Fulham, soldi senza idee!

 

Una campagna acquisti faraonica, suffragata dal ritorno in grande stile in Premier League. Quanto accaduto al Fulham nella stagione 2018-2019 ha il volto dei ricavi record di tutte le squadre della massima divisione, derivanti dalla vendita massiccia e spasmodica dei diritti tv in giro per il mondo. Continuiamo, quindi, nella descrizione delle retrocessioni più incredibili del calcio inglese!

La dirigenza di Craven Cottage con a disposizione di un tesoretto di 100 milioni di pounds, nell'estate 2018, si è buttata a capofitto sul mercato, rivoluzionando il team-promozione, non facendo altro, tuttavia, che accumulare giocatori dai nomi altisonanti ma, nella sostanza, incompatibili tra di loro. E che, arrivati ad affrontare l'ostico cammino salvezza, si sono rivelati privi del carattere necessario. Una squadra senza anima che esordisce con una pesante sconfitta 0-2 casalinga in un derby sulla carta abbordabile con il Crystal Palace!

L'immediata ricaduta dalla Premier League dei Cottagers ha il sapore delle clamorose retrocessioni di Newcastle (2015-2016) e Stoke (2017-2018). Il Fulham ha dovuto affrontare altre stagioni negative nella sua storia, ma l'ultima appare come quella economicamente più rovinosa.

Il mercato pazzo - Spese pazze, si diceva, per il tecnico Slavisa Jokanovic: l'ex centrocampista del Chelsea, subito dopo la promozione dalla seconda serie nella finale di Playoff contro l'Aston Villa, ha portato a Craven Cottage gente del calibro di Sergio Rico (portiere, dal Siviglia, oggi secondo di Keylor Navas al PSG), Maxime Le Marchand (difensore, dal Nizza), Jean Seri (centrocampista, sempre dal Nizza), André-Frank Zambo Anguissa (centrocampista nazionale del Camerun, fino a pochi mesi prima in finale di Europa League con l'Olympique Marsiglia).

In attacco i nomi sono addirittura più importanti: Aleksandar Mitrovic (attaccante, dal Newcastle) André Schürrle (attaccante ex Chelsea, in prestito dal Borussia Dortmund) e Luciano Vietto (attaccante, in prestito dall'Atletico Madrid).

Il centravanti serbo, in gol anche con la maglia della propria nazionale in Russia 2018 contro la Svizzera nella deludente spedizione mondiale, era sul taccuino di squadre di buon livello in Europa: il colpo del Fulham che ha trasformato il prestito dal Newcastle in un trasferimento definito con un bonifico di oltre 20 milioni di euro ha stupito gli operatori di mercato della Premier League!

Anche André Schürrle non ha lasciato il segno: l'attaccante tedesco, due volte in gol con la maglia della Germania nella clamorosa vittoria sul Brasile a Belo Horizonte nel 2014, ha realizzato 6 reti, ben lontano dalle aspettative dei tifosi, dopo l'arrivo di un calciatore Campione del Mondo che aveva ben figurato in Premier con la maglia del Chelsea!

Girandola sulla panchina - La squadra, un autentico colabrodo in difesa, passò poi a Claudio Ranieri e, in seguito, a Scott Parker. Neanche l'esperienza del tecnico romano ha portato continuità di gioco e risultati: nei suoi 100 giorni di gestione, 12 punti in 16 partite, con appena 3 vittorie all'attivo. Ma non riuscì ad evitare l'immediato ritorno in Championship dopo un penultimo posto con appena 26 punti conquistati, a 10 di distanza dalla quota salvezza e la bellezza di 81 reti subite, la peggior difesa del torneo.

Anche l'ultima partita della stagione è stata davvero da dimenticare: sconfitta casalinga 0-4 con il Newcastle. I soldi, spesso, non sono tutto nel calcio: occorrono, anzitutto, fiuto d'affari, idee e dirigenti preparati che sappiano il fatto loro, scegliendo profili adatti, più che nomi importanti... 

Prossima puntata, anche per i lettori amanti della relativa serie Netflix, Sunderland, ultimo in Premier al 21 maggio 2017!

*La foto di apertura dell'articolo è di Tim Ireland (AP Photo).

February 22, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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I padroni del pallone - Oltre a petrolieri e industriali, ecco gli affaristi delle comunicazioni e dell'e-commerce!

 

C’era una volta un petroliere, un imprenditore e un costruttore, e tutti avevano la passione per il calcio. Nel corso degli anni, la figura del presidente dei club calcistici non è poi cambiata di molto; petrolio e mercato immobiliare continuano a farla da padrone, ma il ventaglio delle professioni dei massimi dirigenti che possono essere accostate al mondo del pallone sono aumentate.

L’e-commerce e la telefonia mobile hanno affiancato le attività che da sempre primeggiano nei club calcistici, ma in alcuni casi - sono scese in campo vere e proprie famiglie reali.
La Regina Elisabetta d’Inghilterra - in tal senso - non c’entra nulla, anche se la Casa Reale inglese è sentimentalmente legata all’Arsenal da almeno tre generazioni.

Cifre da Premier - La Premier League è il campionato più ricco del mondo, dove da anni il Manchester City fa incetta di campioni grazie a Mansour bin Zayd Al Nahyan, fratello dell’emiro di Abu Dhabi: la famiglia può vantare risorse per oltre 650 miliardi di euro, buona parte dell’indotto arriva dal ramo petrolifero.

Roman Abramivich è il secondo proprietario più ricco della Premier League; ha comprato il Chelsea quasi per caso, fin qui ha speso quasi 2 miliardi di euro per rafforzare la squadra che negli anni è arrivata sul tetto d’Europa, conquistando Champions League ed Europa League, oltre a cinque titoli della Premier League, quattro Coppe d’Inghilterra e tre coppe di Lega.

Anche qui, le risorse dell’oligarca russo arrivano principalmente da giacimenti di petrolio e di gas che gli hanno consentito di scalare la classifica degli uomini più ricchi del mondo.

L'imprenditore statunitense Stan Kroenke è il proprietario dell’Arsenal: deve il suo impero finanziario al mondo immobiliare che gli ha consentito di entrare come protagonista del mondo sportivo; oggi è l’azionista di maggioranza anche dei Denver Nuggets, squadra di basket dell’NBA, dei Colorado Avalanche, squadra di hockey dell’NHL statunitense e della squadra di calcio dei Colorado Rapids.

Ma In Premier League ci sono anche investitori insospettabili, come Lebron James, il campione di basket dei Los Angeles Lakers che ha deciso di regalarsi una quota minoritaria delle azioni del Liverpool, la squadra Campione d’Europa; la passione per il calcio e il tifo per i “Reds” hanno spinto il fuoriclasse a investire sul club inglese.

Eppure, osservando la classifica degli uomini più ricchi del mondo secondo le stime della rivista Forbes, ci sono due miliardari che - nonostante i loro capitali - non sono stati ancora in grado di conseguire risultati sportivi significativi con le loro squadre di proprietà.

Gli insuccessi di Slim - Il caso lampante è quello di Carlos Slim, quinto uomo più ricco della terra. Il messicano, proprietario della più grande azienda di telecomunicazioni dell’America Latina (America Movil) ha acquistato nel 2012 il Real Oviedo, squadra che milita nella Segunda Division spagnola (un campionato similare alla Lega Pro italiana) e che rischia addirittura di retrocedere nella Tercera Division. Il magnate sudamericano era intervenuto per salvare dal fallimento la società, ma fino a questo momento non ha mai inciso in maniera concreta sulla crescita del club.

Una storia simile è quella di Francois Pinault, considerato tra i tre uomini più ricchi di Francia. Il suo patrimonio è legato al mondo della moda (Yves Saint Laurent, Alexander McQueen, Gucci), ma il successo da imprenditore non si sta riflettendo sul suo percorso sportivo da presidente del Rennes.

Un altro nome di spicco del mondo sportivo è quello dell’austriaco Dietrich Mateschitz, che deve la propria fortuna alla bevanda energetica Red Bull. Oltre alla scuderia di Formula 1, il miliardario ha acquistato anche il Lipsia e il Salisburgo. A livello di risultati la sua scalata nel mondo dello sport è costante: il Lipsia, dopo aver battuto il Tottenham, a sopresa per i nostri lettori che amano scommettere on line sul calcio potrebbe accedere per la prima volta nella storia ai quarti di finale della Champions League.

E i presidenti Italiani? Se le attività imprenditoriali di Andrea Agnelli sono note a tutti, meno conosciute sono le professioni di altri presidenti della Serie A. Il patron dell’Atalanta Antonio Percassi ha una holding (Odissea SRL) che include diversi marchi internazionali; Joey Saputo, presidente del Bologna, è diventato miliardario grazie alle industrie casearie, il proprietario del Cagliari Tommaso Giulini ha ereditato una società che si occupa di estrazione e lavorazione del fluoro, e ha implementato i suoi affari nel settore chimico ed estrattivo.

Il presidente della Fiorentina Rocco Commisso iniziò a lavorare alla Pfizer (industria farmaceutica che produce il Viagra) ma trovò il suo Eldorado con le tv via cavo: oggi è proprietario di Mediacom, azienda all'ottavo posto fra gli operatori via cavo negli Stati Uniti con un fatturato annuo di oltre 1,6 miliardi di dollari. Il tesoro di Steven Zhang, numero uno dell’Inter spazia tra investimenti finanziari e attività immobiliari, oltre che nell’e-commerce, la vendita di prodotti on line.

Il presidente del Lecce Saverio Sticchi Damiani è un avvocato e un professore universitario con la cattedra all’Università del Salento. La famiglia Pozzo, proprietaria dell’Udinese, deve le proprie fortune agli utensili industriali per la lavorazione del legno, prodotti e venduti su scala internazionale. Il patron del Verona Maurizio Setti è un imprenditore immobiliare che ha sviluppato i propri affari anche attraverso investimenti finanziari.

*La foto di apertura dell'articolo è di Matt Dunham (AP Photo).


 

February 21, 2020
simone pieretti
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Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

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Non solo Platini, Zidane e Trezeguet: tutti i francesi della Juventus

Sarà perché Torino dista dal confine un centinaio di chilometri, o perché la dinastia sabauda, che regnava dal trono della Reggia di Venaria, era di chiare origini transalpine, ma i rapporti tra la Juventus e la Francia sono sempre stati molto stretti.

I primi francesi a Torino

Michel Le Roi

I Campioni del Mondo di Parigi '98

Trezeguet e i suoi fratelli

Lilian Thuram e gli altri difensori francesi bianconeri

Il Polpo Paul Pogba

Un dato su tutti: considerando anche le gare non ufficiali, la Francia è la terza nazione straniera più rappresentata nella storia juventina, dopo l’Argentina e il Brasile e davanti alla Svizzera.

In particolare, per gli amanti della statistica, 34 sono gli argentini che hanno vestito la maglia bianconera, mentre 32 sono i brasiliani. I calciatori francesi, compreso Rabiot non più nella rosa a disposizione di mister Thiago Motta, sfiorano il totale di 30.

I primi francesi a Torino

In una calda serata di fine giugno del 1963, la Juventus del tecnico brasiliano Paulo Amaral affronta in amichevole al Comunale di Torino il Santos di Pelé: per l’occasione, i torinesi schierano titolare in attacco il francese Yvon Douis, in prova dal Monaco.

La Juventus supera 5-3 i futuri campioni della Libertadores e della Coppa Intercontinentale, ma Douis non convince: Giampiero Boniperti è folgorato dalla prestazione di Nené con la maglia del Santos e preferisce ingaggiare il brasiliano. Yvon Douis rimane, comunque, il primo francese a vestire la maglia della Juventus, seppure in amichevole.

Nestor Combin, nato in Argentina, ma naturalizzato francese, è invece il primo transalpino a giocare con la Juventus in partite ufficiali: viene ingaggiato, infatti, per la stagione 1964-65, proveniente dal Lione, e rimane solamente un anno con i bianconeri, vincendo la Coppa Italia, prima di trasferirsi al Varese. 

Michel Le Roi

A seguito della pessima figura rimediata ai Mondiali in Inghilterra, con l’eliminazione clamorosa subita per mano della Corea del Nord, dal 1966 la FIGC decide di vietare l’ingresso di calciatori stranieri nel nostro campionato.

Platini con la coppa più brutta di sempre!

Le frontiere vengono riaperte nel 1980 e due anni dopo la Juventus acquista dal Saint Etienne il centrocampista francese, di origini italiane, Michel Platini: Le Roi, come viene ribattezzato dai tifosi bianconeri, è uno dei più grandi giocatori della storia della Juventus e in cinque stagioni a Torino vince tutti i trofei possibili, compresi tre Palloni d’oro.

I Campioni del Mondo di Parigi '98

Dall’addio al calcio di Platini nel 1987, bisogna attendere fino al 1994 per vedere un altro francese dalle parti di piazza Crimea: dall’Olympique Marsiglia arriva il centrocampista Didier Deschamps che della Juventus diventerà una bandiera, da calciatore e da allenatore, accettando di guidare i bianconeri nella stagione del purgatorio tra i cadetti dopo la sentenza di Calciopoli.

Nel 1996 arriva a far compagnia a Deschamps un altro transalpino che si laureerà campione del mondo nel 1998 e d’Europa nel 2000, il fantasista di origini algerine, proveniente dal Bordeaux, Zinedine Zidane che nei suoi cinque anni a Torino vincerà una Coppa Intercontinentale, due scudetti, una Supercoppa italiana e una europea, oltre al Pallone d’Oro del 1998, seguendo idealmente le orme di Platini.

Un altro campione del mondo arriva alla corte di Carlo Ancelotti nel gennaio 1999, il giovane Thierry Henry che, però, viene utilizzato fuori ruolo e lascia la Juventus, senza rimpianti, dopo 18 presenze e 3 gol in campionato, prima di diventare una vera e propria leggenda in Premier League con la maglia dell’Arsenal.

Trezeguet e i suoi fratelli

Come Nestor Combin, David Trezeguet ha origini argentine. Nasce a Rouen, dove il padre Jorge Ernesto si trova poiché milita nella squadra locale, ma cresce a Florida, nella provincia di Buenos Aires, terra d’origine della sua famiglia. Inizia la sua carriera nel Platense, prima di tornare in Francia a 18 anni, con un contratto da professionista firmato con il Monaco.

Nel 2000 si trasferisce alla Juventus dove rimane per 10 stagioni: con 171 reti è il quarto marcatore di tutti i tempi nella storia dei bianconeri.

Trezegol, 171 reti con la maglia bianconera!

Jocelyn Blanchard, Vincent Pericard, Landry Bonnefoi e Olivier Kapo sono alcuni tra i calciatori francesi che la Juventus ha ingaggiato tra il 1998 e il 2005, ma non hanno lasciato il segno. Patrick Vieira, proveniente dall’Arsenal, veste il bianconero per una sola stagione, lasciando Torino dopo la retrocessione post-Calciopoli.

Lilian Thuram​​​​​​​ e gli altri difensori francesi bianconeri

I difensori Lilian Thuram e Jonathan Zebina, invece, diventano due vere e proprie colonne della Juventus nell’epoca di Marcello Lippi e Fabio Capello.

Lo straordinario difensore francese!

Un discorso a parte merita Jean-Alain Boumsong, difensore che milita nella squadra allenata da Deschamps per una stagione e mezza, proveniente dal Newcastle: è uno dei maggiori protagonisti dell’unica stagione in Serie B e dell’immediato ritorno nella massima serie.

Il Polpo Paul Pogba

La Juventus compie un capolavoro prelevando a parametro zero, nell’estate 2012, il diciannovenne talento francese di origini guineiane Paul Pogba dal Manchester United che conquista quattro scudetti sotto l’ombra della Mole prima di tornare all’Old Trafford per la cifra record di 105 milioni di euro.

Pogba allo Juventus Stadium per la Nations League

Durante i suoi sei mesi alla Juventus nel 2013, l’attaccante Nicolas Anelka, una carriera da globetrotter, fa in tempo a conquistare uno scudetto, con 3 presenze complessive tra campionato e Champions League, prima di trasferirsi al West Bromwich Albion.

Nel luglio 2014 due francesi arrivano a Torino: Patrice Evra, esperto esterno sinistro con mille battaglie di calcio alle spalle, proveniente dal Manchester United, e il giovane Kingsley Coman, proveniente dal Paris Saint Germain: il primo rimane tre anni alla Juventus, conquistando due scudetti, mentre il secondo si rivela uno dei prospetti più interessanti del calcio europeo e si trasferisce, dopo un double campionato-coppa, al Bayern Monaco.

Oggi Thuram jr e Randal Kolo Muani

Tutto il resto è storia recente, con gli ingaggi di due francesi dal Paris Saint Germain: Blaise Matuidi, arrivato ad agosto 2017, e Adrien Rabiot, oggi a Marsiglia.

Dopo l'acquisto del Thuram centrocampista nella campagna estiva 2024, nella successiva finestra di mercato, a gennaio 2025, arriva dal PSG anche Randal Kolo Muani, straordinario jolly offensivo: il nazionale francese, nel complicato esordio allo Stadio Maradona, va subito in gol, con un chirurgico tiro al volo!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo. Prima pubblicazione 21 febbraio 2020.

January 26, 2025
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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L'Atalanta e le botteghe care!

Le trattative di calciomercato sono spesso complicate, ma ci sono club con cui arrivare a un accordo per avere un giocatore comporta davvero una fatica micidiale. Per esempio Adriano Galliani non ha dimenticato, 13 anni dopo, le energie spese per convincere Lotito – un mastino negli affari – a cedere al Milan nel gennaio 2007 Massimo Oddo.

Ancora oggi, l'ex ad rossonero racconta quei giorni come chi ha vissuto un trauma difficile da elaborare: l'accordo, dopo infiniti colloqui notturni, fu trovato sulla base di 7,750 milioni più il cartellino di Pasquale Foggia. Stesso discorso per i dirigenti dell'Inter che trattarono con il presidente della Lazio il trasferimento di Hernanes, giocatore cui Lotito era particolarmente legato.

Tutt'altro che morbidi anche i Pozzo, proprietari dell'Udinese. Ne sa qualcosa il Barcellona, costretto a una trattativa estenuante nel 2011 per Alexis Sanchez, all'epoca gioiello dell'Udinese. Ovviamente la vicenda si concluse esattamente alla condizioni dettate dai Pozzo: il cileno diventò del Barcellona in cambio di 26 milioni di euro più 11,5 di bonus, poi regolarmente incassati.

Era implacabile anche Squinzi, demiurgo del Sassuolo scomparso nell'ottobre 2019: finché la Lazio non si è convinta a dare quanto da lui chiesto per Acerbi, nell'estate 2018, il Sassuolo non ha mollato di un centimetro: 12 milioni e punto, nonostante il pressing dello stesso difensore per la cessione.

I numeri dell'Atalanta - Ma in Italia la bottega più cara è forse l'Atalanta dei Percassi. Scoprono giocatori, li valorizzano - a volte prestandoli in società che danno spazio ai loro talenti, come Kulusevski nel Parma - e poi li vendono a cifre che spesso stupiscono gli stessi operatori di mercato. Solo per restare ai casi più recenti, nel gennaio 2017 il mediano Gagliardini passò all'Inter, dopo 6 mesi giocati a calcio a buoni livelli a Bergamo, per 25 milioni più 2.5 di bonus: un'esagerazione per quanto mostrato fino a quel momento.

Come sembrano francamente troppi i 40 subito investiti dalla Juve per soffiare alla concorrenza lo stesso Kulusevski, jolly offensivo rivelazione della prima parte del campionato.

Ma con l'Atalanta è così, prendere o lasciare. E di solito, gli acquirenti prendono. Lo ha fatto il Milan nel 2017 con Kessié, pagato esattamente quanto preteso, cioè 28 milioni. Basta una sola stagione da urlo per far lievitare il prezzo: una volta stabilito, però, i Percassi tengono duro finché l'acquirente non molla. È successo anche con la Roma per Cristante, buon giocatore pagato circa 30 milioni (5 per il prestito oneroso, 15 per l'obbligo di riscatto, 10 di bonus piuttosto agevoli).

La Juve sborsò al volo 15 milioni di euro per “scommettere” sul giovane difensore Caldara, poi rivenduto al Milan addirittura per 35. Lo stesso Milan di milioni ne ha spesi 28 per il terzino Andrea Conti, subito tormentato dagli infortuni (come peraltro Caldara): 24 cash più il cartellino di Pessina.

E Gianluca Mancini? La Roma ha versato 2 milioni subito per il prestito, ne serviranno 19 per l'acquisto definitivo (già concordato) e 5 di bonus: altri 26 milioni per un difensore che Gasperini ha lasciato andare senza eccessivi rimpianti. Stesso discorso per l'attaccante Barrow, che era scomparso dai radar da un po' di tempo: su di lui ha scommesso il Bologna di Mihajlovic. Trattativa lunga anche in questo caso, e anche in questo caso Percassi ha ottenuto quanto richiesto: quasi 20 milioni, bonus facili compresi.

Levy: meglio accontentarlo - Fama simile, di bottega cara, hanno pure alcuni club stranieri. Tremendamente complicato, per esempio, trattare con Daniel Levy, temutissimo presidente del Tottenham. Si è scontrato con lui Beppe Marotta, che sperava nello sconto per portare a gennaio Eriksen all'Inter. Visto che il danese, in scadenza a giugno, aveva già firmato per i nerazzurri per la prossima stagione, il dirigente ex Juve era convinto di chiudere l'affare con una decina di milioni o magari qualche scambio di giocatori.

Invece Levy di milioni ne ha chiesti subito 20 e non ha ceduto Eriksen, utilizzato fino all'ultimo da Mourinho, finché non ha ottenuto proprio quella somma. Fece lo stesso per Modric nel 2012: nonostante il croato avesse già scelto di andare al Real Madrid e si fosse impuntato per realizzare il suo sogno (con annesse liti e polemiche), il Tottenham ha dato l'ok solo quando ha ricevuto l'assegno preteso, da 42 milioni di euro.

Non parlate a De Laurentiis di Jean-Michel Aulas, presidente del Lione dal 1987. Anche lui è un tipo da “prendere o lasciare”. Nel 2016 il Napoli era convinto di avercela fatta a portare il corteggiatissimo Tolisso in azzurro, la proposta da 20 milioni sembrava sufficiente, invece non ci fu nulla da fare: Aulas tenne duro per mesi e il mediano restò a Lione, per la delusione del giocatore e dei tifosi napoletani.

D'altronde De Laurentiis fece lo stesso nel gennaio 2019 con il Psg che voleva a tutti i costi Allan: ogni volta che la dirigenza parigina si decideva ad accettare la richiesta del Napoli, il presidente alzava il prezzo. O trovava qualche dettaglio che non lo convinceva. Finché i francesi non mollarono, per la disperazione del centrocampista brasiliano che aveva la valigia pronta.

Gioielleria dell'Alta Francia - In Francia, la gioielleria più cara è considerata quella del Lille, tra le più costose d'Europa. Basta analizzare l'ultimo mercato estivo: creando un'asta strategica tra Napoli e Arsenal, il Lille del presidente Gerard Lopez è riuscito a incassare qualcosa come 80 milioni dalla cessione dell'attaccante Pepé ai Gunners, acquisto più costoso nella storia del club londinese. Una cifra enorme per un giocatore che aveva - ha - ancora molto da dimostrare (e infatti per ora è un flop).

In tutto, le cessioni dell'estate 2019 hanno fruttato al Lille ben 143 milioni. Compresi i circa 28 pagati dal Milan per Leao, talento che ancora non riesce a esplodere in rossonero. E il Lione ne ha dovuti sborsare 22 per il mediano Thiago Mendes. Prendere o lasciare, la regola è quella. Sono gioiellerie di calcio di successo, e allora il cliente paga. Spesso senza neanche guardare il prezzo.

*La foto di apertura dell'articolo è di Antonio Calanni (AP Photo).

February 21, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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Tutti i record del Liverpool!

Una stagione da record. Complicato dire altrimenti per descrivere la Premier League 2019/20 del Liverpool di Jurgen Klopp. I campioni d’Europa dovranno faticare per qualificarsi contro l'Atletico Madrid (anche se sanno bene come si rimonta nella "realtà virtuale" di Anfield dopo una sconfitta esterna), ma quando si tratta di giocare in campionato, in questa stagione, non ce n’è per nessuno.

Nel vero senso della parola. 26 partite giocate, 25 vittorie e un pareggio. Di sconfitte, neanche l’ombra. L’unica squadra in grado di frenare la corsa dei Reds è stato il Manchester United di Solskjaer, che per poco non fa il colpaccio con Rashford, prima di essere raggiunto dal pareggio di Lallana al minuto 85.


Con numeri del genere, non c’è tanto da chiedersi se i Reds vinceranno il campionato, ma piuttosto bisognerebbe capire… quando lo faranno! E con un paio di conti, si può cercare di stabilire una data possibile. Si parte dal vantaggio attuale, 22 punti nei confronti del Manchester City, con 12 partite ancora da giocare. In ballo c’è ancora il secondo scontro diretto con i rivali più vicini, che però, a differenza delle regole della nostra serie A, non è determinante in caso (assai improbabile) di arrivo a pari punti.

Quando festeggeranno? - Continuando con questo andazzo (e persino considerando l’ipotesi che nel frattempo anche il City le vinca tutte), i Reds diventerebbero irraggiungibili a 7 partite dalla fine, cioè al termine della trentunesima giornata, quindi il 21 marzo ad Anfield contro il Crystal Palace. E per uno strano scherzo del destino, la prima squadra a incontrare il Liverpool già campione sarebbe proprio... il City a inizio aprile!

Il Manchester City, mai realmente competitivo in premier nella stagione!


Una situazione simile permetterebbe ai Reds di aggiudicarsi non solo la Premier, ma anche un primato importante: quello del titolo vinto con maggior anticipo. Nella storia della Premier League non è infatti mai accaduto che qualcuno vincesse il campionato prima di metà aprile. Al momento, il trionfo più rapido è quello del Manchester United nella stagione 2000/01, con i Red Devils che hanno avuto la certezza matematica di sollevare il trofeo il 14 aprile.

E anche, spostando il termine di paragone ad i turni di campionato e non al periodo dell'anno, volendo basarsi, quindi, sulle giornate rimanenti, il record è assolutamente alla portata della squadra di Klopp. Il primato attuale è sempre dello United 2000/01, condiviso con il City 2017/18: entrambe le squadre di Manchester hanno vinto il titolo con cinque giornate d’anticipo, ma Van Dijk e compagni potrebbero stracciarle…


Totale punti e numero di vittorie - Così come rischia grosso il record di punti conquistati in una sola stagione. I 100 punti del City di Guardiola non sono irraggiungibili, così come il distacco finale rifilato quell’anno alla seconda: 19 punti, un altro primato della Premier League che potrebbe benissimo crollare sotto i colpi della corazzata di Klopp. In caso di percorso netto ad Anfield, il Liverpool supererebbe ben due record: quello di vittorie casalinghe in un solo campionato e quello di punti tra le mura amiche.

A detenere entrambi sono il Chelsea 2005/06, lo United 2010/11 e il City 2011/12. Per tutte e tre 18 vittorie e un pareggio, per un totale di 55 punti casalinghi, mentre i Reds puntano a quota 57. I primati di punti e vittorie in trasferta invece sono del solito City 2017/18, che ha ottenuto 16 successi esterni e 50 punti. Continuando così, il Liverpool può fare 18 vittorie e 55 punti.


Per eguagliare il record di vittorie stagionali, stabilito per ben due volte di fila dal City (2017/18 e 2018/19), il Liverpool deve arrivare a 32. Non così improbabile, anzi…Per le sconfitte stagionali, invece, al massimo potrà esserci un primato in coabitazione, perché è già accaduto nella storia della Premier che qualcuno terminasse il campionato senza mai perdere: gli Invincibili dell’Arsenal 2003/04, del resto, si chiamano così per un motivo ben preciso!

Record casalinghi - Vincendo la prossima partita ad Anfield, quella contro il West Ham, i Reds si aggiudicherebbero poi un altro record, quello delle vittorie casalinghe consecutive. Al momento il primato è condiviso con il City 2011/12, capace di vincere per 20 volte di fila tra le mura amiche. Battendo gli Hammers, Klopp e i suoi se lo prenderebbero in solitaria. Serve invece vincere anche la partita successiva, quella con il Watford, per aggiudicarsi anche il primato di vittorie consecutive nella storia della Premier. Il City di Guardiola è fermo a 18 ed è a rischio aggancio e sorpasso.

Per colpa dello United, il Liverpool deve invece ancora vincere 4 partite fuori casa per battere il primato di vittorie esterne consecutive, fermo a 11 e stabilito dal Chelsea nel 2008 e dal City nel 2017. E, tanto per non farsi mancare nulla, vincendole tutte la squadra di Klopp stabilirebbe anche il record di vittorie consecutive fino al finale di stagione, considerando che ne avrebbe portate a casa addirittura 28.

Si può chiudere con i gol. I Reds non hanno il miglior attacco (61 contro i 67 del City), ma se dovessero mettere la quinta dovrebbero farne 106 per raggiungere il record, neanche a dirlo, dei Citizens 2017/18. Difficile, se non impossibile, eguagliare il record della miglior difesa di sempre della Premier, quella del primo Chelsea di Mourinho (2004/05). All’epoca i Blues subirono 15 gol, gli stessi già presi dai Reds, che a questo punto dovrebbero concludere il torneo senza più lasciarsi segnare un gol.

Più semplice provare ad eguagliare l’Arsenal 2000/01, che ha concluso la Premier League segnando ogni partita. Uno dei tanti primati alla portata di un Liverpool che definire da record…è davvero poco.

*La foto di apertura è di Jon Super (AP Photo); la seconda di Rui Vieira (AP Photo).

February 21, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Empoli e Cremonese, per cambiare passo!

Serie B: dopo due terzi di campionato è giunto il momento di analizzare non solo le belle sorprese, bensì anche i flop clamorosi, che hanno lasciato l'amaro in bocca ai tifosi, convinti di poter assistere a tutt'altro tipo di stagione. Anche quest'anno, infatti, c'è stato chi, come al solito, ha sperperato denaro inseguendo col fiatone un traguardo che sembra costantemente sfuggire di mano. Abbiamo selezionato 4 flop inequivocabili, un paio ancora controvertibili: andiamoli ad analizzare...

1. Livorno - Una stagione ormai compromessa, con un'àncora ben piantata sul fondo della graduatoria. Pur avendo partendo a inizio campionato con la quinta rosa più valorosa del torneo (19,5 milioni di euro secondo i dati Transfermarkt), gli amaranto annaspano in ultima posizione, a distanza siderale dal diciassettesimo posto (il primo buono, dal basso, per l'aggancio alla zona playout) occupato dalla Cremonese, altra grande delusione di questa stagione. Marco Breda è stato rimpiazzato dall'ex tecnico dell'Apoel Nicosia, Paolo Tramezzani.

Un'esperienza anch'essa disastrosa, tanto da aver indotto patron Spinelli (peraltro aspramente criticato anche dal sindaco di Livorno, Luca Salvetti) a ritornare sui suoi passi. Una rosa costruita alla rinfusa, con troppe scommesse (coi vari Bogdan, Boben, Delly Marie-Sainte, Seck, Awua, Murilo...) e ben poche certezze.

2. Cremonese - Prima parte di stagione a strapiombo. Non esistono altre definizioni quando si punta alla promozione diretta in Serie A e ci si ritrova, a due terzi della stagione, al quartultimo posto, in piena zona retrocessione.

La doppia sostituzione in panchina, con Marco Baroni al posto di Massimo Rastelli, tornato, poi, al termine del girone di andata sulla panchina dei lombardi, sembra non aver portato risposte sostanziali: i grandi nomi Michael Agazzi, Antonio Caracciolo, Claiton, Emanuele Terranova, Francesco Renzetti, Francesco Migliore, Luca Valzania, Danilo Soddimo, Antonio Piccolo, Fabio Ceravolo e Daniel Ciofani, la maggior parte dei quali con importanti trascorsi nella massima serie, sembra una collezione di figurine incompatibili tra loro.

Le speranze, possono albergare nei nuovi arrivi, come il prestito dal Napoli del giovane centrocampista classe 2000 Gianluca Gaetano, in rete nella roboante (per quanto scontata) vittoria per 5-0 contro il Trapani penultimo.

3. Perugia - Anche in questo caso, i sogni di grandeur sono rimasti tali. Almeno per il momento. Una zona playoff a "pelo d'acqua" a 33 punti nonostante i gol - a raffica - di "re" Pietro Iemmello, capocannoniere della Serie B. Col nuovo anno, l'esonero di Massimo Oddo e il romantico ritorno di Serse Cosmi, tutto sembrava proiettato in direzione entusiasmo. Ma i risultati del "Grifo" continuano a balbettare. Un esempio? Le due sconfitte consecutive contro Ascoli e Frosinone. 

4. Empoli - Per distacco, il girone di andata dell'Empoli è stato il più deludente. Nonostante le cessioni faraoniche (dopo la dolorosa ed ingiusta retrocessione patita nell'ultima giornata di Serie A a San Siro contro l'Inter con il momentaneo pari che aveva sospeso il gioco live delle scommesse calcio) di Ismaël Bennacer e Rade Krunic (al Milan), Francesco Caputo (al Sassuolo), Giovanni Di Lorenzo (al Napoli), che hanno portato nelle casse del club toscano la bellezza di 40 milioni di euro e la possibilità di costruire una corazzata senza rivali.

Gli azzurri - che hanno pure visto la doppia staffetta Bucchi-Muzzi-Marino alla guida tecnica - si sono affacciati alla cadetteria con l'organico di maggior valore di tutto il campionato, 32,68 milioni di euro ed hanno il dovere di inanellare ulteriori vittorie consecutive, siamo a 3, raggiungere il miglior piazzamento possibile in ottica playoff, dopo una catastrofica prima parte di stagione!

*La foto di apertura dell'articolo è di Marco Vasini (AP Photo).

February 19, 2020
Stefano Fonsato
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Stefano collabora da anni come giornalista freelance per il portale web di Eurosport Italia, per il quotidiano La Stampa e con la casa editrice NuiNui per la quale è stato coautore dei libri "I 100 momenti magici del calcio" e "I 100 momenti magici delle Olimpiadi".

E' amante delle storie, dei reportage e del giornalismo documentaristico, ma il suo "pallino" resta, su tutti, il calcio d'Oltremanica.

 

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Tutti i top ten del tennis italiano, aspettando Sinner


Di Jannick Sinner, nonostante abbia solo 18 anni, si è già scritto molto: il fulvo altoatesino ha qualità tecniche, fisiche e mentali che lasciano facilmente prevedere per lui un futuro prossimo tra i primi dieci del tennis mondiale. 

Sul blog di 888sport.it abbiamo ripercorso le carriere di 8 campioni che, in campo maschile e femminile, hanno già portato l’Italia nei top ten, dalla nascita dell’era open, indicando il personale best ranking, fino a questo momento.


Adriano Panatta: n.4 il 24 agosto 1976 - Nato a Roma nel 1950, Adriano Panatta si contende con Nicola Pietrangeli lo scettro virtuale di più grande tennista italiano di tutti i tempi. Ha vinto 10 tornei ATP su 26 finali disputate in singolare e 18 su 28 in doppio. Il 1976 è il suo anno d’oro: realizza l’incredibile doppietta agli Internazionali d’Italia di Roma e al Roland Garros di Parigi, conquistando poi a Santiago del Cile la prima (e unica) Coppa Davis della storia del tennis azzurro, scalando la classifica mondiale fino al quarto posto.

Corrado Barazzutti: n.7 il 21 agosto 1978 - Dall’introduzione del computer nella redazione delle classifiche nel 1968, Barazzutti ha il secondo best ranking dopo Panatta (con Berettini che potrebbe presto raggiungerlo o superarlo), ma non ha mai vinto un torneo del Grande Slam, ottenendo come miglior risultato le semifinali agli US Open e al Roland Garros.

Insieme a Panatta e a Berrettini è uno dei tre italiani che si sono qualificati alle finali Masters. È stato tra i protagonisti della più bella nazionale di tennis di tutti i tempi, capace di conquistare una Davis nel 1976 e di disputare altre tre finali.

Fabio Fognini: n.9 il 15 luglio 2019 - Attuale numero 11 del mondo, Fabio Fognini ha il primato, in campo maschile, di essere l'unico azzurro ad aver fatto parte della top ten sia in singolare che in doppio. Il suo miglior risultato nei tornei ATP è stato il successo al Masters 1000 di Montecarlo nel 2019, mentre nello Slam ha raggiunto i quarti di finale a Parigi nel 2011. Nel 2015, in coppia con Simone Bolelli, conquista il torneo di doppio agli Australian Open, unico successo di una coppia italiana in un torneo del Grande Slam nell’era open.

Matteo Berrettini: n.8 il 4 novembre 2019 - Uno dei talenti più limpidi e precoci espressi dal tennis italiano, Matteo Berrettini irrompe tra i primi dieci del ranking mondiale il 28 ottobre 2019 all’età di 23 anni e 6 mesi, solamente cinque mesi in più di Adriano Panatta. Nella scorsa stagione, quella dell’esplosione, ha conquistato tre titoli in singolare e due in doppio, ottenendo anche l’unico successo italiano in un torneo sull’erba. Conquista la semifinale agli US Open e diventa l’unico italiano a vincere un incontro al Masters.

Francesca Schiavone: n.4 il 31 gennaio 2011 - La sua vittoria al Roland Garros 2010 è il punto più alto raggiunto dal tennis azzurro in assoluto, alla pari con il successo sullo stesso campo parigino di Adriano Panatta, parlando di era open. Francesca Schiavone ha raggiunto il numero 4 nel ranking WTA a gennaio 2011 ed è l’unica italiana ad aver disputato due finali del Grande Slam, in entrambi i casi a Parigi.

Una curiosità ripresa anche dai siti specializzati di tennis: è l’ultima atleta ad essersi aggiudicata un torneo dello Slam utilizzando il rovescio a una mano.

Flavia Pennetta: n.6 il 28 settembre 2015 - A 33 anni si è aggiudicata gli US Open 2015, in una storica finale tutta italiana contro Roberta Vinci, diventando la seconda tennista più anziana ad aggiudicarsi un torneo dello Slam. Dopo il successo a Flushing Meadows, raggiunge la sesta posizione in classifica: in precedenza era stata la prima tennista italiana a entrare tra le prime dieci del mondo. 

Sara Errani: n.5 il 20 maggio 2013 - Con ben 36 titoli conquistati, 9 in singolare e 27 in doppio, è la tennista italiana più vincente di tutti i tempi. Nel 2012 raggiunge la finale al Roland Garros e la semifinale agli US Open; a maggio 2013 raggiunge la posizione numero 5 nel ranking WTA, dopo essere stata numero uno del mondo in doppio. Ha vinto tre volte la Fed Cup con l’Italia nel 2009, 2010 e 2013

Roberta Vinci: n.7 il 9 aprile 2016 - Con Flavia Pennetta condivide il record italiano di Fed Cup vinte, con ben quattro successi. Roberta Vinci è la prima e, finora, unica tennista italiana ad essersi aggiudicata almeno un torneo su tutte le superfici di gioco; in singolare si spine fino alla posizione numero 7 del ranking, ma è in doppio che compie il suo capolavoro, con il primo posto in classifica e il completamento, insieme a Sara Errani, del Carreer Grand Slam.

*La foto di apertura dell'articolo è di Adam Hunger (AP Photo).

February 19, 2020
Emanuele Giulianelli
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Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.


I suoi articoli di calcio internazionale e geopolitica sono stati pubblicati, tra gli altri, su FIFA Weekly, il magazine ufficiale della federazione internazionale, su The Guardian, The Independent e su Eurasianet. Ha lavorato come corrispondente sportivo dall’Italia per Reuters.


Ha pubblicato tre libri, l'ultimo dei quali, "Qarabag. La squadra senza città alla conquista dell'Europa" edito da Ultra Sport, è uscito nel 2018.
 

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Quei nababbi degli allenatori!

C'è chi dice incidano solo per il 20% sul rendimento e quindi le fortune di una squadra. Chi invece sale al 50% e chi, addirittura, è convinto che il loro lavoro sia decisivo per il 70%. Di sicuro gli allenatori hanno un potere mediatico che non accenna a diminuire.

Giornali e tv si occupano più di loro che dei campioni, ne raccontano manie e moduli, cercano di anticiparne scelte e destinazioni. Una volta non era così. Contava, anche mediaticamente, il calciatore con le sue prodezze, con i suoi errori. Adesso al centro del palcoscenico c'è lui, il direttore d'orchestra.

Non a caso, sempre più spesso viene definito “guru”. Perché l'allenatore, oggi, deve occuparsi di mille aspetti diversi, molto più che in passato: studia tattica e avversari, certo, ma soprattutto lavora sulla testa dei suoi uomini. È un esperto di psicologia, ormai, non a caso spesso si rivolge a un mental coach. Per aiutare se stesso e imparare a capire meglio i suoi calciatori.

La teoria... del Professore - Più potere mediatico, più oneri e quindi decisamente più onori. Tradotto in termini economici, i migliori tecnici guadagnano cifre faraoniche, talvolta anche senza... lavorare! Va sempre più di moda la teoria secondo cui il professore deve avere un ingaggio superiore agli allievi, una regola per potersi imporre con maggiore autorità sullo spogliatoio. Certo non può essere il caso di Sarri rispetto a Cristiano Ronaldo e Setién nei confronti di Messi, ma nei top club di solito funziona proprio in quel modo.

Il regime fiscale varia da paese a paese, parleremo solo di cifre nette. Il primo esempio significativo è l'Atletico Madrid, che considera l'allenatore il vero “top player” della squadra: non a caso, il Cholo Simeone è il tecnico di calcio più pagato al mondo con i suoi 3,6 milioni al mese, addirittura 43 all'anno. Solo Messi, a quota 50, guadagna più di lui nel dorato circo del pallone.

E poi ci si chiede perché, nonostante il corteggiamento insistente di altri top club, l'allenatore argentino continui la sua avventura all'Atletico: senso di appartenenza, certo, ma anche un trattamento economico di altissimo profilo. Da record, appunto.

Vitolo, in azione in Champions nello scacchiere del Cholo!

 

Al secondo posto, dopo il Cholo, c'è Pep Guardiola, che di milioni al mese ne guadagna 1,94, quindi 23 a stagione. Dopo la decisione dell'Uefa di escludere il suo City dalle Coppe, è grande l'attesa per capire cosa sceglierà per il futuro: l'orgoglio lo convincerà a restare e battersi al fianco del club per evitare quella che i dirigenti catalani del City ritengono un'ingiustizia, oppure chiuderà il suo ciclo al Manchester per intraprendere altre avventure, magari in Italia?

Mou e Klopp praticamente appaiati - Sul gradino più basso del podio, quello che una volta era il grande nemico di Guardiola, ovvero Josè Mourinho (ma adesso hanno fatto pace, assicurano, e si mandano perfino messaggini): il Tottenham gli garantisce 1,46 milioni al mese, quasi 18 all'anno. Il conto in banca del portoghese, che ovunque ha ottenuto ingaggi super, dall'Inter di Moratti e il Real Madrid di Florentino Perez fino allo United, è da tempo a livelli stellari. Ma a far presa sui giocatori resta comunque il suo carisma unico, al di là dell'aspetto economico.

Mou deve dividere il terzo posto con quel fenomeno di Jurgen Klopp, arrivato anche lui a 18 milioni annui grazie al rinnovo dello scorso dicembre: il tecnico del Liverpool ha firmato fino al 2024, ma solo dopo aver avuto la garanzia che anche i suoi fidatissimi amici dello staff avrebbero continuato la loro avventura nel club campione d'Europa, e con adeguato trattamento in busta paga.

Che compensi in Cina - Quinto in classifica è una sorpresa: Rafa Benitez, che ha scelto la Cina attratto dall'ingaggio monstre offerto dal Dalian Yifang: 13,5 milioni netti a stagione. Subito dopo c'è Fabio Cannavaro, che guida il Guangzhou Evergrande alla modica cifra di 12 milioni annui. Stessa cifra percepita da un mostro sacro come Zinedine Zidane, il guru del Real Madrid, che arriva però facilmente a 20 grazie a bonus e sponsor.

Alle spalle di Zizou troviamo il primo italiano in classifica, Antonio Conte, il nababbo della Serie A con i suoi 10 milioni netti più 2 di bonus garantiti dall'Inter, . Ma per convincerlo, Beppe Marotta gli ha dovuto promettere l'acquisto di Lukaku, vanamente inseguito da Conte ai tempi del Chelsea: con 65 milioni più 10 di bonus versati allo United, l'Inter ha accontentato il suo (esigente) tecnico portando a Milano il centravanti belga, quotato @19 come capocannoniere per le scommesse Serie A

A quota 9 milioni c'è Tuchel del Psg: ma c'è chi, pur di allenare fenomeni come Mbappé e Neymar, lo farebbe gratis.

*L'immagine di apertura dell'articolo è di Matt Dunham (AP Photo); la seconda di Martin Meissner (AP Photo.)

February 19, 2020
Giulio
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Giulio è nato giornalista sportivo, anche se di professione lo fa “solo” da 30 anni. Dal 1997 è l'esperto di calciomercato del quotidiano La Repubblica.

Dal '90 segue (senza annoiarsi mai) le vicende della Lazio: collabora anche con Radiosei e dirige il sito Sololalazio.it. Calcio e giornalismo sono le sue grandi passioni. L'unico rimpianto che lo tormenta è aver smesso di dare spettacolo sui campi di calcetto.

 

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Quante sfide a 3 in A e Premier!

Punto a punto, partita dopo partita. Di campionati combattuti ce ne sono molti, ma nella maggior parte dei casi sono solo due le squadre a contendersi la vittoria. La Serie A 2019/20, almeno a giudicare dalle ultime settimane, rischia di essere una benvenuta eccezione. Dopo anni di dominio bianconero, con al massimo il Napoli a tentare di infastidire la Signora, Lazio e Inter sembrano davvero in grado di lottare fino all’ultima partita.

Una situazione che il nostro campionato non vive da parecchio e che nelle ultime due occasioni ha visto la Juventus vincitrice e la Lazio grande protagonista! 


Il 5 maggio - Il caso più recente è quello forse più celebre degli ultimi decenni. 5 maggio 2002. All’ultima giornata ci sono addirittura tre squadre in grado di vincere il campionato. La prima in classifica, con 69 punti, è l’Inter di Cuper, che sfida all’Olimpico la Lazio, che non si gioca nulla, con gli attaccanti argentini già in vacanza. Dietro c’è la Juventus, che con i suoi 68 punti se la vede con l’Udinese al Friuli. E poi, a 67, la Roma, che deve sperare che le avversarie inciampino e battere il Torino.

A Udine il match si incanala subito con la Juventus in vantaggio di due gol in pochi minuti, la Roma passa in vantaggio a Torino prima dell’intervallo, ma tutti gli occhi sono sull’Olimpico. L’Inter va avanti e poi crolla, in una delle partite indimenticabili della storia della Serie A. Finisce 4-2 per la Lazio e i nerazzurri, primi a novanta minuti dalla fine, arrivano terzi, mentre la Juventus festeggia un titolo forse a quel punto insperato.


La fatal Verona - Quasi le stesse protagoniste in un altro campionato storico, quello 1972/73. Per tutto il torneo sono Milan, Juventus e Lazio a scambiarsi le posizioni di testa, con i biancocelesti che sembrano poter portare a casa lo Scudetto, ma perdono terreno nelle ultime giornate. A novanta minuti dalla fine, comunque, tutte e tre possono vincere il campionato. Primo il Milan a 44 punti, Juventus e Lazio seguono a 43. I rossoneri se la vedono con il Verona, ed è lì che nasce il mito della “fatale” città scaligera. Finisce 5-3 per i gialloblù, il che fa tornare tutto in ballo.

All’intervallo a Roma la Juventus sta perdendo contro i giallorossi, mentre la Lazio pareggia al San Paolo con il Napoli. Ma negli ultimi 45 giri di lancette, tutto cambia. La Juventus pareggia e per un attimo c’è il rischio di uno spareggio a tre. Poi Cuccureddu porta avanti i bianconeri a tre minuti dalla fine e la Lazio subisce l’1-0 del Napoli. Classifica finale, Juventus 45, Milan 44, Lazio 43.

La Juventus è ancora favorita per le scommesse Serie A!


In Liga - I finali combattuti a tre squadre però non sono una caratteristica solo della Serie A. La Liga, per esempio, sarà anche monotona quando si parla delle tre squadre più vincenti (Real, Atletico, Barcellona), ma regala anche stagioni in cui l’incertezza regna fino alla fine. Di recente il Barça ha vinto il campionato 2015/16 all’ultima partita, sudandosela parecchio.

A due giornate dalla fine, blaugrana e colchoneros sono appaiati a 85 punti e il Real insegue a 84. Poi però l’Atletico inciampa e all’ultima partita può solo sperare in un suicidio collettivo di entrambe. Non succederà e il campionato lo portano a casa i catalani con 91 punti, davanti al Real a 90 e all’Atletico a 88.


Lotte a tra abbastanza frequenti invece in Premier League. Nella stagione 2013/14 ci pensano Manchester City, Liverpool e Chelsea a tenere tutti con il fiato sospeso. Ridono i Citizens, si divertono meno i Reds, che prima scivolano (è il caso di dirlo) con il Chelsea e poi si fanno rimontare un 3-0 dal Crystal Palace. Finale convulso anche nel 2008. La vittoria del campionato che regala il double allo United di Cristiano Ronaldo arriva con un sorpasso al Chelsea all’ultima giornata, con l’Arsenal in agguato.

Finale... a 4 - Nulla però batte la First Division 1971/72, che non termina tutta assieme per i classici problemi dei calendari di Sua Maestà. Il City vince la sua ultima partita e va in testa a 57, ma Liverpool, Derby e Leeds hanno tutte due partite da giocare. I Reds vanno a 56 anche loro battendo i Rams, che però vincono la loro ultima sfida e vanno a 58. Mancano solo Liverpool-Arsenal e Leeds-Wolves.

Ai bianchi di Revie basta un pareggio, ma perdono rovinosamente al Moulineux. Alla squadra di Shankly serve una vittoria per vincere il campionato per gli scontri diretti, ma contro i Gunners arriva solo un pareggio. Classifica finale, Derby County campione (e già in albergo a Marbella) a 58 punti, Leeds, Liverpool e City dietro a 57.


Meno pathos in Germania e Francia dove è quasi sempre una lotta a due. C’è però qualche eccezione. Il campionato 2001/02 resta storico perché il Bayer Leverkusen regala il titolo al Borussia Dortmund gettando via un vantaggio importante nelle ultime giornate. Ma a novanta minuti dalla fine, sia i gialloneri che le aspirine devono comunque guardarsi dal Bayern, che aspetta un crollo di entrambe. Vincono tutte e tre e la classifica recita Borussia 70, Bayer 69, Bayern 68.

Anche la prima Bundesliga dopo la riunificazione, quella 1991/92, regala una lotta a tre e un crollo all’ultimo momento. Eintracht Francoforte, Borussia Dortmund e Stoccarda sono tutte a 50 punti. All’Eintrach basta vincere per trionfare per differenza reti, ma i renani inciampano contro l’Hansa Rostock, che retrocede comunque. Ne approfitta lo Stoccarda, che arriva primo a quota 52 con il Borussia, ma alza il Meisterschale per differenza gol.

In Francia per trovare un vero…triello bisogna invece arrivare addirittura alla stagione 1978/79. Lo Strasburgo vince rimanendo in vetta quasi sempre, ma Nantes e Saint-Etienne danno agli alsaziani filo da torcere fino all’ultima giornata.


Dunque, di arrivi convulsi a tre ce ne sono stati parecchi. E chissà che anche il campionato 2019/20 non si unisca alla lista: segui il finale di stagione anche con le scommesse Serie A di 888sport!…

*La foto di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo).

February 19, 2020
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Il campionato italiano soffre di... saudade!


In principio fu la Lazio, che arrivò a imbarcare otto calciatori sul piroscafo Conte Verde. Erano gli anni ’30, era la “Brasilazio”. Da quasi un secolo, il Brasile è considerato - a ragione - la patria del calcio, ma l’appeal dei calciatori brasiliani, nel corso degli ultimi anni, si è perso. Il potere economico dei club italiani è diminuito drasticamente, le prime scelte preferiscono sposare altri sodalizi e altri progetti, gli anni d’oro della Serie A appartiene al passato.

“Zico o Austria!”, recitava uno striscione esposto a Udine nell’estate del 1983. Era il periodo più florido del nostro campionato che già aveva avuto modo di conoscere fiori di campioni negli anni ’60 con Altafini, Amarildo, Sormani, Jair, Julinho.

Mercato chiuso... mercato aperto - La chiusura delle frontiere dopo l’umiliazione rimediata dalla Corea del Nord ai Mondiali inglesi del 1966, impedì ai club italiani di “saccheggiare” il calcio brasiliano: costretti a sognare - ma non a ingaggiare - Pelè e Garrincha, i presidenti italiani si scatenarono negli anni ’80, alla riapertura delle frontiere con gli acquisti di Falcao, Zico, Junior, Edinho, Dunga e Cerezo.

Da quel momento in poi i calciatori vennero considerati uno status symbol da parte dei club, pronti a investire cifre esorbitanti, ricambiati da prestazioni da top player. Rare le eccezioni, come l’anarchico Socrates, o il viveur Joao Batista, protagonista sulle piste da ballo della Capitale piuttosto che sul terreno di gioco.

Gli anni ’90 continuarono sulla stessa lunghezza d’onda, l’arrivo del portiere Taffarel a Parma fu un “atto rivoluzionario”, l’ingaggio di Aldair, Cafù e Roberto Carlos da parte di Roma e Inter furono la certificazione della crescita del calcio brasiliano, anche nei ruoli difensivi.

Il Fenomeno vero - Il momento più alto, senza dubbio, fu l’acquisto di Luis Nazario da Lima, ovvero Ronaldo da parte dell’Inter. Il club di Moratti scatenò un’asta con la Lazio, riuscendo a spuntarla grazie al pesante intervento dello sponsor Pirelli. Fu quello il punto di non ritorno, il momento in cui anche le squadre spagnole (Barcellona e Real Madrid su tutte) iniziarono a investire pesantemente in Brasile.

Ma con l’avvento degli anni 2000, il calciatore brasiliano ha via via perso quota nel campionato italiano; Maicon, Pato e Kakà, possono essere considerati gli ultimi campioni di spicco prima dell’inizio del declino della bandiera verde-oro, almeno nei ruoli offensivi; estinta la figura apicale del numero dieci, i brasiliani sono stati protagonisti in ruoli differenti, ma i calciatori sudamericani hanno perso quella centralità del progetto calcistico delle squadre italiane che avevano avuto nei tre decenni precedenti.

L’ultimo fuoriclasse, e può apparire un paradosso, è stato il portiere della Roma Alisson, passato due stagioni fa al Liverpool.

E’ lontano il tempo in cui le società italiane costruivano le proprie squadre intorno ai fuoriclasse brasiliani; il mercato è diventato sempre più aggressivo, le quotazioni dei giocatori sono schizzate alle stelle, e bastano già poche presenze nel Brasilerão per ottenere una valutazione di decine di milioni di euro, ed è così che i club italiani si stanno allontanando sempre più da quel mondo che un tempo sembrava dorato; oggi sono pochi i giocatori brasiliani protagonisti della Serie A, e nessuno - di fatto - ha un ruolo apicale all’interno delle loro stesse squadre.

Pochi e discontinui - Nella Juventus, ancora favorita per le scommesse serie A l’unico titolare inamovibile è Alex Sandro, un buon giocatore che non ha rispettato pienamente le aspettative iniziali. Douglas Costa fa la spola tra campo e panchina, e non ha mai avuto continuità nella squadra campione d’Italia. Nella Lazio seconda in classifica, Lucas Leiva è un giocatore fondamentale, ma lontano dall’essere considerato alla stregua di Milinkovic, Luis Alberto e Immobile.

La globalizzazione e il momento economico che attraversa il calcio italiano ha allontanato i migliori giocatori brasiliani dal nostro campionato; i top players sudamericani oggi scelgono la Premier League, la Liga spagnola, fin anche il campionato russo o cinese andando a caccia di facili guadagni.

Guardando la rosa della Nazionale brasiliana, soltanto tre giocatori giocano in Italia; Alex Sandro e Danilo della Juventus, e Paquetà del Milan che in rossonero viene spesso relegato in panchina. Il resto del gruppo della Seleçao gioca in Inghilterra e Spagna, paesi che calcisticamente - negli ultimi anni - hanno preso il largo a livello finanziario rispetto a Italia, Germania e Francia ed in serie A il miglior brasiliano per rendimento è Joao Pedro!

Ma anche i giocatori brasiliani hanno perso la loro valenza: il PSG di Neymar, Thiago Silva e Marquinhos domina in Francia, ma in Champions League, per il momento, non è andato mai oltre i quarti di finale. Del resto, anche la Nazionale, nelle ultime quattro edizioni dei Mondiali in tre occasioni si è fermata ai quarti, mentre nel Campionato del Mondo del 2014 giocato in casa, la sconfitta in semifinale per 7-1 contro la Germania ha segnato la fine di un’epoca.

Segui il girone di ritorno con le scommesse serie A di 888sport!

*La foto di apertura dell'articolo è di Antonio Calanni (AP Photo).

February 18, 2020
simone pieretti
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Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.

 

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