Adriano Panatta, l'ambasciatore dello sport azzurro

Prima che arrivasse quell’uragano chiamato Jannik Sinner a riscrivere la storia del tennis italiano, il più vincente dell’era Open tra i nostri giocatori era certamente Adriano Panatta.

I titoli vinti da Adriano Panatta

Con i suoi 10 titoli ATP conquistati, tra cui il Roland Garros vinto nel 1976, e la Coppa Davis conquistata nello stesso anno, il tennista romano è stato a lungo il giocatore azzurro con più tornei in bacheca, l’ultimo italiano a conquistare un titolo dello Slam in campo maschile e quello che aveva raggiunto la posizione più alta nel ranking ATP.

Oggi che il talento di San Candido sta riscrivendo tutti i suoi record, compreso il numero di vittorie consecutive, 16, Panatta rimane comunque un monumento della racchetta tricolore e la sua carriera e le sue vittorie meritano di essere raccontate una volta di più, anche su questo blog di pronostici per le scommesse!

Adriano, nato a Roma nel 1950, si ritrova immediatamente catapultato nel mondo del tennis grazie a papà Ascenzio (a cui deve il soprannome giovanile di “Ascenzietto”), anima del Tennis Club Parioli.

Il talento purissimo di Panatta

I primi scambi all’età di sei anni mostrano un potenziale importante, che Panatta affina negli anni della gioventù e dell’adolescenza in diversi circoli della Capitale. L’esordio ad alti livelli arriva agli Internazionali d’Italia del 1968, a 18 anni non ancora compiuti, mentre i primi tornei Open Panatta li affronta nel 1969, ma l’anno in cui ottiene la notorietà a livello nazionale è il 1970.

In quella stagione raggiunge gli ottavi di finale agli Internazionali e al Roland Garros, oltre che la prima semifinale in carriera (a Berlino) e le prime partite di Coppa Davis con la maglia azzurra. A fine settembre arriva il passaggio di consegne con quello che all’epoca era il mito del tennis tricolore, Nicola Pietrangeli, che Panatta sconfigge in cinque set nella finale dei campionati italiani.

A Senigallia, Panatta si aggiudica il primo torneo

Nel 1971 arriva quindi il primo torneo vinto da un italiano nell’era Open, con il tennista romano che si aggiudica la vittoria sulla terra rossa di Senigallia, battendo in finale il tre volte vincitore degli Internazionali e finalista di Wimbledon Martin Mulligan.

Nello stesso anno Panatta si impone di nuovo ai campionati italiani, battendo ancora una volta in cinque set Pietrangeli. Il 1972 potrebbe essere l’anno della consacrazione del tennista capitolino, che va vicino a vittorie importanti, senza però portare a casa neanche un torneo.

Panatta arriva ai quarti di finale al Roland Garros, sconfiggendo al primo turno il campione uscente Ilie Nastase, mentre si deve arrendere in finale sia ad Amburgo che a Gstaad, dovendosi accontentare del terzo titolo italiano consecutivo, stavolta battendo il suo compagno di doppio in Coppa Davis, Paolo Bertolucci.

Che sfide tra Panatta e Nastase!

Nel 1973 le finali raggiunte sono addirittura sei, tutte sulla terra rossa e contro appena due avversari, il solito Ilie Nastase e lo spagnolo Manuel Orantes, che lo aveva già battuto ad Amburgo.

Contro l’iberico Panatta perde sia a Valencia che a Nizza, mentre di fronte al campione romeno ottiene tre sconfitte (Barcellona, Madrid e Firenze) e la vittoria a Bournemouth, per il suo secondo titolo ATP.

Nello stesso anno raggiunge anche le semifinali al Roland Garros, perdendo contro Nikola Pilic, e il numero 8 del ranking, diventando il primo azzurro a entrare nella Top 10.

Insomma, Panatta è una realtà del tennis mondiale e gli anni successivi lo confermano. Le finali raggiunte nel 1974 sono due, quella vinta a Firenze contro Bertolucci e quella persa a Bastad, in Svezia, contro il padrone di casa Bjorn Borg.

Nel 1975 il romano torna alla ribalta al Roland Garros, arrendendosi in semifinale di nuovo davanti a Borg, ma in compenso arrivano i titoli numero quattro e cinque, conquistati rispettivamente a Kitzbuhel e a Stoccolma, con la vittoria in quella che è la quindicesima finale della sua carriera contro il numero 1 del mondo, lo statunitense Jimmy Connors, in un torneo che per categoria al giorno d’oggi sarebbe un Masters 1000.

Grazie alle 5 finali raggiunte in stagione, l’azzurro diventa anche il primo italiano a giocare i Masters di fine anno.

L'anno di grazia 1976!

E quindi si arriva al vero e proprio anno di grazia di Panatta, il 1976. Alla sua nona esperienza agli Internazionali d’Italia, l’azzurro ottiene finalmente il titolo, imponendosi sul “re della terra battuta”, l’argentino Guillermo Vilas, in quattro set, non prima di aver dovuto annullare addirittura undici match point al primo turno contro l’australiano Kim Warwick.

Il Roland Garros comincia alla stessa maniera, con una battaglia contro il cecoslovacco Hutka. È il primo di una serie di incontri che lo porta a sconfiggere Borg ai quarti e lo statunitense Harold Solomon in finale centrando così il suo settimo titolo e il primo dello Slam vinto da un italiano nell’era Open.

Panatta trionfa a Parigi nel 1976!

La doppietta Roma-Parigi viene ulteriormente impreziosita dalla vittoria nella Coppa Davis, che la nazionale italiana ottiene andando a vincere in Cile contro i padroni di casa dopo aver superato l’Australia in semifinale. Durante il 1976 Panatta raggiunge il numero 4 del ranking, miglior risultati di un tennista azzurro fino all’arrivo di Sinner.

Nel 1977 il romano ottiene il suo ottavo titolo ATP, vinto a Houston contro Vitas Gerulaitis, ma la stagione è resa amara dalla sconfitta nella finale di Coppa Davis, la seconda consecutiva per gli Azzurri, persa contro l’Australia. Il 1978 è l’anno della seconda finale a Roma, in un match infuocato contro Borg, in cui lo svedese si impone in cinque set tra le intemperanze del pubblico, che arriva addirittura a lanciare delle monetine al campione scandinavo.

Panatta si rifà a Tokyo, per il suo titolo numero 9, vinto battendo in finale Pat Du Prè.

Per Adriano anche una finale a Wimbledon

Nel 1979 arriva anche la miglior prestazione dell’azzurro a Wimbledon, con Panatta che si arrampica fino ai quarti di finale (primo italiano nell’era Open), per poi perdere proprio contro Du Prè dopo essere stato in largo vantaggio durante il match.

L’annata termina anche peggio, perché nella terza finale di Davis in quattro anni l’Italia perde 5-0 contro gli Stati Uniti, con il capitolino che viene sconfitto sia da John McEnroe che, a risultato già acquisito, da Gerulaitis.

Panatta festeggia uno dei suoi titoli!

Il canto del cigno arriva nel 1980, con il decimo e ultimo torneo vinto dall’azzurro, che si impone a Firenze battendo in finale (la numero 24 della carriera) Raul Ramirez. A Panatta non riesce l’impresa del bis in Davis, con la finale contro la Cecoslovacchia persa per 4-1.

Il ritiro del tennista romano arriva nel 1983, dopo che nelle ultime stagioni non era riuscito a raggiungere i suoi standard massimi di prestazioni. Il che comunque non gli ha impedito di essere a lungo il tennista italiano più vincente di sempre, anche grazie alle 18 affermazioni in doppio, molte delle quali arrivate in coppia con Paolo Bertolucci (tra cui quella famosissima al Monte Carlo Open del 1980 contro Gerulaitis e McEnroe).

Panatta con Camporese

Poi è arrivato Sinner, sempre favorito per le scommesse tennis! Jannik lo ha imitato, lo ha raggiunto e ha dato ancora più lustro alla carriera dell'Adriano dello sport azzurro!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

March 13, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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L'Ecuador, una realtà calcistica importante


Tra le nazionali di calcio sudamericane, l’Ecuador è una di quelle che viene spesso colpevolmente ignorata. Del resto la Tricolor è una delle due rappresentative del continente (assieme al Venezuela) a non aver mai vinto la Copa America e si è qualificata ai mondiali solamente in quattro occasioni.

Eppure negli ultimi anni l’Ecuador ha cominciato a sfornare calciatori davvero interessanti, che non solo hanno sfondato nel Vecchio Continente, ma sono anche stati (o saranno a breve) protagonisti di vere e proprie aste tra le big europee per ottenere i loro servigi. 

Una squadra in crescita ed i match in altura a Quito

Ma per parlare della nazionale dell’Ecuador è meglio partire dall’inizio, ovvero dagli anni Trenta, con la nascita della selezione (1930) e gli esordi a livello internazionale (1938). Come detto, la Tri non ha mai vinto la Copa America e nelle sue 29 partecipazioni al torneo continentale ha come miglior risultato il quarto posto, ottenuto sia in una delle due edizioni disputate nel 1959 che nel 1993.

Poco sorprendentemente, si tratta di due edizioni del torneo che si sono giocate proprio in Ecuador, con la squadra di casa favorita non solo dalla spinta del pubblico ma anche dal fatto di giocare i propri match nella capitale Quito, a quasi 3000 metri di altitudine, una situazione a cui la maggior parte delle nazionali sudamericane non è abituata.

Per quanto riguarda i Mondiali invece la prima partecipazione è datata 2002 e da allora la Tri si è qualificata in altre tre occasioni (2006, 2014 e 2022), ottenendo come miglior risultato gli ottavi di finale nel 2006, quando Ivan Kaviedes e compagni hanno battuto, a sorpresa per le scommesse calcio, Polonia e Costa Rica nel girone, fermandosi solo di fronte all’Inghilterra nella fase a eliminazione diretta.

Ai Mondiali occhio ai gol di Enner Valencia

Per quanto riguarda i record della selezione, si parla di due calciatori che ovviamente hanno fatto la storia del calcio ecuadoriano, ma che godono di una certa notorietà anche al di fuori del Sudamerica. Il primato di presenze ce l’ha Iván Hurtado, con 168 partite disputate con la nazionale, che è anche il giocatore più giovane di sempre ad aver esordito con l’Ecuador.

Per l’ex difensore, che ha giocato anche in Spagna, ci sono ben 6 partecipazioni alla Copa America e due alla Coppa del Mondo. Per i gol invece il primato è in continuo aggiornamento, perché appartiene a Enner Valencia.

Il centravanti classe 1989, che in carriera ha vestito anche le maglie di West Ham, Everton e Fenerbahce e attualmente è in forza all’Internacional di Porto Alegre non vuole smettere di segnare con la maglia della Tri.

Valencia in gol contro l'Olanda ai Mondiali 2022

Finora per lui sono arrivate 41 reti, con una certa predilezione per i gol in Coppa del Mondo, considerando che ha terminato sia i Mondiali 2014 che quelli 2022 con tre reti all’attivo, nonostante in entrambi i casi l’Ecuador non sia riuscito a passare la fase a gironi: nell'ultima Coppa del Mondo, Valencia firma, anche per le scommesse live, il primo gol, rectius, le due reti iniziali, della competizione!

L'allenatore dell'Ecuador è Felix Sanchez Bas

Nella storia quasi centenaria della nazionale ecuadoriana sono passati sulla panchina della Tricolor commissari tecnici come il colombiano Francisco Maturana o l’argentino Gustavo Alfaro, mentre il selezionatore attuale è uno spagnolo, Felix Sanchez Bas.

Per lui, che paradossalmente ha incontrato l’Ecuador da avversario ai Mondiali del 2022 come CT del Qatar, la federazione ha stilato nel marzo 2023 un contratto che gli permette di guadagnare 2,4 milioni di dollari all’anno, un buon 25% in più dello stipendio dell’ex CT Alfaro, il cui contratto è stato lasciato andare a scadenza al termine del 2022.

L'ingaggio record di Moises Caicedo

Ma chi sono le stelle della nazionale dell’Ecuador? E quanto guadagnano? Il calciatore più famoso al momento attuale è certamente il centrocampista Moises Caicedo. Il mediano classe 2001 ha un valore di mercato che sfiora i 100 milioni, anche grazie al trasferimento dal Brighton al Chelsea avvenuto nell’estate 2023 per 116 milioni di euro.

Una cessione che ha creato un vero e proprio caso di mercato, con il calciatore che sembrava aver trovato l’accordo con il Liverpool, per poi cambiare idea e accettare il contratto dei Blues, che gli versano circa 10 milioni di euro a stagione fino al 2031.

Pervis Estupinan guadagna 3 milioni a stagione

A proposito di calciatori del Brighton, l’altra stella della Tri gioca ancora all’American Express Stadium. Il terzino sinistro Pervis Estupiñán, classe 1998, è stato portato in Europa dell’Udinese, che lo ha poi ceduto al Watford, che a sua volta lo ha prestato per diverse stagioni in Spagna prima di venderlo al Villarreal.

Pervis Estupinan

Il Brighton l’ha prelevato dal Submarino Amarillo per quasi 18 milioni nel 2022 e il ritorno nel Regno Unito lo ha visto finora gran protagonista, fino a raggiungere un valore di mercato di 35 milioni e giustificando il suo contratto da 3 milioni di euro a stagione fino al 2027.

Futuro da difensori top per Hincapie e Pacho

La retroguardia è decisamente il punto forte della rosa attuale dell’Ecuador, perché gli altri due calciatori di livello internazionale a disposizione di Sanchez Bas sono entrambi difensori centrali. Il primo è Piero Hincapie, classe 2002, attualmente in forza al Bayer Leverkusen.

Hincapie ai Mondiali contro l'Olanda

Arrivato in Germania nel 2021 per appena 6 milioni di euro, il difensore mancino classe 2002 è immediatamente diventato uno dei punti di forza delle Aspirine e una delle certezze di Xabi Alonso. Non per nulla il suo valore di mercato è schizzato a 35 milioni di euro e il suo nome è cominciato a circolare parlando dei possibili movimenti in entrata di molte big.

Peccato per loro che nel febbraio 2023 i tedeschi gli abbiano fatto firmare un rinnovo fino al 2027 da 2 milioni a stagione. Una cifra che comunque, viste le prestazioni e l’interesse, è destinata ad aumentare.

Chiude il quartetto dei big un altro calciatore che gioca in Bundesliga, ovvero Willian Pacho. Il centrale classe 2001 è costato all’Eintracht Francoforte 9 milioni di euro nel 2023 e già ne vale quasi il triplo dopo neanche una stagione in Germania. Il fatto di essere arrivato dall’Anversa rende il suo ingaggio decisamente abbordabile per le Aquile, che lo pagano 800mila euro all’anno fino al 2028.

Kendry Paez e il vivaio dell'Independiente del Valle

E poi? Beh, nella rosa dell’Ecuador ci sono parecchi altri calciatori interessanti, molti dei quali giocano in patria e altri che invece hanno tentato l’esperienza altrove in Sudamerica o in campionati europei di seconda fascia. Il più celebre è ovviamente il già citato Enner Valencia, che all’Internacional ha uno degli stipendi più alti dell’intero Brasileirao, quasi 3 milioni di euro.

Tra gli altri spunta anche il nome di Leandro Campana, centravanti che ha l’onore di giocare all’Inter Miami assieme a Leo Messi, ma non guadagna certo come la Pulce, pur incamerando comunque 700mila dollari all’anno.

Infine, va segnalato l’ampio numero di giovanissimi calciatori molto promettenti provenienti dal florido vivaio dell’Independiente del Valle, il club che ha lanciato anche Caicedo, Hincapie e Pacho.

Il più quotato è il sedicenne Kendry Paez, classe 2007, che è già stato acquistato dal Chelsea per una cifra vicina ai 20 milioni e che si trasferirà a Londra al compimento dei 18 anni. E anche se magari non guadagnerà quanto Caicedo, diventerà di certo uno dei più pagati della sua nazionale!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

March 10, 2024
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

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Boban, cervello pensante in campo e fuori

La vita di Zvonimir Boban, nato a Imoschi (Croazia) nel 1968, si intreccia con alcune delle storie di sport e di vita più celebri dell’ultimo mezzo secolo. Talento precoce, Boban passa per il vivaio dell’Hajduk Spalato per poi accasarsi alla Dinamo Zagabria, il club con cui diventa immediatamente uno dei nomi di punta del calcio jugoslavo.

Dopo il debutto a 16 anni per lui arriva la fascia da capitano a 19, con la partecipazione ai mondiali Under-20 del 1987, vinti da una nazionale jugoslava strapiena di futuri campioni.

Nel 1990 però la situazione politica in patria esonda nel calcio. Prima della sentitissima sfida tra Dinamo e Stella Rossa, scoppiano incidenti allo stadio Maksimir per le tensioni, ormai tutt’altro che latenti, tra croati e serbi. L’intervento dei giocatori della Dinamo non calma le acque, anzi, regala una scena che passa alla storia: per proteggere un giovane tifoso, Boban sferra un calcio volante a un agente di polizia.

Si tratta di un gesto che gli costerà sei mesi di squalifica, con il provvedimento che lo tiene fuori da Italia ’90, l’ultimo mondiale della Jugoslavia unita.

I primi anni di Zorro Boban in Italia

Ma il Belpaese è nel suo destino, perché Boban è ormai una stella conclamata del calcio europeo e nel 1991 viene acquistato dal Milan di Silvio Berlusconi, che spende 10 miliardi di lire per portarlo in rossonero. Per favorire il suo ambientamento in Serie A, il centrocampista viene spedito per un anno in prestito a Bari, dove si mette in luce prima di dover saltare parte della stagione per aver contratto un’epatite.

Nell’estate 1992 torna al Milan, dove scriverà pagine di storia rossonera, diventando protagonista del ciclo vincente di Fabio Capello, ma anche (se non soprattutto) del clamoroso scudetto conquistato con Zaccheroni.

9 trofei vinti al Milan e 251 presenze per Boban

Il primo anno in rossonero è subito trionfale, visto che si apre con il trionfo in Supercoppa Italiana e si chiude con la vittoria dello Scudetto. Una doppietta che il Milan e “Zorro” ripetono anche nella stagione successiva, con un’aggiunta non di poco conto: la Champions League, che i rossoneri vincono nella notte di Atene con il clamoroso 4-0 al Barcellona di Johan Cruijff, strafavorito per le scommesse sportive.

Boban con la Champions

Nonostante gli infortuni e la tantissima concorrenza nella rosa del Milan non gli permettono di giocare senza soluzione di continuità, il croato rimane a Milanello per 10 anni, mettendo la sua firma sulla Supercoppa Italiana e quella Europea del 1994, sullo scudetto della stagione 1995/96 e, lo evidenziamo ancora una volta, su quello conquistato dai rossoneri, a sorpresa per le quote Serie A, nella stagione 1998/99.

Alla soglia dei trent’anni Boban trova la miglior forma della sua carriera e nel 3-4-1-2 di Alberto Zaccheroni è il trequartista guastatore, capace di passaggi illuminanti per George Weah e Oliver Bierhoff, oppure di inserimenti personali devastanti.

La sua lunga esperienza al Milan, corredata da 251 presenze, 30 reti e 9 trofei vinti, termina nell’estate 2001, quando il classe 1968 decide di volare in Spagna, per diventare un giocatore del Celta Vigo. Ma il periodo iberico dura decisamente poco, perché appena due mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, Boban annuncia il suo ritiro dal calcio giocato.

Boban in rossonero

Boban 48 volte capitano della Croazia dei sogni

Ma non si può riassumere la carriera di “Zorro” senza menzionare la nazionale. Le prime esperienze Boban le fa ovviamente con la maglia della Jugoslavia, ben rappresentata a livello giovanile e poi per 7 presenze (e un gol) nella selezione maggiore, prima della disgregazione del paese e del conflitto che coinvolge le sue nazioni costituenti.

Quando nel 1992 la nazionale croata viene affiliata alla FIFA, il milanista ne diventa immediatamente capitano, oltre che ovviamente uno dei calciatori più rappresentativi assieme a Robert Prosinecki e Davor Suker.

Alla guida di una generazione di talento assoluto, Boban porta la Croazia alla qualificazione ai suoi primi due tornei internazionali, Euro 96 e i Mondiali del 1998 in Francia. Nella competizione continentale i balcanici si fermano ai quarti di finale, con un gol del fantasista contro la Danimarca nei gironi, mentre ai Mondiali la debuttante squadra con la maglia a scacchi bianchi e rossi impressiona il mondo.

Pur senza nessun gol di Boban (ma con 6 marcature di Suker, che si laurea capocannoniere del torneo), la Croazia si arrampica fino alla semifinale, passando un girone complicato con Argentina, Giappone e Giamaica e poi eliminando la Romania agli ottavi e addirittura la Germania campione d’Europa in carica ai quarti.

Con la maglia della Croazia

La corsa croata si chiude contro la Francia, padrona di casa e futura vincitrice, ma non prima di ottenere il terzo posto nella finale di consolazione contro i Paesi Bassi. L’ultima presenza di Boban in nazionale è datata novembre 1999, un’amichevole contro la Francia, che gli permette di chiudere con la sua selezione con 49 presenze, 48 delle quali dal primo minuto e da capitano, e 12 gol.

Al termine della sua carriera, Boban decide che la panchina non fa per lui e si dedica per un po’ alla TV, con apparizioni da opinionista in diverse trasmissioni, ma anche interventi sulla carta stampata.

Da dirigente Boban introduce la VAR

Nel 2016 comincia però la sua seconda vita calcistica, quella da dirigente. Nel maggio di quell’anno viene infatti nominato vicesegretario generale della FIFA per lo sviluppo del calcio, un ruolo decisamente importante, che permette di immaginare e plasmare il pallone che verrà.

Il croato ha messo la sua firma su una delle grandi rivoluzioni del calcio, quella del VAR, di cui è stato subito grande sostenitore, portando la FIFA ad applicarlo addirittura prima ai Mondiali (quelli del 2018 in Russia) che nelle competizioni nazionali. Il mandato di Boban termina a giugno 2019, quando accetta l’offerta del Milan.

Il club rossonero lo vuole come Chief Football Officer, ma l’esperienza dura poco, appena nove mesi, perché a marzo 2020 l’ex centrocampista se ne va per divergenze con l’allora CEO Ivan Gazidis.

A quel punto Boban si rimette in gioco a livello federale e nell’aprile 2021 diventa Head of Football della UEFA, posizione che ha lasciato a inizio gennaio 2024 dopo uno scontro con il numero uno del calcio europeo, Aleksander Ceferin.

Insomma, tra campo e scrivania è impossibile sottovalutare il contributo di Zvone Boban al calcio. E non è un caso che il croato sia uno degli addetti ai lavori più apprezzati dai colleghi, sia per quello che ha fatto da giocatore che per le sue battaglie da dirigente.

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

March 9, 2024
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

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