Thomas Muller il recordman con 756 partite nel Bayern

19 anni al Bayern per Muller

Record Thomas Muller? Nel calcio moderno non è mai semplice essere un “one-club man”. Figurarsi poi se il club in questione è uno dei più importanti al mondo. Le grandi società, si sa, non guardano in faccia a nessuno e persino alle leggende, quando non vengono più ritenute utili, viene mostrata la porta in maniera più o meno amichevole.

Per Thomas Müller esiste solo il Bayern

Un discorso che al Bayern Monaco forse vale più che altrove e che sottolinea quindi quanto sia ancora importante, per non dire fondamentale, Thomas Müller per i bavaresi.

L’attaccante classe 1989 è entrato a far parte delle giovanili del club quando aveva appena 11 anni, ha esordito con la prima squadra nel 2008 e da allora non ha più abbandonato l’Allianz Arena.

Attualmente è vicecapitano del Bayern e ha da poco superato (con la presenza con gol contro il Friburgo il 1 settembre 2024) un traguardo molto importante, le 757 partite ufficiali con il club, segnando 250 reti, compresi il gol allo Shakhtar del 10 dicembre 2024 in Champions, la rete di testa che ha aperto le marcature contro lo Slovan, nell'ultima giornata del maxigirone di Champions League, il gol all'Inter e la doppietta all'esordio del Mondiale per club!

Di Müller il primato di 45 gol e 46 assist con la Germania

Considerando anche le presenze e le reti con la seconda squadra del Bayern si arriva a 756 partite e 262 marcature, a cui vanno poi aggiunte 131 presenze e 45 gol e 46 assist con la maglia della nazionale, compreso il leggendario quarto di finale contro la Spagna!

Record Thomas Muller

Muller il primo falso nueve

Numeri niente male, se si considera che in fondo Müller non è un centravanti. Anzi, trovargli una collocazione tattica ben precisa è…il passatempo sia della stampa tedesca che di tutti quanti gli allenatori che lo hanno avuto a disposizione al Bayern.

Lui si è coniato una definizione tutta sua, quella di “raumdeuter”, ovvero “colui che cerca gli spazi”, un falso nueve teutonico, insomma...

E in effetti la sua arma principale sono gli inserimenti senza palla, che arrivano, come confermano le partite contro i club italiani e le relative quote Serie A, da qualsiasi parte dell’attacco.

A vedere i dati, il classe 1989 ha giocato in qualsiasi posizione del fronte offensivo, anche se quella in cui rende meglio è quella dietro una punta centrale, che possa aprire pertugi nelle difese avversarie in cui l’attaccante si infila.

L'influenza di Radio Müller nello spogliatoio

Di certo, si parla di uno dei giocatori più influenti del Bayern, sia nello spogliatoio che in campo.

Basterebbe pensare che spesso si è fatto il suo nome tra i responsabili delle fronde quando è venuta a mancare la fiducia della società nei confronti di alcuni allenatori (in particolare Carlo Ancelotti, che non lo riteneva fondamentale), ma soprattutto che il suo soprannome è “Radio Müller”, visto che il tedesco non riesce a tenere la bocca chiusa in partita e dà indicazioni di continuo, infastidendo da morire gli avversari ma anche i suoi stessi compagni di squadra!

Muller ha il record assoluto di 12 Bundes vinte

Il nome di Müller è sinonimo di successo in Baviera, considerando che da quando ha esordito in prima squadra il club non ha praticamente fatto altro che vincere.

Nella sua bacheca ci sono ben 12 campionati tedeschi (record della competizione), 6 coppe di Germania, 8 Supercoppe nazionali (record anche qui), più ovviamente i trofei internazionali arrivati negli anni dei due Triplete dei bavaresi, 2013 e 2013: due Champions League, due Supercoppe UEFA e due Coppe del Mondo per club.

In totale per lui i trofei vinti con il Bayern sono 32, a cui va aggiunta la Coppa del Mondo conquistata con la Mannschaft nel 2014 in Brasile.

E non sorprende dunque che l’attaccante sia il calciatore tedesco con il miglior palmares, ma anche che detenga parecchi record della Bundesliga e del calcio teutonico.

Tanto per citarne qualcuno, è il giocatore che ha fornito più assist nella storia del campionato tedesco (204), ma anche quello con il maggior numero di passaggi vincenti in una sola stagione (21), oltre che il giocatore tedesco con più assist in carriera, che al momento sono 310 tra club (270) e nazionale (40).

Sempre rimanendo in Bundesliga, Müller è il giocatore che ha vinto più partite giocando con una sola squadra, mentre se si passa alla Champions League e alle relative scommesse calcio è il tedesco con più gol segnati (54).

Già, i gol. Come detto, Müller non si riconosce in un ruolo ben preciso nell’attacco del Bayern, eppure in carriera ha sempre segnato. Già ai tempi della seconda squadra la media era ottima, con 16 gol in 35 partite, ma già nella prima stagione completa tra i grandi (2009/10) l’attaccante ha segnato 19 reti in 52 match in tutte le competizioni, risultato replicato anche in quella successiva.

Per Muller i gol in Champions sono 54

L’annata migliore della sua carriera è certamente quella 2015/16, quando sotto la guida di Pep Guardiola Müller realizza addirittura 32 gol in 49 presenze, andando ad avvicinarsi parecchio alle cifre del compagno di reparto Robert Lewandowski, che in quella stagione si ferma a 42.

Persino nelle stagioni in cui in panchina all’Allianz Arena c’era Carlo Ancelotti, che lo utilizzava spesso da super-sub, il tedesco non è mai sceso sotto i 9 gol e in totale, da quando è un calciatore professionista, le annate in cui non è andato in doppia cifra si contano sulle punte delle dita (quattro, compresa quella in corso).

In Champions League la sua prestazione migliore è stata quella dell’anno del Triplete con in panchina Jupp Heynckes (2012/13), in cui l’attaccante ha segnato ben 8 reti nella massima competizione continentale, cinque delle quali nella fase a eliminazione diretta e ben tre nei due match di semifinale contro il Barcellona.

Record Thomas Muller

Insomma, non sarà un centravanti, ma l’attaccante tedesco, ottima opzione anche come marcatore per le scommesse sportive, sa vedere la porta molto bene e le difese avversarie soffrono le pene dell’inferno per arginare i suoi inserimenti.

Muller è a quota 10 gol realizzati ai Mondiali

E poi c’è la nazionale, con cui Müller ha vinto da protagonista i Mondiali nel 2014.

Le prime presenze sono arrivate già nel 2010 e l’allora CT Joachim Low ha subito trovato nell’attaccante bavarese uno dei suoi fedelissimi, portandolo in Sudafrica alla Coppa del Mondo e schierandolo da titolare. Scelta decisamente ripagata, perché Müller termina il torneo con 5 reti, quattro delle quali nella fase a eliminazione diretta, laureandosi capocannoniere.

Record Thomas Muller

Record Thomas Muller

Esperienza diametralmente opposta quella a Euro 2012, con l’attaccante che gioca tutte le partite senza mai andare a segno, mentre nella trionfale cavalcata della Coppa del Mondo 2014 le reti sono di nuovo 5, con tanto di tripletta al Portogallo nella fase a gironi.

Gli Europei si confermano maledetti per il classe 1989, che nel 2016 gioca di nuovo ogni singolo minuto ma non entra mai nel tabellino, così come gli accade nel deludente Mondiale 2018, con la Germania eliminata al primo turno e, di nuovo, a Euro 2020 e nella Coppa del Mondo 2022.

Nonostante questo, con i suoi 40 assist è il miglior assistman di sempre della Mannschaft insieme a Mesut Ozil e con i suoi 45 gol è al sesto posto nella classifica dei migliori marcatori della selezione tedesca, quinto ai Mondiali dove al primo posto c'è Miro Klose a quota 16.

Mica male per chi, in fondo, un ruolo ben preciso non ce l’ha mai avuto!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

July 6, 2025
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Pietro Iemmello, il Profeta (in Patria...) del gol

Prima di elencare il numero gol Iemmello, condividiamo un episodio che ci aiuta a capire lo spessore umano del capitano giallorosso: l'8 marzo 2025, nonostante la squalifica per cumulo di ammonizioni, Re Pietro parte con la squadra per la lontana trasferta di Cremona. Quelli bravi lo definirebbero leader by example!

Una storia nata a gennaio 2022. Non è mai facile essere profeta in patria, men che meno nel calcio. Eppure la storia di Pietro Iemmello racconta che, nonostante tante peregrinazioni e una serie di delusioni, a volte il destino può riportare un giocatore al posto giusto e soprattutto al momento giusto.

Intanto, il 4 settembre 2024, il Re rinnova con il club giallorosso fino al giugno 2026!

I numeri straordinari di bomber Iemmello

Il centravanti nato a Catanzaro nel 1992 è infatti da oltre due stagioni il calciatore più rappresentativo della squadra della sua città, che ha riportato in B a suon di gol e che adesso vuole trascinare in A con le sue reti.

Del resto, i numeri parlano decisamente chiaro: in tredici stagioni da professionista l’attaccante ha segnato 181 gol in 427 partite, di cui, compresa la doppietta al Brescia nel primo turno dei play-off 2024 e la rete al Cesena nei play-off 2025, 73 n 133 match con il Catanzaro.

Mentre in A, tra Sassuolo e Benevento i numeri dicono 33 presenze e e 7 gol, anche lo score in Serie B non è da sottovalutare, visto che tra Pro Vercelli, Novara, Spezia, Perugia, Frosinone e Catanzaro ha giocato 176 partite nella categoria cadetta, segnando 75 reti.

Iemmello contro un giocatore del Como

Iemmello è cresciuto nella Fiorentina

La carriera di Iemmello comincia nelle giovanili del Catanzaro, prima del trasferimento nel 2006 nel vivaio della Fiorentina. Con la maglia viola il centravanti vince prima un campionato Allievi Nazionali e poi una Coppa Italia Primavera nella stagione 2010/11, sotto la guida di Renato Buso.

Per lui però non arriverà mai l’esordio con la prima squadra, perché la Fiorentina lo cede in prestito biennale con diritto di riscatto alla Pro Vercelli.

Dunque, la prima esperienza tra i professionisti è proprio in Piemonte nell’annata 2011/12, nell’allora campionato di Prima Divisione.

E Iemmello comincia molto bene, perché anche grazie ai suoi 10 gol in 36 presenze il glorioso club vercellese trova la promozione in Serie B. La stagione successiva l’attaccante gioca 30 match tra campionato e Coppa Italia, trovando la rete in 5 occasioni, non riuscendo a impedire la retrocessione della sua squadra.

Le sue prestazioni però gli permettono di essere riscattato per 200mila euro e di essere subito ceduto allo Spezia, che lo paga 250mila euro. Il club ligure, in quel momento in B, lo manda in prestito prima al Novara (sempre nella serie cadetta), dove però gioca appena 4 partite segnando un solo gol, e poi di nuovo alla Pro Vercelli, dove segna un gol in 14 partite, chiudendo l’esperienza in Piemonte con 16 reti in 80 presenze.

Iemmello esplode con la maglia del Foggia

Nell’estate 2014 lo Spezia lo cede in prestito annuale al Foggia, in Lega Pro, e allo Zaccheria il centravanti trova la sua dimensione. La prima stagione in rossonero lo vede andare a segno 16 volte in 35 partite, ma si può fare anche meglio. Ad agosto 2015 viene infatti di nuovo ceduto in prestito ai pugliesi ed è grande protagonista dell’ottima stagione del Foggia.

Il club si aggiudica infatti la Coppa Italia di Lega Pro anche grazie alle 8 reti di Iemmello, che si prende anche la soddisfazione di laurearsi capocannoniere del girone C con 24 reti.

I rossoneri arrivano a giocarsi la finale playoff contro il Pisa dopo un derby contro il Lecce in semifinale in cui il centravanti segna due gol, ma alla fine il sogno promozione sfuma nonostante un’annata eccellente per il bomber, che chiude con 37 reti in tutte le competizioni.

Iemmello esordisce in A con il Sassuolo

Nell’estate 2016 lo Spezia lo riporta in Liguria ma dopo appena due presenze e un gol lo cede al Sassuolo, che lo paga 2,3 milioni di euro. Con i neroverdi arriva l’esordio in Serie A, con tanto di prima rete nella massima serie contro il Crotone. La stagione termina con l'ottimo bottino di 5 gol in 18 partite, compresa una doppietta, contro l’Inter. 

Nella stagione 2017/18 Iemmello resta in Serie A, stavolta con la maglia del neopromosso Benevento, che lo acquista per ben 5 milioni. In giallorosso l’attaccante gioca 16 partite e segna due reti, tra cui quella contro il Milan a San Siro che vale il primo storico successo esterno, da chiari sfavoriti per le scommesse calcio, dei campani in A.

La retrocessione porta il Benevento a cedere in prestito il centravanti, che torna di nuovo a Foggia, nel frattempo approdato in Serie B. Nonostante un buon rendimento dell’attaccante, che chiude la stagione 2018/19 con 7 gol in 26 presenze, i rossoneri retrocedono e non possono riscattarlo.

L’esperienza allo Zaccheria, che gli vale il soprannome ancora in uso di Re Pietro, si chiude con 60 reti in 103 partite. Ormai però Iemmello si è fatto un nome in Serie B e nell’annata 2019/20 approda al Perugia, sempre in prestito ma con obbligo di riscatto in caso di promozione degli umbri.

In realtà la stagione termina con la retrocessione del Grifone, con Iemmello che sbaglia uno dei rigori nello spareggio, ma che comunque è di gran lunga il migliore del Perugia, segnando 19 reti in 39 partite.

Iemmello segna dal dischetto

Nella stagione 2020/21 viene di nuovo ceduto in prestito, stavolta al Las Palmas, ma l’esperienza nella Segunda Division spagnola è tanto breve quanto poco fruttuosa, visto che termina con un solo gol in 12 partite. Nel gennaio 2021 l’attaccante si trasferisce al Frosinone, dove resta un anno, giocando un totale di 19 partite e 3 gol.

Re Pietro di Catanzaro

Nella sessione invernale 2022, dopo aver giocato appena due partite nella prima parte di stagione, viene ceduto in prestito al Catanzaro. In sei mesi il centravanti segna 8 reti in 16 partite e viene riscattato dal club calabrese, che punta al ritorno in Serie B. Che arriva nella trionfale stagione 2022/23 proprio grazie ai gol di Iemmello.

I giallorossi stravincono il girone C con cinque turni d’anticipo, battendo con 96 punti il record della categoria e delle relative scommesse sportive. Il bomber è grande protagonista con 28 marcature in campionato, che gli valgono il secondo titolo dei cannonieri della categoria, e 31 totali in appena 40 partite, che gli permettono di battere il primato di gol stagionali con la maglia del club, detenuto da Giorgio Corona.

In bacheca il Catanzaro mette anche la Supercoppa di C, vinta anche in virtù delle due reti di Iemmello contro Feralpisalò e Reggiana. Logico dunque che il club della sua città decida di ripartire proprio dal centravanti, che si mette di nuovo alla prova in Serie B.

Iemmello esulta dopo un gol al Lecco

E visto che ormai la categoria è ben conosciuta, il classe 1992, chirurgica opzione di marcatore per le quote Serie B, contribuisce all’ottimo campionato dei giallorossi con 17 gol in 38 partite, compresa la straordinaria doppietta al Brescia nei playoff.

Numero gol Iemmello

Nella stagione 2024/2025 siamo a 36 presenze e 16 gol, più una rete al Cesena ai play-off: le reti alla Carrarese e a Bari, la doppietta al Sudtirol, la perla allo stadio di Reggio Emilia, lo stacco aereo contro il Mantova, la travolgente tripletta di Genova, il gol decisivo contro la Salernitana, la deviazione aerea di Brescia, la rete al Cesena e quella nell'anticipo contro il Cittadella.

Nella giornata numero 30 di campionato, sotto la sua curva, Iemmello realizza l'ottavo centro personale contro il Cosenza: il chirurgico destro ai Lupi della Sila ed il punto della bandiera nella successiva trasferta di Modena porta il suo score totale in giallorosso a 73 in appena 133 match.

Dunque, se il Catanzaro può sognare un clamoroso ritorno in A dopo oltre quarant’anni, è anche merito di un ragazzo che nel sangue ha il gol…e la Calabria!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

May 25, 2025
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Kroos decisivo anche nella notte di Wembley

Si parla di un calciatore che, in cabina di regia, all'esordio di Euro 2024 ha indovinato 101 passaggi su 102...

Quando si narra della grandezza del Real Madrid dell’ultimo decennio si rischia sempre di dimenticare qualcosa. Anzi, qualcuno.

I numeri impossibili di CR7, i gol (ma non solo) di Karim Benzema, la grinta di Sergio Ramos, la fantasia di Luka Modric, l’infaticabile Casemiro, il fragile e splendido Gareth Bale, per poi aggiungere negli ultimi anni l’estro di Vinicius Junior, la sicurezza tra i pali di Thibaut Courtois e il talento cristallino di Jude Bellingham.

Toni Kroos il vero insostituibile

Tutto vero, ma manca la costante che lega, nei passaggi ma non solo, tutti questi grandissimi calciatori: Toni Kroos, probabilmente il centrocampista più sottovalutato dell’ultimo quarto di secolo.

E dire che basterebbe il palmares a parlare per lui. Il tedesco rischia seriamente di finire lo spazio in bacheca, considerando che ha ottenuto 33 trofei con i club, a cui va ovviamente aggiunta la Coppa del Mondo vinta da protagonista nel 2014 con la maglia della Mannschaft.

In una carriera che è andata avanti da 15 anni Kroos ha giocato oltre 800 partite tra club e nazionale, segnando 84 reti.

In particolare, nella notte dell'addio a Londra, con il Real le cifre parlano di 466 presenze e 28 gol ed una serie impressionante di assist come quello a Vini a Monaco di Baviera o l'angolo per il primo gol della finale di Wembley!

Andando ancora più in profondità le statistiche attribuiscono a Toni l'incredibile numero del 94% di passaggi riusciti, sugli oltre 22.000 palloni toccati, nei 10 anni di Madrid!

Kroos ha giocato più di 20.000 palloni con la maglia del Real Madrid

L'inizio di carriera di Kroos

Nato nel 1990 a Greifswald, Pomerania, come cittadino della DDR (nove mesi prima della riunificazione), Kroos si mette immediatamente in mostra sin da giovanissimo.

Il Bayern Monaco lo acquista appena sedicenne nel 2006, spedendolo subito a farsi le ossa nella squadra B e facendolo esordire con i grandi nel 2007, anno in cui partecipa anche al Mondiale Under-17, di cui si laurea capocannoniere e, naturalmente, miglior giocatore.

Dopo un anno e mezzo in prima squadra con 39 presenze e due reti, vincendo nel frattempo il campionato e la Coppa di Germania, il centrocampista viene spedito in prestito al Bayer Leverkusen, dove resta una stagione e mezza.

Con la maglia delle Aspirine Kroos diventa immediatamente titolare e l’esperienza molto formativa alla BayArena termina con 48 partite e 10 reti.

Kroos protagonista del Triplete del Bayern nel 2013

Il ritorno a Monaco di Baviera vede il centrocampista prendersi le chiavi della mediana del Bayern, in uno dei periodi più importanti di sempre per il club.

Tra 2010 e 2014 il tedesco vince altre due volte il campionato e la Coppa di Germania, due Supercoppe, ma soprattutto è tra i protagonisti del Triplete del 2013, completato poi, per un pokerissimo di trofei vinti da favoriti per le scommesse sportive, con il successo della Supercoppa e della Coppa del Mondo per club.

Kroos in gol con il Bayern in Champions

Gli attriti con la dirigenza per il rinnovo, però, portano Kroos a un anno dalla scadenza del contratto e quindi il Bayern è costretto a cederlo…a prezzo di saldo. Nel luglio 2014 il neo campione del mondo lascia Monaco dopo 205 presenze, 24 gol e 11 trofei

Kroos ha giocato con il Real Madrid dal 2014 al 2024

Ad attenderlo c’è il Santiago Bernabeu, con il Real Madrid che lo paga appena 25 milioni, facendo così uno degli affari del nuovo millennio per rapporto costi/prestazioni.

E non è decisamente un’esagerazione, perché anche in questo caso i numeri parlano decisamente per Kroos, al punto che si potrebbero tranquillamente ignorare i trofei vinti con la camiseta blanca e inserirlo comunque tra le leggende delle Merengues.

Basta pensare che tra la stagione 2014/15 e quella attuale (2023/24) Kroos non è mai sceso sotto le 40 presenze ed è sempre andato in gol, pur non essendo quello il suo compito. Ma alla fine i trofei contano eccome e il tedesco è stato il metronomo perfetto di una squadra che in un decennio ha dominato il calcio europeo e mondiale.

Con il Real Madrid Kroos ha vinto tre volte la Liga, una volta la Copa del Rey, quattro volte la Supercoppa di Spagna, tanto per limitarsi ai trionfi domestici. Uscendo dalla Spagna, poi, si rischia di esagerare.

Il tedesco è stato uno degli architetti delle cinque Champions League (tra cui le tre consecutive vinte con Zinedine Zidane in panchina), altrettante Supercoppe UEFA e cinque Mondiali per club.

Di queste due ultime manifestazioni il teutonico è recordman, visto che le ha vinte rispettivamente cinque (pari merito con Paolo Maldini) e sei volte (primatista assoluto).

L'ultimo contratto di Kroos con il Madrid

E i numeri? Nonostante né il gol né l’assist siano il suo obiettivo primario, visto che a Madrid ci sono colleghi di assoluto valore che sono deputati a entrambe le cose, ciò non toglie che in dieci anni al Bernabeu il tedesco ha segnato 28 reti e si avvicina a quota 100 assist.

Con l’addio degli altri grandi protagonisti del ciclo di Zidane, Kroos è rimasto uno dei senatori della Casa Blanca assieme a Dani Carvajal e al collega di reparto Modric e non sorprende dunque che, nonostante ormai la carta di identità segni oltre 34 anni, tra gli stipendi Real Madrid il centrocampista sia uno dei calciatori più pagati del club, con un ingaggio lordo di oltre 22 milioni a stagione.

Nel corso degli anni il teutonico ha giocato in tutte le posizioni di centrocampo, nascendo trequartista in Germania e poi sviluppandosi come mezzala e non disdegnando neanche di orchestrare il gioco da davanti alla difesa.

Una polivalenza che gli ha permesso di trovare posto costantemente in quelle che sono state le due migliori squadre del mondo degli ultimi 15 anni.

Il calcio di punizione, una delle specialità di Toni Kroos!

Il Campione del Mondo Kroos ha 114 partite e 17 reti

E poi c’è la nazionale tedesca, che per Kroos è un po’ croce e delizia. L’esordio con la Mannschaft è abbastanza precoce, considerando che arriva a inizio 2010 dopo essere stato la stella dell’Under-17 e dell’Under-21. Kroos comincia la sua esperienza con la selezione come primo cambio in mediana per Low, disputando buona parte dei match di Euro 2012 entrando dalla panchina.

Con l’aumento della sua importanza al Bayern il tedesco trova anche più spazio con la nazionale e arriva ai Mondiali del 2014 da titolare inamovibile.

In Brasile gioca praticamente tutti i minuti disponibili, escluso il cambio in pieno recupero ai quarti contro la Francia, segna due reti nel clamoroso, anche per le quote Serie A, 7-1 della Germania ai padroni di casa in semifinale e solleva la Coppa nella finalissima contro l’Argentina.

Kroos leader della Germania

Anche agli Europei 2016 non salta neanche un minuto, ma i tedeschi perdono in semifinale. Va anche peggio ai Mondiali 2018, dove non basta il suo quasi gol olimpico contro la Svezia per impedire l’eliminazione della Mannschaft ai gironi.

Kroos finisce nel vortice delle polemiche e dopo Euro 2020 e la Nations League, in cui la Germania affonda, annuncia il suo addio alla nazionale dopo 106 partite e 17 reti.

Ma la storia con la selezione non è ancora finita, perché nel marzo 2024 il centrocampista ha accettato di tornare in campo con la Germania, aggiungendo due ulteriori presenze (la prima contro la Francia con il gol più veloce di sempre della nazionale tedesca, di Wirtz in 8 secondi) e candidandosi a leader della squadra per gli Europei che si disputano in patria.

E con un Kroos nel motore, le possibilità di vincere qualcosa aumentano decisamente, anche per le quote delle scommesse calcio!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy. Prima pubblicazione 8 aprile 2024.

July 5, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

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I numeri di Gary Lineker, centravanti elegante

Chi è abbastanza giovane e lo vede all’opera in TV, con i suoi modi garbati e il suo humour tipicamente inglese, faticherà persino a immaginare che Gary Lineker sia stato uno dei migliori centravanti britannici del dopoguerra.

Eppure chi se lo ricorda in campo sa benissimo quanto il classe 1960, che in carriera ha vestito le maglie di Leicester City, Everton, Barcellona, Tottenham e Nagoya Grampus, fosse un vero bomber d’area di rigore, oltre che un calciatore molto corretto. Al punto che uno dei suoi soprannomi è stato “Saint” Gary, un vero e proprio Santo, che in diciotto anni di professionismo non è mai stato neanche ammonito.

Non che però gli mancasse la competitività, come dimostrano i 329 gol segnati in 649 partite tra club e nazionale di Sua Maestà, quasi tutti segnati nel cuore dell’area, a cui fanno da corollario sei trofei vinti.

Lineker inizia nel Leicester City

La carriera di Lineker, che da giovane ha giocato anche a cricket, inizia nelle giovanili del club della sua città, il Leicester City, che lo fa esordire tra i professionisti nella stagione 1978/79, in cui l’attaccante (che da giovane viene schierato da ala destra) segna un gol in sette partite. In quella successiva le Foxes vincono il campionato di Second Division e tornano nella massima serie del calcio inglese, con il contributo di Lineker che parla di 3 reti in 20 match.

L’annata 1980/81 è quella del debutto in First Division e l’impatto coi piani alti non è semplice, visto che lo score parla di appena 10 presenze e 3 gol, con il Leicester che retrocede immediatamente.

Il ritorno in Second Division è però uno step importante per Lineker, che ora viene schierato da centravanti e mette in mostra il suo fiuto per il gol. I gol sono 19 in 47 partite in tutte le competizioni e se i 17 in campionato non permettono al club di essere promosso, i due in FA Cup aiutano le Foxes a raggiungere le semifinali del torneo.

Nella stagione 1982/83 il Leicester viene di nuovo promosso, anche grazie ai 26 gol in 43 match del suo centravanti, che stavolta si ripresenta nella massima serie con uno spirito nuovo.

Nell’annata 1983/84 Lineker segna 22 gol in 41 presenze, che gli permettono di essere vicecapocannoniere della First Division, titolo che il bomber si prende nella stagione successiva, l’ultima al Leicester, terminata con 29 gol totali, 24 dei quali in campionato. In totale per lui con il club ci sono 216 presenze e 103 reti.

Il passaggio di Lineker all'Everton

Uno score che attira l’attenzione dell’Everton, fresco vincitore del campionato. I Toffees lo pagano 800mila sterline e sono decisamente soldi ben spesi. Lineker gioca 57 partite nella stagione 1985/86 e segna ben 40 gol. I 30 nella First Division gli permettono di bissare il titolo dei bomber, ma non sono abbastanza per l’Everton per difendere il titolo, che viene vinto dai cugini del Liverpool.

Per l’inglese non c’è neanche la possibilità di giocare la Coppa dei Campioni, vista la squalifica dei club di Sua Maestà dopo i fatti dell’Heysel, ma la stagione incredibile e una Coppa del Mondo da protagonista valgono a Lineker l’interesse del Barcellona.

Gary Lineker centravanti del Barcellona

I catalani lo acquistano nell’estate 1986 per quasi tre milioni di sterline e la prima stagione è subito importante, con 21 gol in 51 partite ma soprattutto la clamorosa tripletta al Real Madrid nel 3-2 dei blaugrana ai rivali di sempre. L’annata successiva vede il Barça vincere la Copa del Rey e Lineker si conferma sugli scudi, con 20 reti in 49 partite.

Lineker con il Barcellona

La stagione 1988/89 è ancora meglio dal punto di vista del club, che vince la Coppa delle Coppe, ma l’inglese non è più titolare fisso, con il nuovo tecnico, Johan Cruijff, che lo schiera sull’esterno dell’attacco, decisione che abbassa il numero delle presenze e delle reti (11 in 38 match).

È abbastanza per decidere di andarsene, chiudendo l’esperienza catalana con 52 marcature in 138 partite.

Lineker nel Tottenham di Gazza

Nell’estate 1989 Lineker torna in Inghilterra, al Tottenham, dove ritrova la leggenda Terry Venables, che lo aveva voluto al Barcellona. Di nuovo schierato al centro dell’attacco il classe 1960 ritrova la vena realizzativa e chiude la prima stagione con 26 gol in 45 presenze, spingendo gli Spurs al terzo posto in classifica.

Nella stagione successiva i numeri scendono, ma il centravanti si toglie la soddisfazione di vincere il suo unico titolo in patria, la FA Cup, nonostante un gol annullato e un rigore sbagliato nella finale, vinta da con il Tottenham favorito per le scommesse calcio, contro il Nottingham Forest.

La gioia di Lineker dopo un gol con gli Spurs!

L’ultima stagione con il Tottenham termina con ben 35 reti in tutte le competizioni, con le 28 in First Division che rendono Lineker l’ultimo capocannoniere del campionato inglese prima della nascita della Premier League. Il bomber lascia White Hart Lane con 80 gol in 138 presenze.

Poi a 32 anni l’inglese, che è decisamente ancora in forma, prende una decisione molto particolare, accettando un’offerta che gli arriva dal Giappone. Lineker diventa un giocatore del Nagoya Grampus, con cui chiude la carriera giocando due stagioni, segnando 8 gol in 24 partite.

Lineker Capocannoniere del Mondiale 1986

Nonostante i numeri con i club, però, gran parte della fama del Lineker calciatore è dovuta alle sue prestazioni con la nazionale inglese. L’attaccante esordisce con i Tre Leoni nel 1984, per poi diventare immediatamente titolare fisso tra l’ultima stagione al Leicester e quella all’Everton. Questo significa che Lineker è il bomber designato da Bobby Robson per i Mondiali del 1986.

Dopo un inizio stentato, sia per lui che per la squadra, il centravanti dà fuoco alle polveri nel match contro la Polonia, decisivo per il passaggio nel girone, segnando una tripletta. Arrivano poi due reti negli ottavi di finale contro il Paraguay e il gol nel match più famoso della storia del calcio, quello contro l’Argentina di Diego e della Mano de Dios.

Il gol di Lineker agli ottavi di finale in Mexico '86!

I sei centri gli permettono però di assicurarsi il titolo di capocannoniere del mondiale e di sfiorare il Pallone d’Oro di quell’anno, in cui arriva secondo.

A Euro 1988 l’Inghilterra delude e Lineker resta a secco, ma il bomber ha modo di rifarsi a Italia ’90. Anche stavolta Robson gli affida l’attacco inglese e non resta deluso. Lineker segna ai gironi contro l’Irlanda ed è decisivo ai quarti contro il Camerun, finendo sul tabellino anche nella sfortunata semifinale con la Germania, persa ai rigori.

La sua carriera in nazionale termina con gli Europei del 1992, vinti, a sorpresa per le scommesse sportive, dalla Danimarca, e con lo score di 48 reti in 80 presenze, che lo rende attualmente il quarto miglior marcatore di sempre dell’Inghilterra.

E poi è cominciata quella di volto televisivo, che lo vede da 25 anni alla guida di Match of the Day, la trasmissione sul calcio più amata d’oltremanica dagli appassionati di quote Premier League, confermando per l’ennesima volta il suo status di…tesoro nazionale!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

April 8, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Titì Henry, i numeri di una leggenda

Quando si parla di fuoriclasse che non sono mai riusciti a vincere il Pallone d’Oro, uno dei nomi che viene sempre inserito nella lista è quello di Thierry Henry. Ma del resto, il più importante riconoscimento individuale è uno dei pochi che gli mancano, perché l’attaccante francese classe 1977, attualmente tecnico dell’Under-21 dei Bleus, ha vinto praticamente tutto (o quasi) quello che poteva.

Henry ha segnato 417 reti in 936 partite

In una carriera cominciata al Monaco e passata per Juventus, Arsenal, Barcellona e New York Red Bulls, Titì (questo il suo soprannome da sempre) ha vinto 17 trofei a livello di club, un Mondiale, un Europeo e una Confederations Cup con la nazionale francese (di cui è il secondo miglior marcatore di sempre con 51 gol in 123 presenze) e ha ottenuto un elenco di premi individuali troppo lungo per essere riportato.

Basterebbe dire che è stato per quattro volte capocannoniere della Premier League, che è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio di Sua Maestà, che è stato votato come miglior straniero di sempre del campionato inglese e che è uno dei pochi ad aver vinto la Scarpa d’Oro per due anni di fila.

Del resto, si parla di un calciatore da 417 reti in 936 partite tra club e nazionale.

Con il Monaco 28 gol in 141 partite per Titì

Come quella di Mbappè, la carriera da professionista di Henry comincia al Monaco nella stagione 1994/95, quando il giovane attaccante si mette in mostra sia con la maglia della seconda squadra (19 presenze e 6 reti) e viene lanciato dall’allenatore, Arsene Wenger, che gli regala le prime apparizioni tra i grandi (3 gol in 8 partite).

Il club del Principato dà subito fiducia al calciatore originario delle Piccole Antille, che nella seconda stagione scende in campo 18 volte e segnando in 3 occasioni. Al Monaco Wenger schiera Henry come ala per sfruttarne il passo e il dribbling e l’idea dell’alsaziano viene premiata. Nella stagione 1996/97 il club vince il campionato francese anche grazie ai suoi 9 gol in 36 presenze.

Nell’annata 1997/98 il Monaco porta a casa la Supercoppa francese, ma soprattutto arriva in semifinale di Champions League, grazie alle 7 reti di Henry in 9 partite. Che il francese sia destinato ad altri palcoscenici è quasi scontato e quindi nel gennaio 1999 arriva la Juventus, che lo acquista per 21 miliardi per sostituire l’infortunato Del Piero. L’esperienza al Monaco termina così con 28 gol in 141 partite.

Il passaggio alla Juve di Henry

I sei mesi a Torino sono decisamente i peggiori nella carriera di Henry, che capita in una stagione sfortunata e non riesce a mettersi in luce.

Henry con la 6 bianconera!

Dopo appena 20 presenze e 3 reti, i bianconeri lo cedono per 10 milioni di sterline all’Arsenal, dove nell’agosto 1999 l’attaccante ritrova Wenger.

Henry bomber dell'Arsenal degli invincibili

Stavolta l’alsaziano non ha un bomber puro come David Trezeguet e decide di utilizzare Henry come attaccante centrale, invece che come esterno. È la mossa che cambia la carriera del calciatore e la storia recente dell’Arsenal.

Basterebbe pensare che con i Gunners gioca 377 partite segnando 228 reti, scendendo solo in una stagione sotto i 20 gol (e a causa degli infortuni): il suo tiro a giro di destro è leggenda!

Henry in gol al Liverpool

Il suo arrivo ad Highbury e poi all’Emirates rappresenta l’inizio dell’ultimo grande ciclo del club londinese, che grazie al numero 14 vince due volte il campionato, tre FA Cup e due Charity Shields.

È l’Arsenal degli invincibili, che nella stagione 2003/04 porta a casa la Premier senza subire neanche una sconfitta e con il francese capocannoniere con 30 gol, che in totale fanno 39 comprese le coppe.

Tra 1999/2000 e 2006/07 i numeri del transalpino sono incredibili per le quote Premier League: i gol sono rispettivamente 26, 22, 32, 32, 39, 30, 33 e 12, in quella che temporaneamente è l’ultima stagione in Inghilterra.

Henry vince la Champions con il Barcellona

Nel 2007 Henry si trasferisce per 24 milioni al Barcellona, alla ricerca di quella Champions League che gli è sfuggita con i Gunners (perdendo in finale proprio contro il Barça).

Risultato ottenuto, perché nei tre anni passati al Camp Nou il francese riempie ulteriormente il suo palmares. Sotto la guida di Pep Guardiola Titì vince due volte la Liga, una Coppa di Spagna, una Supercoppa spagnola, ma soprattutto la Champions 2008/09 nell’anno del primo leggendario triplete blaugrana, a cui si aggiungono poi la Supercoppa UEFA e il Mondiale per Club per una sestina clamorosa, anche per le scommesse calcio!

Henry in gol in Champions

A questi trionfi Henry contribuisce con 49 gol in 121 partite, soprattutto i 26 complessivi nella stagione del Triplete.

Thierry Henry negli States

A giugno 2010 il francese decide di provare una nuova avventura, quella in MLS. Firma per i New York Red Bulls, con cui termina la prima stagione con 2 gol in 12 presenze, per poi migliorare decisamente in quella successiva, chiusa con 15 marcature in 29 match.

Nel gennaio 2012 Henry fa un tanto breve quanto romantico ritorno all’Arsenal in attesa di cominciare la stagione negli USA, segnando gli ultimi due dei 228 gol con la maglia dei Gunners.

La sua carriera poi termina con altre tre stagioni a New York, vincendo anche l’MLS Supporters’ Shield e segnando un totale di 52 gol in 135 presenze, che gli fanno appendere gli scarpini al chiodo con 366 marcature in 813 partite con i club.

Henry fenomeno anche nei Bleus

Ma non si può raccontare la storia di Henry prescindendo dalla nazionale francese, in quel momento non ancora la favorita d'obbligo per le scommesse sportive. Dal momento del suo debutto, a fine 1997, l’attaccante transalpino diventa subito titolare fisso dell’attacco dei Bleus, facendo coppia anche nella selezione con l’amico Trezeguet.

Titì è Campione del Mondo nel 1998, segnando tre reti e giocando in tutte le partite tranne la finale. Tempo due anni e arriva un altro trofeo, il campionato europeo.

Il francese stavolta gioca da titolare tutte le partite e firma il trionfo continentale della Francia con tre reti, compresa quella che permette ai transalpini di pareggiare la semifinale con il Portogallo, poi vinta in rimonta.

Dopo il pessimo mondiale 2002, la Francia vince anche la Confederations Cup, di cui Henry si laurea capocannoniere con 4 reti. È l’ultimo trionfo con la nazionale per l’attaccante, che però fa in tempo a essere presente anche agli Europei del 2004 e del 2008, così come ai mondiali 2006 (uscendo in finale subito dopo il rosso a Zidane) e a quelli del 2010, dove gioca le sue ultime partite con la selezione.

Con i suoi 51 gol è stato a lungo il miglior marcatore della storia della Francia, prima di essere superato da Olivier Giroud e in attesa di vedersi passare avanti anche Kylian Mbappè. Ma di certo, la sua impronta sulla nazionale Henry l’ha lasciata. Così come (quasi) in ogni club con cui ha giocato!  

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

April 6, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Il Como è un club pronto anche per la Serie A

Se ci si chiede quale sia la proprietà più ricca del sistema calcio in Italia, la risposta può essere meno ovvia di quanto ci si aspetti. Il primo pensiero può andare alla Juventus e alla famiglia Agnelli, oppure alle proprietà di Inter, Milan o Roma, straniere e con ottime disponibilità economiche.

E invece no, perché per trovare i proprietari più ricchi del pallone tricolore bisogna scendere in Serie B (anche se forse ancora per poco) e sbarcare a Como. Sulle rive del lago infatti i due fratelli Hartono hanno fatto partire nel 2021 un progetto con l’obiettivo di riportare il club lombardo in Serie A e di trasformarlo in una realtà del nostro calcio.

Il patrimonio dei proprietari del Como

Ma chi sono i fratelli Hartono? E qual è il loro patrimonio?

La risposta è dolcissima alle orecchie di qualsiasi tifoso del Como, perché Robert Budi e Michael Bambang Hartono sono indonesiani ma soprattutto sono i proprietari della Djarum, un’azienda che produce le tipiche sigarette kretek e che li ha resi gli uomini più ricchi di Indonesia negli ultimi quattordici anni, con un patrimonio che secondo Forbes nel 2023 era di 48 miliardi di dollari e che nel 2024 è già salito a oltre 60 miliardi.

La galassia della multinazionale Djarum

Partendo da una piccola azienda a produzione locale, la Djarum si è ingrandita fino a creare un giro di affari che ha prima visto un’espansione nel sud-est asiatico e poi la produzione e la vendita di sigarette in tutto il mondo.

Come tutte le multinazionali, anche la Djarum ha deciso di diversificare i propri asset, motivo per cui nel 1997 è entrata a far parte di una cordata che ha salvato la Bank of Central Asia (di cui l’azienda dei fratelli Hartono ora possiede il 51%) e negli ultimi decenni è entrata nel mondo dell’e-commerce (Bibli), dei supermercati (Ranch Market), della produzione di cibo e anche dei media, con la creazione della SENT Entertainment (media company con base nel Regno Unito) e del servizio in streaming OTT Mola.

E proprio queste ultime due incarnazioni del gruppo Djarum sono quelle che hanno il legame con il Como. La società lariana è infatti stata acquistata nel 2019 dai due fratelli indonesiani attraverso la SENT, quasi in concomitanza con il ritorno del club in Serie C dopo che la squadra era sprofondata in D in seguito al fallimento del 2017.

L'app di Mola TV

Attraverso Mola, che è diventato sponsor principale nel 2021, è stata anche creata la TV OTT del Como, chiamata appunto Como TV, che ha trasmesso, come ricorderanno gli appassionati di scommesse sportive internazionali, anche alcune partite delle qualificazioni sudamericane ai Mondiali 2022.

Per il Como l'obiettivo è la Serie A

Dal punto di vista sportivo il cambio di proprietà ha portato al ritorno in Serie B al termine della stagione 2020/21, ma anche all’adeguamento dello stadio Giuseppe Sinigaglia alla categoria cadetta, con l’installazione della tecnologia necessaria per l’utilizzo della VAR e della Goal Line Technology.

E ora l’obiettivo è la Serie A, un campionato che il Como non frequenta ormai da oltre vent’anni, con l’ultima esperienza che risale alla stagione 2002/03, con in panchina prima Loris Dominissini e poi Eugenio Fascetti e con in campo, tra gli altri, Benito Carbone, Daniel Fonseca, Fabio Pecchia e Benoit Cauet.

Nonostante una proprietà decisamente attrezzata dal punto di vista economico e con una conoscenza importante del mondo dei media, il Como targato Djarum ha però intrapreso una strada poco appariscente e assai concreta. Niente acquisti di grido, ma una programmazione in grado di conciliare la resa sul campo e un certo equilibrio nei conti.

Il Como ha un monte ingaggi di 22 milioni di euro

La squadra della stagione 2023/24 che è arrivata in Serie A, tanto per fare un esempio, è stata costruita con una spesa totale per i nuovi arrivi che si avvicina agli 11 milioni di euro.

Una cifra che può sembrare alta, ma che deve tener conto che il numero di calciatori arrivati sul Lago supera i 20 e che la spesa massima per un cartellino è stata di 2 milioni, quelli versati al St Louis City per lo statunitense Nicholas Gioacchini e al Cagliari per Alberto Cerri.

L’aspetto su cui ha spinto parecchio il Como è invece quello degli stipendi, considerando che la rosa attuale costa al club circa 22 milioni di euro a stagione, che è il terzo monte ingaggi del campionato cadetto. 

I ruoli di Dennis Wise e Cesc Fabregas nel Como

Ma la cosa che salta di più all’occhio è che il club si è affidato ad alcuni personaggi dal pedigree calcistico che definire importante è dire poco.

Wise amministratore delegato del Como

Basterebbe pensare che l’amministratore unico della società è Dennis Wise, prima parte integrante della Crazy Gang del Wimbledon, con cui ha vinto la storica FA Cup 1987/88 da assoluto outsider per le scommesse calcio, e poi per oltre un decennio bandiera del Chelsea, sollevando altre due volte la FA Cup, un League Cup, una Charity Shield e il double Coppa delle Coppe Supercoppa Europea quando in panchina c’era il leggendario Gianluca Vialli.

Wise è diventato l’uomo di fiducia dei fratelli Hartono, che già nel 2019 lo avevano inserito nell’organigramma e poi nel 2021 lo hanno reso amministratore unico. Ma, e Wise probabilmente non se ne avrà, a Como c’è soprattutto un calciatore fresco di ritiro che…ha vinto quasi tutto, ovvero Cesc Fabregas.

L’ex centrocampista di Arsenal, Barcellona, Chelsea e Monaco, che ha in bacheca un Mondiale e due Europei con la Spagna e 12 trofei con i club, ha chiuso la sua carriera proprio a Como, per poi diventare allenatore della Primavera, tecnico ad interim della prima squadra e attualmente allenatore in seconda. 

Il club lariano è decisamente all'avanguardia

Oltre a un’esperienza nel mondo del calcio a livelli altissimi, Fabregas è anche un testimonial non di poco conto, sia per eventuali investitori (lui stesso ha acquistato quote del club) che dal punto di vista mediatico.

Cesc in panchina con il Como

E non sorprende dunque che, per essere una squadra attualmente in cadetteria, il Como, pur tra le favorite per le quote Serie B, ha un seguito social molto ampio e ha anche ricevuto parecchi apprezzamenti per i materiali tecnici. La maglia della scorsa stagione, che è stata riproposta anche in quella corrente, è stata ispirata dalle onde del lago ed è stata considerata una delle migliori prodotte nel calcio italiano da tifosi e addetti ai lavori tricolori ed esteri.

Insomma, i lariani cominciano a essere una realtà importante del pallone nostrano. E sarà meglio fare attenzione, perché con le possibilità economiche dei fratelli Hartono nessun obiettivo rischia di essere precluso al club lombardo… 

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy. Prima pubblicazione 2 aprile 2024.

May 11, 2024
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Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.

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La fantastica generazione Haaland

Nel calcio moderno sembra sempre più complicato trovare un buon centravanti. E non sorprende per nulla che le squadre che ne hanno uno se lo tengano ben stretto, costringendo chi è alla ricerca a sborsare cifre iperboliche per garantirsi (o per provare a farlo!) un numero 9 in grado di segnare vagonate di gol.

Haaland può battere tutti i record di gol

Il termine di paragone recente, e non potrebbe essere altrimenti, è Erling Braut Haaland.

Il norvegese del Manchester City, che sta infrangendo record su record sia in Premier League che in Champions League, è poco sorprendentemente il calciatore con il valore di mercato più alto del mondo, 180 milioni di euro secondo Transfermarkt, un primato che condivide con un altro goleador straordinario (che però proprio centravanti non è) come Kylian Mbappè.

E dire che i Citizens, sfruttando il suo contratto con il Borussia Dortmund ed una straordinaria operazione studiata per tempo dal leggendario Mino Raiola, non lo hanno pagato tantissimo, sborsando “appena” la sessantina di milioni della clausola rescissoria per portarlo all’Etihad, mentre i rivali del Liverpool, tanto per fare un esempio, hanno dovuto pagarne 100 al Benfica per il bomber uruguaiano Darwin Nunez.

Insomma, il norvegese, che in nazionale ha il privilegio di giocare con il capitano dell'Arsenal, il meraviglioso Martin Odegaard, è senza dubbio il miglior centravanti del mondo in questo momento. E sarà lo spirito di emulazione, ma la scuola dei bomber scandinavi vive un momento molto positivo, che dimostra che da quelle parti non è solo Haaland a vedere la porta con frequenza.

Lo United punta sul danese Hojlund

E non si può non partire da quella che in fin dei conti non può che configurarsi come la risposta del Manchester United ai cugini del City. Nella ricerca di un centravanti in grado di segnare con continuità, i Red Devils hanno infatti guardato anche loro alla Scandinavia, anche se alla parte più meridionale della regione, ovvero la Danimarca.

Anche se in realtà l’obiettivo di mercato dello United giocava in un paese molto poco scandinavo, ovvero l’Italia.

Scatto d'autore per Rasmus Hojlund

Per convincere l’Atalanta a cedere Rasmus Højlund ci sono voluti 75 milioni di euro, ma con il suo acquisto gli inglesi si sono assicurati un calciatore giovanissimo (classe 2003) con le stimmate del predestinato. Prima di approdare a Zingonia agli ordini di Gian Piero Gasperini, Højlund è cresciuto nelle giovanili del Brondby, per poi passare all’FC Copenhagen, con cui ha esordito nel 2020.

Il suo talento è stato notato dagli austriaci dello Sturm Graz, che lo hanno pagato 1,5 milioni nel gennaio 2022, per poi cederlo dopo appena sei mesi alla Dea per 17 milioni. Mancino rapidissimo, il danese non ha mai negato di ispirarsi proprio ad Haaland, anche come marcatore per le quote Premier League!

Tra l'altro Højlund ha segnato cinque reti in sei partite di Champions League, ma ha avuto più di qualche difficoltà a trovare la prima marcatura in campionato, salvo poi sbloccarsi a fine 2023 e andare a segno per sei match di fila. Il che dimostra che i paragoni con il centravanti del City non sono poi così esagerati…

Jonas Wind, il vento del gol

Rimanendo in Danimarca, un altro centravanti molto interessante è Jonas Wind. Classe 1999, il danese è attualmente in forza al Woflsburg, ma le sue prestazioni in Bundesliga (campionato in cui si è cimentato anche Haaland per un paio di anni) stanno attirando parecchio interesse.

Cresciuto anche lui nel vivaio dell’FC Copenhagen, Wind si è trasferito in Germania nel gennaio 2022 per 12 milioni e nel frattempo il suo valore si è più che raddoppiato, anche vista la capacità di giocare da seconda punta, con parecchi assist a referto al Wolfsburg oltre ai gol.

Con un contratto in scadenza nel 2026 e un valore di mercato di 25 milioni, non è improbabile che nella prossima estate il centravanti trovi una nuova e più importante collocazione.

La Svezia gioca la carta Alexander Isak

E la Svezia? La nazione che ha regalato al calcio bomber implacabili come Gunnar Nordahl e stelle come Zlatan Ibrahimovic è alla costante ricerca proprio dell’erede di Ibra. Quello che ci si avvicina di più al momento è Alexander Isak, gran bel centravanti del Newcastle.

Un bellissimo gol di testa di Alexander Isak

Cresciuto nell’AIK, lo svedese classe 1999 è stato acquistato giovanissimo dal Borussia Dortmund, ma in Germania non ha avuto chissà quale impatto, venendo ceduto prima in prestito al Willem II e poi definitivamente alla Real Sociedad.

Le ottime prestazioni in Spagna gli sono però valse l’interesse delle Magpies, che lo hanno pagato 70 milioni di euro. La tecnica importante in un fisico imponente che sfiora i due metri e il fiuto del gol rendono Isak una delle stelle della Premier: per gli appassionati di scommesse calcio, ricordiamo che lo svedese è anche un ottimo rigorista.

Viktor Gyokeres ottima opzione come marcatore

E poi c’è chi invece è uscito fuori alla distanza, ma ora si sta riprendendo il tempo perso. Viktor Gyökeres, anche lui svedese classe 1998, è la nuova stella del pallone scandinavo grazie alla straordinaria stagione che sta vivendo a Lisbona con la maglia dello Sporting.

I biancoverdi lo hanno acquistato nell’estate 2023 dal Coventry City, dove aveva segnato parecchio in Championship, ma le esperienze precedenti (al Brighton e poi in prestito a St. Pauli, Swansea City e a Coventry prima del riscatto) non avevano convinto fino in fondo.

Evidentemente il centravanti di origini ungheresi, spesso e volentieri primo marcatore, aveva solo bisogno di carburare, visto che in Portogallo viaggia a una media di quasi un gol a partita, giustificando parecchio un valore di mercato di 55 milioni, quasi il triplo di quanto lo ha pagato lo Sporting.

Pohjanpalo prontissimo per la Serie A

Per chiudere la panoramica scandinava mancano la Finlandia e l’Islanda. Con l’eterno Teemu Pukki che ormai viaggia verso la fine della carriera, il miglior centravanti finlandese attuale gioca in Italia, a Venezia, ed è Joel Pohjanpalo, sempre un'ottima opzione di marcatore per le scommesse sportive!

Pohjanpalo festeggiato dai suoi compagni

Arrivato in laguna nel 2022 dal Bayer Leverkusen, il bomber nato a Helsinki nel 1994 ha una lunga esperienza in Germania, dove è arrivato nel 2013 firmando proprio per le Aspirine, che poi lo hanno girato in prestito in parecchie squadre di Bundesliga.

A Venezia l’attaccante ha trovato il suo ambiente ideale e sta ripagando la fiducia del club a suon di gol, che gli permettono di essere l’attuale capocannoniere del campionato cadetto davanti a Massimo Coda e di sperare di approdare in A con i veneti.

Generazione Gudjohnsen per l'Islanda

E se l’Islanda vuole l’erede di Eidur Gudjohnsen, stella del Chelsea e del Barcellona, può cercarlo in famiglia perché suo figlio Andri, classe 2002, sta seguendo le orme del celebre padre.

In forza al Lyngby, ma di proprietà del Norrkoping, il figlio d’arte islandese sta facendo parlare di sé soprattutto con la nazionale, confermando il momento d’oro dei bomber scandinavi.

Sempre per la Nazionale passata alla storia per il fantastico cammino ad EURO 2016, impossibile non citare la fortissima seconda punta del Genoa, Albert Gudmundsson!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

April 1, 2024
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

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Gli Azzurri ed il Ranking FIFA

Quando si gioca un grande torneo (ed Euro 2020 ne è la dimostrazione lampante) non è mai il caso di sottovalutare la nazionale italiana. Gli Azzurri negli ultimi anni hanno avuto difficoltà a qualificarsi alla Coppa del Mondo, saltandone due edizioni consecutive, ma quando la nostra selezione stacca il pass per una competizione internazionale, meglio fare attenzione.

Del resto l’Italia è una delle nazionali che da quando esiste il ranking FIFA può vantare di aver raggiunto più volte la prima posizione e anche di non essere (quasi) mai scesa al di sotto della ventesima.

Certo, il piazzamento degli azzurri nella graduatoria è stato abbastanza altalenante, ma riflette alla perfezione la serie di alti e bassi sportivi che hanno investito la nostra selezione negli ultimi trent’anni.

Con le quote Serie A che indicano una grande incertezza per il quarto e quint posto che potrebbero valere entrambi un milionario slot per la prossima Champions, concentriamoci su una lettura dedicata agli Azzurri!

L'Italia seconda all'uscita del ranking

Nel primo ranking, quello pubblicato nel dicembre 1992, l’Italia di Arrigo Sacchi si classifica seconda, dietro solamente alla Germania campione del mondo in carica. Gli Azzurri hanno mancato la qualificazione agli Europei dello stesso anno, ma da quando il CT è il vate di Fusignano le cose vanno molto meglio.

La nazionale vince il suo gruppo di qualificazione ai Mondiali del 1994 con una serie di risultati positivi che la porta a prendersi il primo posto nella classifica già nel novembre 1993.

Le amichevoli di altissimo profilo (e il calcolo dell’epoca, che non tiene conto della forza degli avversari) fanno però subito precipitare gli Azzurri, che a maggio 1994 sono alla posizione numero 16, per poi partire per i mondiali negli USA da quarti nel ranking.

Il secondo posto in campo, figlio della sconfitta ai calci di rigore contro il Brasile, vale anche quello nella graduatoria, alle spalle dei verdeoro, una posizione che tra alti e bassi l’Italia tiene fino a Euro 1996.

Gigi Tyson Casiraghi

L’eliminazione al primo turno dalla competizione che si tiene in Inghilterra porta all’addio di Sacchi e gli Azzurri terminano l’anno, sotto la guida di Cesare Maldini, in decima posizione.

Il 1997 vede un rendimento ancora in calo, con la sedicesima posizione visitata di nuovo nell’ottobre di quell’anno, quando però poi l’Italia batte la Russia e stacca il biglietto per Francia ’98, rientrando in top 10.

Il ranking tricolore tra Zoff e Trap

Una serie di alti e bassi porta gli Azzurri a iniziare la Coppa del Mondo dal quattordicesimo posto, che diventa poi ottavo dopo l’eliminazione da parte dei padroni di casa, ma anche sesto al termine del 1998, quando il CT è diventato Dino Zoff.

Con DinoMito in panchina l’Italia si qualifica agevolmente a Euro 2000 e compie un balzo in avanti che le fa passare quasi tutto il 1999 al quarto posto, salvo poi crollare a causa delle prestazioni in amichevole, scendendo alla posizione numero 14, quella con cui la nazionale inizia gli Europei.

La tecnica di Stefano Fiore

Il secondo posto nel torneo, con la beffa del golden gol contro la Francia, rispedisce l’Italia dritta in top 10, mantenuta agevolmente anche nei primi due anni dell’era di Giovanni Trapattoni, quelli che portano ai Mondiali in Giappone e Corea del Sud, a cui gli Azzurri si presentano forti del numero 6 della classifica.

L’eliminazione per mano della Corea del Sud agli ottavi di finale spedisce di nuovo l’Italia fuori dalle prime 10, una situazione che perdura, con due brevi apparizioni in decima posizione, anche dopo Euro 2004 e l’addio del Trap.

Gli Azzurri Campioni del Mondo tornano primi

Persino l’arrivo in panchina di Marcello Lippi non fa miracoli, al punto che gli Azzurri iniziano la Coppa del Mondo 2006 in tredicesima posizione e non sono certo tra i favoriti dei quotisti per le scommesse sportive in Germania.

Ma siccome l’Italia… è fatta così, il torneo termina con Fabio Cannavaro che alza la coppa al cielo di Berlino dopo la finale vinta ai calci di rigore contro la Francia e con il ranking che dice secondo posto fino a febbraio 2007, quando per la prima volta dopo quasi tre lustri la nostra selezione si issa in vetta alla graduatoria.

L'esultanza di DDR

Settembre 2007 è però l’ultimo momento di primato italiano, anche se attraverso i due anni di Roberto Donadoni (eliminato dalla Spagna a Euro 2008) e il ritorno di Lippi l’Italia mantiene agevolmente la top 10, iniziando i Mondiali in Sudafrica da quinta forza del calcio mondiale.

Con Ventura scendiamo fino alla ventesima posizione

Peccato che l’esperienza iridata sia pessima, con un’eliminazione al primo turno che porta al secondo addio del CT e a un crollo nel ranking, fino a tornare al solito sedicesimo posto nell’ottobre 2010.

La fase discendente dura poco, perché già all’inizio dell’era di Claudio Prandelli gli Azzurri si fanno rivedere in top 10, raggiungendo poi di nuovo la quarta posizione a fine 2012, dopo il secondo posto agli Europei dietro la Spagna. Il periodo che porta ai Mondiali 2014 è altalenante, con l’Italia che si presenta in Brasile in nona posizione, per poi precipitare di nuovo in seguito all’eliminazione al primo turno subita in Sudamerica.

Da luglio 2014 all’inizio del 2021, la nazionale italiana non riesce mai ad andare oltre il decimo posto, neanche dopo i quarti di finale agli Europei 2016, raggiunti sotto la guida di Antonio Conte.

Il peggior crollo della storia azzurra è ovviamente quello di marzo 2018, quando, con in panchina Gian Piero Ventura, la nazionale manca la qualificazione ai Mondiali in Russia, toccando la ventesima posizione, che poi diventerà ventunesima (peggior ranking di sempre) nell’agosto 2018.

L'Italia del record di risultati utili

A far riprendere fiato a tutti arriva Roberto Mancini, che qualifica la selezione agli Europei 2020, che poi si terranno l’anno successivo per le note problematiche sanitarie.

L’Italia fa partire quella che diventerà la sua serie record di partite senza sconfitte, 37 tra ottobre 2018 e settembre 2021 e si presenta alla competizione con la settima posizione nel ranking, che poi diventa quinta e ancora più tardi quarta in seguito al trionfo della notte di Wembley, con la vittoria degli Europei ai calci di rigore contro l’Inghilterra.

La fine della striscia positiva ha fatto perdere qualche posizione agli Azzurri, che però non sono più usciti dalla top 10 (anche grazie alle buone prestazioni in Nations League), paradossalmente neanche quando la nostra nazionale non si è qualificata per i mondiali 2022 in Qatar in seguito alla sconfitta agli spareggi contro la Macedonia del Nord.

Con gli Europei 2024 che si avvicinano, la squadra che ora, dopo le dimissioni di Mancini, è in mano a Luciano Spalletti è in nona posizione e dovrebbe cominciare la rassegna continentale ai bordi della top 10.

Il che comunque, visto quanto avvenuto in passato, non dà garanzie alle avversarie, neanche all'Inghilterra terza che gli Azzurri non volino in Germania per prendersi il bottino pieno!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

March 15, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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L'Inghilterra al terzo posto del ranking FIFA

Quando nel 1996 è nata Three Lions, la canzone dedicata alla nazionale inglese che disputava in casa gli Europei, il testo raccontava che “thirty years of hurt never stopped me dreaming”, ovvero “trent’anni di dolore non hanno fermato i miei sogni”. E ogni riferimento al periodo passato dalla vittoria della Coppa del Mondo casalinga del 1966 non era per nulla casuale.

Peccato che ormai sia arrivato il 2024 e che gli anni di dolore per gli inglesi siano ormai ben 58. E nel caso la squadra di Southgate non riesca a vincere il suo primo Europeo in Germania, arriverà ai Mondiali del 2026 con il peso di ben sei decenni alla ricerca di un’altra vittoria.

Gary Lineker

Davvero una situazione particolare, se si pensa che nel corso degli anni sono state parecchie le selezioni di Sua Maestà con un potenziale eccezionale. Basterebbe ricordare la Golden Generation dei vari Steven Gerrard, Frank Lampard, Rio Ferdinand, Wayne Rooney, che però non ha ottenuto nessun alloro.

O le ottime prestazioni dell’Inghilterra degli ultimi anni, che però si è sempre fermata a pochi metri dal traguardo sia ai Mondiali che agli Europei.

L'Inghilterra è la favorita di Euro 2024

Eppure i Tre Leoni partiranno per la Germania nel novero delle grandi favorite, visto che Kane e soci di minoranza hanno vinto il loro gruppo di qualificazione, con avversarie come Italia, Ucraina e Macedonia del Nord, con sei vittorie e due pareggi, segnando 22 gol e subendone solo 4.

E poi il ranking parla chiaro, con la squadra di Southgate che attualmente è al terzo posto, di poco davanti al Belgio e dietro solamente alle due nazionali che si sono giocate la Coppa del Mondo in Qatar, ovvero Argentina (prima) e Francia (seconda). Italia nona...

Inglesi terzi nel ranking FIFA

Si tratta della posizione più alta nella storia dell’Inghilterra, che non è mai andata oltre il terzo posto negli oltre trent’anni in cui esiste la classifica FIFA.

E se è vero che negli ultimi quattro anni gli inglesi non sono mai scesi sotto il quinto posto, dimostrando una costanza invidiabile, bisogna anche ricordare che dal 1992, anno di creazione del ranking, non sono stati pochi gli alti e bassi da parte della selezione di Sua Maestà, tra periodi molto positivi e momenti assai negativi…

Che delusione l'Europeo del 1996 in casa

Dunque, meglio andare per ordine e partire dal dicembre 1992, dalla prima classifica FIFA (anche se il ranking non sarà ufficiale fino all’agosto 1993). L’Inghilterra, che all’epoca è guidata da Graham Taylor, parte al quinto posto a fine 1992, grazie alla qualificazione agli Europei dell’estate precedente, terminati però con l’eliminazione nei gironi.

Non va per niente meglio per quanto riguarda USA ’94, considerando che gli inglesi a novembre 1993 perdono addirittura il biglietto per gli States, il che porta anche all’esonero del CT, sostituito da Terry Venables. El Tel prende una nazionale alla posizione numero 11 del ranking e per sua fortuna non deve preoccuparsi della qualificazione agli Europei successivi, visto che l’Inghilterra ci accede da paese ospitante.

I tanti pareggi ottenuti nella preparazione a Euro 96 però fanno scendere di parecchio i Tre Leoni di Gazza e Shearer nel ranking (che all’epoca non teneva conto della difficoltà dei match), motivo per cui gli inglesi arrivano alla manifestazione casalinga con la peggior classifica della loro storia, il ventisettesimo posto.

L'alano Shearer

L’ottima prestazione al Campionato Europeo, il quarto posto con l’eliminazione in semifinale ai rigori contro la Germania, fa riavvicinare gli inglesi alla top 10.

A riportarceli è il nuovo commissario tecnico Glenn Hoddle, che grazie al girone di qualificazione ai Mondiali 1998 vinto fa raggiungere all’Inghilterra il suo (fino a quel momento) best ranking, il quarto posto a fine 1997, salvo poi uscire di nuovo dalle prime 10 in seguito all’eliminazione in Francia per mano dell’Argentina agli ottavi di finale.

Tra fine 1998 e 2001 i Tre Leoni vivono un nuovo periodo complicato, in cui si succedono ben quattro CT: Hoddle, Kevin Keegan, Howard Wilkinson e Peter John Taylor, con la squadra che viene eliminata al primo turno a Euro 2000 nella classifica FIFA oscilla costantemente tra decimo e ventesimo posto.

La Nazionale di Eriksson

Ci vuole l’arrivo in panchina dello svedese Sven-Goran Eriksson per ripartire di slancio. Grazie agli ottimi risultati nelle qualificazioni ai Mondiali 2002 (con tanto di clamoroso 1-5 alla Germania) l’Inghilterra torna in top 10 e negli anni successivi riesce quasi sempre a rimanerci.

Sia nella Coppa del Mondo che nei successivi Europei gli inglesi arrivano agli ottavi di finale sotto la guida dell’ex allenatore della Lazio, che approccia ai Mondiali 2006 con una rosa infarcita di campioni e partendo dal quinto posto del ranking, arrivando poi anche al quarto. Ma in Germania c’è l’ennesima delusione, con l’eliminazione ai quarti di finale ai calci di rigore contro il Portogallo.

Don Fabio fermato da una svista arbitrale

Dopo Eriksson, la panchina tocca a Steve McLaren, che però fallisce la qualificazione a Euro 2008 e fa di nuovo precipitare i Tre Leoni fuori dalla top 10. Dunque, la FA sceglie un altro mostro sacro della Serie A, Fabio Capello, che guida l’Inghilterra fino al 2012, con l’eliminazione agli ottavi di finale in Sudafrica.

Una bellissima immagine di un gesto tecnico di Waine Rooney

Il tecnico di Pieris lascia la panchina a pochi mesi dagli Europei in Polonia e Ucraina e viene sostituito ad interim da Stuart Pearce e poi da Roy Hodgson, che porta la squadra ai quarti di finale nella manifestazione continentale. Un risultato che però non impedisce alla selezione inglese di raggiungere per la prima volta la posizione numero 3 del ranking, proprio in seguito agli Europei 2012.

Il pessimo Mondiale brasiliano

La gioia però dura poco, perché si apre un altro periodo duro.

La qualificazione ai Mondiali 2014 non è semplice e in Brasile gli inglesi escono al primo turno, peraltro con l’ultimo posto nel loro girone e la prestazione iridata è così pessimo che nel ranking l’Inghilterra crolla dal decimo posto a inizio manifestazione al ventesimo al termine del torneo. Hodgson e i suoi si rifanno con un girone di qualificazione perfetto a Euro 2016, rientrando in top 10, ma in Francia escono per mano della sorprendente, anche per le scommesse calcio, Islanda, con tanto di dimissioni di Hodgson.

Southgate inizia una nuova era piena di speranze

Dopo il breve periodo in carica di Sam Allardyce, a fine 2016 diventa CT Gareth Southgate, artefice del nuovo rinascimento della nazionale di Sua Maestà. Con alla guida l’ex difensore l’Inghilterra si qualifica ai Mondiali del 2018, dove la squadra raggiunge il quarto posto, riprendendosi la top 10 per non lasciarla più.

A partire dal 2019, grazie alle buone prestazioni nelle qualificazioni a Euro 2020 e nella neonata Nations League, gli inglesi mantengono il quarto posto per oltre due anni, fino ad arrivare al terzo a settembre 2021, dopo la sconfitta in finale, sicuramente da favoriti per le scommesse, agli Europei contro l’Italia.

Nel 2022 Southgate e i suoi sono fissi in quinta posizione (con l’eliminazione ai quarti di finale in Qatar), ma con la qualificazione agevole a Euro 2024 si sono riportati al terzo posto nel 2023.

E ora? Se gli uomini di Sua Maestà riusciranno a fare il grande salto ce lo dirà il torneo in Germania, dove proveranno a interrompere gli anni di dolore prima che…diventino 60!

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da Alamy.

March 14, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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Adriano Panatta, l'ambasciatore dello sport azzurro

Prima che arrivasse quell’uragano chiamato Jannik Sinner a riscrivere la storia del tennis italiano, il più vincente dell’era Open tra i nostri giocatori era certamente Adriano Panatta.

I titoli vinti da Adriano Panatta

Con i suoi 10 titoli ATP conquistati, tra cui il Roland Garros vinto nel 1976, e la Coppa Davis conquistata nello stesso anno, il tennista romano è stato a lungo il giocatore azzurro con più tornei in bacheca, l’ultimo italiano a conquistare un titolo dello Slam in campo maschile e quello che aveva raggiunto la posizione più alta nel ranking ATP.

Oggi che il talento di San Candido sta riscrivendo tutti i suoi record, compreso il numero di vittorie consecutive, 16, Panatta rimane comunque un monumento della racchetta tricolore e la sua carriera e le sue vittorie meritano di essere raccontate una volta di più, anche su questo blog di pronostici per le scommesse!

Adriano, nato a Roma nel 1950, si ritrova immediatamente catapultato nel mondo del tennis grazie a papà Ascenzio (a cui deve il soprannome giovanile di “Ascenzietto”), anima del Tennis Club Parioli.

Il talento purissimo di Panatta

I primi scambi all’età di sei anni mostrano un potenziale importante, che Panatta affina negli anni della gioventù e dell’adolescenza in diversi circoli della Capitale. L’esordio ad alti livelli arriva agli Internazionali d’Italia del 1968, a 18 anni non ancora compiuti, mentre i primi tornei Open Panatta li affronta nel 1969, ma l’anno in cui ottiene la notorietà a livello nazionale è il 1970.

In quella stagione raggiunge gli ottavi di finale agli Internazionali e al Roland Garros, oltre che la prima semifinale in carriera (a Berlino) e le prime partite di Coppa Davis con la maglia azzurra. A fine settembre arriva il passaggio di consegne con quello che all’epoca era il mito del tennis tricolore, Nicola Pietrangeli, che Panatta sconfigge in cinque set nella finale dei campionati italiani.

A Senigallia, Panatta si aggiudica il primo torneo

Nel 1971 arriva quindi il primo torneo vinto da un italiano nell’era Open, con il tennista romano che si aggiudica la vittoria sulla terra rossa di Senigallia, battendo in finale il tre volte vincitore degli Internazionali e finalista di Wimbledon Martin Mulligan.

Nello stesso anno Panatta si impone di nuovo ai campionati italiani, battendo ancora una volta in cinque set Pietrangeli. Il 1972 potrebbe essere l’anno della consacrazione del tennista capitolino, che va vicino a vittorie importanti, senza però portare a casa neanche un torneo.

Panatta arriva ai quarti di finale al Roland Garros, sconfiggendo al primo turno il campione uscente Ilie Nastase, mentre si deve arrendere in finale sia ad Amburgo che a Gstaad, dovendosi accontentare del terzo titolo italiano consecutivo, stavolta battendo il suo compagno di doppio in Coppa Davis, Paolo Bertolucci.

Che sfide tra Panatta e Nastase!

Nel 1973 le finali raggiunte sono addirittura sei, tutte sulla terra rossa e contro appena due avversari, il solito Ilie Nastase e lo spagnolo Manuel Orantes, che lo aveva già battuto ad Amburgo.

Contro l’iberico Panatta perde sia a Valencia che a Nizza, mentre di fronte al campione romeno ottiene tre sconfitte (Barcellona, Madrid e Firenze) e la vittoria a Bournemouth, per il suo secondo titolo ATP.

Nello stesso anno raggiunge anche le semifinali al Roland Garros, perdendo contro Nikola Pilic, e il numero 8 del ranking, diventando il primo azzurro a entrare nella Top 10.

Insomma, Panatta è una realtà del tennis mondiale e gli anni successivi lo confermano. Le finali raggiunte nel 1974 sono due, quella vinta a Firenze contro Bertolucci e quella persa a Bastad, in Svezia, contro il padrone di casa Bjorn Borg.

Nel 1975 il romano torna alla ribalta al Roland Garros, arrendendosi in semifinale di nuovo davanti a Borg, ma in compenso arrivano i titoli numero quattro e cinque, conquistati rispettivamente a Kitzbuhel e a Stoccolma, con la vittoria in quella che è la quindicesima finale della sua carriera contro il numero 1 del mondo, lo statunitense Jimmy Connors, in un torneo che per categoria al giorno d’oggi sarebbe un Masters 1000.

Grazie alle 5 finali raggiunte in stagione, l’azzurro diventa anche il primo italiano a giocare i Masters di fine anno.

L'anno di grazia 1976!

E quindi si arriva al vero e proprio anno di grazia di Panatta, il 1976. Alla sua nona esperienza agli Internazionali d’Italia, l’azzurro ottiene finalmente il titolo, imponendosi sul “re della terra battuta”, l’argentino Guillermo Vilas, in quattro set, non prima di aver dovuto annullare addirittura undici match point al primo turno contro l’australiano Kim Warwick.

Il Roland Garros comincia alla stessa maniera, con una battaglia contro il cecoslovacco Hutka. È il primo di una serie di incontri che lo porta a sconfiggere Borg ai quarti e lo statunitense Harold Solomon in finale centrando così il suo settimo titolo e il primo dello Slam vinto da un italiano nell’era Open.

Panatta trionfa a Parigi nel 1976!

La doppietta Roma-Parigi viene ulteriormente impreziosita dalla vittoria nella Coppa Davis, che la nazionale italiana ottiene andando a vincere in Cile contro i padroni di casa dopo aver superato l’Australia in semifinale. Durante il 1976 Panatta raggiunge il numero 4 del ranking, miglior risultati di un tennista azzurro fino all’arrivo di Sinner.

Nel 1977 il romano ottiene il suo ottavo titolo ATP, vinto a Houston contro Vitas Gerulaitis, ma la stagione è resa amara dalla sconfitta nella finale di Coppa Davis, la seconda consecutiva per gli Azzurri, persa contro l’Australia. Il 1978 è l’anno della seconda finale a Roma, in un match infuocato contro Borg, in cui lo svedese si impone in cinque set tra le intemperanze del pubblico, che arriva addirittura a lanciare delle monetine al campione scandinavo.

Panatta si rifà a Tokyo, per il suo titolo numero 9, vinto battendo in finale Pat Du Prè.

Per Adriano anche una finale a Wimbledon

Nel 1979 arriva anche la miglior prestazione dell’azzurro a Wimbledon, con Panatta che si arrampica fino ai quarti di finale (primo italiano nell’era Open), per poi perdere proprio contro Du Prè dopo essere stato in largo vantaggio durante il match.

L’annata termina anche peggio, perché nella terza finale di Davis in quattro anni l’Italia perde 5-0 contro gli Stati Uniti, con il capitolino che viene sconfitto sia da John McEnroe che, a risultato già acquisito, da Gerulaitis.

Panatta festeggia uno dei suoi titoli!

Il canto del cigno arriva nel 1980, con il decimo e ultimo torneo vinto dall’azzurro, che si impone a Firenze battendo in finale (la numero 24 della carriera) Raul Ramirez. A Panatta non riesce l’impresa del bis in Davis, con la finale contro la Cecoslovacchia persa per 4-1.

Il ritiro del tennista romano arriva nel 1983, dopo che nelle ultime stagioni non era riuscito a raggiungere i suoi standard massimi di prestazioni. Il che comunque non gli ha impedito di essere a lungo il tennista italiano più vincente di sempre, anche grazie alle 18 affermazioni in doppio, molte delle quali arrivate in coppia con Paolo Bertolucci (tra cui quella famosissima al Monte Carlo Open del 1980 contro Gerulaitis e McEnroe).

Panatta con Camporese

Poi è arrivato Sinner, sempre favorito per le scommesse tennis! Jannik lo ha imitato, lo ha raggiunto e ha dato ancora più lustro alla carriera dell'Adriano dello sport azzurro!

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March 13, 2024
Ermanno Pansa
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Ermanno è un grande appassionato di sport, in particolare del calcio, vissuto a 360°: come professionista e come tifoso. Ha seguito tutte le fasi finali delle manifestazioni internazionali degli ultimi 15 anni, Mondiali ed Europei.

Amante degli incontri ricchi di gol, collabora quotidianamente con il blog di 888sport, per il quale rappresenta una costante fonte di idee.

 

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