hanno letteralmente sconvolto quelle del 2019: la Kerr, infatti, ha quasi doppiato la collega fino a quel punto più pagata, ovvero la "star" Alex Morgan (408mila euro), che però resta la calciatrice più pagata al mondo: la statunitense è sempre un'ottima opzione come marcatore per le scommesse live, come testimoniano i suoi 115 gol con il Team US!

Samantha Kerr in azione!

Com'è possibile? Semplice, grazie ai guadagni collaterali degli sponsor, ancora più fondamentali e impattanti nel mondo del pallone femminile rispetto a quello maschile: grazie infatti alle partnership con brand come Nike, Coca-Cola, Volkswagen e AT&T, la punta campionessa del mondo nel 2019, arriva a percepire la bellezza di 4,6 milioni di dollari l'anno (3,88 milioni di euro).

Ricordiamo l'aspetto fondamentale che il "soccer", negli Usa, viene considerato primariamente sport in rosa, su cui si sono investite cifre imparagonabili rispetto a qualsiasi altra parte del mondo ed è quindi normale che oggi, l'evoluzione del calcio femminile a stelle e strisce abbia toccato, oggi, picchi quasi irraggiungibili. 

Il "ranking" delle più pagate 

Scorrendo la classifica delle calciatrici più pagate (secondo i dati completi del 2019), analizzando però esclusivamente lo stipendio percepito dai club, sotto la Morgan troviamo un'altra icona come Megan Rapinoe (sponsor tecnico: Nike), che dal Reign FC di Seattle ha percepito 402mila euro stagionali; 400mila euro per l'attaccante norvegese Ada Hegerberg (sponsor tecnico: Puma), incassati dai francesi del Lione, 390mila euro dallo Sky Blue FC per la centrocampista statunitense Carli Lloyd (sponsor tecnico: Nike), 360mila sborsati dal Lione per gli emolumenti stagionali della collega di ruolo Amandine Henry (sponsor tecnico: Nike).

Ancora, il club transalpino campione d'Europa grazie al successo da favorite per le scommesse calcio per 3-1 sul valido Wolfsburg si conferma quello dagli ingaggi più corposi  nel calcio femminile del Vecchio Continente: Wendie Renard (sponsor tecnico: Adidas), difensore centrale francese classe 1990, percepisce un ingaggio da 348mila euro a stagione.

Ha 34 anni, ma la macchina da gol brasiliana Marta Vieira da Silva non si è ancora inceppata: all'Orlando Pride (e senza sponsor tecnico), la nazionale verdeoro guadagna 340mila euro.

Marta esulta con la maglia della Selecao!

Il Barcellona conferma la "tradizione olandese" anche in rosa: l'attaccante Lieke Martens (sponsor tecnico: Nike) viene pagata 250mila euro all'anno.

Che differenza con le italiane...

Dopo tutte queste cifre, è facilmente comprensibile la differenza che ancora intercorre con le calciatrici italiane, che pure hanno beneficiato dal subentro dei grandi club (su tutti, la Juventus) nel calcio femminile: le atlete più pagate nel nostro Paese sono infatti sono le nazionali (entrambe alla Juventus) Barbara Bonansea (40mila euro lordi all'anno, che netti diventano la metà) e 30mila (sempre lorde) di Sara Gama. Le componenti della rosa di Milena Bertolini, per l'ottimo percorso mondiale, hanno percepito un premio "bonus" di 30mila euro.

In Italia, però, lo status di calciatrice è ancora "dilettante" e, addirittura, in Serie B gran parte delle atlete va in campo a titolo completamente gratuito. A differenza del passato, allo stato dell'arte l'ingaggio percepito può essere cumulato coi rimborsi spesa, che al massimo sono 1.220 euro lordi al mese. Ma appare evidente come, al termine di tutte queste considerazioni, la strada da percorrere è ancora lunghissima.

Proprio Sara Gama non rappresenta un'icona solamente in campo, ma anche a livello sindacale: è infatti lei, la capitana delle Azzurre, la paladina di questa battaglia che, prima ancora della parità dei sessi nel mondo del calcio, chiede anzitutto il riconoscimento dello status professionistico, l'unico vero snodo per arrivare alla svolta decisiva.

Valentina Giacinti, bomber Adidas del Milan

Autrice di un fantastico poker con il quale ha letteralmente schiantato, a domicilio, le cugine dell'Inter il 28 marzo 2021. Tutto il repertorio per la bomber, gol di testa in pallonetto, rigore perfetto, tap in sotto l'incrocio e destro in sicurezza per la personale quaterna che mancava in un derby dai tempi...di Altafini. 

Valentina Giacinti con la maglia della Nazionale!

Per farvi capire la dimensione del personaggio, ricordiamo che la bergamasca, bomber e capitana del Milan, è stata più volte protagonista di simpatici incontri social con Bobone Vieri.

Con il Banco BPM, main sponsor sulle maglie rossonere che he deciso di investire sul calcio femminile, la Giacinti calza ed è testimonial delle PREDATOR 20+ Adidas.
 

*Le immagini dell'articolo sono tutte distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 22 novembre 2020.

April 15, 2023
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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I risultati record in Serie B!

La Serie B è da sempre un campionato lungo e complicato, in cui le forze in campo sono spesso molto simili: squadre che a inizio stagione dovevano lottare per un obiettivo a volte si ritrovano in altre faccende affaccendate, nel bene o nel male.

Ma ci sono casi in cui una delle due compagini in campo è nettamente superiore all’altra, come nel caso di Lecce-Reggiana. La squadra di Corini ha distrutto quella di Alvini con un 7-1 che non lascia spazio a dubbi. Grande protagonista Coda, che si è portato a casa il pallone grazie a una tripletta e che ha messo la firma sulla prima grande goleada stagionale del campionato cadetto. Un qualcosa che, storicamente, coinvolge spesso sia i salentini che gli emiliani.

Lecce - Ascoli 7-0

Il Lecce può infatti guardare con fiducia al campionato, non solo gettando uno sguardo alla classifica, ma anche e soprattutto al passato. Nella stagione 2018/19, conclusa con la promozione, era infatti arrivata una goleada molto simile e sempre al Via del Mare: il clamoroso per le scommesse calcio 7-0 contro il malcapitato Ascoli. In quel caso in panchina c’era Liverani e a guidare l’attacco giallorosso erano La Mantia e Mancosu, con il trequartista autore di una doppietta.

A fine anno i pugliesi erano di nuovo in Serie A, giungendo al secondo posto dietro al Brescia. E la Reggiana, anche di fronte al pessimo risultato può tranquillizzarsi, perché nonostante il rovescio subito a Lecce i marchigiani quell’anno si sono comunque salvati.

Gli emiliani, comunque, dovrebbero essere abbastanza abituati, visto che spesso e volentieri il loro nome spunta fuori quando si ricordano le grandi goleade del campionato di Serie B. Basterebbe pensare che il record per la più netta vittoria esterna nella storia dei cadetti è stato stabilito proprio a Reggio Emilia nella lontana stagione 1951/52. Ospite d’onore quell’anno era la Roma, che avrebbe stravinto il campionato. E contro la Reggiana i giallorossi decidono di strafare, andando a rifilare sette reti a domicilio ai granata. Stavolta, tra l’altro, cabala negativa, perché al termine della stagione la Regia retrocede.

I dodici gol del Brescia

Certo, nessuno si è avvicinato al record di gol in una sola partita di Serie B, stabilito ormai quasi cento anni fa. Nel campionato 1950/51 il Brescia batte l’Anconitana per 12-0, l’unico match della storia della cadetteria in cui sia stata segnata una dozzina di reti. Ma la Reggiana ci ha messo del suo cercando di battere il primato, considerando che spunta per ben due volte tra le quattro partite in cui sono stati segnati undici gol: la prima nel 1941/42, subendo un netto 11-0 in casa della Pro Patria, la seconda nel 1990/91, vincendo sul terreno amico per 7-4 contro il Cosenza.

E volendo andare a spulciare anche le partite con una… decina di gol, ce sono altre due sconfitte targate Reggiana, entrambe nella stagione 1929/30: un 8-2 contro il Casale e un 9-1 contro il Novara.

4-4 periodico

In ogni caso, anche senza scomodare troppo il passato, negli ultimi anni non sono mancate le partite spettacolari e piene di reti. Nella stagione 2019/20 il match con più reti è stato il pareggio tra Livorno e Virtus Entella alla prima giornata di ritorno. Una partita pirotecnica, considerando che i toscani erano andati in vantaggio per 3-0, salvo poi vedersi raggiungere sul 3-3 a pochi giri di lancette dal termine. I padroni di casa erano poi tornati avanti al minuto 91, prima che i liguri chiudessero l’incontro con un ormai insperato pareggio al sesto di recupero.

Recentemente il 4-4 è un risultato stranamente ricorrente nella Serie B, considerando che anche nella stagione del 7-0 del Lecce all’Ascoli la partita più prolifica è stata un pareggio, quello tra Brescia e Spezia, con due grandi protagonisti: Alfredo Donnarumma, autore di una tripletta e futuro capocannoniere, e Sandro Tonali, che ha segnato l’altro gol dei lombardi.

 

Donnarumma era stato protagonista anche della goleada della stagione 2017/18, stavolta con la maglia dell’Empoli. I toscani nel novembre 2017 vincono per 5-3 contro il Cesena e l’attaccante mette a referto una doppietta. Peccato per lui che in questo caso non basti per vincere la classifica marcatori, che a fine stagione va…al suo compagno di squadra Ciccio Caputo, che nel match contro i romagnoli però ne fa soltanto uno.

Gli altri risultati record!

La stagione 2016/17 invece regala “solo” due 4-3, quello interno della Ternana contro il Novara e quello esterno del Bari a Benevento. Va meglio in quella 2015/16, in cui proprio il Bari vince per 6-2 contro la Pro Vercelli, mente il Cagliari porta…a casa un set contro il Brescia per 6-0. La Serie B 2014/15 verrà invece ricordata come quella dei 5-2: addirittura cinque casi, con dieci protagonisti diverse: Varese-Trapani (5-2), Carpi-Cittadella (5-2), Livorno-Bari (5-2), Virtus Entella-Pescara (2-5) e Spezia-Pro Vercelli (5-2).

E il pirotecnico Zeman? Il Boemo ha guidato alla promozione in Serie A due squadre dal potenziale offensivo enorme come il Foggia di inizio anni Novanta e il Pescara 2011/12. Strano a dirsi, ma la vera Zemanlandia è la versione abruzzese, perché il Foggia del tridente Signori-Baiano-Rambaudi nell’anno in cui vince la Serie B si permette giusto un 5-0 all’Avellino e un 5-1 alla Triestina.

Fanno meglio i biancocelesti, che nella stagione in cui giocano assieme Immobile, Insigne e Verratti si regalano un doppio 6-0 nel giro di undici giorni. Il primo arriva a Padova, con doppietta sia di Re Ciro che di Lorenzo il Magnifico. Il secondo in casa contro il Vicenza, ma stavolta solo Insigne ne fa due. La vera notizia è dunque che le grandi goleade della Serie B non appartengono al Maestro. Che di fronte a certi risultati fa addirittura la figura…del difensivista.

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Marco Vasini (AP Photo).

November 22, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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La classifica ATP sorride all'Italia del tennis!

E’ stato un lungo letargo quello del tennis maschile italiano. Anni nei quali dai circoli della Penisola si faticava a tirar fuori giocatori in grado di scalare la classifica Atp sino alle prime posizioni e realmente competitivi nei tornei più importanti del circuito, Slam compreso. 

Gli anni migliori

Lontani sembravano, insomma, i tempi di Omar Camporese, che nel 1992 raggiunse la 18esima posizione nella classifica mondiale e, soprattutto, si rese protagonista della splendida cavalcata nella Coppa Davis del 1997, quando guidò la carica degli azzurri ai quarti di finale contro la Spagna di Carlos Moya, battuto dal bolognese in cinque set (6-7 6-7 6-1 6-3 6-3). 

Ma anche quelli, più recenti, di Renzo Furlan (arrivato sino al 19esimo posto Atp) e Andrea Gaudenzi (18esimo a inizio 1995), forse una delle maggiori occasioni perse dell’italtennis maschile. Tutta colpa di una spalla maciullata. Senza tornare troppo indietro, al tempo degli dei, da Nicola Pietrangeli ad Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e Corrado Barazzutti, che sollevarono la Davis sotto il cielo di Santiago del Cile nel 1976. 

Fabio il Profeta

E’ una storia di generazioni quella del nostro tennis, senza la continuità di tecnica e competitività registrata in altre discipline, a partire naturalmente dal calcio. A predicare nel deserto, tenendo alto il vessillo della racchetta tricolore, è stato soprattutto Fabio Fognini. Classe 1987, specialista della terra rossa (superficie su cui ha conquistato 9 titoli Atp), nel 2019 ha sfatato il tabù della top 10, classificandosi al nono posto.

Decisiva la storica vittoria al Masters 1000 di Montecarlo, prima affermazione azzurra in terra monegasca dopo l’apertura al professionismo. Trionfo maturato con il 6-4 6-2 rifilato in semifinale a Rafa Nadal (non proprio uno qualsiasi, in particolare su quella superficie) e il 6-3 6-4 a Dusan Lajovic in finale. 

Le imprese di Matt

Romano classe 1996, Berrettini è il classico giocatore moderno, potente e rapido nonostante la mole (1.96 metri per 95 kg). Privilegia il fondo campo, da cui sfodera il suo colpo migliore: il dritto incrociato. Alte percentuali nel servizio e un rovescio che sa variare, dal piatto allo slice. Tre titoli Atp conquistati e una semifinale agli Us Open del 2019 nella quale ha ceduto in tre set (6-7 4-6 1-6) a Nadal, poi vincitore della prova dello Slam (5-7 3-6 7-5 6-4 4-6 a Medvedev).

Il risultato vale a Berrettini l’accesso alle Atp Finals di Londra, dove viene inserito in un girone di ferro con Roger Federer, Novak Djokovic e Dominic Thiem. Perde con i primi due (2-6 1-6 dal serbo e 6-7 3-6 dallo svizzero) ma batte a sorpresa per le scommesse tennis Thiem (7-6 6-3) diventando il primo italiano a vincere una partita nel prestigioso torneo. 

Il predestinato

E passiamo alle speranze. A partire da Jannik Sinner. Altoatesino (è nato a San Candido il 16 agosto 2001) è attualmente il più giovane classificato nella classifica Atp (37esima posizione raggiunta). Fra gli altri record vantati: primo giocatore in assoluto nato nel 2001 a raggiungere sia gli ottavi che i quarti in una prova dello Slam (Roland Garros 2020) e a qualificarsi agli ottavi un torneo Master 1000 (Internazionali d’Italia 2020).

 

Prima ancora di trionfare nell'ATP di Sofia, aveva un ottimo rapporto fra vittorie (25) e sconfitte (21) nel singolare, considerata la giovanissima età. 

Giovanissimo

L’ultimo della nidiata è Lorenzo Musetti, classe 2002, che è stato comunque in grado di scalare rapidamente la classifica Atp. Oggi è 124esimo, avendo perso una posizione rispetto al 123esimo posto conquistato nella prima metà di ottobre. Musetti si è guadagnato l’attenzione del grande pubblico durante gli ultimi Internazionali d’Italia, eliminando al primo turno lo svizzero Stan Wawrinka (0-6 6-7), numero 17 del mondo e testa di serie numero 10 del torneo e al secondo il giapponese Kei Nishikori (35 della classifica Atp) per 6-3 6-4. Ha poi perso agli ottavi con il tedesco Dominik Koepfer (4-6 0-6).

Musetti, trionfatore nell'Australian Open Junior del 2019, gioca un tennis elegante e appartiene a una specie in via d’estinzione: quella dei giocatori che giocano ancora il rovescio a una mano. Il suo idolo? Neanche a dirlo: Roger Federer. 
 

*Il testo dell'articolo è di Luca La Mantia; l'immagine di Kin Cheung (AP Photo).

November 22, 2020
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The 888sport blog, based at 888 Towers in the heart of London, employs an army of betting and tipping experts for your daily punting pleasure, as well as an irreverent, and occasionally opinionated, look at the absolute madness that is the world of sport.

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City ed Aguero, matrimonio perfetto!

Quando alla tua prima partita da professionista batti un record di precocità che apparteneva a Diego Armando Maradona, qualcosa vorrà anche dire. E il fatto che poi Sergio Aguero del Diez sia addirittura diventato il genero, non fa altro che aggiungere altro a quella che, nel momento in cui l’argentino appenderà gli scarpini al chiodo, verrà raccontata come la leggenda del Kun.

Nato nel 1988 a Buenos Aires e così soprannominato per la somiglianza con un personaggio dei cartoni animati, il centravanti può essere tranquillamente considerato come uno dei migliori bomber della sua epoca. E se qualcuno non fosse convinto al riguardo, possono sempre parlare i numeri.

Il Kun nasce calcisticamente nell’Independiente, che lo fa esordire ancora giovanissimo nel 2003, ad appena 15 anni e 35 giorni. Le stagioni in patria sono un crescendo. Nelle prime due ottiene solamente una manciata di presenze (1 nella prima, 7 nella seconda, comprese due spezzoni in Copa Libertadores senza mai andare in gol), ma da quella 2004/05 comincia a farsi vedere più spesso, scendendo in campo 12 volte e segnando 5 reti.

Con 25 milioni è in Spagna

E poi arriva l’annata in cui, ad appena 18 anni, Aguero comincia davvero a farsi notare. Per lui 36 presenze in Primera Division, 18 marcature. In pratica, un gol ogni due partite. E nessuno si sorprende quando l’Atletico Madrid, società esperta in bomber di razza, sborsa per lui ben 25 milioni di euro per portarlo al Vicente Calderon.

Sulle prime, l’acquisto non sembra particolarmente azzeccato. Sotto la guida del messicano Aguirre e in coppia con Fernando Torres, il Kun è il recordman di presenze colchonero della stagione 2006/07 con 42 partite giocate, ma va in gol solo 7 volte. Sarà solo una questione di tempo... L’anno dopo l’argentino trova un nuovo compagno di reparto in Forlan e il duo sudamericano funziona eccome: 50 presenze totali, 27 reti (19 in campionato, 2 in coppa del Re e 6 in Coppa UEFA), più o meno la media che aveva convinto l’Atletico ad acquistarlo. E al termine del campionato riceve il premio Puerta come miglior giocatore della Liga.

Nella stagione 2008/09, Aguero conferma il suo feeling innato con le porte avversarie, considerando che in 47 partite disputate segna 21 volte e si presenta anche alla Champions League con quattro reti, compresa una doppietta contro il PSV Eindhoven. La stagione 2009/10 è leggermente peggiore in quanto a numeri (54 presenze e 19 gol), ma è quella della consacrazione continentale. Dopo l’eliminazione dalla Champions League, l’Atletico vince l’Europa League nella finalissima contro il Fulham.

All’inizio di quella successiva i Colchoneros portano a casa, da sfavoriti per le scommesse calcio, la Supercoppa Europea contro l’Inter fresca di Triplete e il Kun segna il definitivo 2-0. Ma sarà la sua ultima stagione a Madrid. Con il rinnovo del contratto, la clausola rescissoria scende a 45 milioni e il Manchester City non si fa sfuggire l’occasione. Aguero lascia l’Atletico con 27 gol, portando così il suo totale in biancorosso a 101 marcature.

L'uomo dei record

Al City comincia un’altra storia. Gli sceicchi sono arrivati da poco e il Kun è una delle stelle di una squadra costruita per vincere. E così sarà. Sotto la guida di Mancini, Aguero è assoluto protagonista della Premier League 2011/12. E non solo per le 22 reti (in totale saranno 30), ma soprattutto per quella, decisiva, in pieno recupero contro il QPR che regala ai Citizens un trionfo atteso da oltre quarant’anni.

L’anno dopo però entrambi i protagonisti deludono: Mancini viene esonerato e Aguero ha una stagione ben sotto la media, con sole 17 marcature, 12 delle quali in Premier League. Ma sarà l’ultimo anno in cui l’argentino scende sotto i venti. La stagione 2013/14 è di nuovo trionfale. In panchina c’è il cileno Pellegrini e la connection sudamericana funziona: vittoria del campionato e media gol pazzesca per Aguero, che tra Premier League, Champions e coppe nazionali, nonostante parecchi infortuni, mette a segno 28 reti in appena 32 partite.

Meglio l’anno successivo, anche se stavolta il City resta a secco. Per il Kun 32 reti ma zero trofei. In compenso, Aguero vince il titolo di capocannoniere con 26 marcature in campionato. La stagione 2015/16 è l’ultima a Manchester per Pellegrini, che non va oltre il quarto posto nonostante i 24 gol in Premier League del Kun, che in totale fa 29 e solleva anche la League Cup.

E poi…arriva Pep. Il City investe su Guardiola e ottiene trofei e… un nuovo Aguero. Con in panchina il catalano, i numeri del Kun si impennano. Nella stagione 2016/17 i Citizens arrivano solo terzi, ma l’argentino va a segno ben 33 volte, 20 delle quali in Premier. Le altre 13 sono sparse tra FA Cup (5) e Champions League (8 in altrettante partite).

Guardiola, maestro del City!

Quando però la squadra di Guardiola carbura, non ce n’è per nessuno. Arriva una doppietta clamorosa in Premier, che in entrambe le stagioni porta la firma del Kun: 30 reti totali nella stagione 2017/18 e 32 in quella successiva. E pazienza se in nessuno dei due casi i gol in campionato sono stati abbastanza (in entrambi i casi 21) per vincere il titolo dei bomber. La stagione 2019/20, però, ha fatto gridare alla crisi: “solo” 23 reti di cui 16 in campionato, anche a causa del giusto turnover con Gabriel Jesus. E sono cominciate le prime critiche per l’argentino, anche alla luce di un contratto faraonico. Per lui, 14 milioni di euro l’anno fino al 30 giugno 2021.

I numeri del Kun

Alla scadenza saranno passati dieci anni dall’approdo a Manchester e ci si può fare qualche conto. Considerando che il primo contratto è da 10 milioni di euro a stagione e che il rinnovo del 2014 lo ha portato alle cifre attuali, si può dire che l’argentino sia costato una dozzina di milioni di euro all’anno al City. Non poco, ma considerando che il Kun ha un bottino di 255 reti in 373 partite  e una media di 28,2 gol a stagione, all’Etihad hanno davvero poco di cui lamentarsi.

E non sorprende che, nonostante l’età a fine stagione (33 anni) più di qualche big stia pensando a offrirgli un contratto a parametro zero, magari con il sostegno dello sponsor tecnico Puma. Del resto, come dimostra il caso Suarez, i migliori non guardano la carta di identità.

Più semplice però che il Kun decida di tornare nella sua Argentina, che ha lasciato ormai quindici anni fa. E a proposito, giusto anche vedere lo strano rapporto di Aguero con l’Albiceleste. Per lui 97 presenze e 42 gol, non proprio in media con le cifre nei club. Ma soprattutto una sorta… di maledizione. Le partite in cui il centravanti ha giocato tutti i novanta minuti si contano sulle dita di due mani perché sono esattamente dieci. Colpa della concorrenza, che nell’Argentina è ampia e feroce, ma anche di prestazioni non sempre all’altezza.

Il Kun con la maglia della Nazionale!

Non esattamente quello che ci si aspettava da chi nel 2007 aveva portato l’Under-20 al titolo mondiale, vincendo anche il titolo di capocannoniere della manifestazione con 6 reti. Ma l’amico/rivale Leo Messi può confermare. Essere profeti in patria è sempre difficile, ma in Argentina è ancora più complicato...

*Le immagini dell'articolo, tutte distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione di Alastair Grant, Dave Thompson ed Ariel Schalit.

November 21, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Dino Baggio o anche Baggio due: un numero 8 dai gol pesanti!

Dino Baggio ha arricchito la narrazione del calcio italiano degli anni ’90 con giocate, goal e particolarità che lo hanno consegnato alla storia dello sport che amiamo. Difficile, calcisticamente parlando, discutere di quella decade e non citare almeno in un’occasione Dino che non è mai passato inosservato e ha saputo crearsi una propria riconoscibilità nonostante portasse lo stesso cognome di quello che è probabilmente il giocatore più forte del calcio tricolore, l’omonimo Roberto.

Curioso è anche il modo in cui la stampa lo ha soprannominato per distinguerlo proprio dal Divin Codino, infatti Dino divenne presto Baggio 2. 

Un curriculum di tutto rispetto

Dino Baggio inizia e finisce la carriera da calciatore con una squadra che inizia con la T. L’alba è con il blasonato Torino, il tramonto con il meno conosciuto club di Tombolo, squadra della provincia di Padova, il luogo di nascita di Dino (fece esattamente lo stesso percorso per le giovanili, ma con l’ordine delle destinazioni, naturalmente, invertite). 
Mai banale per le maglie indossate anche perché Dino può vantare di essere passato da una sponda all’altra delle più grandi rivalità calcistiche senza accusare il peso di trasferimenti a volte sensazionali.

Torino-Inter e Juventus senza problemi, con un aneddoto particolare, spiegato dal diretto interessato, convinto di essere un centrocampista bianconero: «Mi chiama il Presidente Boniperti, ero al mare. Mi dice di raggiungerlo immediatamente negli uffici di Piazza Crimea. Vado e mi lascia senza parole: per quest’anno vai all’Inter, poi ritornerai da noi. Ma come, mi avete fatto fare anche le foto con la maglia della Juve e dopo due giorni vado via? Poi, realizzai. Doveva tornare Trapattoni alla Juve. La verità è che sono stato il primo giocatore a essere scambiato con un allenatore». 

Il Baggio dei record 

Non male la bacheca di Dino Baggio, certo, non possiamo dire che abbia conquistato tutto, ma sicuramente è un calciatore che in carriera ha vinto molto e, soprattutto, quando lo ha fatto ci ha messo sempre la firma.La più bella, doppia, nella finale di Coppa UEFA tra l’altro contro la Juventus, squadra da cui gli emiliani lo avevano prelevato. Dino segna sia all’andata che al ritorno.

Dino Baggio ed il gol decisivo alla Juve!

Questi due goal, sommati ai 3 realizzati anni prima in finale quando giocava proprio alla Juventus nella sfida contro il Borussia Dortmund, gli valsero un record ancora oggi intatto. Il giocatore ad aver segnato più goal in una finale di Coppa UEFA. Uno specialista della competizione, visto che ne vinse addirittura 3. 

Il Dino Baggio teatrante 

Mai banale avevamo detto, nemmeno dopo il ritiro dal calcio.
Da quel momento si è dedicato a una delle tante passioni che lo animavano, ovvero il teatro. Appesi gli scarpini al chiodo dunque, indossa le scarpe eleganti per andare in scena sul palco con la compagnia Va Pensiero di Tombolo nella quale recita anche sua moglie, Maria Teresa Mattei.

Il Dino Baggio delle contraddizioni 

Come già accennato, Dino ha indossato diverse maglie pesanti e dissonanti tra loro, ma questo non gli ha mai causato pressione o problemi, fino ad un giorno, quello di Parma-Juventus il 9 gennaio 2000. 
Le due squadre erano con la Lazio le più accreditate per le scommesse calcio per la vittoria dello scudetto e nello scontro diretto si giocavano una grande fetta di tricolore. Ad un certo punto della partita Dino Baggio entra in tackle su Zambrotta quasi a bordo campo, non prendendo la palla ma solo le gambe dell’esterno bianconero.

L’arbitro Farina decide di tirare fuori il cartellino rosso e quindi espellere Baggio che mentre abbandonava il campo decise istintivamente di fare il “gesto dei soldi” strofinando pollice e indice delle due mani, rivolto verso il direttore di gara. Gesto che gli costò 6 giornate di squalifica, 200 milioni di lire di multa e a detta di Dino l’esclusione di lì in poi dal giro della Nazionale. Maglia azzurra con cui vinse l’oro agli europei under 21 nel 1992 e la medaglia d’argento a USA ’94. 

Le increspature con la Juventus ricorrono durante tutta la carriera di Dino Baggio. Forse bisognava capirlo già da quando arrivò in bianconero e l’avvocato Agnelli gli chiese lumi sul celebre “Quarto d’ora granata”. Baggio dal canto suo rispose categorico che: “Cosa sia non lo so, ma solo chi è passato al Filadelfia sa cosa vuol dire essere granata”.

Un numero 8 mai banale

Su Dino Baggio si può continuare a raccontare ancora per molte righe. In campo un calciatore completo che oggi sarebbe molto utile per cogliere di sorpresa le difese avversarie negli half-space. A voler fare un paragone, con Arturo Vidal si è rivista quella impostazione e struttura calcistica, specialmente nelle letture in fase di interdizione, senza disprezzare giocate tecniche. 

Dino Baggio fu anche protagonista involontario di un coltello ricevuto da un tifoso durante i sedicesimi di finale di Coppa UEFA contro il Wisla Cracovia, tanto per non farsi mancare nulla. 

Dal 2006 per risolvere alcuni problemi di salute si è dato ad una dieta vegana. Oggi dice di non sentirsi attratto dal calcio dei massimi livelli e preferisce lavorare con i ragazzini della squadra locale del suo paese. 
Dino Baggio è davvero un numero 8 mai banale, parola di chi di numeri 8 se ne intende. 

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer. L'immagine di Luca Bruno (AP Photo).

November 20, 2020
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La Nations League elegge le sue quattro finaliste

Quattro su quattro. Nessuna delle squadre partecipanti alla fase finale del 2019 è riuscita a confermare la sua partecipazione alla Final Four della Nations League che andrà in scena tra Milano e Torino a ottobre del 2021.

Il Rinascimento calcistico italiano porta la firma dell’artista Roberto Mancini. Artista. Era questo il soprannome che i tifosi laziali gli misero nell’ultimo tratto della sua gloriosa carriera da calciatore. E da tecnico, ha saputo essere degno dei migliori artisti rinascimentali plasmando una nazionale a sua immagine e somiglianza, scolpendo nel marmo una squadra solida, ma allo stesso tempo armoniosa, ne ha curato sfumature e dettagli, ha trovato materiale tecnico in un magazzino svuotato dalle delusioni della mancata partecipazione ai Mondiali di Russia 2018.

L’Italia ha dominato il proprio girone, chiudendo da imbattuta contro formazioni che avrebbero potuto rappresentare un ostacolo significativo: Polonia e Olanda sono state due avversarie degnissime, Lewandowski e i suoi fratelli nel doppio confronto non hanno scalfito una difesa priva dei suoi protagonisti più affermati. E l’Olanda, battuta a domicilio nella notte in cui l’infortunio di Zaniolo rubò la prima pagina all’impresa degli azzurri.

La Francia Campione

Nell'autunno 2021, l’Italia dovrà battagliare con tre formazioni di altissimo livello; la Francia campione del Mondo non ha bisogno di presentazioni, ha saputo trovare lo strappo vincente andando a vincere in Portogallo, in un raggruppamento che la opponeva ai campioni d’Europa e della prima Nations. La sbornia dello champagne del post mondiale sembra passata, la selezione di Deschamps ha ritrovato quelle motivazioni che nella prima edizione della Nations League erano andate smarrite. i

l ct francese dopo il trionfo di Mosca ha cambiato pochissimo, confermando in attacco l’esclusione di Benzema: Mbappé e Griezmann danno ampie garanzie, Giroud resta l’uomo in più in grado di prendersi la scena in corso d’opera, Martial rappresenta un talento cresciuto allo stato brado che ha ancora bisogno di essere indottrinato all’interno degli schemi della selezione transalpina. Tuttavia la novità più apprezzabile è stata Clément Lenglet, centrale di difesa che ha ormai soppiantato la concorrenza, ritagliandosi un posto fisso accanto a Varane.

 

Belgio primo nel ranking

Oltre ai campioni del mondo, nel prossimo autunno nella Final Four ci sarà anche il Belgio, al primo posto nel ranking mondiale della Fifa. Già questo potrebbe bastare per certificare il potenziale della nazionale allenata dallo spagnolo Martinez. Ai prossimi Europei il Belgio cercherà quell’affermazione in campo internazionale che non è mai arrivata; questa volta il potenziale sembra esserci, ma i Diavoli rossi dovranno convertire i favori del pronostico in qualcosa di concreto.

Mai come in questo periodo il Belgio ha avuto tali e tanti campioni in giro per l’Europa: il portiere Courtois resta uno dei migliori interpreti del ruolo, in difesa Alderweireld, Denayer e Vertonghen offrono ampie garanzie. Il punto di forza è il centrocampo dove De Bruyne rappresenta il riferimento più accreditato per guidare la squadra e gestirne la manovra. Identiche credenziali non mancano al giovane Youri Tielemans in forza al Leicester. L’attacco rappresenta un’eccellenza; l’interista Lukaku ha ribadito la sua predisposizione al gol realizzando una doppietta nell’ultima sfida contro la Danimarca, Hazard e Mertens completano un tridente offensivo di assoluto livello.

La restaurazione iberica

La terza squadra che gli Azzurri troveranno nella prossima fase finale della Nations League è la Spagna: l’eclatante successo ottenuto contro la Germania con un punteggio tennistico sono la foto delle rinnovate ambizioni delle Furie Rosse. Luis Enrique ha saputo rigenerare la propria selezione, inserendo nuovi elementi in grado di interpretare lo spartito in maniera impeccabile.

La restaurazione di Luis Enrique somiglia - almeno in parte - al rinascimento di Mancini, ma le differenze per quanto riguarda l’avvio e il materiale tecnico sono ben diverse; il percorso del tecnico spagnolo è stato molto più agevole, e la cantera dei maggiori club spagnoli ha garantito giocatori che Mancini ha scoperto unicamente grazie alla sue grandissime capacità di talent scout.

La grande assente

Nella fase finale della prossima Nations League mancherà all’appello la Germania: nelle due edizioni della giovane manifestazione per Nazioni ideata dall’Uefa, i tedeschi non hanno mai superato l’ostacolo dei gironi di qualificazione, anzi nella prima edizione sarebbe stata per le scommesse online clamorosamente retrocessa in Lega B senza il blocco imposto dalla UEFA. E’ un risultato che va in netta contrapposizione rispetto all’abituale percorso tracciato durante Europei e Mondiali, dove raramente la Germania si ferma prima delle semifinali.

Nel girone di qualificazione i tedeschi hanno ottenuto soltanto due successi contro l’Ucraina, pareggiando i confronti diretti con la Svizzera e crollando nella sfida decisiva contro la Spagna. La panchina di Löw traballa, il tecnico potrebbe resistere fino ai prossimi Europei, ma la dirigenza lavora già per il futuro: Rangnick, Klopp e Flinck sono i principali candidati per assumere la guida della nazionale del post Europeo.

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Kemal Softic (AP Photo).

November 20, 2020
simone pieretti
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Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

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Le peggiori sconfitte della storia del calcio!

Un’umiliazione che non è toccata solo ai giocatori del Manchester United nella domenica di Liverpool. Questa parola, infatti, era già stata la più utilizzata in Germania dopo la sconfitta in Nations League contro la Spagna. Le Furie Rosse hanno fatto polpette della Mannschaft e la partita è finita con un 6-0 che non ammette repliche. È la peggior sconfitta in gare ufficiali della storia tedesca e l’ultima volta che era successa una cosa simile era il 1931.

Ungheria - Italia 7-1

Francia - Danimarca 1-17

Brasile - Germania 1-7

Norvegia - Stati Uniti 11-0

Allora furono i cugini dell’Austria a farne sei ai teutonici. Ma nella sua storia è andata anche peggio. Era il 1909 e una selezione dell’Inghilterra composta da dilettanti distrugge la Germania. Anzi, pardon, l’Impero Tedesco: 9-0 per i sudditi di Sua Maestà. Ma ogni nazionale ha il suo scheletro nell’armadio.

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Ungheria - Italia 7-1

Persino l’Italia, che difficilmente perde in maniera così netta. Eppure la storia azzurra racconta di una sconfitta clamorosa arrivata nell’aprile del 1924. La nazionale tricolore va a Budapest a fare visita all’Ungheria, che in quel periodo è una vera e propria potenza. Finisce 7-1 per i magiari, ma gli azzurri impareranno la lezione e nel 1938 in Francia restituiranno il tutto con gli interessi nella finale del mondiale.

L’Ungheria, ma nella sua versione Aranycsapat (Squadra d’Oro) è anche l’incubo dei maestri inglesi. Nel 1954 prima Puskas, Hidekguti e Kocsis fanno vedere le streghe a Wembley, con un 3-6 che passa alla storia, anzi, alla leggenda. Poi, al ritorno a Budapest, fanno anche meglio: in Ungheria finisce 7-1, un risultato che distrugge il morale dell’Inghilterra anche più della clamorosa sconfitta casalinga.

 

Francia - Danimarca 1-17

I francesi, vedendo queste figuracce, potrebbero farsi due risate, ma in fondo non è che gli convenga tanto. Delle grandi nazionali, i transalpini hanno il record per la peggior sconfitta e probabilmente lo manterranno abbastanza a lungo. Nell’ottobre 1908 a Londra si tiene il torneo di calcio delle Olimpiadi e la Francia viene umiliata: la Danimarca, che vincerà l’argento, vince addirittura per 17-1.

Per completare la panoramica sulle nazionali europee che hanno vinto la Coppa del Mondo, non si può dimenticare la Spagna. Beh, in questo caso la bestia nera è l’Italia e anche stavolta c’è un’Olimpiade di mezzo. Ad Amsterdam nel 1928 gli azzurri arrivano al bronzo, ma non prima di aver inflitto alle Furie Rosse la peggio sconfitta di sempre: 7-1 ai quarti di finale.

E le altre potenze continentali? Beh, molte hanno fatto una figura barbina contro gli inglesi, in una delle loro tante incarnazioni calcistiche. Il Portogallo fa registrare la sua peggiore sconfitta contro l’Inghilterra vera e propria, nel maggio del 1947, perdendo per 10-0. Non va meglio a Olanda e Belgio, entrambe come la Germania sconfitte sonoramente dalla selezione dilettanti di Sua Maestà. Nel 1907 gli “amateurs” vincono 12-2 contro gli Oranje e nel 1909 replicano con un risultato simile, 11-2, con i Diavoli Rossi.

Nel frattempo va peggio di tutti alla Svezia, che alle Olimpiadi del 1908 affronta direttamente…tutto il Regno Unito e ne esce sconfitta assai malamente: 12-1 per i britannici. Le peggiori sconfitte delle selezioni europee terminano con quelle della Danimarca, sconfitta 8-0 dalla Germania nel 1937, e della Croazia, che nel settembre 2018 perde 6-0 con la Spagna, un risultato reso ancora più clamoroso dal fatto che si trattasse della prima partita da vicecampioni del mondo in carica.

Brasile - Germania 1-7

Anche in Sudamerica, però, non è che vada meglio. La Colombia ha appena rimediato una signora figuraccia contro l’Ecuador nelle qualificazioni mondiali, ma il 6-1 di Quito non si avvicina neanche minimamente al peggior risultato di sempre dei Cafeteros.

La delusione dei calciatori colombiani!

Per trovarlo bisogna tornare alla Copa America 1957, quando i colombiani hanno la sfortuna di incappare nel Brasile che l’anno successivo avrebbe vinto il Mondiale (anche se non c’era ancora Pelè). Risultato, 9-0 per i verdeoro.

Mal comune, mezzo gaudio, se si considera che anche il Cile ha rimediato la sua peggior sconfitta contro il Brasile. Nel 1959 la Roja viaggia fino a Rio de Janeiro per tornare a Santiago seppellita di reti: 9-0 per Pelè e compagni. 

Ma persino i pentacampioni del mondo non sono immuni dalle sconfitte clamorose per le scommesse calcio. L’ultima in ordine di tempo, il pazzesco 1-7 subito dalla Germania nel mondiale casalingo del 2014 ha infatti uguagliato quella che per quasi cent’anni è stata l’onta più grande (almeno per quello che riguarda il risultato) della storia del pallone brasiliano: il 6-0 subito dall’Uruguay nella Copa America 1920.  

A proposito di Uruguay, i tifosi della Celeste non saranno molto felici di sapere che la sconfitta più pesante della loro storia è un 6-0, subito in casa a Montevideo dai rivali di sempre dell’Argentina.

Brasile - Germania

Norvegia - Stati Uniti 11-0

Per chiudere, si può anche dare uno sguardo ad altre nazionali importanti in giro per il mondo. I sette volte campioni d’Africa dell’Egitto hanno un pessimo ricordo dell’Italia, considerando che la loro peggior sconfitta è uno dei migliori risultato di sempre degli azzurri: l’11-3 alle Olimpiadi del 1928. Il Camerun subisce invece una delle sue tre sconfitte peggiori (sempre con 5 gol di svantaggio) al mondiale 1994: contro la Russia finisce 6-1, con cinque reti di Salenko. Va meglio alla Costa d’Avorio, che al massimo perde di quattro gol, come nel caso del match contro l’Argentina nel 1992, finito 4-0.

Strana la storia del Giappone, che come miglior risultato ha un 15-0 alle Filippine nel 1967 e come peggior sconfitta un 15-2 del 1917…subito sempre dalle Filippine.

L’Australia invece detiene il record per la miglior vittoria in un match internazionale (il 31-0 alle Samoa Americane del 2001), ma in compenso ha nel libro dei suoi primati anche uno 0-8 subito dal Sudafrica nel 1955. Per chiudere, il Nordamerica. Il Messico è fedele alla tradizione di perdere un po’ tutti contro gli inglesi, mettendo a referto un 8-0 a Londra nel 1961. E gli USA? Beh, gli Stati Uniti nel 1948 perdono malissimo contro la Norvegia: 11-0.

Eppure, due anni dopo, al mondiale in Brasile al primo turno vincono 1-0…contro l’Inghilterra. A dimostrazione che nel calcio, nulla è per sempre. Neanche una figuraccia!

Marcelo piange sul prato di Belo Horizonte

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 19 novembre 2020.

March 6, 2023
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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I nove talenti della Serie C

Nove - nuovi - nomi da tenere d'occhio, tre per ogni girone. Tra i tanti meriti della Serie C, c'è quello di sfornare giovani talenti ponendoli sul trampolino del grande calcio, come nel caso di Nicolò Fagioli.

Félix Correia (Juventus Under 23)

Mattia Morello (Pergolettese)

Davide De Marino (Pro Vercelli)

Ivan Dragomir (Perugia)

Federico Bergonzi (FeralpiSalò)

Nermin Karic (Südtirol)

Giuseppe Guadagni (Paganese)

Gaetano Vitale (Foggia)

Andrea Errico (Avellino)

Vasta scelta nel girone A, in cui la concentrazione di "Under" è senz'altro più densa rispetto ai raggruppamenti B e C, che invece puntano con più forza su giocatori già affermati, le cosiddette "vecchie volpi di categoria", come da nostro contenuto sugli ingaggi dei calciatori più affermati.

GIRONE A

Félix Correia (Juventus Under 23)

Classe 2001, stesso ruolo e nazionalità di Cristiano Ronaldo, di cui viene considerato l'erede. Prodotto del floridissimo settore giovanile dello Sporting Lisbona prima di imboccare, proprio come CR7, la strada di Manchester. Nel caso di Correia, però, qui parliamo del City e non dello United. Gli Sky Blues se lo sono assicurati per 3,5 milioni di euro, mentre la Juventus grazie allo scambio con l'attaccante Pablo Moreno (4 gol in Youth League), che Guardiola ha, a sua volta girato in prestito al Girona, nella Liga spagnola.

Le caratteristiche di Félix, già lanciato nel calcio dei grandi con l'AZ Alkmaar in Eredivisie: velocità, assist - in appoggio alla boa spagnola classe 2000 Alejandro José Marqués Méndez - e dribbling, caratteristiche esplosive per la nostra serie, in cui è ovviamente "titolarissimo" vantando già una segnatura da "predestinato" arrivata nel match vinto 2-1 contro la Pro Sesto, dopo che già aveva fornito a Di Pardo il pallone dell'1-1: un destro a giro sotto l'incrocio, proprio come quelli di Alessandro Del Piero...

Video tratto dalla pagina YouTube della Reggina Highlights

Mattia Morello (Pergolettese)

Classe 1999, esterno offensivo mancino prodotto "in casa" dal club cremasco, per lui si stanno già muovendo club di Serie A come Inter, Fiorentina e Spezia. Sgusciante, imprevedibile, ha ancora la faccia da sbarbatello, ma davanti alla porta è implacabile: nell'inizio di stagione 2020/2021 è già stato capace di 5 reti su 10 presenze. Su di lui, l'asta di chi vorrà lanciarlo nel grande calcio è sicura, magari mantenendolo in prestito proprio alla Pergolettese, che Morello, da giovanissimo, trascinò dalla D alla C nell'arco della stagione 2018-2019.

Davide De Marino (Pro Vercelli)

Elegante centrale, classe 2000, era già stato raccomandato dagli addetti ai lavori due stagioni fa, già all'età di 18 anni. Poi, due pesanti infortuni al ginocchio, l'hanno tenuto fuori dai campi per tanto, troppo, tempo. Ora, però, è il pilastro inamovibile della difesa più solida, quella della Pro Vercelli, che vanta tanti altri giovani di qualità anche in altri ruoli, tra cui Alessio Zerbin, esterno offensivo classe 1999 tutto dribbling e velocità in prestito dal Napoli.

GIRONE B

Ivan Dragomir (Perugia)

Centrocampista rumeno classe 1999, cresciuto calcisticamente nel Poli Timișoara, in Italia era già arrivato con ottime credenziali, dopo due anni nella squadra riserve dell'Arsenal. Elemento molto duttile, in grado di adattarsi nei diversi ruoli della fase nevralgica, Dragomir - ad appena 21 anni - può già vantare due stagioni da titolare in Serie B col Grifone.

Un'immagine di archivio del Perugia di Serse Cosmi

Due gol totali con gli umbri, uno in cadetteria, e l'altro, nella vittoria per 2-1 contro la Vis Pesaro, al minuto 84: Dragomir appare sprecato in terza serie a gennaio 2021 potrebbe essere l'oggetto del desiderio di tante formazioni di B. Intanto se lo gode il Perugia, favorito nel raggruppamento insieme al Padova per le scommesse italiane!

Video tratto dalla pagina ufficiale YouTube del Perugua Calcio

Federico Bergonzi (FeralpiSalò)

Ma avremmo potuto anche scrivere Giorgio Brogni. Entrambi terzini, entrambi classe 2001, entrambi in prestito - guarda caso - dal vivaio dell'Atalanta, pozzo senza fondo di giovani talenti, con cui i verdazzurri lacuali intrattengono da tempo un interessante rapporto di collaborazione. Bergonzi a destra, Brogni a sinistra: nonostante siano alla loro primissima esperienza nel calcio dei grandi sono, al tempo stesso, due punti fermi dell'undici di mister Massimo Pavanel.

Nermin Karic (Südtirol)

Mediano recupera palloni svedese (ma di chiare origini bosniache), classe 1999, cresciuto nel Genoa che lo ha scovato nel 2017 in Svezia, tra le fila dell'IF Sylvia di Norrköping. Dopo un'esperienza all'Avellino, ora è il frangiflutti della mediana altoatesina. Da seguire.

GIRONE C

Giuseppe Guadagni (Paganese)

Strana coppia davvero, quella dell'attacco della Paganese. Da una parte, l'eterno Francesco Scarpa, 41 anni. Dall'altra, la seconda punta che potrebbe essere suo figlio, Giuseppe Guadagni, classe 2001, rigorista dei campani ed autore di tre reti all'inizio della stagione, una delle quali decisiva nella vittoria per 1-0 a Viterbo. Attaccante versatile (può giocare anche a destra in un attacco a tre), è un ragazzo che farà senz'altro parlare di sé.

Gaetano Vitale (Foggia)

Dopo la pronta risalita in Serie C, il Foggia mette da parte le spese folli, causa dei recenti fallimenti, puntando su giocatori di categoria (sotto l'egida del sempre passionale direttore tecnico Ninni Corda, che da ottobre si è affidato, in panchina, all'ex Juventus e Parma Marco Marchionni, nella foto) e qualche giovane da lanciare di ottimo livello. Come Gaetano Vitale, centrocampista centrale tuttofare di Castellammare di Stabia, classe 2001, in gol per i satanelli nelle sfide ad Avellino e Casertana. E' stato scoperto dai rossoneri pugliesi nel Sorrento, in Serie D.

Marchionni con la maglia del Parma!
 

Andrea Errico (Avellino)

Centrocampista centrale, trequartista, mezzala sinistra. Il talento del classe 1999 Andrea Errico, lo porta a svariare in diversi ruoli della costruzione del gioco. In prestito agli irpini dal Frosinone (che lo avevano già girato alla Viterbese nella passata stagione), l'Avellino lo sta aspettando con ansia, in questo primo scorcio di stagione, dopo una serie di guai muscolari che l'hanno tenuto fuori dai campi. 

Un'immagine di archivio dell'Avellino in Coppa Italia

Ripeteranno la straordinaria operazione con l'Empoli che ha portato in Toscana il promettente fluidificante mancino Fabiano Parisi?

*Le immagine all'interno del contenuto sono distribuite da AP Photo; la foto di apertura del fotografo ufficiale della Pro Vercelli, Ivan Benedetto che ringraziamo. Prima pubblicazione 19 novembre 2020.

October 12, 2021
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Tutti gli occhi per Nico!

Il  draft NBA 2020 andrà in onda da noi in Europa nella notte tra mercoledi 18 e venerdi 19 novembre; sarà in diretta direttamente dagli studi di ESPN e non live in qualche palazzetto come al solito. La NBA ha fornito ad ogni giocatore un kit pazzesco con tutti i 30 i cappellini delle squadre, tablet, iphone, treppiedi e luci per le dirette, addirittura un pallone col nome inciso di ogni giocatore. Il marketing NBA spacca come al solito.

Il nostro Mannion scelto al secondo giro, con la chiamata numero 48 in assoluto, da Golden State ha esordito in gare ufficiali nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio 2021!

Matteo Spagnolo

Nico Mannion

Leandro Bolmaro
Nel prossimo Draft ci sono alcuni ragazzi che speriamo possano rimpolpare la colonia azzurra in America. Andiamo a scoprire quali potrebbero essere i prossimi italiani in NBA.

Il precursore

Partiamo dall'inizio, ovvero con il primo italiano a giocare nel basket professionistico americano, dopo aver doverosamente citato Dino Meneghin e Gus Binelli, scelti, rispettivamente nel 1970 e nel 1986. 

Esattamente nel 1995 esordiva il primo italiano nella NBA. Era un giovane pivottone di 208 centimetri, il più grande talento italiano del tempo, con due mani che sembravano racchette da tennis, come ricorda colui che ci ha insegnato il basket americano: il mitico Dan Peterson. Era il 1995 e quel ragazzo era, naturalmente, Stefano Rusconi, scelto al numero 25 del secondo giro da Cleveland nel 1990. In Italia era un dominatore, una forza della natura impossibile da arginare.

Si ritrovò in una NBA in anni sfortunati per un povero centro di 208, sotto i tabelloni c'erano dei veri campioni, animali da prestazione! Erano gli anni d'oro dei centroni NBA, con Shaq, Mutombo, Olajuwon, Ewing, David Robinson e Alonzo Mourning. Il povero Stefano finisce all'angolo come un pugile suonato. Tutta la sua carriera NBA è racchiusa in appena 7 partite.Gioca in totale 30 minuti mettendo a referto 8 punti: una Caporetto. Se ne torna in Italia con tanti bellissimi ricordi e incredibili storie da raccontare ai nipotini. 

Stefano però si toglie almeno la soddisfazione di aver aperto la via per gli altri azzurri che verranno dopo di lui. 
Dopo 25 anni, la NBA è molto cambiata e tantissimi sono i giocatori europei che hanno sfondato l'iniziale reticenza degli americani nei confronti dei i giocatori stranieri. La NBA adesso è globalizzata e internazionale, oggi i giocatori internazionali sono il 25% del totale. Pochi gli italiani però. Sono rimasti solo Gallinari, Belinelli e Melli a sventolare il tricolore (se non contiamo il Paisà naturalizzato Ryan Arcidiacono). 


NICO MANNION

Figlio d'arte, nato in Italia da Pace Mannion, grande colonna di Cantù inizi anni 90. Pace si innamora di una pallavolista italiana e nel 2001 nasce Nico, per nostra fortuna in Italia.

Un predestinato. Esce un anno in anticipo dalla High School dove sforna ventelli e grande leadership a ogni allacciata di scarpe. Va al College ad Arizona dove gli basta un solo anno per riempire le tribune di scout NBA che gli fanno la corte e rendersi eleggibile al Draft 2020. Veniva dato altissimo nelle proiezioni fino a poco tempo fa, adesso sembrerebbe aver perso qualche posizione. Se dovessimo effettuare una scommessa online su chi sarà il prossimo azzurro in NBA le puntate per lui non sarebbero accettate. Si vince troppo facile. Non vediamo l'ora di godercelo in NBA.

 

PAOLO BANCHERO

Classe 2002 nato a Seattle da padre italiano. E' un 208 per 107 kg. Ha ricevuto nel giugno 2020 il passaporto italiano, dichiarando di voler giocare con gli azzuri. Notizia finita su tutti i siti di settore per farvi capire che il ragazzo già sposta parecchio. Uno dei migliori 3 liceali USA negli ultimi rankings. Andrà in uno dei college più ambiti, Duke. Ancora deve giocare la sua prima partita in NCAA ma già si parla di NBA per questo ragazzo. Tanta roba...The next big italian thing!

MATTEO SPAGNOLO

Uno dei più giovani della storia ad essere convocato nella nazionale maggiore. E' un classe 2003!
Un brindisino cresciuto alla Stella Azzurra. A 15 anni lo compra un certo Real Madrid, primo italiano nella cantera madridista. Playmaker di razza che sta facendo innamorare tutti in terra iberica. El Nino farà strada.

JORDAN BAYEHE

Classe 1999 reclutato in Camerun dalla Stella Azzurra, una delle migliori fucine di talenti in Italia. Viene dalla stessa città di un certo Joel Embiid campione 76ers in NBA. Ala esplosiva e tenace di 205 centimetri. Ragazzo in forte ascesa, dalla Stella Azzurra passa prima a Roseto in A2 dove gioca e convince. Lo ha appena comprato Cantù, ma intanto lui si è dichiarato eleggibile al draft 2020. Ha cittadinanza italiana e un grande futuro.


MICHELE EBELING

Ventenne ala/centro di 205 centimetri per 100 Kg di peso, nazionale Under 20 con un grande futuro davanti. Mangia basket da quando è nato. E' il figlio di John Ebeling, ds di Pesaro approdato in Italia negli anni '80 con la classica storia da discreto giocatore americano giramondo. Michele, forse ben consigliato dall'esperto papà, ha deciso pochi giorni prima del draft 2020 di fare un passo indietro. Se ne parla nel 2021.

PAUL EBOUA

Anche lui camerunense portato in Italia quindicenne dalla Stella Azzurra. Ala piccola classe 2000 di 203 centimetri per 97 kg. Molto determinato ad arrivare in NBA, ci aveva già provato nel 2019. Si era reso eleggibile ma dopo i primi workout aveva capito di non essere all'altezza degli standard che si era prefissato.

Dopo una stagione a Pesaro passata a giocare bene e a modellare il suo gioco per la NBA, ci riprova nel 2020, dimostrando grande maturità e forza d'animo. Spera in una chiamata al secondo giro anche se sembra complicato. Cittadinanza italiana anche per lui. Buona fortuna ragazzo!


LEANDRO BOLMARO

Chiudiamo con una provocazione, che è anche una speranza. Questo ragazzo è il classico argentino con passaporto italiano. Ma non è di certo un ragazzo qualsiasi. E' una vera e propria bomba! Un certo Svetislav Pesic coach del Barca ha detto di lui: “Il Barcelona di calcio ha Leo Messi. Ora anche la pallacanestro ha il suo Leo Messi ed è Leandro Bolmaro. Avrà un futuro radioso.” Non c'è altro da aggiungere.

Se per qualche strano miracolo scegliesse di giocare con la nostra nazionale staremmo a posto per i prossimi 15 anni.

*Il testo dell'articolo è di Jacopo Manni; l'immagine di Rick Scuteri (AP Photo). Prima pubblicazione 18 novembre 2020.

January 7, 2021
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Quelle prime volte a un Europeo

La bolgia che giovedì 12 novembre 2020 si è accesa nelle strade di Skopje è la fotografia di un evento di festa che periodicamente nella storia del calcio europeo si ripropone a diverse latitudini. Gli uomini del tecnico Igor Angelovski, battendo per 0 a 1 la Georgia in trasferta grazie alla rete dell’intramontabile Goran Pandev, non hanno solo compiuto un’impresa sportiva.

Già, perché portando la Macedonia del Nord per la prima volta alle fasi finali dei Campionati Europei, sono entrati nella leggenda del calcio nazionale. Grazie a loro, la Macedonia del Nord ha smesso i panni della comparsa. D’ora in avanti la Nazionale balcanica potrà vantare d’essersi seduta, almeno una volta, al tavolo delle grandi d’Europa.

Il volo dell’Aquila albanese

Ebbrezza della prima volta che nel 2015, al termine delle qualificazioni per gli Europei di Francia 2016, hanno provato ben quattro Nazionali: Islanda, Irlanda del Nord, Galles e Albania. Le Aquile allenate dall’italiano Gianni De Biasi hanno centrato l’obiettivo direttamente dal girone eliminatorio, piazzandosi al secondo posto alle spalle del Portogallo di Cristiano Ronaldo che ha poi vinto quell’edizione. L’apoteosi albanese si consuma l’11 ottobre 2015, con la vittoria in Armenia per 0 a 3 e il matematico accesso agli Europei ai danni della Danimarca.

Oltre che in panchina, anche in campo c’è un po’ d’Italia, o meglio un po’ di Lazio: il capitano è Cana e il portiere Berisha, due giocatori all’epoca di proprietà del club di Lotito che, grazie al direttore sportivo Igli Tare, ha sempre avuto un occhio particolarmente attento sui calciatori albanesi. In Francia la compagine di De Biasi non va al di là del girone eliminatorio, ma porta in cascina, comunque, la storica vittoria per 1 a 0 contro la Romania.

Storiche British

Tre punti al girone eliminatorio a Francia 2016 anche per l’Irlanda del Nord. La squadra delle sei contee arriva al torneo transalpino dopo essersi piazzata al primo posto nel girone eliminatorio. Il biglietto lo stacca in casa, l’8 ottobre 2015, battendo per 3 a 1 la Grecia. Otto mesi più tardi l’Irlanda del Nord si regala poi un’altra doppia soddisfazione: nel girone perde contro Polonia (1-0) e Germania (1-0), ma vincendo 2 a 0 contro l’Ucraina si qualifica al turno successivo coma una delle quattro migliori terze.

Agli Ottavi è scontro really British con il Galles, che finisce per 1 a 0 in favore della squadra di Gareth Bale grazie all’autogol di McAuley. Anche per il Galles quella in Francia è la prima partecipazione a un Europeo. E addirittura i Dragoni sfiorano l’impresa. Esordio con vittoria per 2 a 1 contro la Slovacchia, poi sconfitta di misura (1 a 2) nel derby con l’Inghilterra, infine un sonoro 3 a 0 che regola la Russia e porta i gallesi alle fasi a eliminazione diretta.

Dopo l’Irlanda del Nord agli Ottavi, ai Quarti sconfigge anche il favorito Belgio. Nainggolan porta in vantaggio i Diavoli Rossi, ma prima Williams, poi Robson-Kanu e Vokes ribaltano: alla fine è 3 a 1 e semifinale servita. È qui che i Dragoni si fermano dinnanzi alla maestà del Portogallo di CR7, autore del vantaggio: il 2 a 0 definitivo lo firma Nani.

L’urlo dei vichinghi

È andata meglio contro il Portogallo, all’esordio a Francia 2016, all’Islanda. La squadra nordica arriva all’Europeo al culmine di un progresso graduale che già due anni prima le aveva fatto sfiorare la qualificazione al Mondiale. L’Islanda nel girone eliminatorio è imbattuta: pareggio, appunto, contro il Portogallo (1-1) e poi, con identico risultato, anche con l’Ungheria. Nella terza partita un gol nei minuti di recupero di Traustason nel 2 a 1 contro l’Austria concede agli islandesi di accedere agli Ottavi.

È qui che riescono nell’impresa di battere l’Inghilterra (2-1) in una gara che sembrava indirizzata dall’iniziale vantaggio di Rooney su rigore. La rimonta non riesce ai Quarti contro la Francia padrona di casa: dopo il primo tempo è già 4 a 0 per i Galletti; alla fine è 5 a 2. Ma l’urlo dei composti e affezionati tifosi islandesi all’unisono con i calciatori resta una delle pagine più belle dell’Europeo francese.

A proposito di vichinghi, c'è stata una prima volta anche per la Norvegia: agli Europei del 2000 in Belgio e Paesi Bassi. Ma non basta agli scandinavi la vittoria all’esordio con la Spagna (1-0) per passare il turno.

Esordisce nel grande palcoscenico, nel 2000, invece la Slovenia dopo aver superato l’Ucraina agli spareggi: alla prima è un pirotecnico 3 a 3 nel derby con la Jugoslavia, poi la sconfitta con la Spagna e infine lo 0 a 0 proprio contro la Norvegia che elimina entrambe.

Quattro anni più tardi la prima partecipazione la conquista la piccola Lettonia a scapito della Turchia: a Euro 2004 esce però al primo turno, dopo aver comunque conquistato, con il portiere Aleksandrs Kolinko sugli scudi, clamorosamente per le scommesse online un punto contro la corazzata Germania (0-0). Volgendo lo sguardo un po’ più su della Lettonia sulla cartina geografica, c’è la Finlandia, altra Nazionale che a giugno giocherà per la prima volta alle fasi finali di un Europeo: il prestigioso obiettivo non era stato centrato neanche ai tempi di Jari Litmanen, calciatore più forte della storia dei Huuhkajat!

*Il testo dell'articolo è di Federico Cenci; l'immagine di Brynjar Gunnarsson (AP Photo).

November 18, 2020
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