Da DinoMito alla Osaka: che fatica parlare con la stampa!

Silenzio stampa. Più facile a dirsi che a farsi. Parlare con i media, e non solo quelli stampati, come invece suggerirebbe la locuzione, fa parte dei doveri degli atleti, che spesso e volentieri vengono multati se non prendono parte alle conferenze previste durante le competizioni.

La UEFA, tanto per fare un esempio, multa i club che non mandano l’allenatore (o almeno un membro dello staff) e un calciatore alle conferenze prepartita, così come è necessaria la presenza del tecnico a quelle dopo il match. Un qualcosa che avviene anche in altri sport, sia di squadra che individuali, sottolineando quanto per i media sia fondamentale il confronto con gli atleti. Ma a volte sono proprio i protagonisti che, per un motivo o per l’altro, con la stampa proprio non ci vogliono parlare.

In Spagna parla solo Dino

Scintille tra Conte e Allegri

L'ansia di Naomi Osaka

Irving pessimo affare per i Nets

Il famoso yeah di Lynch

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In Spagna parla solo Dino

L’esempio più celebre, nonché il primo nella storia del calcio, è ovviamente quello dell’Italia campione del mondo nel 1982. La squadra di Bearzot non apprezza per nulla le punzecchiate dei giornalisti al seguito della nazionale al Mundial spagnolo e al termine del girone eliminatorio, passato con diverse difficoltà, il CT stufo delle critiche e delle ingerenze impone il silenzio stampa.

L’unico che può parlare è il capitano Dino Zoff, non esattamente l’epitome della loquacità.

Dinomito nel 2000!

Distaccarsi dal clamore mediatico fa benissimo agli Azzurri, che non solo vincono entrambe le partite del “girone della morte” contro l’Argentina di Maradona e il Brasile di Falcao e Zico, ma alla fine si laureano campioni del mondo nella notte di Madrid con il 3-1 alla Germania.

E proprio dallo splendido risultato, forse, deriva la convinzione di molti che il silenzio stampa sia in grado di fornire alle squadre quel distacco e quella concentrazione che a volte è necessario imporre quando si punta a grandi traguardi.

Scintille tra Conte e Allegri

Trent’anni dopo, è la Juventus a utilizzare il silenzio stampa, stavolta però per protesta contro presunti torti arbitrali. La Signora, dopo le stagioni post-calciopoli, è in corsa per lo scudetto contro il Milan campione in carica e nel marzo 2012 incappa in un pareggio contro il Genoa che fa scappare i rossoneri a un vantaggio di quattro punti.

Le decisioni di Rizzoli, che non concede un rigore per una trattenuta su Matri e annulla una rete a Pepe per un fuorigioco inesistente, fanno infuriare la dirigenza e Conte, che ordina il silenzio stampa, spiegando attraverso i social che le immagini parlano da sole.

Dal canto suo Allegri, all’epoca allenatore rossonero, ricorda che appena due settimane prima c’era stato il gol di Muntari non convalidato nonostante il pallone fosse entrato. Il silenzio però ricompatta davvero la Juventus, che nelle partite successive recupera lo svantaggio e centra il primo titolo della striscia, clamorosa per le quote Serie A, dei nove scudetti consecutivi.

L'ansia di Naomi Osaka

Ma la decisione di non parlare con i media per un periodo più o meno lungo può non dipendere solo da questioni strettamente sportive. È decisamente il caso di Naomi Osaka, che nel giugno 2021 decide di non parlare con i giornalisti al Roland Garros, Dopo la vittoria al primo turno la tennista non si presenta in conferenza stampa e viene multata di 15mila dollari.

Le pressioni degli organizzatori e la minaccia di squalificarla in caso di no-show alla conferenza successiva portano la campionessa giapponese a una decisione clamorosa: il ritiro dal torneo di Parigi, spiegando che dover parlare per forza con la stampa le causa enormi problemi di ansia.

Una dichiarazione pesante ma condivisa da molti atleti, come il golfista Rory McIlroy, che nei giorni seguenti decidono di seguire l’esempio della giapponese, non presenziando alle conferenze, per sottolineare come i rapporti obbligatori con i media possano essere deleteri per la salute mentale dei campioni (e non solo).

Irving pessimo affare per i Nets

Poi c’è anche il caso di chi si trova nel bel mezzo di una controversia e quindi preferisce sparire, almeno mediaticamente parlando. Esattamente come succede a Kyrie Irving, che all’inizio della stagione NBA 2020/21 decide di smettere di parlare con i giornalisti. Il cestista statunitense, reduce da una prima stagione non esaltante ai Brooklyn Nets, invece di presentarsi a una conferenza su Zoom rilascia un comunicato sui social spiegando che durante la stagione non avrebbe parlato con la stampa.

Una decisione che gli costa parecchie multe, ma non è nulla rispetto a quello che avviene nel settembre 2021. Irving, non essendo vaccinato, salta parecchie partite e anche alla conferenze si presenta, sì, ma da remoto e decidendo di non rispondere a qualsiasi domanda riguardasse la questione vaccini…

Il famoso yeah di Lynch

E non si può chiudere questa lista dei silenzi stampa più celebri con quello di Marshawn Lynch, che alla fine, un silenzio stampa vero e proprio non è stato. Nel 2015 i Seattle Seahawks arrivano al Super Bowl, poi perso contro i Patriots nonostante i favori delle scommesse live e il running back, che già durante la stagione era stato multato di 200mila dollari perché rispondeva a tutte le domande semplicemente dicendo “yeah”, è costretto a presentarsi al Media Day della partita più importante dell’anno.

Marshawn Lynch nel 2015

E la sua frase diventata celeberrima, “sono qui solo per non farmi multare”, la dice lunga sulla voglia di interagire con i giornalisti…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

August 20, 2022
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

La borsa ed il calcio: oggi va di moda il delisting

Tra i…risultati raggiunti dalla nuova proprietà della Roma, si possono annoverare certamente la Conference League vinta da favoriti per le scommesse calcio a Tirana contro il Feyenoord, il costante afflusso di pubblico in un Olimpico ormai quasi sempre sold out, l’arrivo di Josè Mourinho e di calciatori dal palmares importante come Paulo Dybala, Georginio Wijnaldum e Nemanja Matic, ma anche il delisting, ovvero l’uscita della società dalla borsa.

Il titolo giallorosso in borsa

I titoli azionari di calcio in Europa

L'obiettivo della quotazione in borsa

Perché i club optano per il delisting

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Il titolo giallorosso in borsa

L’operazione ha posto fine alla presenza giallorossa a Piazza Affari, cominciata ormai nel maggio 2000. All’epoca il club di Trigoria aveva collocato sui mercati il 29% delle sue quote, permettendo agli investitori di…sostenerlo anche a livello borsistico.

La quotazione sui mercati è stata una mossa che ha decisamente pagato a livello calcistico, considerando che proprio grazie ai capitali derivati dall’ingresso in borsa la Roma ha potuto effettuare la pazzesca campagna acquisti della stagione 2000/01 (Batistuta ed Emerson, tanto per citare due dei colpi a effetto) che ha poi portato i giallorossi al loro terzo titolo di Campioni d’Italia.

Dal lato economico, però, nel corso degli anni il titolo AS Roma ha perso gran parte del suo valore. Nel giorno della quotazione un’azione valeva 4€ e ha raggiunto il picco, oltre 5€, nel mese di aprile 2001, ovvero un paio di mesi prima che la squadra di Capello portasse a casa lo Scudetto.

Il pallone della Roma

Poi è arrivato un crollo e una stagnazione continuata quasi per un ventennio, dato che al momento dell’OPA fatta dai Friedkin il prezzo di un’azione era dieci volte inferiore a quello della quotazione iniziale.

E a dimostrare che la presenza in borsa è ormai vista da alcuni club più come un problema che come una plusvalore, c’è una certa tendenza al delisting comune a tutta Europa: nel 2009, in concomitanza con l’inizio della grande congiuntura negativa delle borse mondiali, i club quotati erano 30, ora sono quasi meno della metà.

I titoli azionari di calcio in Europa

Ma perchè i club sono entrati in borsa e perchè sempre più spesso ne vogliono uscire? Quella della quotazione sui mercati azionari non è esattamente una novità degli Anni Novanta, o almeno non lo è in Italia.

I precursori, neanche a dirlo, sono stati gli inglesi, con il Tottenham che era già presente nel London Stock Exchange dal 1983.

Kane, 250 gol con la maglia degli Spurs!

E fa riflettere il fatto che gli Spurs, opzione sempre da prendere in considerazione in Premier per le scommesse live con un potenziale offensivo del genere, che sono stati la prima squadra di calcio a essere quotata in borsa, hanno quasi subito avuto problemi economici che hanno portato poi nel 2012 alla decisione di effettuare il delisting.

In Italia, oltre alla Roma, le squadre quotate in borsa sono la Lazio (che ha aperto le danze nel 1998) e la Juventus (che ha seguito i due club romani nel dicembre 2001).

L'obiettivo della quotazione in borsa

Tra gli altri grandi club europei, quelli che sono ancora presenti sui mercati azionari sono il Borussia Dortmund (che è l’unica società tedesca a essersi quotata), il Manchester United (quotato alla borsa di New York), l’Ajax (presente ad Amsterdam dal 1998) e il Lione.

L’obiettivo primario della quotazione è sempre stato quello di raccogliere capitali da investitori terzi, ma gli onori e i vantaggi economici, oltre a non essere duraturi, portano anche parecchie difficoltà per un club, che possono spingere a decisione come quella dei capitolini di uscire da Piazza Affari. Intanto, la quotazione in borsa porta obblighi non indifferenti, che hanno a che fare con la trasparenza delle operazioni economiche.

Perché i club optano per il delisting

Un club quotato deve informare non solo i singoli azionisti, ma soprattutto gli organi di controllo, descrivendo per filo e per segno nei comunicati le cifre dei contratti, i costi dei cartellini, ma anche bonus e commissioni varie. Un problema non da poco, soprattutto in piazze (proprio come Roma) dove ogni decisione viene scrutinata dal tifo e dalla stampa fino all’eccesso.

Senza poi contare che la necessaria pubblicità delle informazioni risulta essere un vantaggio per gli avversari, che possono valutare le strategie economiche e calcistiche dei club quotati in borsa partendo da dati incontrovertibili, resi tra l’altro pubblici dalle stesse società. Insomma, un vero e proprio…autogol.

Anche dal punto di vista economico, uscire dalla borsa e tornare a essere una società privata ha i suoi benefici per un club calcistico, soprattutto quando si parla di gestione delle spese.

Non dovendo più rendere conto né agli azionisti né agli organi di controllo della borsa stessa (per evitare situazione come insider trading e aggiotaggio), eventuali aumenti di capitale decisi dalla società o operazioni straordinarie come la costruzione di stadi di proprietà risultano investimenti privati e quindi sono meno soggetti a normative stringenti, come invece accade per chi è quotato.

Dal punto di vista sportivo, questo significa possibilità di effettuare operazioni di mercato più importanti (sempre rispettando ovviamente il Fair Play Finanziario). Ed ecco perchè l’uscita dalla borsa rappresenta un fattore importante per i tifosi che, come è abbastanza giusto e normale che sia, alle questioni puramente economiche e comunicative, in fondo, si interessano davvero poco…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

August 19, 2022
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

La Ternana vuole essere protagonista in campionato

Dopo un’ottima stagione, culminata con una salvezza più che agevole, la Ternana di Cristiano Lucarelli affronta il campionato non più da neopromossa, ma da squadra più esperta, che magari potrà dire la sua e lottare per la zona playoff. Il suo tecnico, che gli appassionati di scommesse calcio, ricorderanno anche per i 24 gol realizzati in A nella stagione 2004/2005, vuole stupire ancora una volta...

Le Fere sognano una promozione in Serie A che manca ormai dagli anni Settanta, quando per due volte consecutive gli umbri hanno ottenuto il biglietto per la massima categoria, retrocedendo però subito in entrambi i casi.

Le operazioni di Stefano Bandecchi

Gli obiettivi di mercato della Ternana

Il settore giovanile e la storia delle Fere

Acquisti e cessioni record Ternana

Il bonus di benvenuto di 888sport!

Le operazioni di Stefano Bandecchi

I rossoverdi hanno operato sul mercato in primi confermando alcuni dei calciatori già presenti nella scorsa stagione di cui andavano riscattati i cartellini. È il caso dell’argentino Cesar Falletti, uno che a Terni conoscono molto bene, visto che è arrivato in Umbria nel 2013, per poi andarsene nel 2017 e tornare lo scorso anno in prestito dal Bologna, da cui è stato riscattato per 1,2 milioni.

È rimasto anche il centravanti Alfredo Donnarumma, arrivato inizialmente in prestito dal Brescia, che è stato acquistato a titolo definitivo per 800mila euro. E a proposito di prestiti, dalla Salernitana è giunto a titolo temporaneo il difensore centrale Mamadou Coulibaly, il cui prestito è costato 100mila euro ma che potrà essere riscattato (con obbligo in caso di promozione in A) per 1,3 milioni. Inoltre dal Milan si è svincolato l’esterno offensivo Gabriele Capanni, che si è accasato a Terni a titolo gratuito.

Infine, ci sono anche dei prestiti che possono essere molto utili a Lucarelli, come quello di Andrea Favilli. Il centravanti, di proprietà del Genoa, è arrivato con diritto di riscatto e controriscatto per il club ligure; per le scommesse sportive, da segnalare il gol all'esordio ad Ascoli per la punta, classe '97!

Stessa formula per Samuele Spalluto, girato in prestito dalla Fiorentina. Tra gli addii invece ci sono quelli di Ivan Kontek, Davide Incerti, Diego Peralta e persino del figlio del tecnico, ovvero Mattia Lucarelli, finito al Livorno, la…squadra di famiglia!

Gli obiettivi di mercato della Ternana

Non sono però finiti gli obiettivi delle Fere, che sono alla ricerca di un portiere e di un centrocampista. A proposito di figli d’arte, per la mediana il nome forte è quello di Dimitri Bisoli, figlio dell’ex centrocampista del Brescia, valutato circa 2 milioni dalle Rondinelle.

Tra i pali invece c’è la candidatura del croato Adrian Semper, di proprietà del Genoa, che invece ha un valore di mercato di circa 1,5 milioni. In uscita, molto probabile l’addio dell’attaccante italo-argentino Alexis Ferrante, che è vicino al trasferimento al Cesena.

Il settore giovanile e la storia delle Fere

La Ternana può comunque puntare anche su un vivaio che nel corso dei decenni ha prodotto calciatori di assoluto valore. Basterebbe pensare a Fabio Lucioni, nato a Terni e che ha cominciato in rossoverde la carriera che poi lo ha portato anche a Benevento, Lecce e Frosinone.

Per non parlare di Antonio Candreva, scovato nelle scuole calcio della Lodigiani e anche lui protagonista al Libero Liberati prima di volare tra i grandi, trovando addirittura la nazionale.

Altro elemento di spicco negli anni Novanta, Alessandro Grandoni, cresciuto alla Ternana e poi acquistato dalla Lazio. Attualmente nella rosa ci sono tre giocatori prodotti dal club: il portiere Tommaso Vitali, il difensore Federico Mazzarani e il centrocampista Antonio Palumbo.

Insomma, quando si parla della Ternana si descrive un club che magari non avrà tantissime stagioni in Serie A, ma che fa parte di quelle squadre che in un modo o nell’altro sono state protagoniste del calcio italiano e che tutte le generazioni riconoscono.

La classe di Miccoli!

I più anziani ricordano le due apparizioni nella massima serie, ma anche i grandi campionati di B a cavallo del nuovo millennio (quando in campo c’erano Miccoli, Zampagna e Frick), mentre le nuove leve hanno seguito le vicissitudini delle Fere nell’epoca Unicusano, da quando Stefano Bandecchi, proprietario dell’università online, ha preso il comando della società nel 2017.

Acquisti e cessioni record Ternana

Ma quali sono gli acquisti top della storia della Ternana? Il calciatore più pagato dalle Fere è Alberto Masi, difensore centrale acquistato dalla Juventus nel 2013 per 3,5 milioni di euro. Il secondo è una vecchia conoscenza di molte squadre di Serie A, il cileno Luis Jimenez. Il trequartista è tornato a Terni nel 2010 (dopo la prima esperienza iniziata nel 2002), con il club che lo ha pagato 3,18 milioni all’Inter.

Segue un altro sudamericano, Felipe Avenatti, che nel 2013 è stato acquistato dal River Plate, che ha ricevuto 2,5 milioni. Stessa cifra per un altro mito rossoverde, ovvero Mario Frick. Il centravanti lussemburghese è arrivato nel 2003 dal Verona. Chiude la top 5 Cristian Bucchi, arrivato…dagli acerrimi rivali del Perugia nel 2001. Per superare la barricata sono bastati 2,5 milioni di euro versati al club all’epoca di Luciano Gaucci.

La Ternana, comunque, sa vendere davvero bene. A dimostrarlo c’è il caso di Jimenez, secondo e quarto tra le cessioni più remunerative. La migliore è quella da 11 milioni all’Inter nel 2008, ma anche il prestito da 2,5 milioni alla Fiorentina nel 2006 entra nella graduatoria.

Jimenez qui con la maglia del Cesena

L’addio meglio pagato resta però quello di Corrado Grabbi, che nel 2001 vola oltremanica al Blackburn Rovers in cambio di 20 miliardi di lire, ovvero 11,36 milioni di euro. In lista c’è anche Fabrizio Miccoli, esploso a Terni e finito alla Juventus nel 2002 per 7,5 milioni di euro. Chiude la top 5 il portiere Alberto Brignoli, anche lui finito nella Torino bianconera nel 2015 per 2,35 milioni.

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

August 18, 2022
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.